I
due gesuiti e le tre donne andarono nell’appartamento, dove c’era la testa di
San Giovanni. Michela teneva in braccio Giorgio; si era accorta che Niklos li stava osservando e seguendo da lontano:
evidentemente aveva avuto paura per il figlio e li aveva spiati, per essere
pronto ad intervenire, nel caso Gabriel non fosse rinsavito. La ragazza avrebbe
potuto lasciare il bambino con lo stregone, dal momento che non era l’ideale
tenerlo con sé, mentre pianificavano come agire; tuttavia temeva che Niklos, accorgendosi che presto le cose sarebbero cambiate,
scappasse col piccolo: non poteva rischiare.
Durante
il tragitto, Isaia appoggiò la mano sinistra sulla spalla di Gabriel e
controllò la sua anima, per assicurarsi che fosse realmente rinsavito del tutto
e che non ci fosse di che preoccuparsi al momento. Trovò l’amico di nuovo
incline e propenso al bene e questo gli bastò.
Entrati
nell’appartamento si accorsero che c’era ancora Immanuel, in realtà era come se
il bambino li stesse aspettando.
Isaia
fu il primo a salutarlo e, dopo che gli altri avevano fatto altrettanto, gli
disse: “Scusaci, ma dovremmo parlare con Giovanni, potresti lasciarci soli con
lui?”
“Voglio
aiutare anch’io.” disse il bambino.
Isaia
stava per dire: va bene, grazie, ma Gabriel fu più rapido: “Ti
ringraziamo, ma non credo che tu, ora, possa …”
“Visto?!”
esclamò Giovanni.
Gabriel
e le due psicologhe sobbalzarono per lo stupore.
Il
Battista continuò: “Te lo avevo detto, sono tutti così duri di comprendono!”
“Lo
sapevo già.” sorrise il bambino “Gabriel, io posso restare, io devo restare.”
“Sei
un bambino, non dovresti pensare a queste faccenda da adulti.” ribadì Antinori.
Intervenne
Giovanni: “Gabriele, fammi il piacere di stare zitto. Con quel che hai fatto
ultimamente, non sei di certo la persona più adatta per dire cosa sia meglio o
sbagliato.”
“Veramente
mi chiamo Gabriel, non Gabriele …” osservò, basito l’Eletto.
“Ti
chiami Gabriele e non protestare.” ribadì il Battista.
Isaia
disse all’amico: “Non farci caso e non irritarlo: ha le sue manie, ma è di una
saggezza e conoscenza inequiparabili.”
“Bravo,
Michele!”
“Perché
ti ha chiamato Michele?” sbalordì Antinori.
Gabriel
era già stupito per la testa parlante, poi i suoi discorsi lo stavano
abbastanza meravigliando.
“Sai
tutto il discorso delle sephirot?”
“Sì,
me ne ha parlato la tua amica e poi pure Serventi. Che c’entra?”
“Ecco,
i nostri principi, Geburah e Gedulah,
nelle tradizioni giudica e cristiana si manifestano nell’aspetto degli
arcangeli Michele e Gabriele, per questo Giovanni ci chiama così.”
“Aspetta!
Ma, quindi, quella testa parlante è Giovanni il Battista di cui mi hai
parlato?”
“Non
è molto sveglio.” borbottò il santo “Strano che Alonso me ne abbia parlato così
bene.”
“Scusate!”
richiamò l’attenzione Michela “Potremmo saltare i convenevoli e andare al
punto? Serventi potrebbe saltare fuori da un momento all’altro e io preferirei
avere un’idea di come agire.”
“Giusto!”
esclamò Giovanni “Se vogliamo rimediare alla svelta al caos causato da
Gabriele, dobbiamo, non dico ottenere la stella bianca, per quello ci vorrà
tempo, ma per lo meno far sì che tra di voi ci sia armonia. Al momento è
palpabile il disagio e la tensione che ci sono tra alcuni di voi, per cui è
essenziale, come prima cosa, che voi vi chiariate e riappacificate l’un
l’altro.”
I
quattro si guardarono, effettivamente c’era imbarazzo. Le uniche che non
avevano bisogno di chiarirsi tra di loro erano le due donne.
Cominciò
Isaia, rivolgendosi a Claudia: “Dottoressa Munari, prima, forse, non sono stato
molto cortese con lei, nel cercare di motivare i miei atteggiamenti, me ne
scuso. La verità è che, a parte il caso di Nadia e quello dei tre fratelli, ho
sempre considerato utile la sua collaborazione con la Congregazione, avevo
letto il suo libro e l’avevo considerato molto interessante, provando anche
stima per l’intelletto che lo aveva elaborato. Restando nell’ambito lavorativo,
i nostri dissapori sono stati originati dal fatto che entrambi vedevamo le due
facce opposte della stessa medaglia e non volevamo venirci incontro; ora,
grazie a quel che Michela ha insegnato ad entrambi, io so quanto la psiche
possa influenzare e determinare i poteri e i fenomeni paranormali, mentre lei
ha compreso come la mente possa agire al di fuori della normale scienza. Spero
sinceramente che in futuro, anziché scontrarci, potremo trovare la maniera di
far cooperare le nostre conoscenze, così come ha già fatto in passato con
Gabriel.”
Claudia
apprezzò molto e disse: “Grazie, Isaia, sono sicura che ci riusciremo. Io mi
scuso per essermi talvolta introdotta in faccende che rientravano maggiormente
nel vostro ambito e mi sono presa la libertà di comportarmi come da vostra
collega, quando invece sarebbe stato meglio se mi fossi limitata ad osservare e
fare domande con toni più modesti. Mi scuso anche per averti trattato talvolta
con sufficienza perché ti credevo un bigotto legato solo alla forma e alla
superstizione, senza rendermi conto della profonda consapevolezza e passione
con cui agisci e ignorando gli orrori che devi aver visto e vissuto in qualità
di esorcista.”
Isaia
sentì una sorta di gratificazione per essere stato infine compreso, si sentì in
dovere di aggiungere: “Dottoressa Munari, la divergenza di vedute non è stata
la sola causa del mio atteggiamento freddo e distaccato. Confermo quanto detto
stamane, ossia che la vedevo come una tentazione per Gabriel, ma oltre ciò devo
confessare che io mi sono lasciato vincere dalla gelosia e l’invidia, in quanto
Gabriel aveva smesso di consultarsi, confrontarsi e confidarsi con me, ma per
qualsiasi questione, lavorativa o di coscienza, si rivolgeva solo a lei,
lasciandomi fuori dalla sua vita.” queste ultime parole erano state dette con
fatica e reprimendo sofferenza “Per cui mi scuso per aver scaricato su di lei
il malumore causatomi da Gabriel e dal mio ego.”
Claudia
rimase un attimo perplessa: non aveva sospettato che Isaia potesse sentirsi in
quel modo, per cui riuscì a dire solo: “Mi dispiace, non credevo …”
Rimasero
tutti in silenzio per qualche momento, poi fu Gabriel a parlare, rivolgendosi a
Michela: “Penso di dovermi decisamente scusare per tutto ciò che è capitato da
quando ho ceduto all’ira. Innanzitutto ti ho accusata ingiustamente di averci
tradito e aver permesso l’attacco al Centro d’Ascolto. Inoltre, temo non ci sia
modo di rimediare a quel che ti ho fatto patire qui, nelle ultime settimane.
Spero mi perdonerai, sia per la questione delle dita spezzate, sia per …” si
vergognava tremendamente e non riusciva a dirlo “Sia per … la questione di
Stefano … Non c’è nessuna giustificazione per quello che ti ho costretta a
subire … sono stato crudele … dimmi tu cosa posso fare per farmi perdonare!”
aveva le lacrime agli occhi per il dispiacere.
La
ragazza non riusciva a guardarlo con durezza: il passato non si poteva cambiare
e Gabriel non avrebbe più fatto niente del genere; gli disse quindi: “Non è
necessario che tu faccia nulla. Hai riconosciuto il tuo sbaglio, sei pentito …
non posso volere di più.”
“Grazie
…” rispose l’uomo, per nulla convinto; si rivolse poi all’amico: “Fratello,
perdonami, ti ho umiliato tremendamente, mentre eri in cella … e ti ho fatto
torturare … e praticamente ti ho costretto ad uccidere delle persone … sono
stato tremendo ed odioso … scusami!”
Isaia
vide nettamente l’amico in difficoltà e contrito; si ricordò quanto bene gli
avessero fatto, in passato, in situazioni delicate e dolorose, gli abbracci di
Gabriel, per cui si sforzò di stringerlo e gli disse: “Non ti preoccupare …
Come ti ho detto in prigione, so che lo stavi facendo non per crudeltà, ma per
amicizia.”
“Un
amico non si comporta a questa maniera.”
“Ti
stavi preoccupando e interessando a me, alla mia felicità, per quanto ne avessi
un’idea distorta … Sai da quanto tempo non ti sentivo così vicino?”
“Che
dici, Isaia?” si stupì Gabriel.
Claudia
intervenne: “Ma come, non hai sentito quel che mi ha detto prima? Si è sentito
trascurato.”
Gabriel
aggrottò le sopracciglia e chiese: “Davvero?”
Per
un attimo, Isaia lo guardò con malinconia, poi si sforzò di sorridere e disse:
“Non ci pensare.”
“No,
per favore, dimmi!”
“Ma,
niente … Ti sei comportato come molti neoinnamorati fanno: sei stato tutto
assorto nella Munari e hai trascurato i tuoi amici … e io ci sono rimasto male,
perché mi pareva di non valere più nulla per te …”
“È
per questo che insistevi affinché rimanessi nella Chiesa?”
“A
parte che sono stato il primo a consigliarti di lasciare la Chiesa, benché
abbia subito mutato idea e quando hai preso la tua decisione l’ho rispettata.
Per il resto, quando ti consigliavo di affidarti alla Chiesa, intendevo dire di
affidarti a Dio. Solo Lui può darci la pienezza, tutte le altre felicità sono
riflessi di quella che Lui ci offre. Dio solo può indicarci sempre il giusto
agire.”
“Te
l’ha detto Dio di tentare di uccidermi, nella cripta?” aveva il suo solito tono
arrogante di quando si sentiva seccato o provava un poco di risentimento.
“In
parte. Lo so che per te è stato difficile affrontare tutta questa faccenda:
scoprire il tuo potere, la sua doppia natura, la profezia e tutto il resto. Non
è stato arduo solo per te. Io vedevo il mio migliore amico sempre più
spaventato, sempre più chiuso in sé. Quando provavo a parlarti, o ti disperavi
perché non capivi chi fossi, o sembravi prendere la questione alla leggera e mi
offendevi e trattavi con sufficienza. Non hai ascoltato uno solo dei miei
consigli. Il Direttorio faceva pressione. Tu stesso hai detto di ritenerti un
pericolo e, nella cripta, almeno per un momento hai continuato a crederlo e per
questo stavi lasciando che ti uccidessimo. Ho sperato fino all’ultimo che tu mi
dessi un segnale per scorgere una possibilità di salvezza differente, ma non
c’è stato e io avevo un dovere da compiere. Non mi avrebbe reso felice, non
sarei stato orgoglioso, ma in quel momento non vedevo altre possibilità, era
necessario per la salvezza comune.”
Gabriel
sorrise e disse: “Avresti dovuto parlarne con Alonso e lui ti avrebbe detto una
massima davvero importante: Quando ci si trova in un vicolo cieco, bisogna
ricordarsi che non è il vicolo ad essere cieco, ma chi guarda.”
“Devo
quindi chiederti scusa per il fatto di non aver avuto fiducia in te.” disse
Isaia.
Gabriel
ripensò a quel che l’amico gli aveva detto, ripensò ai mesi precedenti, al
proprio atteggiamento e poi disse: “E tu scusa me per non averti dato motivo di
averne. Hai ragione: ero terrorizzato da me stesso e detestavo parlarne,
ignoravo ciò che avevo dentro di me, per paura di affrontarlo e di scoprirlo
più forte. Mi sono comportato male e, totalmente concentrato su di me, non mi
sono reso conto di come ti sentissi tu, delle tue difficoltà e di come la
faccenda riguardasse non solo me, ma anche altri. Scusami per non essermi
preoccupato anche di te, mettendoti in una pessima situazione.”
Non
si dissero altro, si abbracciarono e basta.
“Bene!”
esclamò Giovanni “Ora che vi siete pacificati tra di voi, è necessario che
ciascuno di voi faccia pace con sé stesso e sia tranquillo, senza rimorsi o
rimpianti. Dovete essere sereni per davvero e non solo perché state accantonando
i vostri malumori.”
Claudia
non sembrò molto convinta e osservò: “Per questo genere di cose occorrono mesi
di psicoterapia, non vedo come adesso, in pochi minuti …”
“Ora
capisco perché Isaia ti sopporta a stento.” la interruppe il Battista “Sei Binah! Hai un potere che ti permette di rimuovere i traumi,
stai tranquilla che riuscirai anche a quietare gli animi di tutti voi. In più
anche Chohmah contribuirà, vero?”
Michela
annuì e affermò: “Dicci cosa dobbiamo fare di preciso.”
“Formate
una croce, ognuno al suo punto cardinale, mi raccomando! Al centro ci saremo io
ed Immanuel; poi rilassatevi e … bah, guidali tu in una delle meditazioni che
conosci e trova la maniera di coinvolgere attivamente anche Binah
e il suo potere.”
I
quattro si disposero secondo le istruzioni, Immanuel prese tra le proprie mani
la testa di San Giovanni e si mise al centro; Teresa rimaneva in disparte a
guardare, tenendo Giorgio. Michela pensò che l’ideale potesse essere la
meditazione sui chackra, per aprirli totalmente e
sciogliere ogni nodo interiore.
Claudia
aveva già usato la versione positiva del proprio potere per acquietare ed
aiutare alcune delle persone dotate di poteri; non le fu, dunque, difficile
fare appello ad esso per esercitarlo su di sé e gli altri, in modo tale che la
pacificazione con sé stessi fosse totale.
Rimasero
così assorti per oltre un’ora, ma alla fine erano sereni, si erano perdonati
ogni errore.
“E
ora, che si fa?” chiese Gabriel, quand’ebbero concluso.
“Penso
che l’ideale sia neutralizzare Serventi e quelli che gli sono troppo leali o
che credono fermamente in questa causa e in questi principi, dopo si può
provare a ragionare con gli altri.” propose Isaia e gli altri accolsero bene il
progetto.
Uscirono
dalla stanza e si misero a cercare Bonifacio, con loro andò pure Immanuel,
tenendo in mano la testa di Giovanni. Passarono vicino al grande cortile dove
solitamente si esercitavano le persone coi poterei, circoscritto da un
porticato dove ci si riposava e ristorava. Lo trovarono gremito di gente come
al solito; stavano per passare oltre, quando andò loro incontro Stefano.
“Gabriel!”
salutò il giovane “Dove state andan…” notò la testa,
sgranò gli occhi ed esclamò, inorridito: “E quello?! Cos’è?!”
“È
San Giovanni il Battista e, nonostante sia logorroico, suscettibile e molto
altro ancora, è decisamente più simpatico di te.” spiegò Isaia.
“Ah,
quindi questo è Coso!” esclamò la testa.
“Come?!”
si offese il ragazzo “Hai parlato di me al Battista, chiamandomi Coso?”
“Sì, com’altro avrei dovuto chiamarti?”
Stefano si voltò verso Antinori per protestare:
“Gabriel …!” si stupì di nuovo “Il tuo viso! È tornato … normale? Che cosa …?”
era perplesso, forse un poco preoccupato o rattristato.
Gabriel mise una mano sulla spalla del discepolo e gli
disse: “Stefano, abbiamo sbagliato tutto.”
“No.” scosse la testa il ragazzo “Non è vero …”
“Sì, invece: tutto questo è sbagliato.”
Michela intuì che stava per essere detto qualcosa
di importante, dunque usò la sua magia per far sì che la voce di Gabriel
risuonasse per tutta Roma, come se migliaia di altoparlanti fossero stati
disposti per tutta la città; avrebbe voluto diffonderla anche oltre, ma non era
abbastanza potente per riuscirci.
“Come puoi dire una cosa simile? Io credo in te, in
questo progetto! Ti ho seguito, ti ho preso come guida e tu, ora …”
“Stefano!” lo interruppe Gabriel “Tu mi hai
apprezzato prima che diventassi così, tu sei stato salvato dalla parte migliore
di me; avevi preso a modello quel che sono anche ora e non come mi sono comportato
nelle ultime settimane.”
“Non è vero! Tu non capisci, non sai nulla!” era
offeso, deluso, smarrito “Dopo che mi hai aiutato a liberarmi dal tedesco che
si era reincarnato in me, Serventi mi ha contattato, mi ha insegnato come usare
il mio potere e mi ha parlato di te, della profezia e dei grandi destini a cui
ci avresti condotto. Io gli ho creduto, io sono rimasto affascinato, ho visto
in te l’uomo dato dal Fato all’umanità per progredire verso il meglio. Ti ho
adorato come salvatore, ho visto in te la nuova speranza e nulla mi sembrava
più bello che starti vicino e aiutarti, accompagnarti verso questa grandezza.
Per questo mi sono iscritto nell’università in cui insegnavi, per questo avevo
deciso di diventare sacerdote, per esserti accanto quando finalmente avresti
capito quale fosse il tuo ruolo e avresti fatto tutto quello che hai
effettivamente realizzato. Io credo in tutto questo, io credo in questo nuovo
mondo e tu, tu che dovresti essere l’apostolo di tutto questo, dici che è
sbagliato?! Non può essere … non capisco!”
“Stefano, se è questo folle dominio che desideri,
allora non sono io la tua guida. Non sono la guida di nessuno! Io ho la mia
vita, le mie esperienze, parlo tranquillamente ai miei studenti, ma non
pretendo di essere seguito, né di essere preso come modello. Ognuno di noi ha
la propria strada, i maestri ci aiutano a capire come superare gli ostacoli,
come orientarci, ma la direzione la sceglie e la decide ciascuno di noi. Io non
voglio essere un capopopolo o un leader che approfitta delle insicurezze, delle
incertezze, delle paure, dei furori della gente e facendo leva su questi
semplici istinti conduce le folle nella direzione che più gli fa comodo,
facendole schiave della propria volontà, soggiogandole. Tu hai ragionato su
quel che stava accadendo? Qualcuno di questi uomini e donne l’ha fatto? Avete
riflettuto su quel che dicevo, sulle assurdità e crudeltà di cui mi riempivo la
bocca? No; altrimenti qualcuno avrebbe protestato o se ne sarebbe andato.
Siete, invece, rimasti qui ad obbedire in tutto e per tutto. Vi credevate
liberi e, invece, eravate schiavi: schiavi delle mie parole. Avete preso per
oro colato qualsiasi cosa da me detta, l’avete raccolta, custodita gelosamente
in voi e poi ripetuta come tanti pappagalli, senza avere la minima idea di che
cosa significasse davvero, senza vedere le reali implicazioni di tutto ciò.
Avete deciso di seguire la strada più semplice, avete deciso di accettare tutto
ciò che dicevo, senza prendervi la responsabilità di valutare quel che
accadeva, di essere coscienti e consapevoli. Quel che vi proponevo era
semplice, aboliva qualsiasi scrupolo e voi subito mi avete seguito, perché agli
uomini fa piacere avere scuse per cedere alle tentazioni, senza rimpianti.
Abbiamo sbagliato, abbiamo sbagliato tutti quanti. Io sono stato provocato, mi
hanno incastrato in una pessima situazione, hanno ucciso persone a me care e ho
ceduto all’ira. La colpa, però, non la posso imputare a chi mi ha fatto questi
torti; la colpa è mia che non ho saputo resistere al dolore: sopportare la
sofferenza era molto più difficile che cedere alla rabbia e vendicarmi, agire
con violenza e continuare ad aggredire chiunque fosse per me ricollegabile a
chi mi ha fatto soffrire. Il dolore a cui non ho retto, si è sfogato in questa
orribile maniera. Ho sbagliato a credere che questo fosse giusto e voi avete
sbagliato ad avere fiducia cieca in me.”
“Quindi non credi che il nostro dono ci renda
superiore agli altri?” protestò Stefano, ancora smarrito.
“No, Stefano, assolutamente no. I nostri poteri
sono doti che ci distinguono e che ci caratterizzano, ma che non ci rendono
migliori rispetto a chi non ne ha. Essere un genio in matematica non è forse un
potere? Imparare oltre venti lingue, non è un potere? Saper scrivere, recitare,
aggiustare un auto od operare una persona, non sono forse poteri? La pratica e
l’esercizio non bastano. Ognuno di noi è speciale in qualcosa, ha una virtù che
lo differenzia da ogni altro, che lo rende unico. È facile dividere il mondo in
fazioni, razze o religioni, così abbiamo un supposto nemico da usare come
pretesto per sfogare il nostro malumore per addossargli le colpe che non
vogliamo riconoscere come nostre. La verità, però, è quella che tutti gli animi
puri e sereni hanno indicato: siamo tutti fratelli. Siamo fratelli e i fratelli
tra di loro si accettano, si conoscono pregi e difetti e l’affetto non viene
mai meno, ci si aiuta l’un l’altro. Così dobbiamo imparare ad essere noi
uomini: fratelli, per quanto diversi, per quanto disaccordi, siamo pur sempre
fratelli e dobbiamo essere pronti a darci una mano nelle difficoltà. L’unione e
l’amore rivelano le vie di Dio: se siamo divisi, se ci combattiamo a vicenda,
che cosa ci può essere a parte la distruzione? Collaborare, essere in armonia,
invece ci conducono verso il progresso: gli opposti non devono combattersi, ma
unirsi e generare il futuro. Non ci devono essere padroni, a questo mondo, ma
solo servi. Ognuno sia servo di ogni altro e l’amore trionferà e la giustizia
albergherà. Lasciate che l’intelligenza e la saggezza vi illumino e ognuno
saprà come comportarsi per il bene.”
Tutti quanti avevano ascoltato quelle parole, tutti
erano rimasti affascinati, ammirati e, ragionando su esse, si rendevano conto
che davvero quella era la descrizione di un mondo puro ed ideale.
Quella voce giunse anche nelle catacombe Alonso e
Sebastiano capirono che la guerra era finita e i loro cuori esultarono.
Isaia era stato felicissimo di sentire parlare in
quella maniera l’amico: lui stesso non avrebbe saputo trovare parole migliori.
Michela si sentiva sollevata, pensando che tutto il male fosse ormai alle
spalle. Claudia era orgogliosa di quell’insegnamento.
Stefano sorrise, i suoi occhi verdi brillavano di
una nuova luce, stava per dire qualcosa, quando improvvisamente Serventi
comparve in mezzo a loro.
“Gabriel, che sciocchezze stai dicendo?” chiese
seccamente Bonifacio, pur mantenendo la calma “Tu sei l’Eletto. Stamattina
parlavi di dominazione totale e ora ti metti a predicare come l’ultimo dei
deboli. Queste sono le parole di chi non ha potere e vuole impedire a chi ce
l’ha di usarlo.”
“No.” replicò Gabriel “Queste sono le parole di chi
sa che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Ognuno di noi è
responsabile del benessere di tutti e non può esserci bene individuale che possa
essere anteposto a quello comune. Isaia lo ha sempre saputo e io, non riuscendo
a concepire ciò, l’ho accusato di essere un traditore. Gli ho sempre fatto
battutine arroganti, perché in fondo ero invidioso di lui: lui era davvero
liberò dalle passioni, io invece no.”
Serventi spostò lo sguardo sul gesuita e gli disse:
“Quindi è opera tua, Isaia: sempre legato e pronto ad imporre quell’assurda
serie di norme, totalmente arbitrarie, che chiamate giustizia. Questa è stata la tua ultima azione.” in un baleno appoggiò la mano
sul petto di Isaia e diede alcuni tocchi coi polpastrelli “Quando Gabriel
dimostrò di non volerti uccidere, mi sono illuso di poter realizzare un grande
progetto, sfruttando anche te. Mi sono sbagliato ma, poco male, mi basterà la
profezia.”
Isaia iniziò a tossire, si portò le mani al petto,
avvertendo dolori lancinanti.
Serventi, poi, in una frazione di secondo fu
davanti a Claudia e replicò quanto fatto al gesuita, dicendo: “L’altra volta ti
ho lasciato qualche giorno di tempo, oggi invece la morte sarà quasi
istantanea.”
La donna lanciò un urlo di dolore, tentò di
appoggiarsi a Gabriel, ma poi cadde a terra.
“Che cosa hai fatto?! Perché stanno così male?”
Bonifacio sorrise e disse: “Hai tempo per usare il
tuo potere soltanto su uno di loro. Scegli bene e alla svelta.” si voltò e si
incamminò per andare via “In realtà poco importa la tua scelta, qualsiasi essa
sia, il rimorso e il dolore ti ricorderanno chi sei veramente.”
Gabriel era esterrefatto: non si sarebbe mai
aspettato nulla di tutto ciò! Guardò l’amata che gemeva, stesa a terra; guardò
l’amico, anche lui accasciato, con Michela che si era chinata su di lui per
aiutarlo.
Isaia guardò Gabriel e gli disse, tra i dolori:
“Salva lei! È incinta, salverai due vite. Non pensare a me, sarò ben lieto di
morire per tuo figlio.”
Gabriel lo guardò per ringraziarlo e dirgli addio,
poi si chinò su Claudia.
Teresa trattiene Giorgio che vorrebbe andare dalla
madre e dal gesuita.
Stefano si chiede se il proprio potere possa
servire a qualcosa.
“Isaia …” sospirò Michela, stringendo tra le
proprie braccia l’amato e tenendogli una mano.
“Grazie …” disse lui, concedendosi di guardarla con
occhi innamorati “Hai mantenuto fede alla tua promessa: mi sei stata vicina
fino alla morte …” sorrideva.
“Non dire sciocchezze!” esclamò lei, tristemente.
“Forse è meglio così … il nostro amore non avrebbe
potuto essere coronato … avremmo sofferto … tu ora potrai essere felice …”
Michela scoppiò a piangere.
“No, ti prego, non piangere.” chiese Isaia “Voglio
morire, vedendo il tuo bel sorriso.”
Lei rapidamente si asciugò le lacrime e si sforzò
di sorridere.
“Sono felice di averti incontrata. Essere amato
dalla saggezza … cosa si può volere di più?”
Michela non sapeva che dire, era grata per tutto
quell’amore. Avvicinò il viso a quello di Isaia, lo baciò. Un ultimo bacio. Lui
scosta indietro il capo, la guarda e la sua testa cade all’indietro. È morto.
Ora la donna può piangere.
Intanto Claudia si era ripresa; Gabriel la stava aiutando
a rialzarsi e si stava premurando che stesse bene. Accertatosi che la psicologa
fosse perfettamente guarita, si voltò per vedere se fosse in tempo per salvare
anche Isaia, ma lo trovò già privo di vita: Michela lo stringeva a sé,
piangendo. Gabriel provò ugualmente ad usare il proprio potere, ma non riuscì
neppure ad avere la visione della porta.
“Scusa … scusa …” balbettò lui, piangendo a propria
volta.
Claudia si avvicinò all’amato per consolarlo.
Si fece avanti Immanuel, con un cenno disse alla ragazza
di adagiare il corpo per terra, poi si chinò su di lui, avvicinò le proprie
labbra all’orecchio sinistro del cadavere. Non si capì se gli sussurrò qualcosa
o se si limitò a soffiare. Pochi istanti dopo, le palpebre di Isaia iniziarono
a sollevarsi.
Isaia aprì gli occhi, sorpreso. Si mise a sedere,
si guardò attorno, si rese conto di essere vivo e di stare bene. Vide Michela
guardarlo con gioia e meraviglia, l’abbracciò forte e le disse: “Sono vivo …
non so come, ma sono vivo.”
Gabriel era esterrefatto, riuscì a dire solo:
“Immanuel! Com’è possibile che tu …?”
“Non fateci caso.” disse il bambino “Non potevo
permettere che Isaia morisse.”
Immanuel fu ringraziato a non finire.
Si accorsero, poi, di avere tutti gli occhi dei
presenti fissati su di loro. Gabriel sapeva che doveva ancora parlare: essi si
aspettavano ancora che lui indicasse loro cosa fare.
“Chi ritiene che io abbia parlato giustamente, nel
mio ultimo discorso e, come me, è pentito di ciò che ha fatto in queste ultime
settimane, mi segua e andiamo a chiedere scusa ai nostri fratelli. Chi, invece,
non è d’accordo, se ne vada: qua non c’è più spazio per la violenza e le sopraffazioni.”
Detto questo, Gabriel fece cenno ai suoi amici di
seguirlo e assieme uscirono dal Vaticano, seguiti da tutti gli altri. Appena
fuori, trovarono una folla già riunita: la gente era sorpresa, ma anche molto
arrabbiata.
Gabriel si fermò e disse agli amici: “Restate qui,
io vado a rimettermi al giudizio popolare.”
“No!” tentò di fermarlo Claudia “Ti linceranno! Non
è giusto, tu, ora, non farai più del male.”
“Claudia, ho commesso degli errori e ogni azione ha
delle conseguenze: devo subirle.”
“Fratello, vengo con te.” disse Isaia, avanzando di
un passo.
“Non ne hai motivo!” replicò Antinori.
“La gente al Colosseo, le erinni …”
“Ti ho costretto io a farlo! Non è giusto che …”
“Fratello, quelle azioni sono state comunque mie.”
I due uomini avanzarono e si posizionarono a metà
dello spazio che separava i cittadini dalla gente coi poteri. Sguardi d’odio e
di furore provenivano dalla folla. Gabriel disse: “So che sono stato crudele e atroce
con voi. Sono qui per subire qualsiasi pena vogliate infliggermi.”
Borbottii si levarono da una parte e dall’altra, ma
non fece in tempo a formularsi nessun pensiero preciso. Giunsero infatti d’improvviso,
come richiamati da qualcuno, i demoni e le erinni che erano stati creati.
Il panico iniziò a diffondersi tra tutti o quasi.
Gabriel guardò Isaia che gli disse: “Io ritrasformerò in uomini i demoni, tu
dovresti riuscire a fare altrettanto con le erinni.”
L’altro annuì col capo. I due uomini si gettarono
in mezzo a quelle creature ed eseguirono egregiamente il proprio dovere. Nell’arco
di un quarto d’ora circa, tutti i demoni e le erinni erano tornati umani. Erano
stupiti di essere nuovamente nei propri naturali panni, ma sicuramente ne erano
felici; alcuni di loro videro tra la folla dei loro parenti o amici e si
affrettarono a raggiungerli.
Quel gesto mitigò parte degli animi della folla, ma
non bastava certo ad assolvere Gabriel e i suoi sostenitori agli occhi dei
cittadini, molti dei quali erano pronti a vendicarsi.
Fu allora che giunsero i gesuiti, le monache e
buona parte degli occupanti della catacomba. Sebastiano corse a frapporsi tra i
due gesuiti e la folla. Molti dei presenti riconobbero il giovane come uno dei
loro più strenui difensori e si meravigliarono nel vederlo schierarsi a
protezione di chi aveva, fino a quel momento combattuto.
Si fece poi avanti anche Alonso e prese a dire: “Hermani … hermane!”
Michela decise di applicare anche con lui la magia
per far risuonare la sua voce in ogni dove.
“Non abbiate odio per questi uomini, ma pietà! Non todo voi sono Cristiani o credono in Dio, quindi non ve ablerò de giusticia o misericordia
de Dio, bensì vi ablerò del dolore de todos li hombre. Gesù disse: qui es senza pecato scagli la prima petra. Ora io ve domando, vi es tra voi qualcuno
che non ha mai pecato? Ma, sopratodo,
voi siete pentiti dei vostri pecati? O non li recognoscete come errori e ne andate fieri? Quanti di voi
hanno sbaliato, mentito, se sono arabiati,
hanno pichiato, rubato senza necessità, hanno
anteposto i propri interessi a li affetti, a la fiducia d’altri e non sono afato despiaciuti di este azioni? Voi sapete quante persone avete fato soffrire?
Quando guardate con odio e sospeto chi es diverso e lo tratate muy male … e non dite che non lo fate, porché
non es vero. Todos voi maltratate continuamente moltisime
persone e non ve ne rendete conto, siete fieri e pensate di esere
buoni.”
Molti, tra la gente, si riconobbero in quelle
parole e si vergognarono.
“Chi fa il male e non se ne acorge
va fermato, ma es stupido, inutile e malvagio
prendersela con chi es pentito.” indicò i due gesuiti
“I mi hermani sono pentiti di ciò che hano fatto e il rimorso es
qualcosa di atroce. Quanti de voi hanno provato sensi di colpa? Su, alzi la mano
chi conosce il rimorso.”
Molti tra la folla sollevarono le braccia.
“Muy bien.
Voi conoscete alora il male del rimorso, le soferenze che se provano por la consapevolecia
di aver sbaliato e non poter remediare;
conoscete la vergogna e l’impotencia. Recordate la vostra soferencia
per il senso de colpa por picole cose: es tremendo, vero? Imaginate, alora, quanto patiscono esti hombre por todo quelo che hano fato! Scometo che molti de voi non saprebero
convivere con un simile remorso e si materebero. Quanti de voi, presi dai sensi di colpa, non
volevano altro che il perdono di chi avevano ofeso e,
otenutolo, continuavano a stare male? Se voi, ora, vorete vendecarvi e materete esti hombre,
che cosa oterete? Nada! Lasciateli vivere afinché posano servire la comunità e rimediare in parte ai
loro erori.”
Quasi tutti sembravano convinti da quelle parole. Rimaneva
un solo ostacolo: i morti. Tutti quei morti invocavano vendetta, i loro cari
non potevano tollerare, nonostante quei discorsi, che i loro assassini
rimanessero impuniti.
Ed ecco il miracolo.
Centinaia di persone, arrivando da innumerevoli
stradine, sopraggiunsero.
Grida di stupore, grida di gioia, svenimenti, il
caos.
I cittadini, nei nuovi arrivati, avevano visto e riconosciuto
tutti i loro cari defunti.
Incredibilmente, inspiegabilmente, ogni uomo,
donna, vecchio, malato che era stato ucciso nelle ultime settimane, era
resuscitato e andava ad abbracciare i propri cari. Inoltre, chi aveva malattie
o infermità ora era assolutamente sano.
La gioia e il gaudio erano indicibili. Tutti si
scordarono di Gabriel e di Isaia, non pensavano più alla vendetta: non era
necessaria.
Michela era rimasta incredula come tutti gli altri,
poi voltò il capo verso Immanuel: era certa fosse opera sua, ma lui appariva
calmo.
Gabriel e Isaia furono abbastanza sollevati per
quel miracolo. Ringraziarono calorosamente Alonso per le sue parole. Isaia
abbracciò Sebastiano, lieto di rivederlo sano e salvo. Poi tornarono dagli
altri, fu felicità e festa anche per loro.
Tutto era distrutto, tutto era da ricostruire. Ci avrebbero
pensato il giorno dopo, quelle ore erano solo per la gioia.