«m-maledizione…e
guarda dove cammini!»
La ragazza si limitò ad
osservare il suo povero gelato alla
fragola caduto -come anche lei stessa- a terra dopo lo scontro, per poi
rivolgere il proprio sguardo al wrestler inglese. «a dire la
verità io ero qui
ferma. Sei tu che mi sei venuto addosso come un treno in
corsa» osservò,
iniziando a rialzarsi da terra con un sospiro «se non altro
mi hai movimentato
la giornata».
La ragazza, al di là di
un’altezza di tutto rispetto (poco
meno di un metro e ottanta), era una tipa qualunque con corti capelli
castani,
gli occhi grigio fumo e -a giudicare da quel che poteva vedere- i
fianchi
costituzionalmente un po’larghi rispetto alla parte superiore
del corpo
nonostante la magrezza. E non sembrava essersi incavolata per quello
scontro
che era stato solo e soltanto colpa di Kevin Mask.
«tsk…»
«Kevin, cosa è
suc-»
«niente, continuiamo a
correre» disse secco il ragazzo al
proprio allenatore, appena sopraggiunto.
E per fortuna che Kevin
Mask aveva fama di essere un
uomo cavalleresco e galante, ma evidentemente le cose cambiavano quando
in un
modo o nell’altro veniva interrotto durante gli allenamenti.
Il suo obiettivo attuale era uno
soltanto: vincere il Torneo
chojin. E lui, assieme al suo trainer Lord Flash, si stava allenando in
vista
delle selezioni -che contava di superare ad occhi chiusi- che si
sarebbero
tenute nella capitale del proprio Paese d’origine.
«solo un piccolo
“tamponamento”…»
minimizzò la ragazza,
rifiutando con un cenno gentile l’aiuto di Flash per
rialzarsi per poi pulirsi
la terra dai jeans e la felpa color nocciola «niente di che,
come gli stavo
dicendo mi ha movimentato la giornata».
Kevin stava iniziando a scalpitare
per ripartire. Lord Flash
pensò che a volte quel ragazzo sembrava proprio uno di quei
puledri scalcianti
che non stanno fermi un secondo, ma a lui al momento interessava altro,
diverso
dal riprendere immediatamente l’allenamento. Kevin era andato
a sbattere contro
quella ragazza, che sembrava “di pace”; ricomprarle
il gelato era il minimo.
«lei è un tipo
pacifico, signorina…?»
«May. Può darmi
del tu, non sono tipo da formalismi» fu la
pronta replica della ragazza.
«…d’accordo,
visto che è tutto a posto possiamo andare?! Ho
un torneo da vincere, io!» sbottò seccato Kevin,
vedendo che le cose sembravano
andare per le lunghe e lui non riteneva di avere tempo da perdere.
«Kevin, dopo tutto che
l’hai “tamponata” non ti sembra il
caso di ricomprarle almeno il gelato?» ribatté
Lord Flash «trattasi di buona
educazione».
«tranquilli, non
c’è bisogno…se avete da fare, avete da
fare» May guardò Kevin «tu sei un
wrestler, giusto?...mi è parso di averti
visto in tv, ogni tanto».
«sono il wrestler
più forte della galassia e non ha nemmeno
presente chi io sia, ma che perdo tempo a fare»
borbottò il ragazzo riprendendo
la corsa da solo. Se Flash aveva tanta voglia di chiacchierare facesse
pure, ma
lui non era dello stesso avviso.
«Kevin!!!
Che accidenti…? Kevin Mask, torna subito
qui!»
E i richiami del suo allenatore non
servirono né a fermarlo
né a farlo tornare indietro.
«a volte è
difficile avere a che fare con questi ragazzi,
mh? …qualunque sia il motivo per cui vi allenate
dev’essere molto importante,
per lui» chiuse brevemente gli occhi e scosse la testa con un
sorriso «ma avere
degli obiettivi definiti non è un male».
Già. Non aveva tutti i
torti, pensò il russo -e se Kevin
avesse saputo che non era esattamente un gentiluomo inglese sarebbero
stati
cavoli suoi- osservando i tratti delicati del suo viso e cercando di
assegnarle
un’età. Quanto poteva avere, diciotto,
vent’anni?
«no, non lo è.
Ehm…ti offro il gelato, allora? Ti prego di
scusare l’atteggiamento di Kevin, di solito si comporta
meglio».
«ribadisco che non ce
n’era bisogno, ma se insiste accetto
volentieri. Solo…non vorrebbe raggiungere Kevin
Mask?»
Il russo guardò un punto
lontano, quello dove il suo pupillo
era sparito. «tornerà tra meno di dieci minuti.
Sono pronto a scommettere un
secondo gelato, tende a fare così quando è
seccato, fugge per poi tornare a
breve».
«mi fido».
I due si diressero al chiosco dei
gelati, e poco tempo dopo
May si trovò in mano con un nuovo cono alla fragola. Volle
sedersi su una
panchina, e rimanere a parlare con Lord Flash nell’attesa che
il ragazzo
inglese si facesse nuovamente vedere.
«quindi ti chiami
May…»
«si. Ma non so se dirle il
cognome, perché suona piuttosto
assurdo».
«mh…alla mia
età difficile per me trovare davvero assurdo
qualcosa» replicò il russo, ignorando che lei si
fosse messa a sedere sopra la
spalliera della panchina invece che dove avrebbe dovuto sedersi.
«oh, dubito che lei sia così
vecchio da poter
smettere di sorprendersi. Magari mi sbaglio, ma io credo che sia
impossibile
farlo…» asserì la ragazza
«comunque, il mio nome completo è May
Flower».
Detto questo aspettò una
risata che invece non arrivò.
«come la nave?
Affascinante».
«tutto qui? Niente
“uuuh che strambaaah…!” ?»
«non sono il tipo di
persona che fa commenti così sciocchi,
e poi beh…giro con una maschera di metallo ed una tutina
aderente grigia. Non
potrei permettermi di dare a qualcuno dello
“strano” neanche volendo».
E sotto quel travestimento era ancor
più “strano”, a dire la
verità. Ma quelli erano dettagli.
«capisco».
«comunque, a giudicare dal
nome non sembri esattamente del
posto…»
«scambio culturale.
Starò qui un anno, o qualcosa del
genere» disse lei «nemmeno lei sembra del posto,
e…ah, già, qual è il suo
nome?»
«Lord Flash…sono
inglese».
Lei sollevò un
sopracciglio, come se fosse stata sorpresa.
«davvero?»
«da, ehm…si.
Perché?»
«a giudicare
dall’accento credevo venisse dalla Russia o da
uno dei Paesi vicini. Mi sarò sbagliata».
L’uomo sentì una
breve morsa allo stomaco. Diavolo! E per
fortuna che da piano non avrebbe dovuto farsi scoprire, quella
lì lo aveva
appena conosciuto e già aveva intuito la sua vera
provenienza…contrariamente a
lui che non riusciva a capire bene qualche fosse la sua. Parlava bene
la lingua
comune, e dal cognome doveva essere una ragazza di qualche Paese
anglosassone,
eppure non riusciva ad identificarne l’accento.
«…ho…vissuto
in Russia in gioventù».
«capisco, ora tutto si
spiega».
Breve silenzio nel quale May, con
tutta calma, arrivò a metà
gelato. Adorava le fragole ed il gelato alla fragola, non
c’era niente da fare.
Perfino sul bracciale in argento c’era un charm a forma di
fragola, vicino a
quello col simbolo della Croce. Fragole, fragole everywhere!
«tu invece? Non ho capito
da dove vieni…»
«perché non
l’ho detto. È una storia un po’
complessa, i
miei genitori sono del Wyoming, ma si sono trasferiti ad Aosta un paio
d’anni
prima che io nascessi. Da lì il cognome, ed il fatto che
parlo bene inglese…e
sempre da lì, il mio accentò un
po’americano e un po’valdostano!»
Spiegava in parte il misto di accenti.
«capito tutto.
Quindi…scambio culturale. Avevi voglia di vedere
un po’di mondo, mh?»
«viaggiare non mi dispiace.
E poi…sinceramente sto cercando
ispirazione…» vedendolo perplesso decise di
aggiungere dell’altro «mi
piacerebbe riuscire a scrivere un libro».
«ah si? Curioso. Su
cosa?»
La ragazza poggiò le
braccia incrociate sulle ginocchia.
«avevo pensato a qualcosa su vampiri e affini, visto che sono
una patita del
sovrannaturale/darkeggiante…magari mi sto facendo trascinare
dalla moda del
momento, per quanto io detesti cordialmente quella robaccia come
Twilight, The
Vampire Diaries o similia…» specificò.
«sarebbe meglio qualcosa
sui licantropi o su qualche demone.
I vampiri hanno stufato. E poi…mostri indegni di stare al
mondo come loro non
dovrebbero comparire nei libri» aggiunse in un mormorio cupo.
«ci penserò.
È ancora tutto da definire…accidenti, questo
gelato è una meraviglia…ah-ha!»
intercettò una goccia che stava per caderle sui
jeans e se la leccò via dalle labbra «gelato di
fragola, non avrai i miei
jeans!...»
«non penso che il gelato ti
capisca» disse il russo, che
aveva perso l’aria cupa ed ora sembrava quasi divertito
«ti sembrerei
indiscreto se ti chiedessi quanti anni hai?»
La ragazza parve come pensarci su.
«…diciotto. Compiuti una
settimana fa».
«soltanto?»
«è un modo
carino per dirmi che sembro vecchia?...sto
scherzando, non si preoccupi» aggiunse immediatamente con un
sorriso «e mi
dica, le sembrerei indiscreta se le chiedessi quanti ne ha
lei?»
Lui borbottò a voce
bassissima qualcosa che a chiunque
sarebbe risultato incomprensibile…
«…sessantuno?
Allora è ancora un giovanotto».
…eccetto che a May,
evidentemente.
Lord Flash si voltò a
guardarla per risponderle qualcosa di
simile ad un “non mi piacciono molto le prese in
giro”, ma così come nel tono
non c’era traccia di derisione sul suo viso. Così
la replica, forse anche un
po’dura, morì sul nascere.
«non più
tanto».
«dipende dai punti di
vista. Per un uomo di novant’anni lei
è un giovanotto».
«e per una ragazza di
diciotto sono decrepito».
Lei fece per rispondere qualcosa, ma
la loro conversazione
venne interrotta da Kevin, che come previsto era tornato.
«ancora
qui…?»
«aspettavo un certo gigante
maleducato».
Kevin sbuffò, alzando gli
occhi al cielo. Sapeva che tanto
Lord Flash non l’avrebbe piantata finché lui non
si fosse scusato con quella
ragazza, e forse tutto sommato era anche giusto così.
«…scusami per
averti fatta cadere a terra. Non ti avevo
vista. Correvo».
«è tutto a
posto» lei gli tese perfino la mano «May».
Lui, dopo qualche esitazione, la
strinse. Gli fece un
po’impressione perché era piuttosto fredda, e lei
dovette accorgersene.
«si, lo so, ho sempre le
mani ghiacciate. Anche in estate.
Giusto dopo una mezz’ora sotto il sole si scaldano un
po’» scese dalla
panchina.
«mpf. Ok» Kevin
guardò il suo allenatore «possiamo tornare a
noi, adesso?»
«certo compagno, ehm,
Kevin» si maledisse mentalmente
pensando che doveva stare più attento, mentre May scriveva
qualcosa su un
biglietto per poi metterglielo imprevedibilmente in mano.
«beh allora vi lascio. Ci
si rivede!»
E detto così si
allontanò quasi di corsa.
Flash diede un’occhiata al
biglietto, ed anche Kevin,
incuriosito, diede una sbirciatina.
«ma guarda
tu…non ti facevo uno che approfitta di ogni
occasione per “acchiappare”!»
commentò il ragazzo «non è un
po’giovane?»
«ma che vai dicendo?! Non
ho la minima intenzione di…! E
poi…ah. Mettiti a correre».
Gli aveva lasciato un numero di
cellulare, presumibilmente
il proprio. Era strano…a meno di non voler prendere per
buona la stupidaggine
che aveva appena detto Kevin, ma in senso inverso, ossia che fosse lei
a volere…
“ah, ma dai”.
«si, ma non provarci anche
con la prossima contro cui andrò
a sbattere» disse Kevin, correndo via.
Lui lo seguì, e mise il
numero di cellulare nel taschino.
Forse si sarebbero incontrati ancora
o forse no. Forse avrebbe
potuto telefonarle davvero, o forse non l’avrebbe fatto
perché era troppo …
strano, appunto. Nonostante la loro conversazione fosse stata
abbastanza
interessante; a guardarla le avrebbe dato i diciotto anni che aveva ma
dopo
averle parlato gliene aveva dato qualcuno in più, prima
della sua conferma
definitiva.
“c’è
un Torneo da vincere, ci mancherebbe solo che mi metta
ad incontrare una ragazzina”.
«invidioso?»
«macché! Solo
che proprio tu che mi inviti a concentrarmi,
poi ti metti ad offrire il gelato alle sconosciute».
«…contro cui tu
sei andato a sbattere. Ho fatto quel che
avresti dovuto fare tu».
«ed hai rimediato un numero
di telefono, pensa te. Magari le
siamo simpatici» iniziava a sciogliersi un po’
«che vi siete detti?»
«niente. Abbiamo parlato
del più e del meno. Tutto quel che
so è che è un’italiana di origini
americane che è qui per uno scambio
culturale…»
«ah!»
«…e che vorrebbe
scrivere un libro dark, o qualcosa del
genere».
«ti prego, non
un’altra di quelle cazzate sui vampiri!» si
lagnò Kevin «non se ne può
più!»
“già. Dannati vurdalak!”
pensò il russo, adombrandosi
ancora.
«corri
ragazzo…corri».