Be more like the man you were made to be
«Tu
ti toglierai immediatamente quel mantello.
Lascerai
Approdo del Re per assumere il posto a cui eri destinato, a Castel
Granito.
Sposerai
una donna di lignaggio adeguato e i tuoi figli porteranno il nome dei
Lannister.
E
non tradirai mai più la tua famiglia.»
«Imploro la
pietà del re.»
Quanto gli erano costate quelle
parole?
Jaime poteva solo immaginarlo mentre osservava suo fratello chinare il
capo in
attesa di ricevere la clemenza del padre – clemenza che,
sapevano entrambi,
Tywin Lannister non avrebbe mai tirato fuori se non fosse stato certo
di
ottenere qualcosa in cambio. Tyrion teneva lo sguardo fisso ai piedi,
Jaime lo
spostava dal fratello al padre, colto da un pensiero inquieto: e se il
Primo
Cavaliere avesse avuto un altro asso nella manica? No, il suo
primogenito
dubitava che fosse così, la sua proposta era stata la
più vantaggiosa che lord
Tywin potesse ricevere. Non aveva tuttavia fatto i conti con gli altri
due
giudici che sedevano ai lati del Trono di Spade. Mace Tyrell non era
certo un
pericolo, ma Oberyn Martell era forse l’uomo più
imprevedibile dei Sette Regni.
E voleva la testa di un Lannister, era risaputo in tutta Westeros.
«Stai implorando
pietà?»
“Oh, riempiti la bocca di
merda di rose,
Tyrell!”
«Mi pare difficile
intuire il contrario,
lord Mace.»
Questa volta era stato Oberyn a
parlare,
con il suo accento dorniano e la testa poggiata svagatamente sul palmo
destro;
le sue labbra erano storte in un sorriso e Jaime pensò
– sperò
– che gli sarebbe bastata quella pubblica umiliazione di un
Lannister per ritenersi soddisfatto.
«No.»
Un grido strozzato, le mani sui
braccioli e il corpo in avanti, pronto ad alzarsi: Jaime non aveva
pensato alla
reazione di sua sorella. In una situazione diversa avrebbe riso di se
stesso,
così risoluto nel tentativo di non rimuginare su Cersei da
dimenticarsi per un
momento della sua intera esistenza!
Lord Tywin non si voltò
neppure verso la
figlia, né rispose alla sciocca domanda di Mace; tenne
invece lo sguardo fisso
su Tyrion, l’espressione imperturbabile.
Poi, dopo un minuto di silenzio,
parlò.
«Una carovana per il
Castello Nero
partirà fra due giorni. Sconterai la tua pena servendo a
vita tra i Guardiani
della Notte.»
«Padre, no!»
Ora Cersei era in piedi, in
evidente
stato di agitazione, mentre la sala era percorsa da mormori per niente
sommessi. Jaime non poteva biasimarla per quel comportamento poco
adatto a una
regina reggente; comprendeva la sua rabbia, ma si sentiva sollevato.
Lord Tywin
non aggiunse altro, scoccò unicamente un’occhiata
alla figlia come se volesse
intimarle di tacere, poi passò a elencare le varie
formalità per la chiusura
del processo.
Jaime non lo ascoltava: stava
fissando
Tyrion, che ricambiava il suo sguardo. Sembrava tutto tranne che
felice. Jaime
accennò comunque un sorriso.
~~~~~
«Aiutami a
toglierla.»
Lo scudiero – di cui
Jaime non ricordava
il nome – si precipitò verso di lui per
slacciargli l’armatura di scaglie. Quello
che presto non sarebbe più stato il Lord Comandante della
Guardia Reale avrebbe
preferito pensarci da solo, ma la presenza di un tocco d’oro
al posto della
mano destra gli impediva di disfarsi degli abiti in poco tempo. Lo
scudiero
allentò una cinghia, liberandolo da uno spallaccio e poi
dall’altro, mentre
Jaime osservava il proprio riflesso allo specchio.
Quella era l’ultima volta
che avrebbe
indossato l’armatura dorata.
Certo, una volta giunto a Castel
Granito
avrebbe dovuto commissionarne una nuova al fabbro, non poteva
permettere che la
mano nuova stonasse con il resto dell’abbigliamento. Aveva
voglia di scherzare;
aveva una grande, fottutissima voglia di scoppiare a ridere. Non aveva
niente a
che vedere che il suo futuro, con quello che gli sarebbe aspettato
d’ora in
avanti e con la noiosa prospettiva di dover governare
l’Ovest, né con quello di
Tyrion sulla gelida sommità della Barriera, ma solo con il
fatto stesso che suo
fratello ce lo avesse, un futuro. Jaime si sentiva sollevato,
finalmente, e tutti
gli altri pensieri potevano essere rimandati al giorno successivo.
Lo scudiero senza nome
passò ad
armeggiare più in basso, sulla schiena, e anche il peso
fisico si fece meno
pressante per Jaime, lord di Castel Granito. Emise un sospiro,
esaminando con
sguardo critico il proprio volto: doveva farsi ricrescere la barba,
quell’aspetto da bambinetto non si addiceva più al
suo ruolo. A proposito, aveva
bisogno di procurarsi una lista di donne
di adeguato lignaggio, o la promessa di mantenere la dinastia
dei Lannister
sarebbe stata infranta più velocemente del voto di Brienne
di proteggere Renly
Baratheon… Non aveva avuto notizie dalla donzella,
realizzò. Neanche un corvo,
ma così le aveva chiesto: lei e quel Podrick non dovevano
farsi vivi, perché
Cersei non doveva sapere che il compito di Brienne non era certo
portargli la
testa di Sansa Stark.
Una fanciulla di alto lignaggio era
proprio Sansa, che dopo la recente svolta nella vita di suo marito
poteva
essere considerata ancora nubile; per di più, Jaime dubitava
che lei e Tyrion
avessero consumato il matrimonio. Eccezion fatta per il ruolo che
probabilmente
aveva giocato nell’omicidio di Joffrey, Jaime non vedeva
perché suo padre
dovesse opporsi a una proposta di matrimonio fatta alla ragazza, se mai
Brienne
fosse riuscita a trovarla. Oppure, vista la facilità con cui
morivano i suoi
mariti, presto Margaery Tyrell avrebbe potuto ritrovarsi vedova per la
terza
volta – ma questa prospettiva non lo divertiva troppo,
perché Jaime era
affezionato a Tommen. Come uno zio, non come il padre che avrebbe
dovuto essere
per lui, ma gli voleva bene. C’erano anche…
La porta venne aperta con uno
scatto,
poi il rumore fu seguito da passi affrettati e da una voce risoluta che
ordinò:
«Lasciaci soli.»
Lo scudiero non se lo fece
ripetere. Abbandonando
parte del corpo di Jaime ancora incorniciato dall’armatura,
fece un rapido
inchino e svanì in fretta, così che il
proprietario di quelle stanze potesse
ricevere l’infausto ospite. Perché –
Jaime lo sapeva bene – le visite di sua
sorella non promettevano mai nulla di buono.
Slacciò
l’ultimo pezzo di armatura
attaccato al braccio, lasciando il resto a dopo per non risultare
ridicolo nel
vano tentativo di spogliarsi con una mano sola, poi con straordinaria
lentezza
si sedette e rivolse l’attenzione alla regina reggente. Il
senso di euforia si
era dissipato in fretta.
«A cosa devo la tua
visita?» le chiese,
staccandosi la mano dorata. Cersei la degnò di un solo
sguardo disgustato, ma a
Jaime non dispiacque: era quello il motivo per cui si era tolto il
rigido arto.
Ricordare che sua sorella non amava ciò che era diventato
era utile in sua
presenza, per evitare di trattarla come un’amante; da quando
l’aveva posseduta
nel Tempio di Baelor, non erano mai rimasti soli nella stessa stanza
né a una
distanza così ridotta, a eccezione del momento in cui lei
gli aveva chiesto di
portarle la testa di Sansa.
Si aspettava un «Lo
sai» o «Non è il
momento di scherzare» seguito da un movimento leggiadro della
donna per
ricordare anche a lui chi era la regina dei Sette Regni, ma quello che
invece
fece lo stupì. Con un frusciare di vesti, Cersei ridusse
rapidamente la
distanza fra loro due e fissò implorante i suoi occhi verdi.
«Ti prego, fa’
qualcosa.»
Il tono di voce era lo stesso con
cui
era solita impartire ordini, ma questa era una richiesta e Jaime non lo
capì
solamente dalle parole che disse: Cersei era disperata, lo leggeva sul
suo viso.
«Cosa vuoi che
faccia?» le chiese, e
invece nella sua, di voce, c’era qualcosa che stonava, una
punta di sfinimento.
Jaime era stanco di lei.
Cersei afferrò la sua
mano e se la portò
al petto, mentre gli occhi cominciavano a inumidirsi. «Nostro
padre non ha voluto
ricevermi dopo il processo, ma tu… tu puoi fare qualcosa. Ti
prego, Jaime, ti prego…»
Nonostante tutti gli sforzi che
avesse
fatto in quelle ultime settimane, Jaime non riuscì a
sottrarsi a quel tocco e
nemmeno a evitare che quel contatto lo facesse sentire vivo come non
accadeva
da giorni. Da quando era rimasto solo ad Approdo del Re, privo di
amici, con un
fratello incarcerato, un padre che lo biasimava per le sue scelte e uno
scudiero senza nome. E una sorella che provava nient’altro
che repulsione per
lui.
«Non
posso…» mormorò, avvicinandosi
ancora di più a lei e sollevandole il volto con delicatezza.
Chiuse gli occhi,
incapace di guardare i suoi mentre le diceva quelle parole.
Cersei si lasciò
stringere dal braccio
menomato che Jaime le passò intorno alla schiena e
cercò la sua bocca; premette
le labbra contro le sue e lui sentì quel sapore che gli era
mancato così tanto.
Sapeva di non poterle dare quel che voleva – la morte di
Tyrion – ma non fu per
un qualche stupido senso di colpa nei suoi confronti che si interruppe:
per una
volta, lo fece per se stesso.
«Cersei, non
posso…» disse con più
risolutezza, cercando di dominarsi. Le poggiò la mano
sinistra su una spalla
per allontanarla leggermente da sé.
«Devi,
invece» replicò Cersei con maggiore agitazione,
trafficando con i suoi
indumenti. «Me lo devi.»
Non le doveva niente. Niente. La respinse più
duramente,
impedendole di slacciargli i pantaloni, e mantenne la mano sulla sua
spalla.
«Non ti devo niente» ripeté ad alta
voce. «Tu mi devi tutto.»
«No!» Cersei
piantò i pugni sul petto
del fratello, che per sua fortuna era ormai privo di armatura. Stava
piangendo.
Stava piangendo per suo figlio, stava piangendo perché
Tyrion le aveva portato
via sua madre e forse anche il suo primogenito, stava piangendo
perché di
Cersei Lannister si poteva dire tutto, ma non che non amasse i suoi
figli.
Jaime non l’aveva mai vista così disperata.
E, forse per un desiderio di
rivincita,
fu allora che decise di confessarle: «Non posso e non intendo
fare nulla per
cambiare la decisione di nostro padre. Gli ho chiesto io di risparmiare
la vita
a Tyrion, in cambio della mia rinuncia a servire nella Guardia Reale.
Diventerò
lord di Castel Granito, come era stato da sempre progettato per
me.»
Cersei rimase immobile per diversi
secondi e Jaime arrivò a temere che non respirasse
più, ma poi sua sorella
scattò indietro e gli puntò un dito contro.
«Tu! Tu non… non faresti mai… Hai
giurato di servire a vita!»
«Ho giurato anche di
servire il Re
Folle. E l’ho fatto per un solo motivo, tu lo sai bene.
L’ho fatto per amore.
L’ho fatto per te.»
Non sembrò bastarle. In
un battito di
ciglia, la guancia destra di Jaime divenne rossa e dolorante; con la
coda
dell’occhio l’uomo poteva vedere la mano ancora
sollevata e pulsante di Cersei.
Non reagì. Le disse solo le parole che avrebbero preceduto
l’uscita della
regina dalle sue stanze, un’uscita decisa che non lasciava
alcun dubbio: quello
sarebbe stato il loro ultimo incontro.
«Ricordi cosa ti dissi?
Che avrei
scatenato una guerra per la figa di Cersei. Ora so che non vali neanche
la
presa del Fondo delle Pulci.»
~~~~~
La carovana attendeva solo che ser
Meryn
Trant, nuovo Lord Comandante della Guardia Reale, desse il comando per
la
partenza. Trant si pavoneggiava nella nuova armatura, scoccando di
tanto in
tanto fugaci occhiate all’uomo le cui recenti dimissioni gli
avevano permesso
di fare carriera.
«Eccolo là, il
prossimo Sterminatore di
Re. Formeremo un terzetto e gireremo come bardi fino ad Asshai delle
Ombre.»
Jaime sbuffò e si
voltò verso suo
fratello. Tyrion era seduto su un pony, ultima umiliazione che il padre
aveva
voluto regalargli prima di distogliere per sempre lo sguardo da quel
figlio che
gli aveva procurato tante grane, e guardava ser Meryn impartire ordini
privi di
senso ai suoi sottoposti; il Guardiano della Notte incaricato di
reclutare
uomini dalle prigioni reali – un Umber terzogenito senza
alcuna possibilità di
ereditare alcunché – borbottava imprecazioni nella
sua direzione, attento
tuttavia a non farsi sentire.
«Per una volta che i
Sette Regni
rischiano di avere un buon sovrano…»
«Spero si occupi della
regina, allora.»
Jaime non poteva biasimare il
fratello,
non dopo che Cersei l’aveva implorato di convincere loro
padre a giustiziare
Tyrion. Si limitò a cambiare discorso.
«Il nero ti
dona» scherzò, indicando con
un cenno del capo i nuovi abiti di Tyrion. «Come mai hai
deciso di indossarli
subito?»
«Non voglio che le
gentili pulzelle che
incontrerò lungo la strada si illudano di potersi fare
un’ultima scopata con
me.»
«Hai davvero intenzione
di onorare il
voto di castità?»
«Nello stesso modo in cui
tu hai onorato
il tuo giuramento nella Guardia Reale.» Sembrava che Tyrion
volesse aggiungere
altro, ma richiuse la bocca, rinunciando. Fu facile per Jaime intuire
cosa si
stesse trattenendo dal dire. «Mi spiace deluderti, ma non sto
andando al
Castello Nero per gli abiti tanto eleganti o per la splendida
prospettiva della
castità: voglio provare di nuovo l’ebrezza di
pisciare dalla sommità della
Barriera.»
Jaime scoppiò a ridere.
«Vedi di farti
degli amici che proteggano le tue pisciate.»
«Sta’
tranquillo, saprò farmi amare come
mi amano qui.»
Chiunque fosse stato presente al
processo di due giorni prima non avrebbe avuto bisogno di udire la
punta di
amarezza nella voce di Tyrion per percepirne il sarcasmo; Jaime si
avvicinò al
pony, poggiando la mano sinistra sulla spalla del fratello.
«Mi dispiace.»
«Di avermi salvato la
vita?»
Le sue labbra si inarcarono in un
sorriso storto. Avrebbe voluto dirgli quanto gli sarebbe mancato, ma
non
trovava le parole; aveva già dato un addio importante
soltanto qualche giorno
prima. Avrebbe anche voluto avere una spada di Valyria,
un’armatura e uno
scudiero sempliciotto da regalargli – prima di ricordare che
aveva dato via
proprio il suo, di scudiero sempliciotto. Tyrion parve voler riempire
quel
silenzio.
«Vedo che siamo in
procinto di partire.»
Ser Meryn sembrava finalmente
pronto a
lasciare che la carovana uscisse da Approdo del Re: si era avvicinato
al Guardiano
della Notte e stava discorrendo con lui. Jaime realizzò che
non avrebbe avuto
altri momenti per spiegare a Tyrion quello che avrebbe significato
restare
divisi per il resto della vita, ma il fratello lo precedette mentre
stava
aprendo bocca.
«Hai già
scelto quale nobildonna
maritare?»
Jaime gli rivolse un sorriso
beffardo,
lieto che Tyrion gli avesse impedito di esprimere i suoi sentimenti in
modo che
sarebbe risultato patetico – senza una spada di Valyria,
un’armatura e uno
scudiero sempliciotto. «Ditocorto mi ha fregato Lysa Arryn,
purtroppo.»
Tyrion fece
un’espressione dispiaciuta,
tirando indietro la testa. «Oh, che gran bastardo! Sapeva che
non vedevi l’ora
di tirarla giù da Nido dell’Aquila!»
«È stato un
vero peccato. Mi hanno detto
che è un’arguta conversatrice.»
«E
un’incantevole ospite.»
«Sempre meglio di Walder
Frey. Avevo
pensato anche a Sansa Stark, se per te non è un
problema.»
«Sansa Lannister, vorrai
dire. Ottima
scelta anche lei, a nostro padre piacerà.»
Di nuovo una punta di amarezza.
«È stata lei,
non è vero?»
«Le prove erano a suo
sfavore, ma Sansa
non sarebbe mai capace di uccidere. Di certo non senza
l’aiuto di qualcuno.»
«A chi stai
pensando?»
«Non a me stesso, se
è questo a cui ti
riferisci.» Tyrion lo interruppe ancora prima che potesse
replicare. «Prima
però dovrai trovarla.»
«Ho già
mandato qualcuno sulle sue
tracce.»
«Chi, gli uccelletti di
quel
doppiogiochista di Varys? O i soldati del re?»
«Brienne di Tarth. E il
tuo scudiero.»
Tyrion corrugò la fronte
un
un’espressione tra l’incredulo e il dubbioso.
«Pod? Pod e la donna che hai
salvato da un orso?»
Jaime si strinse nelle spalle.
«Che vuoi
farci, mi diverte salvare la gente.»
«Mezzo milione e tre
persone.»
«Cosa?» Fu il
suo turno di aggrottare le
sopracciglia, confuso.
«Hai ucciso il Re Folle
salvando mezzo
milione di vite. E nelle ultime settimane ne hai salvate altre tre:
quelle di
Brienne, di Pod e ora anche la mia.»
Era la cosa più simile a
un
ringraziamento che Jaime aveva sentito in quei giorni da suo fratello
ed era probabilmente
la più scioccante verità che gli avesse posto
davanti agli occhi. Avevano
sempre ricordato a Jaime di essere un assassino e ora Tyrion
– che lo conosceva
bene, che davvero sapeva tutto di lui – gli stava ricordando
che non era solo
quello. Che le azioni di Jaime, per quanto avventate e dannose che
fossero
state, avevano salvato delle vite.
Tyrion gli tese la mano.
«Addio,
fratello.»
«Addio.»
Jaime la strinse più
forte che poté,
fissando Tyrion negli occhi. Avrebbe voluto tirarlo giù dal
pony per stringerlo
a sé. Quando il Guardiano della Notte diede ordine di
partire, si lasciarono le
mani e Tyrion le portò entrambe sulle redini.
«Un’ultima
richiesta, lord Jaime: scova la
verità. Trova il
vero assassino di mio nipote. Voglio stringergli la mano e tirargli un
pugno
sui denti.»
Stava per spronare la sua
cavalcatura quando un pensiero sembrò attraversargli la
testa. «Perché non la
fanciulla di Tarth?»
«Eh?» Jaime non
capiva a cosa si stesse
riferendo.
«Perché non
sposi lei? Di alto lignaggio
lo è e a sentire le voci conserva ancora la propria
virtù. Vi divertireste a
combattere nel letto oltre che nel campo di battaglia.»
Detto ciò, anticipando
per l’ennesima
volta una possibile replica da parte del fratello, Tyrion gli rivolse
un ultimo
sorriso allusivo e fece partire il pony, andando a perdersi nella folla
di
uomini che stava lasciando Approdo del Re.
~~~~~
«Posso aiutarti con
l’armatura, ser?
Milady.»
Brienne sospirò, stanca
e – anche se non
lo avrebbe mai ammesso – un po’ divertita dal modo
che lo scudiero aveva di
chiamarla per poi correggersi nel giro di un secondo, e
annuì in silenzio,
dando modo al ragazzo di fare parte del lavoro per cui le era stato
affidato.
Dove aveva la testa ser Jaime quando aveva deciso di mollarlo a lei per
farlo uscire
illeso da Approdo del Re? Su un punto non c’era dubbio:
Podrick era ancora in
piedi. Non che avessero incontrato pericoli fino a quel momento.
Per quanto Brienne preferisse
viaggiare
da sola, la compagnia dello scudiero non era male, perché
Podrick sapeva quando
tacere e quando rivolgerle qualche domanda e, con il tempo, aveva anche
imparato a togliere la pelle ai conigli prima di cuocerli; dopo il
lungo
viaggio che aveva intrapreso con Jaime Lannister, tuttavia, quel
silenzio che
così spesso calava tra lei e Podrick sembrava innaturale e
quasi fastidioso.
«Domani torneremo in quel
villaggio» gli
disse mentre le slacciava qualche cinghia dietro la schiena.
«Ho avuto
l’impressione che sapessero qualcosa.»
«E se ci avessero
riconosciuti?»
«Pod, non hanno idea di
chi tu sia o di
come sia la tua faccia.»
«Ma conoscono te, ser.
Milady.»
«Mi conoscono come un
soldato fedele a
Renly Baratheon e come una donna di Tarth. Non conoscono il nostro
scopo, anche
se sarebbe bene continuare a tenerlo segreto e a viaggiare per quanto
possibile
nell’anonimato.»
Qualcosa si mosse alla sua destra.
Rumore di rami spezzati e foglie secche calpestate. Brienne
scattò in piedi,
facendo barcollare Podrick con quel movimento improvviso, ed estrasse
Giuramento dal fodero.
«Mettiti dietro di
me» ordinò allo
scudiero con un sussurro. Che lo avesse sentito o meno, Podrick era di
nuovo
fuori dalla sua visuale. «Chi è
là?» chiamò.
Una figura emerse dagli alberi;
Brienne
non fece in tempo a vederla bene, perché Podrick si
avventò contro lo
sconosciuto brandendo un bastone. Si fermò solo quando
riconobbe l’uomo che
aveva di fronte.
«Non
c’è che dire, un ottimo cane da
guardia.»
La persona che aveva ridacchiato
aveva
un fisico alto e asciutto, corti capelli biondi e un accenno di barba.
E due
grandi, divertiti occhi verdi. Brienne abbassò la spada,
incredula.
«Ser
Jaime…»
«Temevo che non ti avrei
più sentita
pronunciare il mio nome: il tuo fido scudiero stava per ammazzarmi
con…
Esattamente in che modo pensavi di uccidermi con quel bastone,
Pod?»
Podrick si rigirò
l’arma improvvisata
tra le mani, osservandola improvvisamente rosso in viso.
«Io… Una botta in
testa, ser.»
«Almeno hai le idee
chiare, anche se ti
mancava l’altezza per poterlo fare.»
«Come mai sei qua? Come
hai fatto a trovarci?»
Brienne ancora non era riuscita a distogliere lo sguardo da Jaime e lo
fissava
a bocca spalancata. Era lì, era di fronte a lei. Le aveva
detto addio, eppure
era venuta a cercarla. Per la seconda volta.
«Come avrei potuto non
farlo?» rise il
cavaliere, lasciandosi cadere accanto al fuoco che poco prima Podrick
aveva
acceso. «È difficile che i contadini non notino
una grossa donzella in armatura
che gira con uno scudiero.»
«Ser!»
L’improvvisa esclamazione del
ragazzo fece voltare entrambi. «Lord Tyrion… Come
sta lord Tyrion?»
Un accenno di sorriso comparve sul
volto
di Jaime. «È vivo, ti basti sapere
questo.»
«È stato
dichiarato innocente?» si
informò Brienne, cercando nell’espressione di
Jaime una risposta ancora prima
di udirla a voce.
«Non corre più
alcun pericolo di morte,
non ad Approdo del Re, perlomeno. Perdonaci, Pod, ma io e ser Brienne avremmo bisogno di restare
soli.»
~~~~~
Le raccontò ogni momento
del processo.
Dalle testimonianze di ser Meryn e
del
Gran Maestro Pycelle alla domanda che Tyrion aveva rivolto a Varys,
dalle
stupide risate dei presenti alla collana di Sansa esibita come prova,
dall’inutilità di Mace Tyrell alla proposta fatta
a suo padre. Brienne pareva
ascoltare senza provare un briciolo di emozioni, ma Jaime si accorse
che,
giunto a quella parte del racconto, la donna aveva cominciato a
disegnare
solchi nel terreno con la punta di un piede. Quel particolare lo fece
inspiegabilmente sorridere.
«Ti starai chiedendo se
mio padre abbia
accettato.»
«Lord Tyrion è
ancora vivo, nonostante
tutte le prove lo accusassero di regicidio. Non
c’è bisogno che tu me lo dica.»
«Pensavo che non avrei
mai potuto vedere
Tyrion implorare la clemenza di nostro padre. Mettere da parte
l’orgoglio
tipico dei Lannister e chinare il capo.»
Brienne rimase in silenzio per
qualche
secondo, ma non sembrava in attesa; al contrario, Jaime poteva quasi
vedere la
sua mente che si arrovellava alla ricerca delle parole giuste da dire.
Era così
anche per lui. «Questo significa che Sansa Stark è
la vera colpevole.»
Non era quello che Jaime si
aspettava di
sentire. Che aveva disonorato di nuovo il suo giuramento abbandonando
le vesti
di Lord Comandante sì, era pronto a una ramanzina tipica di
Brienne sull’onore
e altre stronzate simili. Aveva dimenticato per qualche momento il
ruolo che
Sansa Stark rivestiva nel processo di adempimento della promessa
– del giuramento
– che Brienne aveva fatto
a lady Catelyn. Arya Stark era con tutta probabilità appesa
a un cappio o carne
per i porci, ma Sansa era l’unica possibilità di
redimersi per Brienne. Per
entrambi.
«Tyrion è
convinto che non sia così.»
«E lo sono
anch’io.»
La donzella sollevò di
scatto la testa,
fissandolo con gli occhi blu come zaffiri, e in quello sguardo Jaime
vide una
determinazione a lui ancora sconosciuta. Non c’era stata
quando era nella fossa
con l’orso, né quando le avevano fatto indossare
un vestito ridicolo ad Approdo
del Re e nemmeno quando Jaime l’aveva incaricata di
riportargli Sansa Stark, viva.
Brienne credeva davvero alla sua
innocenza e – per qualche stupido istinto che lo spingeva a
fidarsi del
giudizio delle sole due persone che potesse considerare amiche
– così era anche
per lui.
«Voglio che continui a
cercarla, ma non
per consegnarla alla giustizia. Voglio che la porti a Castel
Granito.» Per
pronunciare le seguenti parole dovette guardarla negli occhi,
l’unica parte
bella di lei, talmente bella che era quasi possibile dimenticare il
resto. «E
poi voglio che tu rimanga lì con me.»
Brienne aggrottò la
fronte e sbatté le
palpebre confusa. «Per servirti come soldato?»
«Per servirmi come lady.»
Questa volta lo smarrimento sul suo
volto fu tanto palese che Jaime dovette sforzarsi di rimanere serio e
trattenere una risata; alla fine optò per uno dei suoi
sorrisi beffardi.
«Che cosa?»
«Non hai capito le parole
di mio padre?
“Lascerai Approdo del Re per assumere il posto a cui eri
destinato. Sposerai una
donna di lignaggio adeguato.” Non sei una Arryn né
una Martell né una qualche
lontana parente dei Lannister, e di certo lord Tywin avrebbe preferito
avere
una dorniana come nuora di questi tempi, ma sei l’unica
figlia di lord Selwyn
Tarth ed erediterai un’isola!
Senza
considerare che nessun Lannister in passato aveva stretto alleanza con
Tarth,
la nostra sarebbe la prima.» Non riusciva a sostituire la
parola “alleanza” con
“matrimonio”, gli sembrava così fuori
luogo con Brienne. «Mio padre mi ha
concesso di scegliere una lady, e io ho scelto te.»
Brienne lo guardò negli
occhi a lungo –
qualche decina di secondi, ma per Jaime parve un tempo interminabile:
temeva
che avrebbe estratto la spada per mozzargli anche l’altra
mano. Poi si alzò,
cercando di nascondere il volto pieno di chiazze rosse.
«Non mi piace essere
presa in giro.»
«Non lo sto
facendo.»
«Sì, invece.
Perché dovresti farmi una
proposta del genere?»
«Ti ho spiegato i
motivi.»
«Ci sono altre donne! Ci
sono… ci sono i
Martell!»
«Lo so.»
C’era qualcosa nello
sguardo di Brienne,
qualcosa che non era più la determinazione di poco prima, ma
non era neanche
smarrimento; c’era dolore in quegli occhi,
c’era… paura. Di cosa? Se l’avesse
presa in giro, lo scherzo sarebbe finito lì, non aveva nulla
da temere. Non
avrebbe di certo reclamato ora la sua virtù – quel
pensiero gli fece storcere
il naso, era la prima volta che pensava a Brienne in quei termini.
Eppure la
proposta era venuta da lui. Si alzò.
«Brienne, sono sincero.
Voglio che
diventi mia m… La lady di Castel Granito.»
E forse fu l’uso del suo
nome a
tranquillizzarla. Jaime notò che le sue spalle si erano
rilassate e che il
respiro era tornato regolare, come la sua espressione risoluta.
«Non… non sono
fatta per la vita
domestica.»
Jaime scoppiò a ridere,
guadagnandosi
un’occhiata di fuoco, ma la prospettiva di Brienne intenta a
sfornare pargoli e
a ricamare dall’alba al tramonto rendeva il tutto ancora
più surreale.
«Non mi aspetto di certo
questo! Sei una
guerriera, voglio che ci alleniamo insieme. Voglio che scendiamo in
battaglia
insieme. E voglio passare quel probabilmente poco che mi rimane da
vivere a
discutere con la tua stupida testa cocciuta e non a sopportare una
fastidiosa
ragazzina di Dorne. O del Nord, di dovunque sia.»
Lasciò da parte il discorso
degli eredi, non gli sembrava il momento opportuno e lui stesso
preferiva non
pensarci: non aveva avuto altre donne oltre a Cersei, e la prossima
sarebbe
stata la Vergine di Tarth. Avrebbe dovuto trovare un altro appellativo
per la
donzella.
Brienne lo guardava. Era alta e
massiccia, indossava ancora l’armatura e aveva una spada al
fianco, eppure con
quelle gote rosse e l’espressione stupita – felice?
– avrebbe potuto essere una casta ragazzina di tredici anni;
Jaime allungò la
mano sinistra a toccare il suo braccio, la sentì irrigidirsi.
«Cosa ne pensi, Brienne?
Devo continuare
a cercare una moglie o posso attenderti a Castel Granito?»
«Io…»
Brienne esitò, forse incerta su
cosa dire, poi si decise a guardarlo negli occhi. «Accetto la
tua proposta, ser
Jaime. Dovrò comunque parlarne con mio padre.» Lo
disse come se Jaime le avesse
chiesto di accompagnarlo in battaglia – e forse era davvero
così, perché
nessuna battaglia era stata difficile per Brienne quanto quella di
destreggiarsi tra l’essere un guerriero e l’essere
una donna.
Jaime sorrise soddisfatto, passando
subito a sistemarsi il mantello sulle spalle e a riprendere la spada:
non
voleva indugiare ulteriormente e rendere tutto ancora più
ridicolo. «Trova
Sansa, penserò io a portarla al sicuro. Dopo…
avere avuto risposte: in qualche
modo devono essersi serviti di lei.» Controllò che
la mano d’oro fosse ben
stretta al braccio. «Torno dai miei uomini. Poca gente, ma
fidata, anche se non
ho comunque detto loro chi stavo cercando. Addio, lady
Brienne.»
Salutarla in quel modo gli venne
naturale: si erano detti addio per due volte e si erano sempre
ritrovati. Era diventata
una sorta di portafortuna, ai suoi occhi.
«Addio, ser
Jaime.»
Poteva affermare quasi con certezza
di
averla vista sorridere. Si voltò, addentrandosi di nuovo
nella boscaglia, e
riflettendo su quello che lo avrebbe atteso da quel momento in poi:
documenti
da siglare, alleanze da stringere, altre battaglie e altri duelli, e
una vita
in compagnia della donzella di Tarth. Combattere a fianco di Brienne,
punzecchiarla, litigare con lei e provare a essere felice. Gli si
strinse lo
stomaco quando la sua mente fu attraversata da una dolorosa
consapevolezza.
Non era Cersei, non lo sarebbe
mai
stata.
Non odiatemi per questo finale, nope, nope, sappiate che questa storia farà parte di una serie XD *le imprecazioni cominciano a diminuire* Wenchslayer!fan, non temete: avrete il matrimonio. Avrete i bimbi (forse). Avrete felicità per loro - condita da un po'... tanto dolore. Pensavate di ottenere tutto in un'unica one-shot e senza veder patire loro le pene dell'inferno? "Non avete prestato bene attenzione." (cit.)
Prima di tutto, i ringraziamenti dovuti! A _Eterea_ per avere betato questa storia, ai Mumford & Sons per la frase di Sigh no more inserita come titolo e a Tywin Lannister (e gli sceneggiaturi di Game of Thrones) per aver pronunciato quel discorso che ha fatto subito partire la mia testolina sempre pronta a plottare - e non a mettere per iscritto, sigh. Grazie anche a Roxar ed Emme (questa storia è dedicata a loro) per i continui scleri su Jaime e Brienne ♥
Come al solito, mi sono dimenticata cosa volevo dire inerente al testo. Mh. Che voglio bene a Podrick, ma quello ormai è assodato. E anche: godetevi questa storia, perché ne ho plottate altre due (e Roxar lo sa) che saranno decisamente drammatiche. Giusto perché non si possono estrapolare Jaime e Brienne dall'ambientazione creata da Martin - non avrebbe molto senso, disse quella che aveva già scritto un'AU su di loro.
Penso basti così. Grazie mille per avere letto questa storia, grazie in anticipo a chi recensirà e la metterà nelle preferite/ricordate ♥
Buona 4x07 :3 (AAAAAAAAAAAAAAAH!)
Medusa, a Lannister