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Autore: data81    06/05/2014    0 recensioni
[Supereroi marvel]
Un semplice poliziotto scopre di essere qualcosa di più, ma accettarlo potrebbe non essere così immediato...l'incontro con nuovi compagni, però, lo spingerà a riconsiderare le sue posizioni
Questa è l'avventura introduttiva del mio Personaggio - Standstill - per il Gioco di Ruolo PBM "The Crusaders"
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Centrale ad Autopattuglia 45…” gracchiò la radio, andando ad interrompere un pezzo Country che – onestamente – meritava di essere interrotto “autopattuglia 45, segnalati schiamazzi e possibile violenza domestica al 1948 Barnes Avenue…
“Qui Autopattuglia 45, tranquillo Max, la prendiamo noi..” affermò con la flemma data dall’esperienza il Sergente Barson, prima di riappoggiarsi comodamente allo schienale del proprio sedile e alzare nuovamente il volume della radio, finendo il proprio caffè mentre con la fede all’anulare della mano sinistra batteva il ritmo sul pomo metallico del cambio.
Seduto al posto di guida, invece, il neoassunto Agente Kain pigiò il piede sull’acceleratore e, con una manovra che sarebbe stata azzardata se non fossero state le due di notte, si immise in Bronxdale Avenue. Il Sergente, che aveva una certa esperienza nell’addestrare novellini, gli aveva già spiegato che in quel quartiere – soprattutto a quell’ora di notte – non era una buona idea accendere la sirena, quindi il ragazzo riuscì a non commettere nessun errore evidente mentre portava l’autopattuglia del NYPD fino all’indirizzo comunicato.
Una volta giunti, i due agenti lasciarono la macchina posteggiata al lato della strada e si avviarono verso un palazzo dall’aspetto cadente di circa otto piani, la cui facciata scrostata e coperta parzialmente di graffiti lasciava intendere chiaramente il livello di reddito dei suoi abitanti.
Il portone di ingresso era chiuso ma, prima che Mike potesse suggerire di suonare ad uno dei campanelli, la pesante serratura scattò e alla debole luce dei lampioni i due agenti poterono vedere la sagoma di una vecchina di forse settant’anni che – con indosso una pesante vestaglia di flanella a coprire la camicia da notte – fece loro cenno di affrettarsi ad entrare.
Non ci fu bisogno di spiegazioni, anche perché le urla – di rabbia e di terrore – che rieccheggiavano per le scale del palazzo erano abbastanza esplicative circa il motivo della loro chiamata.
L’ascensore era – ovviamente – rotto, quindi i due agenti superarono i tre piani di scale facendo i gradini due alla volta e, almeno nel caso del Sergente Barson che era almeno una ventina di chili sovrappeso, con una sequenza ininterrotta di bestemmie miste a gemiti.
Giunti davanti alla porta, i due riuscirono a distinguere tra le urla di una voce maschile anche dei gemiti e singhiozzi che parevano emessi da una donna e, dopo aver bussato inutilmente un paio di volte, decisero di fare irruzione sfondando la sottile porta di legno di quel condominio.
Dell’azione di sfondamento vera e propria si occupò Mike che, col suo metro e ottantacinque per novanta chili di muscoli ben definiti, aveva giocato come free safety nella squadra di football del suo liceo. La porta cedette al secondo colpo ed i due agenti entrarono immediatamente dopo, con le pistole di ordinanza in mano e gridando “Polizia di New York! Mani in alto!”
La situazione davanti alla quale si trovarono i due agenti degenerò rapidamente. Nel piccolo salotto/ingresso in cui si trovarono, c’era una donna di forse trent’anni, sdraiata a terra con gli abiti stropicciati e con la parte destra del volto già violacea a causa di un evidente livido che – partendo dalla guancia – si estendeva fino alla palpebra gonfia e semichiusa. Sopra di lei stava un uomo dai tratti ispanici, più o meno della stessa età, che indossava un paio di jeans consunti ed una camicia di flanella a quadri.
Ciò che Mike notò subito fu la pistola calibro .44 che l’uomo teneva puntata verso il pavimento ma che, a seguito dell’irruzione, si era rapidamente alzata nella loro direzione mostrando loro il suo profilo peggiore…quello del buco di una canna sporca ma inequivocabilmente minacciosa.
Il Sergente Barson, che era più esperto di queste situazioni e che le odiava profondamente, notò anche un secondo particolare, che lo inquietò molto di più: gli occhi dell’uomo erano dilatati e iniettati di sangue, segno di una probabile assunzione di stupefacenti. Con prudenza – e con un tono suadente che mal si addiceva ai reali pensieri che aveva nei confronti dell’uomo armato - disse “Perché non metti giù quella pistola e non affrontiamo la situazione da persone ragionevoli”
L’uomo tentennò e – faticando a mettere a fuoco la situazione – parve esitare. Sembrava comunque abbastanza lucido da capire di avere due pistole puntate addosso ed il suo braccio armato si abbassò leggermente.
“Ecco, bravo, questa è la cosa migliore…” riprese il Sergente, sempre modulando la voce come se stesse parlando ad un grosso cane arrabbiato “adesso togli il dito dal grilletto e, lentamente, appoggia la pistola a terra. Poi ci sediamo al tavolo e ci facciamo un caffè, che ne dici?”
Mentre parlava, Barson notò che il collega più giovane si stava scostando lentamente da lui, così da offrire un bersaglio meno facile se la situazione fosse degenerata.
Approvando con un breve cenno del capo, il Sergente decise di attirare maggiormente l’attenzione del bersaglio su di sé e aggiunse “Se metti giù la pistola sono certo che possiamo chiarire cosa sta succedendo senza difficoltà…”
Come da manuale Mike cominciò ad avvicinarsi per trovarsi alla distanza giusta per disarmare il bersaglio se ce ne fosse stato bisogno ma l’uomo, forse cogliendo quel movimento attraverso lo stordimento indotto dalla droga, sollevò all’improvviso la pistola verso di lui e premette il grilletto.
Il Sergente Barson vide tutto al rallentatore. Mentre il tuono della calibro .44 gli risuonava nelle orecchie vide la testa del collega spostarsi violentemente di lato quando il pesante proiettile la centrò e subito dopo sentì il corpo in uniforme blu accasciarsi al suolo. Il sangue non si vedeva, ma doveva essercene sicuramente parecchio…
Quello, però, non era il momento di preoccuparsene. Il drogato – l’assassino di un poliziotto, ora – stava già voltando la pistola nella sua direzione, quindi il Sergente fece quasi in automatico ciò che il suo addestramento alla scuola di polizia gli aveva inculcato in ogni fibra. La sua pistola di ordinanza esplose tre colpi in rapida successione e, sebbene il primo ed il terzo fossero finiti fuori bersaglio, il secondo centrò l’ispanico, andando a conficcarsi in una spalla.
Il bersaglio cadde in ginocchio e, per istinto, lasciò cadere l’arma che cadde al suolo con un tonfo solo parzialmente attutito dal liso tappeto del salotto. Rapidamente l’agente gli fu addosso e, dopo aver dato un calcio alla .44 Magnum per allontanarla, gli torse le braccia dietro la schiena per ammanettarlo.
Il prigioniero urlò di dolore quando il braccio ferito venne mosso brutalmente, ma a Barson non interessava minimamente. Dopo averlo bloccato lo voltò e – guardandolo negli occhi con ferocia – gli disse “Se solo ti muovi ti ammazzo, mi hai capito?”
Non attese risposta e, voltandosi verso il collega si apprestò a soccorrerlo o – più probabilmente – a constatarne il decesso.
“Ma che diavolo…?” fu invece costretto ad esclamare, vedendo che Mike pareva non essersi fatto nulla e si stava guardando confusamente attorno. Anche se Barson era certo di aver visto il proiettile colpire la testa del collega non c’era sangue da nessuna parte…ma questa non era la cosa più stupefacente!
Attorno al giovane agente, infatti, c’era una specie di vorticante nebbia violacea che periodicamente veniva attraversata da scariche di energia elettrica dello stesso colore.
“Kain, cosa…” non riuscì a finire la frase perché il collega, cercando probabilmente sostegno nel proprio tentativo di rimettersi in piedi, si appoggiò ad un tavolino di legno posto davanti al divano del salotto.
Non appena la mano si fu posata sul legno, però, la nebbia parve concentrarsi tutta verso il mobile e un istante dopo lo stesso esplose in centinaia di schegge, che andarono a sparpagliarsi tutto attorno.
“Sergente…” chiamò Mike, con un’espressione terrorizzata sul volto, mentre gli occhi si spostavano dalla mano, ancora stretta ad artiglio sul vuoto, ai frammenti di quello che era stato un massiccio tavolino di legno.
Ma il Sergente Barson non seppe cosa dirgli…in tanti anni di servizio aveva contribuito ad aiutare a formare molte reclute che erano poi diventate bravi poliziotti, ma quella volta sapeva di non poter fare nulla.



Salve gente! Permettetemi due parole per spiegare questo racconto...
Questo primo capitolo è la semplice presentazione di come il mio PG - Standstill - scopre di possedere i propri poteri.
Dal prossimo capitolo comincerà invece una breve avventura introduttiva in cui il mio PG incontrerà altri personaggi (PG e PNG) del mondo di gioco...

Per quanto concerne il GDR in sé, si tratta di un Gioco di Ruolo PBM (acronimo di Play By Mail), ovvero un gioco in cui più personaggi contribuiscono a raccontare una storia scrivendola a più mani. Ognuno dei giocatori narra come si comporta il proprio personaggio e tutti possono raccontare cosa fanno i Personaggi non Giocanti. Questo primo capitolo è narrato solo dal punto di vista del mio PG, mentre dai prossimi si aggiungerà un secondo giocatore, che si alternerà a me nella narrazione.

Per maggiori informazioni sul gioco, il sistema di gioco ed in generale l'ambientazione di "The Crusaders" vi lascio il link!
http://www.pbems.net/the_crusaders/home.html

restate in linea!
  
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