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Autore: EmmaStarr    05/05/2014    4 recensioni
{Ace&Rufy {Bromance {Fluff {Scritta per il compleanno di Rufy♥
* * *
Rufy si limitò ad alzare le spalle. – Allora... sto zitto?
– Magari! – gridò subito Ace, voltandosi dall'altro lato. Quando aveva acconsentito a far restare Rufy nella stessa grotta con lui, sperava che in dieci minuti se la sarebbero cavata. Invece il temporale non accennava a smettere! Si ritrovò quindi a chiedersi quanto a lungo sarebbe resistito alle prese con un moccioso del genere. Soprattutto, per quanto quella piaga sarebbe rimasta zitta.
– … Ace?
Appunto. Forse se faceva finta di non averlo sentito sarebbe rimasto zitto.
– Ace? Ace, mi senti? Oh, no! È diventato sordo! Sarà l'effetto dei tuoni? Oh, no, devo subito portarlo da Dadan! Ma come faccio, piove ancora! Oh, trovato: magari se gli urlo molto forte nelle orecchie rincomincerà a sentire. Ok.
* * *
È il compleanno di Rufy, ma non tutto va come previsto...
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Happy Birthday, One Piece!'
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I'll reach you~

 

 

Rufy si stiracchiò con energia. – Ah, che bella giornata! – esultò poi, sbirciando fuori dalla finestra. In realtà scuri nuvoloni minacciavano uno dei più feroci temporali della storia, ma Rufy decise di non darci peso: ora l'importante era trovare Ace.

– Dadan! – strillò quindi, scendendo giù per le scale. – Dadan! Dov'è Ace?

– Buongiorno anche a te, pidocchio. – lo salutò la bandita, reggendo tra le braccia un enorme cesto di vestiti sporchi. – Oggi vedi di non disturbarmi, ho da fare!

Rufy annuì. – Sì, ma Ace è già uscito? – chiese, trepidante d'attesa.

– Non ancora! – lo informò un bandito appena arrivato. – Se corri lo puoi ancora prendere. – Anche se non lo davano a vedere, tutti i banditi avevano sviluppato una sorta di accondiscendenza mista ad affetto nei confronti di quel piccoletto così cocciuto: speravano sempre che, prima o poi, Rufy avrebbe potuto diventare amico di Ace come continuava ad affermare.

Gli occhi del bambino presero a luccicare. – Davvero? Allora vado subito! Ah, Dadan, per quando torno mi puoi fare una torta? La vorrei grandissima, piena di glassa e con le candeline, mi raccomando! Ma falla davvero gigantesca, eh! A stasera! – gridò, e schizzò via. Dadan e gli altri banditi rimasero imbambolati per un istante: quel giorno era... il compleanno di Rufy?

– Ace! Aspettami, Ace! – continuava intanto a strillare il bambino, correndo a perdifiato verso la montagna.

 

* * *

 

Ace trattenne a stento la rabbia, infilandosi tra due immense radici e lanciandosi alle spalle una pesante roccia scura: perché quel bambino si intestardiva a seguirlo? Possibile che non capisse che lui, Ace, voleva stare da solo? E invece eccolo ancora lì a strillare... Ace, aspettami! Ace, sono qui! Ace, diventiamo amici?

Ricacciò in fondo alla gola quella specie di groppo amaro che sentiva ogni volta che pensava a Rufy e scosse la testa, deciso: non avrebbe mai e poi mai permesso che una piccola peste debole e piagnucolona come Rufy lo importunasse scodinzolandogli dietro. Forse l'aveva seminato?

– Ace! Ace, aspettami! Ace!

– Ma lo vuoi capire che se mi gridi di aspettarti io vado ancora più veloce e basta? – esplose Ace, voltandosi con aria furente.

Rufy alzò le spalle, ansimando leggermente. Ridacchiava. – Sì, lo so. – rispose semplicemente. – Però così è più divertente!

Pazzo. Era solo un pazzo, niente da fare. – Torna a casa. – sibilò, prima di rimettersi a correre.

– Uffa, dai! Aspettami! – gridò Rufy, prima di realizzare cos'aveva detto e mettersi quindi a ridere da solo. – Cioè, volevo dire: Ace! Non aspettarmi, ok? Correrò abbastanza veloce e ti raggiungerò, così non sarai tu a dover rallentare: va bene così?

Ace alzò gli occhi al cielo e non disse nulla, sforzandosi per accelerare ancora di più l'andatura. Improvvisamente però... – Ma... Ace! Ace, guarda, sta piovendo! – gridò Rufy da lontano.

Ace scosse la testa e continuò a correre, ma poco dopo dovette arrendersi all'evidenza: quello era un signor temporale. Se non stava attento rischiava di venir trascinato via dal vento! E quei lampi, quei tuoni... non lasciavano presagire nulla di buono. Si guardò intorno alla svelta, alla ricerca di un riparo nell'attesa che smettesse di piovere, e individuò presto una piccola grotta. Ci si infilò subito e rimase lì, passandosi una mano sui capelli nella speranza di asciugarli.

Cercava di non pensare a niente, davvero, ma l'immagine di Rufy che lo inseguiva continuava a venirgli in mente. Non che si preoccupasse per lui -lo aveva buttato giù da un dirupo, gli aveva aizzato contro un branco di lupi, lo bersagliava di continuo con rocce in grado di spaccare la testa di un coccodrillo e si preoccupava di quattro gocce d'acqua? Ma per favore. No, semplicemente gli tornavano in testa le parole che quell'ostinato ragazzino aveva detto poco prima. Correrò abbastanza veloce e ti raggiungerò, così non sarai tu a dover rallentare: va bene così?

Forse l'avevano tanto colpito perché Rufy in sé non stava chiedendo niente. Si stava... adeguando a lui, gli chiedeva se andasse bene così: non era solo capriccioso, c'era dell'altro.

– Aaaaah! Che temporale, mamma mia, certo che mi sono spaventato!

Ace, colto da un terribile presentimento, voltò piano la testa. Dietro di lui, apparso da un'altra apertura della grotta in cui si era rifugiato, c'era proprio lui, l'idiota.

– Ma... Ace! Che ci fai tu qui? – sorrise il bambino appena realizzato con chi si trovasse. – Ma dai, vuol dire che abbiamo scelto lo stesso riparo dalla pioggia! Proprio oggi! Che bello, che bello! Posso sedermi vicino a te? – e senza aspettare una risposta si accomodò in tutta tranquillità al fianco di Ace, schizzandolo d'acqua.

– Vattene, qui c'ero prima io! – scattò subito l'altro, alzandosi in piedi.

Rufy inclinò la testa. – Ma fuori piove... – obiettò, confuso.

– Vattene lo stesso! – esplose il maggiore, assestandogli un deciso calcio e spingendolo quindi all'esterno.

– E io rientro. – borbottò Rufy, strisciando verso l'interno. Si credeva furbo? Seriamente? Fu prontamente rispedito fuori da un altro calcio. – Ti prego, Ace! Fa freddo! – piagnucolò quindi il bambino, saltellando sul posto. – Fammi entrare, qui piove da impazzire! E ci sono i lampi, e i tuoni, e... – un fulmine dalle dimensioni esorbitanti si abbatté su un albero proprio davanti alla grotta, facendolo crollare a due centimetri dal volto del bambino. – … e i fulmini. – pigolò, magicamente apparso dietro alla schiena di Ace.

Il maggiore sospirò, sentendo i pugni di Rufy arpionati alla sua maglietta. Effettivamente, se veniva fulminato lì davanti a lui Dadan sarebbe impazzita, e Garp lo avrebbe letteralmente scannato. – Se ti faccio restare nella mia grotta... – attaccò, calcando bene l'accento su quel “mia”. – Prometti di stare completamente zitto finché non smette di piovere?

Rufy annuì con la massima convinzione. – Sarò muto come un pesce, davvero! Non mi sentirai neanche respirare. Una tomba. Silenzioso come una tomba, sì. Muto. – concluse, passandosi due dita sulla bocca come a voler sigillare le labbra.

Ace alzò gli occhi al cielo: – Come no...

 

* * *

 

– … e quindi il nonno ha detto: figurati se ti lascio fare il pirata, non vedi cosa impari a dire? E non aveva capito, no, che quella parola l'avevo sentita dal bandito che era venuto alla locanda, mentre Shanks dice sempre che...

– Basta, Rufy, ti prego! – gemette Ace, tappandosi le orecchie in un teatrale tentativo di non sentire più niente. Sul serio, quanto tempo era passato? Uno, due, tre... quattro bernoccoli sulla fronte di Rufy, per cui erano lì dentro da almeno due ore. Oh, Ace non ne poteva più! E meno male che quella peste aveva promesso di stare zitto!

Il bambino inclinò la testa. – Oh, vuoi che ti racconti qualcos'altro? Se vuoi posso cantarti una canzone pirata! – esclamò subito dopo, emozionatissimo.

– Non la voglio sentire la tua canzone pirata! – scattò subito Ace, dedicandogli un'occhiataccia capace di far impallidire un fantasma.

Rufy si limitò ad alzare le spalle. – Allora... sto zitto?

– Magari! – gridò subito Ace, voltandosi dall'altro lato. Quando aveva acconsentito a far restare Rufy nella stessa grotta con lui, sperava che in dieci minuti se la sarebbero cavata. Invece il temporale non accennava a smettere! Si ritrovò quindi a chiedersi quanto a lungo sarebbe resistito alle prese con un moccioso del genere. Soprattutto, per quanto quella piaga sarebbe rimasta zitta.

– … Ace?

Appunto. Forse se faceva finta di non averlo sentito sarebbe rimasto zitto.

– Ace? Ace, mi senti? Oh, no! È diventato sordo! Sarà l'effetto dei tuoni? Oh, no, devo subito portarlo da Dadan! Ma come faccio, piove ancora! Oh, trovato: magari se gli urlo molto forte nelle orecchie rincomincerà a sentire. Ok.

Già il moccioso si stava preparando a dar fiato alla gola. Ace non capiva se era estremamente furbo o estremamente stupido, ma propendeva più per la seconda. – Non osare! – tuonò, assestandogli un poderoso pugno in testa.

Essendo quello il quinto, più una lunga serie di calci, sberle e contusioni varie, Ace si aspettava un minimo di rispetto. Ammirazione. Paura. Silenzio. Cose così. Rufy invece si sedette docilmente affianco a lui e sospirò piano, sorridendo. – Sai, sono davvero, davvero, davvero felice. – affermò, soddisfatto.

Sebbene sentirlo parlare ancora avrebbe portato Ace allo sfinimento, questa volta la sua curiosità ebbe la meglio. – Prego? – chiese, inarcando un sopracciglio. Non era precisamente quello che si sarebbe aspettato, ecco.

– Non avevamo mai passato tutto questo tempo insieme! – rispose Rufy, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Ace sbatté un paio di volte le palpebre, senza sapere bene come rispondere. E meno male? Chiediti perché? Spero che non succeda mai più? Sembrava troppo falso persino nella sua testa.

– Insomma... te l'ho detto, non serve che tu mi aspetti, davvero. – proseguì Rufy, sdraiandosi a pancia in su. – Ma non preoccuparti, perché imparerò a correre ancora più veloce di te!

Aveva uno sguardo diverso dal solito, notò Ace. Quasi più determinato. Senza dire niente si lasciò cadere sdraiato di fianco a lui, fissando il soffitto.

– Ok. Non ti aspetterò. – disse piano, misurando le parole. Poi permise ad un minuscolo sorriso di fargli capolino tra le labbra. – Per adesso, però, immagino che potremmo... aspettare il sole insieme. – Sentì Rufy trattenere il fiato e, quando si voltò a guardare il suo sorriso, ebbe come la sensazione che non avrebbe dovuto aspettare proprio un bel niente.

 

* * *

 

– Quella peste. Quella peste! – Dadan camminava in cerchio, furente. – Ma lo sa quanta fatica ci vuole per preparare una torta? Lo sa quanto costano gli ingredienti? La voglio enorme, Dadan! La voglio con la glassa, Dadan! Ma cos'è questa, una pasticceria? E adesso non si degna neanche di presentarsi? Ma gliela faccio vedere io, la torta! – continuò a sbraitare, rossa in viso.

I banditi cercavano in tutti i modi di calmarla.

– Su, insomma, hai visto anche tu che razza di temporale c'è stato per tutto il giorno...

– E poi non è tornato neanche per pranzo! Magari ha raggiunto Ace, ci pensate?

– Oppure è rimasto nascosto da qualche parte per la pioggia, ma sarà qui a momenti...

– È già capitato che dormisse fuori per un paio di notti, non è il caso di preoccuparsi!

– Manca anche Ace, non c'è niente da temere!

Dadan stava per decidere che era giunto il momento di buttare nel bosco la torta -sulla quale aveva addirittura messo le candeline, accidenti al suo buon cuore- quando sentì la porta cigolare. Un istante dopo Ace fece la sua comparsa in salotto, leggermente bagnato. Inarcò un sopracciglio. – E questa cos'è? – chiese poi, alludendo alla torta. I banditi gli furono ovviamente tutti addosso, Dadan per prima:

– Cos'hai fatto a Rufy?

– Dov'è?

– Possibile che dovessi trattarlo male persino oggi che è il suo compleanno?

– Sei senza cuore, Ace!

– Oh, povero Rufy!

– Andiamo a cercarlo!

– A cercare un bambino? Ma siamo briganti, non...

– E a chi importa? Usciamo, forza!

Ace sembrava vicino al collasso nervoso. – Io non gli ho fatto niente! – esplose. – Ha detto lui di non aspettarlo. Quando ha smesso di piovere sono andato via. È colpa mia se è rimasto indietro?

Realizzò di aver parlato troppo quando qualcosa come venti paia di occhi si posarono su di lui, incredule.

– Quando... ha smesso di piovere?

– Intendi che fino ad allora...

– Rufy ce l'ha fatta, quindi!

– Siete stati insieme tutto il giorno?

La porta si spalancò di nuovo, e un piccolo uragano nero si precipitò nella stanza. – Sì, sì, tutto il giorno! – gridò, gonfio di orgoglio e di allegria. – No, Dadan, mi hai fatto una torta? – domandò poi, gli occhi luccicanti.

Ace lo guardò storto. – È il tuo compleanno? – domandò, giusto per sicurezza.

– Eh? Ah, certo, non te l'ho detto? – si stupì Rufy, inclinando la testa.

Di tutto quello che aveva detto Rufy, Ace aveva ascoltato sì e no un decimo, ma si limitò a scrollare le spalle. – No.

– Oh, beh, comunque sì, è oggi. Dadan, muoio di fame! Ha piovuto tutto il giorno, capisci? Abbiamo mangiato giusto un paio di bacche che... no, no, voglio una fetta più grande, più grande! – strepitò, decidendo infine di tuffarsi a pesce sulla sua torta prima che i banditi la facessero fuori tutta. Ace sbuffò e si avviò verso la sua stanza masticando un improperio. E lui che sperava di rimediare una cena sostanziosa... ma non aveva proprio voglia di partecipare ai festeggiamenti di quella peste, grazie tante: per quel giorno ne aveva abbastanza di lui! Si sarebbe rifatto il giorno successivo: avrebbe chiesto scusa a Sabo per non essersi presentato (anche se dubitava che lo stesso Sabo fosse riuscito ad uscire di casa) e avrebbero cacciato insieme qualcosa da mangiare.

Era già notte inoltrata quando Ace sentì qualcuno bussare alla porta. Intuendo chi fosse si limitò a grugnire e a voltarsi dall'altra parte, come del resto accadeva più o meno sempre. – Ace? Ti sei chiuso dentro di nuovo, dai, fammi entrare!

Non rispondere, non rispondere, non rispondere...

– Ok, Ace, ho una fetta di torta. È un po' piccola perché, vedi, mentre salivo ne ho mangiato un po', ma è ancora quasi tutta intera, davvero! Te la lascio qui davanti alla porta, va bene? E... – esitò un attimo, come se si stesse grattando la testa, poi continuò. – e grazie per oggi, ok? Mi sono divertito!

Sì, ti sei divertito a farti picchiare, insultare, ignorare da me per tutto il giorno?

Ace non lo capiva, davvero. Possibile che ancora non si fosse stufato? Quant'era che lo inseguiva, ormai? Praticamente tre mesi, considerò stupito.

– Sì, ecco, quindi... ti lascio qui la torta, se vuoi prendila. E, volevo chiederti una cosa... Domani posso inseguirti di nuovo?

Rimase in silenzio, aspettando, e Ace sentì il bisogno di alzarsi e correre da lui, aprire quella porta e dirgli di sì, che poteva rincorrerlo, se voleva tanto, che a lui sinceramente non cambiava nulla, e che quindi... ma non fece niente di tutto questo, limitandosi a mettersi seduto sul letto.

– Insomma, cioè, penso che lo farò lo stesso... – ridacchiò Rufy. – Ma... posso? Posso inseguirti, domani? E il giorno dopo, e quello dopo ancora, finché non ti raggiungerò?

Ace ghignò: sapeva esattamente cosa dire. Si alzò e si avvicinò alla porta. – Da domani farò un percorso ancora più complicato. – lo avvisò. – Comprenderà fiumi da guadare, pareti da arrampicata, ostacoli insormontabili e belve feroci. E sarà molto, molto faticoso. – prese una pausa e continuò. – Inoltre, io non rallenterò mai.

– Non voglio che tu rallenti, Ace! – rispose subito il bambino, dall'altro lato della porta.

Ace sapeva che avrebbe detto così. – In questo caso... se ti va, puoi seguirmi. Ma tanto non riuscirai mai a starmi dietro. – Era ovvio, quel bambino era solo un fastidioso quanto irritante passatempo, e non sarebbe mai riuscito a stargli dietro, inutile farsi false aspettative. Ma se, se ci fosse riuscito...

– Staremo a vedere! – gridò Rufy, entusiasta. – Oh, Ace, grazie! Vedrai, domani ti raggiungerò sicuramente! Correrò abbastanza veloce da raggiungerti! Oh, grazie, grazie! –

Ace sentì i rumori dei suoi passi farsi sempre più distanti e capì che Rufy era corso via preda dell'eccitazione. Si lasciò scivolare contro la porta con un sorriso rassegnato, il pensiero già rivolto alla fetta di torta che silenziosa l'aspettava a pochi centimetri da lui.

Buon compleanno, Rufy.

 

– Ma te la sei mangiata praticamente tutta, deficiente!












 
Angolo autrice:

Buon compleanno, Rufy! *spupazza amorevolmente*
... scusate, dovevo farlo. Sto facendo il conto alla rovescia per il compleanno di Rufy da troppo tempoperché non postassi una schifezzina sul suo conto... E mi sono chiesta: e se Rufy festeggiasse il suo compleanno mentre ancora sta rincorrendo Ace sul Monte Corvo? Non so, perché anche se amo vedere il loro magico rapporto evoluto col tempo, trovo affascinante come Rufy continuasse ad inseguire Ace per tutto quel tempo *.* Cioè, rendere Ace scontroso è complicato, ma ne vale la pena: non sono bellissimi?
Quindi niente, facciamo tutti tanti auguri al nostro capitano preferito: sei tutti noi, Rufy! <3
Grazie a chiunque recensirà o metterà tra i preferiti, ricordati e seguiti! Un bacione, vostra
Emma ^^
  
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