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Autore: MrsGreyC    10/05/2014    4 recensioni
Lumache alla vaniglia parla di due ragazzi giovani e impazienti che subito dopo essersi conosciuti si lasciano coinvolgere dalla passione e dalla scintilla che scoppia tra loro. Una storia romantica, fatta di cuori e fiori in stile vaniglia. Tuttavia Janet si renderà conto ben presto che il suo Etienne non è quello che crede e, che a coinvolgere lui e altri esponenti dell’Angle du Paradis, c'è molto più di quanto si aspetti!
-Claudia
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lumache alla vaniglia

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Prologo

 
Da qualche giorno mi sono trasferita a Parigi, quella che in realtà è la mia città natale. Alla mia nascita, i miei genitori si erano appena appartati in Italia, a causa del lavoro di mio padre, per cui sono cresciuta tra le affollate strade di Milano. Sono abituata a tutte quelle persone colte, in abiti eleganti, che corrono qua e là senza sosta, sempre con l’agenda piena. È uno stile di vita che ammiro, in maniera speciale la passione che viene impiegata nel fare attività di ogni genere.
La mia adolescenza si rivelò piuttosto frenetica. Dati i progetti di mia madre, fui costretta a studiare arte e letteratura per cinque anni. Lei ha sempre desiderato che continuassi la sua carriera e diventassi una wedding planner o quello che è. Ma ad essere sincera dell’arte non me ne fregava un cazzo. E così, dopo cinque lunghi anni passati a una facoltà di letteratura classica, decisi di abbandonare i progetti di mia madre e dedicarmi alla medicina.
Io volevo diventare come mio padre, un medico. Il mio sogno è quello di aiutare coloro che soffrono. Nel particolare ho sempre voluto dedicarmi alle malattie dell’infanzia. Dopo la morte di mio padre l’ho giurato a me stessa: avrei donato la mia vita agli altri.
Mio padre era un famoso medico che, a quanto ne so, salvò la vita di molte persone. Parlo al passato perché un giorno partì come volontario in Africa, per aiutare i sempre più numerosi feriti che affollavano la regione, ormai devastata dalle guerre.  Tuttavia, nella sua eroica impresa, restò vittima di una cospirazione.
A volte, quando sono sola, metto la testa sotto il cuscino e lo penso. Quando ero bambina e avevo paura che i mostri venissero a prendermi, lui mi portava a letto con sé e mi diceva di mettere la testa sotto il cuscino e di chiudere gli occhi. Poi mi prendeva la mano e la scaldava del suo affetto.  Solo così nessuna ombra mi avrebbe fatto del male. Ah, quanto vorrei che fosse ancora al mio fianco…
Mi considero “abbastanza” carina. Porto una 40-42, che in alcuni periodi di maggiore rotondità mi strizzo addosso, pur di non ammettere di aver bisogno di una taglia in più. Ho un sedere sodo, un seno piccolo ma che riscuote un discreto successo, i capelli scarmigliati di un bel rossiccio,  gli occhi color sabbia con qualche sfumatura di verde e, ahimè, lentiggini. Lentiggini  ovunque!
Non sono mai stata una bellezza da copertina, di quelle che fanno voltare gli uomini per strada con lo sguardo da “Wow, che bella ragazza”. Né una di quelle che si concede solo ai veri principi azzurri. Però, appena superata la maledetta adolescenza, ho capito che potevo piacere. Ho sempre pensato che la bellezza fosse importante.
La bellezza serve alle donne per essere amate dagli uomini, mentre la stupidità serve ad amarli.

Il mio trasferimento a Parigi è stato approvato da tre mesi. Ho firmato un contratto per un appartamento in affitto presso la splendida Tour Eiffel che divido con la mia migliore amica Monique, una bellissima biondona con gli occhi castani da cerbiatta e quelle gambe kilometriche che fanno impazzire gli uomini. Lei è bella, ricca, intelligente e popolare. Tutto ciò che ogni ragazza vorrebbe essere: perfetta. Ed era tutto il mio contrario. A Monique piace divertirsi e affrontare la vita con allegria e ottimismo, superando i momenti difficili con gli amici. Ed io, invece, sono più un tipo solitario che si diverte leggendo un libro o sorseggiando una buona tazza di tè caldo.
-Non sarai mai come lei, Janet!- al diavolo Monique e la mia vocina interiore che non fanno che ricordarmelo. Ma-non-importa. Al momento l’aspetto era irrilevante. E ancora più irrilevante era trovarsi un ragazzo. SOPRATTUTTO trovarsi un ragazzo.
Dopo una serie di brutte esperienze, avevo deciso di lasciar perdere. Avevo la grandissima capacità di attirare gli esemplari della specie detta “maschile” (se così si può definire dati gli scempi che si trovano lì fuori) più assurdi. Ero passata dal tizio apparentemente intellettuale e tranquillo che si rivelò poi un sadico fissato con il bondage e tutte quelle robacce disgustose, a quello che sta’ con te solo per soddisfare i suoi bisogni senza provare nulla.
Avevo lasciato Marco dopo circa tre anni di complicità. Quel lurido bastardo mi lasciò per stare con Marika, la donna da amare.
Una sera, nel pieno della mia relazione, se così vogliamo chiamarla, passai l’intero pomeriggio a restaurarmi in centri benessere per lui. Quella sera, avevo intenzione di proporgli una decisione concreta e dividere un appartamento.
Ci incontrammo in un elegante bar chiamato “Jacky”. Avevamo prenotato un tavolino all’aperto. Lui era già lì ad aspettarmi, nonostante arrivai in anticipo.
Mi avvicinai a lui, euforica. Gli diedi un casto bacio sulle labbra e poi occupai il mio posto.
Lui mi guardò con un’espressione indecifrabile, forse stranita. Io gli sorrisi e poi, gli presi la mano dicendo: «Hai già trovato qualcosa?» riferito a un bilocale.
Lui la ritrasse. In quel momento il mio stomaco si chiuse, quasi intuisse il pericolo imminente e corresse ai ripari.
Qualcosa stava andando storto.
«A questo proposito …» sospirò fissando un punto imprecisato del tavolino, «dobbiamo parlare … ».
Eccolo, era arrivato lui, il maledetto “Codice”. L’uomo che amavo stava per usare il Codice.
Il Codice è composto da tutta quella serie di frasi, modi di dire, atteggiamenti, pose, sguardi, che le coppie usano, spesso inconsciamente, quando qualcosa nella storia inizia ad andare male.
“Non riesco a darti quello che…”, “Non sei tu, sono io”, “E’ meglio per tutti e due”, “Non riesco a fare di meglio, è colpa mia” sono alcuni fondamentali intramontabili del Codice.
Marco aveva preferito un banalissimo “dobbiamo parlare”. Dopo la sua affermazione, seguì un silenzio interminabile.
Il cameriere appoggiò due calici di Champagne sul tavolo e io rimasi a fissare il mio in cagnesco, pensando all’allegro significato che doveva rappresentare come uno specchio del mio umore.
Mi feci coraggio, esitante, nonostante non riuscissi a staccare gli occhi dal bicchiere. Alzai la testa, guardai Marco e gli chiesi: «Di cosa dobbiamo parlare?»
Lui mi fissò  a lungo, poi il suo sguardo si concentrò sul calice. Si concesse un sorso e rispose: «Di Marika»
«Di chi?»
«Di Marika, della tua amica Marika»
Cosa cazzo c’entrava la mia amica Marika con me, Marco, lo champagne, il tavolino prenotato, il rinnovo estetico, le scarpe nuove, il trucco perfetto?
«Ma-ri-ka?», chiesi, fissandolo nei suoi profondi occhi grigi.
«Si, Marika».
«Tu conosci Marika?»
«Si, me l’hai presentata tu un paio di mesi fa. Eravamo all’inaugurazione di quel Beauty Shop a cui mi avevi trascinato e c’era anche lei. Ricordi?» Ricordavo.
Marika era arrivata tardi e aveva preso posto con un gruppo di amici, tutti maschi, che non fecero altro che bere vino tutta la sera. Così, a un certo punto, venne da noi per evitare l’imbarazzo crescente accanto a quei disgustosi alcolizzati.
Era più giovane di me di quasi due anni, alta, bionda e magra. Aveva il sorriso più radioso che una donna potesse avere.
Quella famosa sera, le presentai Marco. Avevano scambiato qualche battuta, chiacchierato un po’ e poi si erano salutati.
E adesso me la ritrovavo citata in una conversazione che stava prendendo una bruttissima piega, mentre il mio champagne bolliva sotto il caldo di Milano.
«Ti ho presentato Marika un paio di mesi fa, certo» dissi lentamente. Poi presi un grosso respiro e sbottai. «Posso sapere cosa diavolo c’entra lei adesso?»
Marco mi guardò spaventato e irrigidito.
«Ecco … non so come dirtelo. In fondo tu ed io siamo sempre stati una bella squadra. Tu sei una donna vincente e niente ti intimorisce, quindi da amanti siamo sempre stati affiatati. Ma io ora ho già ventisette anni, non sono più un liceale …»
«E allora? Qual è il punto?» chiesi con voce insicura. Le gambe mi facevano male per via del tremolio.
«Il punto è che con la nostra complicità, i nostri bei momenti insieme, ho capito che mi mancava qualcosa. Ho bisogno di avere qualcuno che mi ami, capisci?»
Sussultai dal terrore. «E credo di aver trovato la persona giusta … Marika».
Ricapitoliamo un po’ la storia. Conosco un ragazzo mozzafiato, di cui mi innamoro follemente. Passiamo dei bellissimi momenti insieme. Io metto da parte dei risparmi per anni per poi trasferirmi e stare più tempo con lui. Finalmente decido di prendere in mano le redini di una storia seria e lui inizia ad amare un’altra!
-Bene, fantastico- affermò la mia vocina sardonica.
Un brivido freddo mi attraversò la schiena, e una lacrima mi solcò il viso, facendo sbavare tutta la matita posta nella congiuntiva dell’occhio.
«Ti senti bene?» mi disse Marco, inquieto.
La mia schiena veniva percorsa da brividi sempre più frequenti, nonostante il caldo delle savane africane, che facevano a gara per raggiungere la fine della mia spina dorsale. Ricordai di essere una donna vincente e tutte quelle balle che mi diceva Marco. Presi un lungo respiro.
«Mi stai chiedendo se mi sento bene? Mi hai appena lasciato e ora mi chiedi se sto bene?»
«”Lasciato”? Cosa intendi?» Cosa intendo? Provai a biascicare tra le lacrime e i singhiozzi.
«Mi stai dicendo che non l’hai capito?»
Iniziai a fissarlo, tra le lacrime. Possibile che il mio uomo ideale fosse in realtà il cretino che mi stava di fronte e mi feriva mortalmente? Possibile che in quei tre lunghi anni non si fosse accorto di cosa significasse per me?
«Non volevo ferirti, so quanto ci tieni a me, ma le cose succedono, l’amore arriva e non sceglie con chi. Succede e basta, capisci?»
Era ufficiale. Era un imbecille. «Ma come fai a dirmi questo? E io? E noi?»
«Janet, il sesso tra noi era splendido, avevamo una sintonia meravigliosa, ma tu sei una donna libera, indipendente, forte. Non hai bisogno di qualcuno che ti protegga, ti piace vivere da sola divertendoti. Sono stato bene con te, eravamo una bella squadra»
Eccolo, ancora con quell’espressione. “Una bella squadra”.
«Ma poi l’amore è arrivato e io non ho potuto farci nulla. Mi sono innamorato, tutto qua.»
In quell’esatto momento, mi resi conto che non avevo capito niente. Mentre io l’amavo dall’attimo esatto in cui l’avevo conosciuto, lui aveva cercato in me solo compagnia, in attesa della donna della sua vita. Mentre io passavo i mesi a costruire qualcosa, lui mi usava come cuscinetto emotivo per trovare l’amore vero.
Non avevo capito niente. Ero io la vera idiota.
Dopo una lunga pausa, mi guardò, mi porse un fazzoletto e disse: «Non preoccuparti. Non ci separeremo, resteremo buoni amici. Ci tengo a te».
Lo guardai in lacrime, con il mascara che mi aveva interamente sfigurato il viso. E con una voce flebile, confessai «Ti amo».
Lui spalancò gli occhi e sbiancò.  «No, non è possibile. Tu non mi ami … sei solo molto presa dalla situazione … sei triste perché mi hai perso come amante … noi non ci siamo mai amati … noi eravamo una bella squadra …» e continuava a ferirmi.
Le mie labbra iniziavano a balbettare volgarità. Ero colma di rabbia, rimorso, collera, voglia di ammazzare qualcuno. Voglia di ammazzare lui.
Con un gesto del palmo, quasi involontario, gettai a terra il fazzoletto che mi aveva appena piantato in mano. Lo guardai incavolata nera, sconvolta. Non dissi niente. Mi alzai.
Lui mi corse dietro, mi afferrò la mano sinistra, mi accarezzò le nocche, dicendo: «Spero che un giorno tu possa tornare ad essere mia amica … che un giorno potremmo continuare a essere la bella squadra che eravamo».
Ora capivo cosa significasse essere una bella squadra. Eri una bella squadra quando andavi a letto con un amico senza provare sentimenti, quando non complicavi le cose, quando permettevi all’uomo che ti aveva rubato il cuore di amare una tua amica.
Lo guardai con uno sguardo vacuo e disperato, dopo aver appena dato spettacolo in quel simpatico bar.
«Dove stai andando? Non te la sarai mica presa?» disse con un mezzo sorrisetto stampato in faccia.
«Dove sto andando? Se me la sono presa? Mi hai spezzato il cuore, dove vuoi che vada?»
«Adesso non esagerare. Tra qualche giorno ti passerà e capirai di non essere mai stata innamorata veramente di me. Quando tornerai, ti accoglierò a braccia aperte»
Sorrisi sarcastica. «Sai che ti dico, caro il mio Marco?»
Arricciò le sopracciglia, strinse le spalle. «Cosa devi dirmi?»
Sorrisi beffarda. «Vaffanculo». Girai i tacchi e me ne andai. Nell’esatto istante in cui i miei occhi voltarono direzione, mi sentii davvero figa. Alcune persone che osservarono l’intera scena, mi guardarono con uno sguardo che mi parlava. “Hai la mia stima”, “hai fatto bene”, “sei grande”.
Per la prima volta scrissi stampata la parola FINE sulla mia fronte. Poi, dopo settimane passate ad allagare il cuscino della mia stanza sempre più buia e in disordine, mi alzai per guardarmi allo specchio. Ero in uno stato orribile.
Mi vestii e vidi con sorpresa che i vestiti mi stavano larghi. Dovevo aver perso fino ai quattro kili. Ero alquanto soddisfatta e, anche il polso, aveva riacquistato vigore, come se mi fossi appena ripresa da un coma intensivo. La 40 mi stava larga. – Oddio -.
A quel punto la situazione di una venticinquenne era quella di realizzarsi e assicurarsi un futuro. Senza uomini bastardi. Avrei atteso quello giusto, presto o tardi.
 
Ci si libera di tante preoccupazioni quando si decide, non di essere qualcosa, bensì qualcuno.


Spazio autrice: Ed eccomi qui. Spero vi sia piaciuta questa idea appena partorita. No, okay, è una bugia. Ad essere sincera, questa è una storia scritta un po' di tempo fa. La sto riscrivendo dalle fondamenta al fine di renderla più scorrevole (e anche più sensata, in verità). Ritengo sia un'idea piuttosto simpatica, non voglio anticiparvi il seguito ma spero davvero di avervi incuriosito! Nel primo vero capitolo di questa storia entrerà in scena il nostro bel principe: altro, magro, capelli biondi, labbra carnose e occhi blu, tanto blu, dannatamente blu.Vi stresserò con i suoi occhi fino alla morte! Basta, sto zitta non dico nient'altro u_u Ho bisogno di avere anche dei consigli da parte vostra, anche nel caso in cui ci siano errori. :) Recensite! :D Grazie a tutti, ci risentiamo sotto il primo capitolo. Bacioni!
Claudia Ricciardi
  
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