Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Elwerien    25/07/2008    8 recensioni
Nessuno avrebbe mai sospettato che la morte sarebbe stata in agguato, non in quel modo, non provocata dalla sue mani.
Un simile epilogo non era mai stato contemplato.
-Noi di Konoha non giochiamo sporco- non riuscì a trattenersi dal dire, superba. –Usiamo solo la testa-.
I raggi di un sole macchiato di sangue la illuminarono.
Genere: Triste, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
25 luglio 2007 –“Wake up, Ino”

25 luglio 2007 –“Wake up, Ino”.

25 luglio 2008 –“I can’t wake up”.

 

 

I can’t wake up

-di Elwerien-

 

 

Here comes the rain again
Falling from the stars
Drenched in my pain again
Becoming who we are.

[“Wake me up when september ends”, Green Day]

 

 

Erano le prime luci dell’alba, come poteva vedere dalla finestra della sua camera.

Voltò le spalle al sole che nasceva e si sedette davanti allo specchio. Afferrò la spazzola e iniziò a passarla fra i capelli, lentamente, lasciando che la sua carezza sciogliesse i nodi della notte. Poi si alzò di scatto, e costringendo la sua chioma in un’alta coda afferrò la borsa di equipaggiamento ninja. Legandosela intorno alla vita, lasciò la sua stanza: una missione la attendeva.

Non si premurò di chiudere la porta.

Tanto, sarebbe tornata presto.

Ino Yamanaka era da tempo abituata a svegliarsi all’alba. Dopo l’attacco dell’Akatsuki che aveva quasi distrutto il villaggio, erano arrivati gli atroci tempi della ricostruzione, e le forze portanti del villaggio non potevano permettersi di restare inattive. Accerchiata da paesi che miravano ad approfittare dell’improvvisa debolezza del paese, Konoha lottava, e investiva le proprie risorse in una difesa disperata.

Camminava con passo sicuro, diretta alle porte del villaggio. A tratti, vedeva delle abitazioni illuminarsi: era la vita che riprendeva, a Konoha, come ad ogni alba.

I rossi raggi del sole la illuminarono.

 

Era Shikamaru Nara l’incaricato a recarsi nell’ufficio dell’Hokage per ritirare i documenti delle missioni.

Era appena uscito dal palazzo e si stava recando alle porte del villaggio per incontrarsi con i suoi compagni di squadra, sbadigliando vistosamente, maledicendo la sveglia e gettando di tanto in tanto un’occhiata ai fogli che teneva in mano.

Divenne più attento e smise di borbottare quando notò una frase in particolare.

Che avvoltoi!, pensò, soffermandosi sul nome “Villaggio della Neve”. Anche loro, dunque, stavano approfittando del momento di difficoltà di Konoha, tendendo le loro mani rapaci su quello che loro stavano tentando, faticosamente, di ricostruire.

Era talmente indignato, gli occhi ancora incollati alle pagine, che andò quasi a sbattere contro Ino senza accorgersene. Lei lo guardò furibonda, tendendo il braccio per impedire che gli rovinasse addosso, appoggiata all’entrata del villaggio.

-Stai più attento, Nara!- sbraitò, irritata.

-Buongiorno, Ino- replicò lui senza scomporsi. Sapeva che di mattina presto la sua compagna era particolarmente nervosa, e non gli conveniva contraddirla.

Lei lo ignorò e spostò la propria attenzione sui fogli che Shikamaru teneva in mano.

-Villaggio della Neve- rispose alla sua muta domanda. Lei sgranò gli occhi.

-Anche loro!- era chiaramente allibita, e reagì come aveva fatto anche lui poco prima. Per un attimo, i loro occhi ebbero lo stesso riflesso sdegnato.

-Dobbiamo occuparci di una squadra di ninja messa a guardia di un deposito d’armi- proseguì Shikamaru in tono pratico. –Armi che verranno usate contro Konoha, se non riusciamo a distruggerle prima-.

Lei annuì, comprensiva. Gli riservò un rapido sguardo, ma subito distolse lo sguardo.

-Aspettiamo Chouji e poi andiamo- concluse Shikamaru, guardandola anche lui per un attimo prima di voltarsi.

I loro occhi non si incrociarono.

I rossi raggi del sole li illuminarono.

 

 

***

 

 

Un dolore lancinante la face gemere, mentre fiotti di sangue scuro e abbondante si riversavano fuori dai bordi frastagliati della ferita che aveva ora su una spalla.

Maledetto! Pensò con rabbia, fissando il suo nemico negli occhi stranamente vermigli. Quello sorrise leggermente, con un ghigno che avrebbe detto sadico, mentre tornava a soppesare la pesante lancia –ora dalla punta macchiata di rosso- che reggeva col braccio destro. Alto, vestito di una casacca lunga e tristemente nera, Ino provò l’impulso di odiarlo, mentre impastava velocemente e rozzamente del chakra per far rimarginare la ferita.

Erano abili quei ninja del Villaggio della Neve, dovette ammettere amaramente, mentre con una fulminea occhiata controllava la situazione di Shikamaru e Chouji. Erano riusciti  a separarli, e Ino sapeva che quello non era un bene, no: la sua Shintenshin No Jutsu dipendeva quasi completamente dalla Kagemane no Jutsu di Shikamaru, e così brutalmente separati non osava utilizzarla: rischiava di mancare il bersaglio, di offrire un corpo inerte al nemico.

Usare la sua tecnica in quel momento equivaleva quasi al suicidio.

La mano raggiunse svelta la sacca d’equipaggiamento, e da sotto la stoffa avvertì la superficie gelida di un kunai. Lo estrasse, catturando i raggi del sole del tardo pomeriggio con il lucido metallo.  

Tornò a concentrarsi sul suo nemico, che era di nuovo in posizione d’attacco. Un ultimo sguardo fra i due, e subito si lanciarono di nuovo l’uno contro l’altra, lui armato di una lancia di ghiaccio, lei afferrata saldamente al kunai.

La battaglia ricominciò, più spietata di prima. Non esisteva tregua.

 

Shuriken scintillanti volavano dappertutto.
Kunai trafiggevano l’aria mirando a chiunque non fosse stato abbastanza veloce da scansarli.
Corpi duellavano, annientandosi, colpendo, gemendo.

 

Schivò per un soffio un altro fendente di quella maledetta lama, cercando di mantenere la calma, anche se le occhiate beffarde dell’avversario non le sfuggivano. Vedeva che i suoi occhi ridevano, cupi, non ritenendola alla sua altezza, e giocava con la sua arma in modo che lei si tenesse lontana, ben allenato ad usarla e dalla mente veloce e scaltra -come aveva notato quando aveva finto di cadere e invece si era subito rialzato colpendola con forza al ventre, facendola arretrare di parecchi metri.

Sputò sangue.

Un sapore dolciastro e ferroso le riempì la bocca, nauseandola. Non si era mai trovata a combattere in un corpo a corpo, senza poter contare sulla propria tecnica, e si rendeva conto di essere in palese svantaggio. Per un attimo, fu tentata di utilizzarla e di approfittarne per far saltare in aria il deposito di armi che quei tre custodivano, ma quando incrociò i sigilli con le mani un lampo di comprensione si impadronì dello sguardo rosso dell’avversario. Interdetta, interruppe il jutsu. Aveva riconosciuto la Shintenshin dalla posizione delle sue mani?

-Giocate sporco, a Konoha- le urlò l’avversario. Le sopracciglia di Ino si aggrottarono pericolosamente. Come si permetteva?

-So tutto di quella tecnica!- seguitò lui, arrogante. –Non è la prima volta che incontro qualcuno in grado di utilizzarla. La scorsa volta ho perso, contro quell’Inoichi, ma adesso non sperare di riuscire a colpirmi-.

Ino sobbalzò. Inoichi! Quel tale doveva aver combattuto contro suo padre! Beh, un motivo in più per non perdere, si disse. Ma questo poneva una croce definitiva sulla Shintenshin.

-Noi non giochiamo sporco!- gli urlò di rimando. Una voce a lei nota le fece eco da dietro, e udì chiaramente le parole “Kagemane no jutsu!”. Shikamaru Nara era entrato in azione. Sorrise, rincuorata.

Usa la testa, Ino.

Come se fosse la sua coscienza, non richiesta la voce di Shikamaru le riempì la mente. Usare la testa! Parole alla Nara, certo. Ma non totalmente inutili.

Anzi.

Ancora una volta, la mano corse alla borsa d’equipaggiamento. Due kunai. Solo due kunai le rimanevano a disposizione. Li estrasse, sperando che avrebbe funzionato.

A quella vista, il ninja avversario scoppiò a ridere. Una risata fredda, beffarda, e Ino provò l’impulso di farlo tacere.

-Non funzionano, bellezza!- la apostrofò, indicando delle armi inerti sull’erba. –Non sai fare niente di meglio? Hai visto anche tu che riesco a schivare tutti i tuoi colpi!-.

Lo ignorò e lanciò con forza i due kunai, uno dopo l’altro. L’altro ghignò soddisfatto, ben sapendo che lo scacco matto si avvicinava, e si preparò a schivare i colpi, certo di farcela, quando…

-Shinranshin no Jutsu!-  urlò Ino, pregando che funzionasse, concentrandosi come mai aveva fatto.

Vide il nemico immobilizzarsi, impotente, e annaspare senza che il suo corpo rispondesse agli ordini che cercava di impartirgli. Ino raddoppiò la presa sulla tecnica. I due kunai si andarono a conficcare con studiata precisione nell’addome dell’uomo, che non poté fare nulla per evitarli e li accolse nella propria carne, urlando di dolore e di rabbia per la sconfitta che non aveva potuto evitare. Crollò a terra, mentre Ino sciolse la Shinranshin.

Soddisfatta, si avvicinò all’avversario che aveva battuto.

-Noi di Konoha non giochiamo sporco- non riuscì a trattenersi dal dire, superba. –Usiamo solo la testa-.

Quello le rivolse un’occhiataccia, ma era ormai agonizzante.

 

Ino si voltò. Chouji era ancora impegnato in un corpo a corpo con uno dei ninja della Neve, mentre Shikamaru fronteggiava ancora la sua avversaria. Era immobile, e avrebbe giurato che stesse riflettendo. L’altra, dal canto suo, lo scrutava in attesa della prossima mossa.

Vide Shikamaru estrarre dalla tasca sulla gamba due kunai avvolti nella carta esplosiva, e li lanciò. Quelli si conficcarono al suolo e lei quasi cadde per l’onda d’urto.

 

Ci fu un’esplosione e Shikamaru non riuscì più a vedere niente a causa del fumo e della terra che il suo attacco aveva sollevato. Alzò istintivamente le braccia contro la testa per proteggere gli occhi. All’improvviso un’ombra indistinta apparve fra le polveri.

 

Un errore fatale, Shikamaru, si ritrovò a pensare. O forse faceva tutto parte di un piano prestabilito? Ino non lo sapeva, ma dalla sua posizione vedeva chiaramente la kunoichi della Neve sorridere soddisfatta e lanciarsi dentro al polverone, l’arma stretta in pugno. La sua espressione tradiva perfettamente le sue intenzioni:un attacco a sorpresa. Sarebbe emersa dalla polvere, avrebbe affondato il ghiaccio che stringeva fra le dita nel petto di Shikamaru, sarebbe sgorgato sangue dalla ferita…

Un’immagine di Shikamaru immobile, insanguinato, morto –morto!- la raggiunse.

Non poteva permetterlo. C’era un unico modo per impedirlo.

Incrociò le mani nel sigillo, e urlò.

-Shintenshin no Jutsu!-.

 

Sentì Ino gridare qualcosa di indistinto, ma non ci badò.

 

La familiare sensazione di essere risucchiata in un vortice la investì. Per un attimo, ebbe come l’impressione di non avere corpo, di essere un’anima senza guscio; un filo invisibile sembrava legarla a qualcosa dietro di sé –dietro, sì… forse era da lì che era partita, era lì che sarebbe tornata- ma questi si spezzò quando  si ritrovò bruscamente a guardare il mondo da una prospettiva diversa.

Era dentro al corpo dell’avversaria, e da lì vedeva diradarsi la polvere dell’esplosione; stringeva fra le mani la fredda arma nemica, fatta di ghiaccio, ma la gettò via, subito, lontano.

Ci fu un momento, più breve forse di una frazione di secondo, in cui i suoi occhi –di che colore erano?- incrociarono quelli neri di Shikamaru. Ma non vide amicizia o affetto in quello sguardo, né a dire il vero lui parve riconoscerla. E mentre Shikamaru alzava un braccio –un braccio che reggeva un kunai- e lo piegò all’indietro –lo piegò all’indietro per attaccare- un brivido l’attraversò. Capì all’istante che non era stato lui a commettere l’errore, ma lei; l’ultima cosa che vide, prima che un dolore lancinante si impossessasse del suo petto, fu un guizzo d’acciaio che la raggiungeva.

Il corpo che possedeva cadde a terra, agonizzante e ferito. Un gemito le sfuggì dalle labbra. Pensò alle sue vere sembianze, dimenticate una decina di metri più in là; fece per sciogliere la tecnica, ma un freddo torpore cominciava ad avvolgerla, assassino, e sapeva che comunque la ferita l’avrebbe inseguita in ogni caso.

Era il vincolo fatale fra il carceriere e la vittima della Shintenshin.

Quel vincolo contro cui suo padre l’aveva sempre messa in guardia.

 

Vide la punta colpire il petto di lei, affondare nella sua carne. Il sangue, scuro e abbondante, usciva a fiotti dalla profonda ferita, lasciando nell’aria un sapore dolciastro che sapeva di morte.
La ragazza si accasciò a terra con un gemito.

 

Stava per morire?

Non osava accertarsene. Aveva la vista appannata, e le era rimasto troppo poco chakra per poterlo impastare in una tecnica medica.

Con la coda dell’occhio vide Shikamaru allontanarsi.

-Shikamaru…- chiamò.

Dalle palpebre semiabbassate, lo vide arrestarsi e voltarsi, un’espressione attonita dipinta sul volto. Non capiva?

Tossì sangue, ancora una volta.

-Shikamaru… sono io…-.

Un barlume di comprensione –e di orrore, orrore per quello che aveva fatto- lo colse; lo lesse chiaramente nei suoi profondi occhi neri. Avrebbe voluto consolarlo, dirgli, in fretta, che non era stata colpa sua, che l’errore l’aveva commesso lei, ma una fitta al petto le incatenò le parole prima che lei potesse pronunciarle.

-Sono io… Ino…- fu tutto quello che riuscì a dire.

La fine era vicina, lo avvertiva chiaramente. Sentiva che quel corpo le stava diventando sempre più estraneo, e stava perdendo il controllo su di esso. La vista, prima appannata, stava diventando scura, e si sentiva scivolare. Sempre più lontano, sempre più distante. Il mondo intorno si stava perdendo e i suoi sensi non riuscivano più a coglierlo, impotenti.

Un paio di calde braccia –lei era così fredda- la avvolsero. Shikamaru era accanto a lei, tremante, inorridito.

-Ino!- urlò, come se sperasse che con quell’urlo atroce avrebbe potuto evitare l’inevitabile, come se, sentendolo, lei avrebbe trovato un appiglio al quale aggrapparsi, per sfuggire alla morte.

Aprì leggermente gli occhi. Aveva qualcosa di importante, di essenziale da dirgli, qualcosa che lui avrebbe dovuto sapere da tempo e che lei invece avrebbe fatto bene a non celare. Con l’ultimo soffio di vita che aveva ancora nel petto sussurrò il principio di quella frase nascosta, ma prima di concluderla la voce le venne a mancare, e la parola “amore” non venne mai pronunciata da quelle labbra.

Scivolò nel freddo abbraccio della Morte, che la prese con sé, senza concederle di guardarsi indietro.

 

Si inginocchiò accanto a lei e la prese fra le braccia.
-Svegliati- attese.
-Svegliati- ma lei rimase immobile.
-Svegliati, Ino!- ruggì, ma per quanto fosse disperato, per quanto la sua voce tradisse il tremore che lo percorreva da capo a piedi, Ino non si svegliò.

 

Semplicemente, lei non poteva svegliarsi.

 

Iniziò a piovere.
Erano le nuvole che aveva visto prima –quanto prima? Un minuto, un’ora? Un’esistenza intera?
Alzò lo sguardo al cielo. Il sole era completamente coperto, il cielo prima azzurro totalmente nero. Stringendosi al petto il corpo di Ino, realizzò di aver sempre amato il sole, nonostante avesse sempre concentrato lo sguardo sulle nuvole che lo decoravano. Mentre un fulmine spaccava in due il mondo, sentì che già l’azzurro del cielo gli mancava.
Fu la volta del tuono.
Shikamaru non si vergognava di piangere.

“Andiamo, Shikamaru”
“Non voglio lasciarla”.
Stringeva ancora Ino a sé.
“Non è giusto” disse.
Chouji non rispose.
“L’ho uccisa io” .
“È stato un incidente. Lei voleva aiutarti. È entrata nel corpo di quella ragazza perché ti stava per attaccare. Voleva salvarti”.
La risposta di Shikamaru gli morì in gola.
“Passerà” disse l’amico, anche se Shikamaru lo vedeva tremare.
“Non lo so, Chouji. Non lo so”.




Non desiderava altro che morire.
Davanti a lui, scintillava un kunai di ghiaccio.

 

 

La pioggia continuava a riversarsi dal cielo. Quando le nuvole nere smisero di gonfiarsi e sciolsero le proprie catene, furono deboli i raggi di sole che tornarono a baciare il mondo.

Ed erano rossi, quei raggi –rossi come poteva esserlo un’alba- ma quello non era che un tramonto, e stillava sangue, marchiato dalla morte.

La luce rossastra si confuse fra due ferite che non si sarebbero mai richiuse.

 

***Fine***

 

 

 

 

Dedicata a Mimi *_*

 

_____________________________

 

(Essenziali) note dell’autrice:

 

Qualcuno di voi forse avrà avuto un déjà vu con questa storia, e i più attenti l’avranno subito ricollegata a “Wake up, Ino” pubblicata (sempre da me) su efp il 25 luglio 2007.

Esattamente un anno fa scrivevo la mia prima fanfiction nella sezione Naruto, che era anche la mia prima ShikaIno: poiché sono sentimentale e adoro lo ricorrenze, per festeggiare l’anniversario ho pensato di riproporre la stessa storia, un po’ diversa (l’introduzione non c’era, partiva in medias res), più dettagliata, (spero) scritta meglio e soprattutto dal punto di vista di Ino e non di Shikamaru. Le parti in corsivo sono prese direttamente dalla prima fanfiction, per ricollegare le due storie.

 

Un ringraziamento speciale va a: hinata_chan, eleanor89, _Eleuthera_, suzako, Blackie, geggia, Queen_of_Sharingan_91 e a ino_chan96, per aver commentato la prima versione di questa storia. Grazie a tutte per le belle parole.

Grazie anche a Coco Lee per avermi suggerito la canzone d’apertura e a Luly per avermi aiutata a scegliere il nemico.

 

Un bacio,

El*

 

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Elwerien