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Autore: Fake_Brit    13/05/2014    0 recensioni
[Jastrid; post 1x22]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Amor ch'a nullo amato, nullo amar perdona

Astrid Finch non è una di quelle ragazze ansiose che non riescono a sopportare una settimana di lontananza, – le detesta, a dirla tutta – eppure, quando Cara si presenta a casa sua, il fiato corto e gli occhi sbarrati, qualcosa le si muove nello stomaco, un peso, e scatta in piedi. << Cos'è successo, Cara? >> La voce della ragazza è seria come Cara non l'ha mai sentita e deve ammettere che la cosa la spaventa.

Sa che deve dirglielo, – è giusto, le ricorda una voce fin troppo simile a quella di Stephen – ma sa anche quanto farà male. L'urlo di John le è rimasto nelle orecchie fin da quando l'ha sentito e non sembra intenzionato ad andarsene.

Astrid la sta ancora guardando quando si rende conto che è rigida: appoggiata al divano, sembra una statua, uno spaventoso promemoria di ciò che hanno passato.

Cara ricaccia indietro la voglia di scappare come un cucciolo spaventato davanti ai fuochi d'artificio. Merita di saperlo, pensa.

<< Si tratta di John, >> dice e gli occhi di Astrid si spalancano, come una voragine che si allarga.

La domanda che Astrid vorrebbe fare le muore sulla lingua: lo sguardo di Cara si specchia nel suo, preoccupazione che fronteggia paura.

<< Una settimana fa, mi è sembrato di sentirlo e... >> La voce di Cara ha un sussulto.

Non è un buon segno, pensa Astrid.

Vorrebbe esortarla a parlare... Com'è che si dice? Via il dente, via il dolore. << Cara... >> Di nuovo, le parole sbattono l'una contro l'altra, affollandole la gola già stretta dall'ansia. << Se c'è qualcosa di... >> Altra pausa. In questo momento vorrebbe picchiarsi da sola. Il dolore le rende difficile parlare, non dirlo, invece, la fa sentire come una nave che affonda. << Se c'è una brutta notizia da dare, fallo. >> Conclude, a voce bassa. Tutto il discorso le sembra insensato, anzi, le parole sembrano mondi a sé, vicini per chissà quale caso fortuito.

<< Sembrava che stesse passando l'inferno. >> La replica della ragazza mima il suo tono, ma sembra più distante, simile ad una eco che rieccheggia dal fondo di un pozzo.

Hai trascinato in quella collina contorta anche me, Young. Contento, adesso?

Le parole di Cara le stanno ballando ancora in testa, – e sta provando davvero a mandarle giù, ad afferrarle – quando le viene in mente un'idea a cui vorrebbe non dover dare voce.

<< Jedikiah, >> il nome le esce come un mezzo grugnito intriso di irritazione. Pensava davvero che potessero tornare ad avere una vita normale, – e per normale Astrid intende senza minacce di morte continue – ma sembra che lo zio di Stephen abbia altre idee e la sua idea di entrata in scena spettacolare sembra essere quella di torturare John. Fantastico. Roba da far impazzire i cattivi dei fumetti.

Prima che Cara possa farle una domanda, le parole sfrecciano fuori. << Eravamo in metro – gli stavo facendo vedere come muoversi – e all'improvviso ci siamo ritrovati Jed affianco che blaterava di avere bisogno di John per non so quale motivo... >> La voce di Astrid si ferma, come se una lampadina si fosse appena accesa e la sua mano fossa stata troppo vicina. Non sa se è impallidita, – a giudicare dal sguardo di Cara, è probabile – ma le sembra che le forze stiano per mancarle. E' caduta millioni di volte sul pavimento del salotto: mentre imparava a camminare, quando a dodici anni decise di imparare a pattinare, correndo dietro a Stephen. Può quasi considerarlo un amico abbronzato, in effetti. Stavolta non ci saranno tappeti o accoglienze gentili, pensa. Nessuna persona pronta a tirarmi su. Se cado, farà male.

<< I poteri, >> dice, alla fine. Le sembra impossibile e, da come la guarda, anche per Cara sembra essere così.

<< Deve aver fatto altro. Voglio dire, sembrava che gli stessero strappando una parte di sé. >> Astrid si domanda come diavolo sia possibile per Cara anche solo tentare di essere calma. A lei sembra che il pianto che le sta salendo in gola la squarcerà in due.

Cara sta parlando – riesce a sentire qualcosa come “Avvertire Stephen” – quando Astrid decide di correre. Vorrebbe farcela così come ce l'ha fatta John quando l'ha cercata, ma si sente troppo piccola, troppo impotente.

*

E' passato un mese da quando hanno capito che fine avesse fatto John. Un mese passato a cercarlo, a sperare, a svegliarsi come se l'incubo con l'Ultra non fosse mai finito.

Quando si ritrova Cara, bianca come un cencio, in salotto, quella specie di coma in cui tutto sembra sbiadito e troppo reale allo stesso tempo svanisce.

La voce di Cara assomiglia a quella di un corridore che si è appena fermato. << L'abbiamo trovato. >> E' bastata una frase, semplice come una stretta di mano, perché Astrid sentisse l'adrenalina scorrerle in corpo come un fiume di lava.

<< Dov'è? >>, chiede. Sa che la risposta include Jedikiah e che probabilmente John sarà in una condizione capace di farle stringere lo stomaco nonostante sia già successo.

Cara esita. E' strano vederla esitare, perché quando lo fa significa che c'è qualcosa di grosso che non va. L'unica parola che le corre lungo tutto il corpo, nel silenzio, è: sofferenza.

<< Non ricorda, >> dice e ad Astrid sembra di essere nel bel mezzo di un bombardamento. << E sembra che Jed gli abbia fatto un lavaggio del cervello per catturarci. >>

Cara sta per crollare, pensa Astrid mentre una risata secca le sale in gola. Fantastico.

<< Quindi mi tocca avvicinarlo, sperando che non mi spari. Bel piano. >> Il commento porta con sé echi di quella risata che Astrid sperava di non dover mai più tentare di reprimere. Il suo cervello la riporta in quello scantinato, il respiro caldo e troppo, troppo rapido di John sulle braccia, la paura che colora la sua voce mentre canta.

<< Astrid... >> inizia la sua nemesi, – è possibile che lo sia? In fondo tutta la sua vita sentimentale è stata condizionata da lei – e il suo tono da leader, per quanto disperato, è inequivocabile. E' una mia decisione e ho già convinto Stephen, questo è quanto, sembra essere scolpito nella sua espressione.

<< So che devo farlo. Voglio farlo. >> La interrompe con voce tagliente. Cercherò solo di non collassare, esattamente come te.

*

La prima volta che lo rivede le viene quasi da ridere. E' sicura che, se John avesse potuto, avrebbe già raziato un negozio d'abbigliamento. Dopo aver spedito Jed in manicomio, ovviamente. Il pensiero le da la forza di sorridere mentre si avvicina e il cuore comincia a correre.

Aveva detto che si sarebbe fatto perdonare, pensa. Chi sapeva che l'idea di perdono di John Young includesse diventare qualcosa che avrebbe fatto perdere le sue traccie per due mesi e che avrebbe fatto rabbrividire lo stesso John? Romantico quanto Titanic, insomma.

Quando arriva al suo tavolo – è da solo, naturamente – le basta rovesciare la tazza di caffè che gli aveva visto ordinare e sorseggiare fino a qualche minuto prima perché alzi lo sguardo.

E' pallido e le occhiaie tendenti al viola brillano incorniciandogli gli occhi. L'ha visto in tanti modi: pieno di lividi, praticamente morto, – e per un secondo è morta anche lei – perso, spaventato, felice. L'ha visto e si è fatta vedere, ma adesso non vede John Young. Vede il vuoto, la confusione.

<< Oh, scusa! >>, la voce le esce stridula. << Io non... >> La voce di John la sorprende. Sono passati due mesi, otto semplici settimane, ma sembrano anni.

<< Non fa niente, >> dice, la voce bassa. La macchia di caffè si allarga sui fogli che gli stanno davanti.

<< Astrid, >> risponde allo stesso modo, tendendogli la mano.

Lui sorride, quel sorriso tutto labbra che le ha rivolto la prima volta che l'ha vista, e Astrid sente le ginocchia vacillare.

<< Se ti va posso offrirtelo gratis, quel caffè. >> Ricambia il sorriso, facendo un cenno al cameriere.

<< Allora, cosa ci fai in un bar a prendertela con i caffè altrui, Astrid? >>

Malgrado tutto, il sorriso si allarga. Sarà un'impressione, ipotizza, ma, da qualche parte, nascosto in queste frasi, vede John.

<< Oh, beh, io e la caffeina ci odiamo dal primo semestre del liceo. >> Il bar è affollato. Troppo affollato, la voce di Stephen è così chiara che Astrid si domanda se è possibile che sia mutata in ritardo.

<< Io credo che non vivrei senza caffè. >> La voce di John è tranquilla come non l'ha mai sentita. Gli aveva detto che non era i suoi poteri. Lo pensa ancora: John è quello che sente e vederlo così è come non vederlo affatto.

<< Ti va di uscire? >>, chiede e suona come una di quelle ragazze a cui è solita rifilare occhiatacce. << Di qui, intendo. >> Young, se non decidi di tornare dopo questa, ti giuro che sei una Tomorrow Person più single degli Immacolati dai cinque anni in poi.

Non appena mettono piede fuori dal bar, Astrid tesa come una corda di violino e John fin troppo calmo, Stephen si para davanti a loro, pronto ad afferare John che cade come una foglia da un ramo in autunno.

*

Si sveglia due ore dopo, nel Rifugio. Astrid è rimasta, nonostante le proteste di Stephen. L'ha portato lei, ragiona. Quindi resta finché John non si sveglia.

Quando succede, Astrid salta su dalla poltrona che è diventata ufficialmente sua e stringe il braccio di una Charlie tremante.

Percorre la strada fino alla camera di John cercando di calmarsi. Non può scoppiare, non deve. Non ora.

Lo vede e le sembra di essere tornata ancora una volta in quel maledetto scantinato.

La luce soffusa del Rifugio è fredda sulla pelle, artificiale, e sottolinea in modo brutale la confusione di John quando si rende conto di avere di fronte Astrid e che quella in vantaggio, stavolta, è lei.

Dovresti essere fiero di te stesso, John. Sei un insegnante fantastico.

Astrid lo guarda – guarda la sua espressione torva, le cicatrici che John porta con sé ogni giorno – e sente qualcosa di diverso. Ha sperato, immaginato il momento in cui l'avrebbe rivisto, – una cosa simile a quelle commedie dolci che ogni dentista sconsiglierebbe per via delle carie che provocano, lo ammette – ma adesso la rabbia le brucia dentro.

Mi farò perdonare, promesso, aveva detto. Sai qual è stata la parte migliore dell'essere umano? Tu. E poi era sparito. Perché l'avevano rapito, certo, ma era comunque sparito.

<< Due dannati mesi senza uno straccio di parola su dove diamine ti eri cacciato, Young. >> Comincia così, senza troppi preamboli. Sente gli occhi increduli di Stephen, di Cara e di Russell sulla schiena, ma li ignora. E' come una bomba: una volta innescata, senza artificieri non c'è nulla da fare.

Si avvicina alla sedia dove John è seduto e legato alla bell'è meglio con delle corde. Per fortuna il sonnifero lo tiene ancora nello stato del dormiveglia.

Astrid continua, le parole affilate come coltelli. << Due. Dannati. Mesi. >> L'espressione del ragazzo rimane incerta. Se non fosse John, – sempre pronto ad analizzare le persone, sempre pronto a trovare la falla nella nave – probabilmente, avrebbe già replicato. Invece, Astrid ottiene solo silenzio. Spesso, snervante, silenzio.

<< Non mi interessa se ti hanno cancellato la memoria o se sei finito in una specie paradosso con un TARDIS nascosto. Io mi fido di te e sono sicura che tu sia ancora lì dentro ad aggrapparti alla tua giacca. >>

Ancora silenzio. E' come se John si fosse congelato.

Se quando l'ha visto Astrid è stata travolta da una rabbia bruciante, adesso sta perdendo le speranze.

Sa che non dovrebbe farlo, che potrebbe finire male e che potrebbe fare un baffo all'apocalisse, ma lo bacia.

La prima volta è stato l' istinto, la seconda la paura e stavolta è la speranza di un miracolo che la spinge a baciare John.

Le sue labbra sono calde come le ricorda, ma le sembrano molto più dure.

John si irrigidisce, chiaramente stupito. Dev'essere qualcosa che non ha fatto molto ultimamente. Contro le labbra di John – ferme, impassibili, eppure familiari – quelle di Astrid si incurvano.

<< Come primo appuntamento, >>, dice una voce, << ricordarmi di organizzare l'apocalisse. >> Il respiro di Astrid si ferma.

<< Hey, il gatto ti ha mangiato la lingua? >> Sente che sta sorridendo.

E' lei quella silenziosa, adesso. No, silenziosa non è la parola adatta: si sente come se fosse congelata, bloccata.

Le mani di John si fanno strada sulla sua schiena, tenendo insieme i pezzi di una corpo spezzato, a metà tra la speranza e l'incredulità.

Le stringe la spalla e Astrid sa che questo significa sentirsi a casa.

La strada sarà difficile per entrambi, ma terranno duro.

Uno è la casa dell'altro, dice la stretta, e questo non cambierà.

   
 
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