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Autore: hotaru    25/07/2008    15 recensioni
Diciamoci la verità: dopo la gita a Okinawa, la storia di Anko Uehara e Noboru Yoshikawa è stata messa un po' in disparte... qui mi propongo di rimediare!
Genere: Romantico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Dischi in vinile

 

Avviso per una lettura migliore:

se avete sottomano un qualsiasi CD, iPod, Mp3 e tutte quelle diavolerie meccaniche, con qualche canzone di Simon & Garfunkel, vi pregherei di ascoltarle mentre leggete questo scritto.

Sono state la colonna sonora di questo capitolo.

 

Yoshikawa riuscì a trovare, per Anko, una camicia da notte della madre. Le andava un po’ corta ed era un po’ piccola, ma di solito la ragazza metteva cose ben più attillate, perciò le andò benissimo.

-         Ma a tua madre non dispiacerà? – chiese Anko, un po’ preoccupata che la signora Yoshikawa si accorgesse che il figlio aveva usato una sua camicia da notte durante la sua assenza.

-         No, non preoccuparti – la rassicurò il ragazzo – Domattina la metterò subito in lavatrice e poi nell’asciugatrice. Entro mezzogiorno sarà ritornata al suo posto, vedrai.

La ragazza rimase per un momento ammirata dalla semplicità di quello che Yoshikawa le aveva appena detto. Sembrava così tranquillo, sapeva sempre cosa fare, la cosa giusta al momento giusto. Forse perché era a casa sua. A scuola non l’aveva mai visto così. Però anche a Okinawa, quando si erano perduti in quelle grotte marine, Yoshikawa non aveva mai perso la calma.

-         Adesso andiamo un po’ in soggiorno, ti va?

Al cenno di assenso di Anko, il ragazzo la condusse in un’altra stanza, arredata secondo un gusto occidentale un po’ antico.

-         Ehi, ma questi sono dischi in vinile? Ma quanti ne hai?– chiese stupita la ragazza, notando due scaffali della libreria pieni zeppi di copertine lunghe e strette.

-         Sono di mio padre – spiegò Yoshikawa – È appassionato di trentatrè e quarantacinque giri da quando aveva la mia età.

-         Ma non sa che nel frattempo hanno inventato anche le audiocassette, i CD… - chiese divertita la ragazza – Qui sembra di essere in un negozio di antiquariato!

-         È vero, ma mio padre mi ha sempre detto che questi dischi hanno un fascino particolare – rispose Yoshikawa tirandone fuori uno con attenzione – Dopo tanto tempo, conservano ancora il profumo del negozio in cui li comprò. Tanta gente tiene un diario, ma a lui basta tirare fuori uno di questi dischi, ascoltarlo e sentirne il profumo per rivivere un periodo della sua giovinezza.

Anko era sinceramente colpita. Da quel che sapeva, il padre di Yoshikawa era un semplice impiegato in una piccola azienda: niente incarichi importanti, stipendio minimo, ferie d’azienda… eppure aveva appena scoperto, grazie al figlio, un suo piccolo segreto, una scheggia della personalità di un uomo che appariva a tutti uno dei tanti “colletti bianchi”. Era stupefacente, se ci si pensava bene.

“Ecco perché Yoshikawa”, si ritrovò a pensare la ragazza, “è apparentemente insignificante, eppure così speciale. Forse è qualcosa che contraddistingue tutta la sua famiglia”.

Anko arrossì di botto non appena si rese conto di ciò che aveva appena pensato. Speciale? Yoshikawa? Macchè! E allora… allora perché le batteva così forte il cuore?

Il ragazzo sembrava non essersi accorto di nulla. Stava guardando con attenzione la fila di dischi sullo scaffale, finché sembrò trovare quello che stava cercando.

-         Questo è uno dei miei preferiti – spiegò – Da piccolo volevo sempre che mio padre me lo facesse sentire.

-         Dai, prova a metterlo su! – lo incoraggiò Anko, curiosa.

Yoshikawa non se lo fece ripetere e, non appena una canzone ritmata e melodica incominciò, i due ragazzi si sedettero sul divano ad ascoltare.

-         Non l’ho mai sentita. Che cos’è?

-         “Mrs. Robinson”, di Simon & Garfunkel.

-         Sono due cantanti americani?

-         Sì, ma la punta del loro successo è stata negli anni Sessanta. Oramai non molti ragazzi della nostra generazione ricordano chi sono.

-         Non è male – disse Anko, chiudendo gli occhi per ascoltare meglio.

-         Io trovo che sia bellissima – rispose Yoshikawa, guardandola (a chi si starà riferendo? ndA; ah, se non lo sai tu! ndTutti).

Dopo un po’ erano tutti e due appoggiati allo schienale, con gli occhi chiusi. Ad un certo punto, non appena la canzone finì, cominciarono a diffondersi le note di “Scarborough Fair”.

Anko aprì gli occhi, si voltò verso Yoshikawa e, senza nemmeno chiedersi che cosa stesse facendo, lo baciò sulla guancia.

Il ragazzo aprì gli occhi, un po’ sorpreso, e la guardò. Poi si avvicinò un po’, e la baciò a sua volta su una guancia.

Fece per ritrarsi, quando le loro labbra si ritrovarono ad una distanza così infinitesimale da non poter essere ignorata. Come avevano fatto qualche ora prima, si avvicinarono l’un l’altra contemporaneamente, e si baciarono. Stavolta tra i due non c’era la minima traccia di imbarazzo: Yoshikawa le circondò la schiena con le braccia, poco sotto il reggiseno, mentre Anko gli infilò le dita tra i corti capelli neri.

Le lingue cominciarono subito ad accarezzarsi, avide, e non si lasciarono finché anche il minimo sapore di latte e biscotti non fu definitivamente scomparso dalle loro bocche.

Yoshikawa, nuovamente in preda al calore al basso ventre che lo aveva attanagliato prima, le scostò i capelli dal collo con la punta del naso e la baciò su quella pelle candida e intatta, mai toccata da un uomo prima d’ora. Anko era talmente stordita da non riuscire più a stare seduta in equilibrio. Pensava che sarebbe caduta da un momento all’altro, perciò si sdraiò piano sul comodo divano mentre Yoshikawa non si staccava dal suo collo.

Ad un certo punto la ragazza non riuscì a reprimere un gemito.

       -     Ah, Yoshikawa… fai-fai piano, non voglio che rimangano i segni… - fu quello che riuscì a     

              dire, mentre era in preda ad un piacere mai provato.

       -     Non preoccuparti, non si vedrà niente – mormorò lui, col fiato corto.

Anko, con le labbra ormai secche dal tanto ansimare, andò a reclamare nuovamente la bocca del ragazzo, e ripresero a baciarsi. Non c’era foga nei loro baci, né fretta di arrivare subito al sodo. La passione si stava sì impadronendo di loro, ma si trattava di un calore eccitante che li attraversava a ondate languide, mozzando loro il respiro. Ne avevano quasi paura.

Rimasti quasi completamente senza fiato, si interruppero un attimo, respirando a pieni polmoni dopo quella piacevole apnea.

Yoshikawa si accorse che la musica si era fermata, dato che si erano ormai esaurite le canzoni incise su quel lato del disco. Approfittando della pausa, si alzò un momento e andò a girarlo. Il ritmo di “Me and Julio down by the schoolyard” accompagnò il suo ritorno al divano, ma non si sedette subito. Rimase un momento in piedi, contemplando Anko che, con le guance arrossate e i capelli adorabilmente in disordine, si era rialzata e poi seduta con le gambe incrociate, infischiandosene per una volta della buona educazione giapponese. Il problema era che, in quella posizione, la camicia da notte le lasciava le cosce quasi completamente scoperte.

Yoshikawa se ne accorse (beh, logico, è un uomo anche lui. Vuoi che non se ne accorga? ndTutti; Ah, il mio allievo sta diventando grande! ndOnizuka; Ehi, tu da dove spunti? Non eri in America? ndA) e ne rimase incantato. Ma la razionalità che gli era rimasta ancora gli diceva di stare fermo dov’era, di non muoversi per niente al mondo…

Fu Anko a sbloccare la situazione. Incrociando il suo sguardo, gli sorrise e gli si avvicinò. Alzandosi sulle ginocchia, lo guardò negli occhi, lo prese per la maglia e lo attirò a sé. Quando furono naso a naso, quasi ridendo si baciarono di nuovo, rapiti, e poi Anko cadde all’indietro, trascinando Yoshikawa con sé. Mentre ripiombavano sul divano la ragazza, avendo ancora le ginocchia piegate e i polpacci indietro, per evitare di farsi del male aprì automaticamente le gambe e vi accolse il bacino di lui.

Yoshikawa si irrigidì immediatamente, con un gemito, mentre il corpo di Anko si rilassò, e lei comiciò a tormentagli la mandibola con una serie di piccoli baci, per poi passare al collo.

Sentiva chiaramente qualcosa di duro e caldo premere contro la sua intimità, mentre ondate di eccitazione stavano facendo strage della razionalità di Yoshikawa.

Senza quasi rendersene conto, strinse convulsamente la vita di Anko, quasi incastrando i loro bacini, mentre una mano andava ad alzarle l’orlo della camicia da notte e ad accarezzarle una coscia calda. La ragazza sentiva degli impulsi elettrici quasi insopportabili attraversarle di continuo la schiena e arrivarle al cervello, stordendola quasi completamente.

Da tempo ormai non parlavano più, e solo i loro gemiti e sospiri sempre più affannati riempivano l’aria nella stanza, sommandosi alle note di “The Sound of Silence”.

I gemiti di Anko raggiunsero il culmine quando Yoshikawa le alzò definitivamente la camicia da notte per andare ad accarezzarle i fianchi con movimenti lenti e torturanti, attraendola ancor più verso di sé.

Si guardarono per un momento, la vista annebbiata, gli occhi velati dalla passione. Anche volendo, non avrebbero più potuto lasciar perdere una volta arrivati fino a quel punto. E non ne avevano nemmeno la minima intenzione.

Senza dire una parola, Yoshikawa si alzò, seguito da un’Anko che non si staccava dal suo abbraccio. Continuarono a baciarsi lungo il corridoio, completamente persi l’uno nell’altra, finché arrivarono in una stanza che la ragazza non aveva ancora visto.

       -   Noboru, questa è camera tua? – chiese piano, avvicinandosi alla semplice scrivania e alla

           finestra.

      -   Sì – rispose lui, la voce un po’ roca, aprendo l’ultimo cassetto di un mobile.

      -   Che cosa stai cercando? – fece Anko, avvicinandosi e posandogli una mano sulla nuca (*).

      -   Un vecchio lenzuolo – rispose lui – Mia madre li tiene qui, ma non se ne fa niente…

Finalmente Yoshikawa tirò fuori un lenzuolo leggermente consunto, ma bianco e pulito.

      -   E a cosa serve? – chiese la ragazza, un po’ sorpresa. Perché fare una cosa del genere in un

          momento simile?

     -   Beh, io… - iniziò Noboru, voltandosi verso di lei - … immagino che sia la tua prima volta…

Anko comprese in un lampo, dandosi mentalmente della stupida. Avrebbe dovuto pensarci lei, accidenti! Possibile che dovesse occuparsi lui anche delle sue esigenze da ragazza? Beh, però dopotutto… il divano era il suo, quindi era naturale che si preoccupasse di non sporcarlo… però non era sicura che, in una circostanza simile, molti altri ragazzi ci avrebbero pensato…

      -   Anko… - la stava chiamando il ragazzo.

      -   Sì?

      -   Vuoi stare qua o torniamo in soggiorno? – le chiese.

      -   Beh… - fece lei con un sorriso sornione, avvicinandosi piano al suo orecchio e leccandone

          lentamente il lobo, provocando violenti brividi lungo il corpo del ragazzo – … ormai

          avevamo scaldato il divano, no?

Noboru la guardò, baciandola di nuovo all’improvviso (ehi, ma come ci siamo lasciati andare! ndA; beh, sei tu che ce lo stai facendo fare! ndAnkoeNoboru; sì, ma non ditemi che non vi piace… ndA; ..o//o.. ndAnkoeNoboru, imbarazzatissimi), mentre Anko rispondeva con slancio.

Così tornarono in soggiorno, mentre la puntina del giradischi continuava a premere a vuoto sul vinile, le cui canzoni erano terminate ormai da un pezzo. Yoshikawa la tolse dal disco, per evitare che lo rovinasse, e tornò da quella che poteva ormai considerare… beh, la sua ragazza.

Sistemarono il lenzuolo ben piegato e, felici come non mai, ricominciarono da dove avevano interrotto, tranquillamente, senza fretta, con una passione che dirompeva non come un fiume in piena, ma come le onde del mare che, languide, lambiscono la spiaggia senza stancarsi mai.

Si spogliarono lentamente, mentre il fruscio dei vestiti si confondeva con i loro gemiti.

Un po’ impacciati, ma completamente persi l’uno nell’altra, fecero l’amore. Proprio quella sera, dopo una giornata disastrosa per Anko, una fuga sotto la pioggia, un incontro fortuito con un ombrello verde, una tazza di tè e una merenda a base di latte e biscotti, senza contare una capatina nel passato grazie alle canzoni dei vecchi dischi del padre di Yoshikawa.

Lo fecero una volta soltanto, ma bastò ad entrambi.

Quando furono troppo stanchi per continuare, si trasferirono in camera di Noboru, dove si addormentarono profondamente, abbracciati l’uno all’altra.

Si svegliarono all’alba, vale a dire circa alle sette di mattina.

        -   Buongiorno – fece lucido Yoshikawa, abituato ad essere mattiniero.

        -   Mmh… buongiorno… - gli rispose Anko, la voce ancora impastata dal sonno. Lei nei       

            fine-settimana dormiva sempre fino a tardi, ma era abbastanza sveglia da salutare il suo

            Noboru con un bacio sulla punta del naso.

        -   Dormito bene? – le chiese.

        -   Certo – rispose lei, chiudendo di nuovo gli occhi.

        -   Hai fame? Facciamo colazione?

        -   Mmh… che c’è da mangiare?

        -   Latte e biscotti.

Anko spalancò gli occhi, lanciando un’occhiata in tralice a Yoshikawa che la osservava, sorridendo divertito.

        -   Dopo tutti quelli che abbiamo mangiato ieri sera? È un miracolo che non li abbia ancora

            sullo stomaco!

        -   Beh, è normale che tu li abbia digeriti, con tutto il movimento che abbiamo fatto…

La ragazza si alzò quel tanto che bastava per prendere il cuscino e tirarglielo in testa. Lui lo prese e se lo mise sotto il capo.

Resasi conto che sarebbe stata costretta ad appoggiare la testa sul nudo materasso, Anko si alzò e andò a reclamare di nuovo il cuscino. Il lenzuolo e la trapunta la coprivano solo fino alla cintola, lasciandole il busto completamente nudo.

        -   Lo sai che hai un bel seno? – le disse Noboru, contemplandola ammaliato – Il più bello che

            abbia mai visto…

        -   Diciamo che è anche l’unico – aggiunse lei, arrossita ma felice di quel complimento.

        -   Sì, è vero… - ammise il ragazzo, abbracciandola.

Anko sembrava rimuginare qualcosa.

        -   Senti, andiamo a fare colazione da qualche parte. Offro io! – propose.

        -   Mmh… e dopo?

        -   Dopo torneremo qui e mi farai ascoltare altri dischi della collezione di tuo padre – continuò.

        -   E dopo ancora?

        -   Dopo ancora… vedremo di digerire la colazione… - concluse la ragazza con un sorriso

             sornione, ma terribilmente sensuale.

        -   Bel programma. Sono parecchie le canzoni che vorrei farti sentire… conosci gli Eagles?

        -   Chi?

 

The End

 

 

(*) Piccolo riferimento a quello che Jane fa con Holden ne “Il giovane Holden” di J.D. Salinger.

 

** Tutti i titoli riportati sono di canzoni scritte dal duo Simon & Garfunkel **

 

 

Povera Anko! Non ha ancora capito che noi patiti della vecchia, sana musica non molliamo proprio mai!

Questo Yoshikawa influenzato dai gusti musicali del padre mi è venuto sul momento, ma mi sembra ci stia bene. Dopotutto di lui sappiamo solo che è un otaku fissato con i videogiochi, ma tutto il resto? Le persone di cui non si sa niente sono quelle che nascondono i segreti e le passioni più impensabili… ma questa è un’opinione personale.

Commenti a parte, ho finito. Un po’ mi dispiace, però. Certo che questi due sono proprio fatti l’uno per l’altra.

Sapete, gli antichi filosofi greci dicevano che l’Amore non è un dio, ma una specie di demone, perché incompleto. L’amore è desiderio, e dove c’è desiderio c’è la mancanza di qualcosa. Quel qualcosa che cerchiamo disperatamente in tutte le persone che incontriamo e, quando ne troviamo una che possiede quello che a noi manca, ecco che ci innamoriamo.

Se poi all’altra manca proprio quello che invece noi possiamo, con tutto il nostro cuore, offrirle… beh, allora è la felicità completa. Quanti la trovano? A me non è mai capitato.

Quanti vaneggiamenti…

Un punto d’onore va ai doppiatori Emanuela D’Amico e Marco Vivio, che hanno caratterizzato così bene Anko Uehara e Noboru Yoshikawa nell’anime. Mentre scrivevo immaginavo come sarebbero state queste scene doppiate da loro e, visto che il risultato mi piaceva, ho continuato seguendo l’ispirazione.

Insomma, per quanto la tiri per le lunghe, è proprio finita! Piaciuta?

 

Grazie, darkmoon87, per avermi avvisato del problema. Non mi ero accorta che il computer non l’avesse caricata. 

 

   
 
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