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Autore: Daeva    23/12/2004    1 recensioni
Un racconto con Gendo alle prese con l'appartamento che condivideva con la sua famiglia prima della morte di Yui.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gendo Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'Amore degli Altri

-Sà, con la costruzione della nuova città...-
-Sì, capisco.-

Il vecchio appartamento, quando quella città ancora si chiamava Hakone.
Con la costruzione di NeoTokyo3 quell'appartamento sarebbe stato buttato giù, così come le più vecchie abitazioni della città.
Per ora, solo la periferia sarebbe rimasta su, là dove ancora abitavano gli operai che si erano occupati dei lavori.
-Vi ringrazio per avermi avvertito della demolizione.-
Gli ingegneri tacquero, limitandosi ad annuire con solenne gravità.

Già, le persone si comportavano sempre così con lui. 
Era ciò che desiderava, dopotutto.
Non era stato facile diventare quello che era.

-Allora, desidererei entrare un attimo.-
-Certo, faccia pure, non c'è problema.-

Entrare. Come se non sapesse cosa ci fosse. Cosa ne era rimasto.

Il piccolo edificio, che nonostante la modernità era stato accogliente caldo, il luogo da chiamare "casa", adesso si presentò agli occhi dell'uomo come uno scatolone vuoto.
Neanche il disordine delle case abbandonate, poteva vantare.
Vuoto. Tra le pareti e il soffitto, più nulla.
Era stato lui a disporre così. Disporre che tutto fosse gettato.
Nè un mobile, nè un'immagine doveva rimanere.
Sarebbe stato tutto più semplice, aveva creduto.
Non poteva far altro che rendere tutto il Creato simile al suo Creatore.
Quindi si era liberato di tutto, non perchè temesse di soffrire, rivedendo tutto quello che era stato loro, semplicemente, perchè quello era tutto ciò che era rimasto dentro di lui.

-Le case sono un pò i prolungamenti dei vestiti, così come i vestiti sono la manifestazione esterna della nostra personalità... Tutto ciò che ci circonda, ciò che ci è esterno... Non è forse il riflesso di ciò che noi siamo dentro?..-

Come ubriaco, avanzò nella casa, portandosi al centro di quello che un tempo era il soggiorno.
Guardò i muri. Non c'era più neanche la carta da parati. Tutto strappato. Tutto gettato.
Fuori di lui, come dentro di lui.
"Non sono mai stato bravo nei discorsi d'addio" pensava, rivolgendo forse quelle frasi a lei "Anche perchè forse, non c'è mai stato niente nella mia vita a cui sia valsa la pena di dire Addio..."
Sotto di lui, la macchia che testimoniava la presenza del divano.
Davanti un tempo c'era il televisore.
Di lato, un comò, in puro stile occidentale, dove erano riposte le stoviglie e le tovaglie per le occasioni speciali.
Cercò di tornare con la mente a quelle sensazioni che non aveva mai assaporato con la giusta devozione, dandole per scontate.
Già, noi diamo la felicità sempre come un atto dovuto.
Per un attimo la vide, tirare con le braccia chiare uno di quei grandi cassetti di legno.
Una volta aperto, inspirava -Aaah, adoro questo odore!-
Lui la guardava con distacco, un pò perplesso, distogliendo gli occhi dal giornale.
-Gendo, vieni a sentire!- gli ordinava dunque lei sorridendo, poggiando le belle braccia sui fianchi a lui cari.
-Yui... Ti prego...-
-Insomma, dai!-
Non capiva perchè insistesse tanto, a quel tempo.
Ma adesso lo sapeva. Che lei non faceva altro che insegnarglielo.
Insegnargli a vivere.

-Uff...Eccomi.- disse dunque portandosi al suo fianco davanti quell'ingombrante oggetto.
-...Non capisco cosa ci trovi di bello in questo mobile Yui. E' così terribilmente ingombrante.-
-Odora.-
-..Cosa?-
-Odora l'interno, dai!- insistette quasi scherzando indicandogli il cassetto semiaperto.
-...Ho sposato una pazza.-
-Edaaaaai!-
Adorava il tono della sua voce.- Non era mai inopportuno. Era così dolce. Quasi impalpabile.
E delizioso, irresistibile.
Una volta ascoltato non si poteva smettere di volerlo udire.
Poichè lei aveva mantenuta viva in sè la scostante dolcezza e innocenza dei fanciulli.
E che altro si poteva chiederle? Tutto diventava un atto dovuto.
Tutto per lei.
Gendo si piegò allora verso il cassetto, inspirando.
-Allora?- chiese lei.
-Allora cosa?- mormorò lui tornando eretto, con gli occhi su di lei. -Non ti piace?-
-Ma che?-
Yui si portò affranta un mano sulla fronte -Uh, lascia stare..-
iniziò ad allontanarsi da lui, per dirigersi verso la cucina.
-Ecco, ora fai l'offesa...-

"Non andartene Yui"

-Ma non sono offesa solo... "Sconcertata"!- la sua cara voce dalla cucina.

"Non te ne andare da me..."

Sbuffando, l'uomo la seguì dunque in cucina, elemosinando perdono per la sua insensibilità.
-..Perchè ti sconcerti?- non osava entrare lì dove era lei. Rimaneva all'ingresso della stanza, con le mani in tasca.
Come un osservatore. Un osservatore che le si teneva lontano, come se la sua stessa presenza la potesse contaminare.
Lei si voltò verso di lui sorridendo. Era un cenno ad avvicinarsi.
Lui lo fece.
E una volta avvicinatole, come poteva tenersi lontano da lei?
Poteva sfiorarle la schiena col petto, mentre lei tagliuzzava delle verdure.
-Beh?- insistette lui, con un ono di voce che quasi dubitava uscisse dalla sua gola.
Sul fornello una pila d'acqua si scaldava placidamente.
-Ma niente amore... E' solo che.. Ma niente, lascia perdere.-
Gli sembrò la benedizione che attendeva.
Poggiò le sua mani sui suoi fianchi.
Si stupì di quanto era graziosamente minuta.
-Ehi.. Che vorresti fare adesso?- rise lei.
Lui posò la fronte sulla sua spalla -Mhhh...- mugolò.
Lei sorrise -Ho un'idea migliore... Vai a prendere i tovaglioli nel comò!-
-Uuuh, non potevi prenderli quando l'avevi aperto?-
-Eh...L'odore..Me ne ha fatto dimenticare!-
-Dimenticare ciò che si stava facendo perchè distratti da un odore? Non è da te, Yui...-
-Certo che è da me. Io mi stupisco delle cose, sai?-
-Eh?-
-Siamo entrambi scienziati, no? Eppure siamo diversi... Tu non ti stupisci mai di nulla, amore...-
-Di che mi dovrei stupire?-
Lei abbandonò per un attimo le sue verdure.
Si voltò verso di lui e stringendogli intorno al collo le braccia, lo tirò verso di sè per baciarlo.
Dio, come l'amava.
La amava troppo. E la sua stessa presenza, la sua stessa vicinanza, gli faceva dimenticare tutto il resto.
Che gli importava di tutto il resto?
E per un momento...
Sentì odore di sedano.
E carote.
Erano le mani di Yui, che avevano su di loro il succo delle verdute che stava tagliando.
E si sorprese di poter percepire quegli odori.
Yui si staccò da lui, senza infierire su di lui con la sua placida saggezza.
-..Hai capito adesso?..-

Gendo sollevò gli occhi. Era tutto vuoto.
Della cucina, rimaneva una macchia scura sul soffitto, lì dove c'era la cappa.

"Ho solo capito che ti amo..."

Le lacrime. Non scendono.
Non escono. Ma ci sono. E gli affogano il cuore.

"...Perchè ti amo ancora."

Strinse un pugno per rabbia.
Un pugno guantato, che non era neanche un pugno. Non era considerabile un pugno.
Egli stesso non era considerabile.
La mano ritornò tranquilla, calma.
Si voltò e uscì dalla cucina. Fece pochi passi dalla parte opposta, tornando ad attraversare il soggiorno.
Un'occhiata a dove era posto il divano.
Un giorno vi aveva fatto l'amore con lei.
Aveva trovato il coraggio di toccarla, finalmente.
Solo perchè fu lei, a fare il primo passo.
Con lei si muoveva semplicemente di inerzia. Senza di lei, continuava a comportarsi allo stesso modo.
Un giorno su quel divano, aveva anche dormito con suo figlio, davanti alla TV accesa.
Avrebbe potuto spegnerla, quella notte, alzandosi.
Ma non poteva rischiare di svegliarlo. Ora che dormiva su di lui sereno e che sembrava essere nato solo per trovarsi lì, in quella posizione...
...Come poteva svegliarlo?

Arrivò di fronte l'ingresso della camera da letto.
Guardò dentro, senza entrare.
Non vi esitò molto. Affianco, la stanzetta, ricavata dalla loro stessa camera, che Yui stava attrezzando come cameretta di Shinji. 
Non avevano fatto in tempo a completarla per bene.
Avrebbero dovuto ampliarla un pò, anche se per ora quella dimensione era ideale per un bambino.

"No.. Gli addii non sono mai stati il mio forte..."

E poi, il bagno.
Gendo si voltò, tornando a guardare quella casa.
Era vuota.
Ma ciò che gli mancava, non erano tanto i mobili, le tende, la carta da parati...
Ciò che mancava in quella casa erano le voci delle persone che vi abitavano un tempo.
Mancava la vocetta squillante di suo figlio.
Mancavano i dolci sospiri di sua moglie, la sua voce delicata che poteva riempire tutto.
E infine mancava il suo tono comprensivo, il tono che solo con Yui veniva fuori dalla sua gola, e che a volte usava con Rei, pentendosene subito dopo.
Guardò quella casa e vi lesse sè stesso.
Era uno spettacolo desolante che non aveva voglia di sopportare, mentre le lacrime continuavano a bagnargli l'anima.

"Quindi anche se mi hai lasciato... Non ti dirò mai addio."

Quello che gli mancava. L'amore degli altri.
Perchè sapeva che tutto quello che gli era ruotato attorno dopo la sua morte non era stato assolutamente niente.
Che la gente finge di amarti solo per appagare sè stessa.
Ma Yui, Yui non aveva mai voluto amarlo per appagare sè stessa.
Era l'amore più puro, quello più incero, quello più utile.
Quello finalizzato semplicemente ad amare. Amare qualcun'altro.
Stanco, si voltò verso l'ingresso principale, dove gli ingegneri lo guardavano un pò dubbiosi, fingendo assoluta normalità.
Uscì, con terrore che della polvere potesse cadergli addosso, col terrore di portarsi dietro una parte della sua felicità passata.

-Potete procedere all'abbattimento.-
   
 
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