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Autore: Jcat_and_Directioner    16/05/2014    1 recensioni
Questa è una storia ispirata a una parte dell'Iliade che narra la storia tra l'eroe Achille e "l'amico" Patroclo. Perchè è normale quando un amico muore strapparsi i capelli? Dev'essere qualcosa di più di un amico...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Crise, il sacerdote, giunse all’accampamento dei Greci per riavere la figlia Criseide, bottino di guerra di Agamennone. Agamennone decise di non restituire la figlia e il padre tornò a casa a mani vuote. Recatosi al tempio di Apollo, Crise iniziò a pregare il Dio a cui era dedicato il tempio. Apollo accolse le sue preghiere e mandò la peste nell’accampamento dei Greci. Tutti i comandanti si rinchiusero nelle tende, tranne l’intrepido Achille accompagnato da Patroclo, il suo ragazzo. Nessuno girava per l’accampamento. C’era un silenzio tombale, salvo qualche rumore proveniente dalle tende. La maggior parte dei cadaveri erano ammucchiati in riva al mare, ma alcuni deceduti per la peste giacevano lungo la strada. Achille e Patroclo camminavano per mano guardandosi intorno con orrore. Avevano visto moltissimi cadaveri, ma morti con onore, in guerra. Mai nessuna malattia aveva colpito così tante persone. Una donna camminava. Aveva la pelle macchiata: peste. La donna cadde in terra. Achille e Patroclo si guardarono e corsero ad aiutarla. Patroclo le poggiò una mano sul collo: era morta. Achille prese il cadavere della donna e lo portò nel mucchio dei cadaveri e le chiuse gli occhi. I due innamorati si incamminarono sulla spiaggia, per mano. Non avevano mai dei momenti per stare da soli ma con l’arrivo della peste nessuno più usciva. Si sedettero sulla spiaggia e rimasero in silenzio a guardare il mare. Il più piccolo si avvicinò al maggiore per baciarlo, ma lui si scostò, tossendo. “Torniamo in tenda” disse Achille “non mi sento molto bene.” Tornarono nella tenda e Achille si coricò. Paride gli si distese vicino e gli pose una mano sulla fronte. “Scotti” disse “hai la febbre.” Achille cominciò a dare di stomaco. “Briseide” urlò Patroclo “vai a chiamare il medico.” Prese un panno, lo bagnò e glie lo mise sulla fronte. Di corsa arrivò Briseide con un uomo. Fece alcune domande all’ammalato e lo visitò. “E’ peste” disse rivolto al ragazzo sano “utilizzi questi unguenti ogni giorno più volte al giorno. C’è qualche possibilità di guarigione.” Così dicendo uscì. Briseide tornò alle sue faccende e Paride spogliò il suo compagno e cominciò a somministrargli gli unguenti, sussurrandogli parole dolci e rassicuranti.

Paride uscì dalla tenda per andare a cercare del cibo per il suo amato. Tornato lo ritrovò in piedi. Lo guardò e la sua pelle era tornata normale. Restava in piedi tranquillamente e le sue gambe erano stabili. Si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla fronte: era freddo. Prese dei vestiti e li porse ad Achille. Gli diede un bacio sua guancia ed uscì. Tutto l’accampamento era in festa: Agamennone aveva restituito a Crise sua figlia e il dio Apollo aveva cacciato la peste. Corse velocemente fino alla sua tenda e saltò in braccio ad Achille, dandogli un veloce bacio e dicendogli “Sei guarito, è tutto finito.”

Achille si svegliò avvertendo dei rumori fuori dalla tenda. Il suo ragazzo era accanto a lui e dormiva beato. “Certo che non senti proprio nulla” sussurrò il più gande all’orecchio di Patroclo “vado a vedere che succede, aspettami.” Così dicendo Achille uscì dalla tenda. Fuori un uomo lo aspettava. “Vieni con me” gli si rivolse l’uomo “andiamo da Agamennone.” Achille entrò nella tenda di Agamennone. “Achille” cominciò Agamennone “Per curare te e gli altri uomini ho dovuto ridare a suo padre il mio bottino di guerra, Criseide. Per questo ho deciso che Briseide ora diventerà la mia schiava.” Achille si fece rosso inviso. Era adirato come non mai. Briseide era sua, sua non di Agamennone. Era una questione di onore. “No” rispose Achille “Briseide è il mio bottino di guerra, me lo sono meritato prestando servizio a te, facendoti approfittare dei miei uomini.” Le facce dei due si fecero sempre più rosse. Gli animi ribollivano, le mani alle spade. Cominciarono a duellare. Achille ebbe subito la meglio e puntò la spada alla gola di Agamennone. Entrò Briseide “Non uccidere per me” disse “non ne vale la pena.” Achille fece cadere la spada e se ne andò.

Patroclo stava ascoltando la conversazione fuori dalla tenda di Agamennone. Perché Achille teneva così tanto a una serva? Pur sempre bellissima, ma era lui il suo ragazzo. Quando vide uscire il suo amato gli andò in contro, con la gelosia che continuava a crescere. Non l’aveva mai visto così arrabbiato. Entrarono nella tenda. Achille si avvicinò al suo ragazzo e cercò di baciarlo, ma lui si scostò. “Che cos’hai?” domandò l’eroe. “Perché ti importa così tanto di Briseide?” cominciò, parlando lentamente ed alzando sempre di più la voce “Perché tieni così tanto a lei? Perché hai rischiato la tua vita contro Agamennone per riaverla indietro? Perché non hai pensato a me?” Patroclo aveva le lacrime agli occhi ma non voleva piangere, non davanti ad Achille. “Penso a te sempre, era una questione di orgoglio, il mio merito per le mie conquiste.” disse calmo Achille “E poi… io amo te più di qualsiasi altra cosa al mondo.” Arrossì. Un arrossire diverso da quello della rabbia. Dolce e sensibile, sembrava… indifeso. Patroclo si avvicinò a lui e delicatamente lo baciò, sempre con più passione.

Tutti si svegliarono per andare in battaglia. Achille, dopo l’offesa subita da Agamennone, decise  che non avrebbe più combattuto per lui. Patroclo si avvicinò al collo del suo ragazzo e gli stampò un bacio. Achille si svegliò di soprassalto. “Tieni l’armatura, dobbiamo combattere” disse Patroclo. “No, io non combatto più per quell’essere.” rispose secco Achille. Patroclo cercò di convincerlo, ma senza risultati. Si salutarono e il più grande rientrò nella tenda. Patroclo prese di nascosto l’armatura di Achille e la indossò. La leggendaria armatura di Achille, il carattere che lo rifletteva in battaglia. Vedendo quell’armatura tutti sapevano di avere di fronte il grande e valoroso Achille. Andò in battaglia contro i Troiani. Riuscì a non farsi nemmeno un graffio fino a quando Ettore non lo vide da lontano. Ettore raggiunse Patroclo, vestito da Achille, e cominciarono a combattere. In poche mosse Ettore infilò la lancia nl petto dell’avversario, che morì. Si avvicinò e vide di fronte a lui il cadavere di un altro uomo, non di quello che cedeva di aver ucciso. “Patroclo…” sussurrò debolmente, e scappò via.

Finita la battaglia tutti i sopravvissuti tornarono nelle loro tende. Achille aspettava con ansia il suo amato. Aspettò per alcune ore quando Ulisse entrò nella sua tenda. “Vieni con me” gli disse. Arrivarono di fronte a un corpo senza vita, con indosso l’armatura di Achille.  “Patroclo… è stato ucciso da Ettore. Aveva la tua armatura. Pensava di aver ucciso te.” Achille cadde a terra. Cominciò a piangere disperato e Ulisse lo lasciò solo. Spogliò la salma dall’armatura che gli è costata la vita. Cominciò a strapparsi i capelli e prese il corpo di Patroclo e lo baciò, per l’ultima volta. Nelle sue labbra non c’era più il calore di sempre, erano fredde, morte.

Achille si mise l’armatura che ancora sapeva dell’odore del suo ragazzo. Non c’era più, ma anche lui non sarebbe ancora vissuto per molto. Avrebbe vendicato il suo amore, anche se gli fosse costato la vita. Partecipò alla battaglia del giorno successivo. Ettore era in lontananza davanti a lui. Si scagliarono uno contro l’altro e su di loro si creò un vuoto. Achille gli puntò la spada alla gola. “Tu! Tu hai ucciso il mio uomo!” cominciò a gridare. Le lacrime che volevano uscire, ma le trattene per dimostrarsi forte davanti al suo avversario. Ma lui era forte, o era Patroclo la sua forza? “Tu ora meriti di morire. Meriti di morire lentamente, soffrendo.” sussurrò crudelmente. “Si, io ho ucciso Patroclo. Ma tu non l’avresti fatto al posto mio? Pensavo che ci fossi tu dento quell’armatura, ma sarebbe stato troppo semplice. Uccidimi, ne hai tutti i diritti, ma non disonorare il mio corpo, riportalo ai miei parenti.” disse Ettore, inginocchiandosi ai piedi di Achille. “No, non meriti onore ne grazie! Non sei degno di un funerale. Ed ora è giunta la tua fine” così dicendo, Achille spinse la lama nel petto di Ettore, che si spense.

 

------------------SPAZIO AUTRICE---------------------

Bene! Questa storia in realtà l’ho scritta per la scuola ma poi mi è piaciuta ed ho deciso di pubblicarla. Non è il mio genere, di solito scrivo cose più fluff ma mi piace. Ditemi voi che ne pensate! Se mi lasciate una recensione mi fate un gran piacere. Grazie di aver letto fin qui!

   
 
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