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Autore: delilahs    15/05/2014    3 recensioni
E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita?
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Kadar Al-Sayf, Malik Al-Sayf
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Novice





 
Malik entrò nell’edificio di mattoni secchi, godendosi finalmente un po’ di ombra e acqua fresca. Con la mano sana prese una brocca e si sciacquò il viso, sospirando per il sollievo. Le palme gettavano ombre pigre sul muro. Il bancone di legno sapeva di sabbia, mentre l’Assassino si scrollava di dosso alcuni granelli rimasti impigliati nella veste. Il clamore della folla trapassava le pareti, insieme all’odore guercio della fogna di strada e dei disgraziati senza ordine né dimora. Il resto della dimora era calda, fatta eccezione per il piccolo atrio dove la fontanella spruzzava acqua tutt’intorno.

 “Finalmente sei tornato dal mercato.” Disse una voce delicata e tagliente, da dietro il muro. Malik si girò, corrucciato. I suoi occhi si allargarono un poco, le pupille si dilatarono, mentre la bocca rimase chiusa, in una linea sottilissima, che quasi nascondeva le labbra rosee. Altair si avvicinò, sorridendo mentre si appoggiava allo stipite dell’arco in legno. Malik lo osservò meglio, stavolta stringendo gli occhi e schiudendo leggermente la bocca. Si intravedeva appena la sua lingua impaziente e i denti bianchi.

“Altair.”

“Pensavo che i Templari ti avessero catturato, ormai. Mi.. hai fatto preoccupare.” Attese, uno sguardo malizioso negli occhi. Si passò la lingua sulle labbra secche. La fontanella gorgogliava alle sue spalle.

“Cos’indossi?” chiese di nuovo Malik, mordendosi il labbro inferiore.

“Non pensi che il grigio mi stia bene? L’ho trovato tra la tua roba.” Si spostò dallo stipite, torreggiando in tutta la sua altezza. “E visto che mi chiami sempre novizio.. ho pensato che mi sarei potuto vestire come tale.” Si avvicinò al ragazzo, che lo guardava imperscrutabile, le mani abbandonate lungo i fianchi. Sorrise ulteriormente. “Solo per te.”

Gli poggiò una mano ruvida e sudata sul viso, scostando il cappuccio. La bellezza letale della sua lama sfiorava la pelle delicata di Malik. Lui continuava a non rispondere. Stava fermo, sospirando a piccoli respiri, mentre Altair lo guardava negli occhi. Li socchiuse, per gioco, per scherzo, e si avvicinò al suo viso accaldato.

“Ho pensato che ti potessero piacere.” Sussurrò sulle sue labbra, investendolo del suo fiato caldo e profumato. Le pupille marrone chiaro di Malik si dilatarono. “Potrei essere il tuo novizio.” Le sue labbra erano vicinissime a quelle del ragazzo. Riusciva a sentire il battito del cuore accelerato dell’Assassino. E la cosa gli piaceva. “Anche tutta la notte, se lo desideri.”

Fece per baciarlo, ma Malik lo respinse. Aveva uno sguardo duro e supplichevole. “Toglieteli.” Sputò, con voce mozzata e quasi impercettibile.
Altair lo fissò esasperato e sorrise comprensivo. “Già?” riprese, mettendo una mano sulla spalla di Malik. Si riavvicinò. Il suo profumo raggiungeva le narici dell’altro, i suoi passi erano felpati. “Ma io volevo solo-“

“Quelli erano i vestiti di Kadar.”

Altair si immobilizzò. Qualcosa dentro di lui andò in frantumi, e i pezzi sembrarono esplodere per la stanza, rimbombando nel terribile silenzio che si era creato. Abbassò lo sguardo, resistendo alla tentazione di controllare se il cuore era ancora al suo posto. Malik non lo guardava più. Aveva rivolto lo sguardo al pavimento, e lo fissava con gli occhi chiusi, rabbia nella linea sottile delle sue labbra. Una lacrime sgorgò prepotente dai suoi occhi, e raggiunse il pavimento. La mano sana era serrata in un pugno, le nocche bianche e trasparenti.

L’Assassino più anziano si allontanò. I suoi passi facevano un rumore tremendo. Come di sabbia contro il legno, una spada amara che trapassa la carne. Si portò una mano sopra la testa, e si sfilò la maglia. I capelli pizzicavano e la pelle bruciava, e rimase solo con un pantalone di stoffa ed una fascia intorno alla vita. La fontanella gli bagnava la schiena. Sentiva la calura estiva sotto l’attaccatura dei capelli corti, e le mani sudate.
Si girò verso la porta, in mano i vestiti dell’Assassino che aveva ucciso, con quelle stesse mani.  Tirò su con il naso, e scosse la testa. Minuscole gocce di sudore scivolarono giù per il suo collo. Una colpì lo stipite di legno secco e decrepito.

“Mi dispiace.” Riuscì a pronunciare, la testa bassa e la mente a vergognarsi.

“Si..” Malik gli dava le spalle. Le loro ombre, proiettate dal sole, si toccavano giocose. SI sfioravano, si rincorrevano. Dall’altra parte del muro stavano passando un gruppo di bambini. Le loro espressioni sberciate risuonarono nella stanza. Le campane di una chiesa lontana iniziarono a suonare, e i loro rintocchi scandivano il tempo, che si faceva sempre più fluido, più pesante da attraversare. Un’afa irrespirabile scese nel piccolo rifugio. Malik girò la testa verso sinistra, le mano ancora stretta in un pugno. Era diventata perlacea.

“Dispiace anche a me.”











 
   
 
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