Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MedusaNoir    18/05/2014    7 recensioni
[SPOILER 4x06: vi conviene smettere di leggere da qui!]
Jaime ha fatto a lord Tywin una proposta: diventerà lord di Castel Granito e manderà avanti la stirpe dei Lannister, se suo padre dimostrerà pietà per Tyrion. Quella proposta potrebbe rivelarsi vantaggiosa per lord Tywin?
[What if?: e se Shae non fosse stata presente nella puntata?]
«Un’ultima richiesta, lord Jaime: scova la verità. Trova il vero assassino di mio nipote. Voglio stringergli la mano e tirargli un pugno sui denti.» Stava per spronare la sua cavalcatura quando un pensiero sembrò attraversargli la testa. «Perché non la fanciulla di Tarth?»
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Podrick Payne, Tyrion Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Be more like the man you were made to be




«Tu ti toglierai immediatamente quel mantello.

Lascerai Approdo del Re per assumere il posto a cui eri destinato, a Castel Granito.

Sposerai una donna di lignaggio adeguato e i tuoi figli porteranno il nome dei Lannister.

E non tradirai mai più la tua famiglia.»









«Imploro la pietà del re.»

Quanto gli erano costate quelle parole? Jaime poteva solo immaginarlo mentre osservava suo fratello chinare il capo in attesa di ricevere la clemenza del padre – clemenza che, sapevano entrambi, Tywin Lannister non avrebbe mai tirato fuori se non fosse stato certo di ottenere qualcosa in cambio. Tyrion teneva lo sguardo fisso ai piedi, Jaime lo spostava dal fratello al padre, colto da un pensiero inquieto: e se il Primo Cavaliere avesse avuto un altro asso nella manica? No, il suo primogenito dubitava che fosse così, la sua proposta era stata la più vantaggiosa che lord Tywin potesse ricevere. Non aveva tuttavia fatto i conti con gli altri due giudici che sedevano ai lati del Trono di Spade. Mace Tyrell non era certo un pericolo, ma Oberyn Martell era forse l’uomo più imprevedibile dei Sette Regni. E voleva la testa di un Lannister, era risaputo in tutta Westeros.

«Stai implorando pietà?»

“Oh, riempiti la bocca di merda di rose, Tyrell!”

«Mi pare difficile intuire il contrario, lord Mace.»

Questa volta era stato Oberyn a parlare, con il suo accento dorniano e la testa poggiata svagatamente sul palmo destro; le sue labbra erano storte in un sorriso e Jaime pensò – sperò – che gli sarebbe bastata quella pubblica umiliazione di un Lannister per ritenersi soddisfatto.

«No.»

Un grido strozzato, le mani sui braccioli e il corpo in avanti, pronto ad alzarsi: Jaime non aveva pensato alla reazione di sua sorella. In una situazione diversa avrebbe riso di se stesso, così risoluto nel tentativo di non rimuginare su Cersei da dimenticarsi per un momento della sua intera esistenza!

Lord Tywin non si voltò neppure verso la figlia, né rispose alla sciocca domanda di Mace; tenne invece lo sguardo fisso su Tyrion, l’espressione imperturbabile.

Poi, dopo un minuto di silenzio, parlò.

«Una carovana per il Castello Nero partirà fra due giorni. Sconterai la tua pena servendo a vita tra i Guardiani della Notte.»

«Padre, no!»

Ora Cersei era in piedi, in evidente stato di agitazione, mentre la sala era percorsa da mormori per niente sommessi. Jaime non poteva biasimarla per quel comportamento poco adatto a una regina reggente; comprendeva la sua rabbia, ma si sentiva sollevato. Lord Tywin non aggiunse altro, scoccò unicamente un’occhiata alla figlia come se volesse intimarle di tacere, poi passò a elencare le varie formalità per la chiusura del processo.

Jaime non lo ascoltava: stava fissando Tyrion, che ricambiava il suo sguardo. Sembrava tutto tranne che felice. Jaime accennò comunque un sorriso.

 

~~~~~

 

«Aiutami a toglierla.»

Lo scudiero – di cui Jaime non ricordava il nome – si precipitò verso di lui per slacciargli l’armatura di scaglie. Quello che presto non sarebbe più stato il Lord Comandante della Guardia Reale avrebbe preferito pensarci da solo, ma la presenza di un tocco d’oro al posto della mano destra gli impediva di disfarsi degli abiti in poco tempo. Lo scudiero allentò una cinghia, liberandolo da uno spallaccio e poi dall’altro, mentre Jaime osservava il proprio riflesso allo specchio.

Quella era l’ultima volta che avrebbe indossato l’armatura dorata.

Certo, una volta giunto a Castel Granito avrebbe dovuto commissionarne una nuova al fabbro, non poteva permettere che la mano nuova stonasse con il resto dell’abbigliamento. Aveva voglia di scherzare; aveva una grande, fottutissima voglia di scoppiare a ridere. Non aveva niente a che vedere che il suo futuro, con quello che gli sarebbe aspettato d’ora in avanti e con la noiosa prospettiva di dover governare l’Ovest, né con quello di Tyrion sulla gelida sommità della Barriera, ma solo con il fatto stesso che suo fratello ce lo avesse, un futuro. Jaime si sentiva sollevato, finalmente, e tutti gli altri pensieri potevano essere rimandati al giorno successivo.

Lo scudiero senza nome passò ad armeggiare più in basso, sulla schiena, e anche il peso fisico si fece meno pressante per Jaime, lord di Castel Granito. Emise un sospiro, esaminando con sguardo critico il proprio volto: doveva farsi ricrescere la barba, quell’aspetto da bambinetto non si addiceva più al suo ruolo. A proposito, aveva bisogno di procurarsi una lista di donne di adeguato lignaggio, o la promessa di mantenere la dinastia dei Lannister sarebbe stata infranta più velocemente del voto di Brienne di proteggere Renly Baratheon… Non aveva avuto notizie dalla donzella, realizzò. Neanche un corvo, ma così le aveva chiesto: lei e quel Podrick non dovevano farsi vivi, perché Cersei non doveva sapere che il compito di Brienne non era certo portargli la testa di Sansa Stark.

Una fanciulla di alto lignaggio era proprio Sansa, che dopo la recente svolta nella vita di suo marito poteva essere considerata ancora nubile; per di più, Jaime dubitava che lei e Tyrion avessero consumato il matrimonio. Eccezion fatta per il ruolo che probabilmente aveva giocato nell’omicidio di Joffrey, Jaime non vedeva perché suo padre dovesse opporsi a una proposta di matrimonio fatta alla ragazza, se mai Brienne fosse riuscita a trovarla. Oppure, vista la facilità con cui morivano i suoi mariti, presto Margaery Tyrell avrebbe potuto ritrovarsi vedova per la terza volta – ma questa prospettiva non lo divertiva troppo, perché Jaime era affezionato a Tommen. Come uno zio, non come il padre che avrebbe dovuto essere per lui, ma gli voleva bene. C’erano anche…

La porta venne aperta con uno scatto, poi il rumore fu seguito da passi affrettati e da una voce risoluta che ordinò: «Lasciaci soli.»

Lo scudiero non se lo fece ripetere. Abbandonando parte del corpo di Jaime ancora incorniciato dall’armatura, fece un rapido inchino e svanì in fretta, così che il proprietario di quelle stanze potesse ricevere l’infausto ospite. Perché – Jaime lo sapeva bene – le visite di sua sorella non promettevano mai nulla di buono.

Slacciò l’ultimo pezzo di armatura attaccato al braccio, lasciando il resto a dopo per non risultare ridicolo nel vano tentativo di spogliarsi con una mano sola, poi con straordinaria lentezza si sedette e rivolse l’attenzione alla regina reggente. Il senso di euforia si era dissipato in fretta.

«A cosa devo la tua visita?» le chiese, staccandosi la mano dorata. Cersei la degnò di un solo sguardo disgustato, ma a Jaime non dispiacque: era quello il motivo per cui si era tolto il rigido arto. Ricordare che sua sorella non amava ciò che era diventato era utile in sua presenza, per evitare di trattarla come un’amante; da quando l’aveva posseduta nel Tempio di Baelor, non erano mai rimasti soli nella stessa stanza né a una distanza così ridotta, a eccezione del momento in cui lei gli aveva chiesto di portarle la testa di Sansa.

Si aspettava un «Lo sai» o «Non è il momento di scherzare» seguito da un movimento leggiadro della donna per ricordare anche a lui chi era la regina dei Sette Regni, ma quello che invece fece lo stupì. Con un frusciare di vesti, Cersei ridusse rapidamente la distanza fra loro due e fissò implorante i suoi occhi verdi. «Ti prego, fa’ qualcosa.»

Il tono di voce era lo stesso con cui era solita impartire ordini, ma questa era una richiesta e Jaime non lo capì solamente dalle parole che disse: Cersei era disperata, lo leggeva sul suo viso.

«Cosa vuoi che faccia?» le chiese, e invece nella sua, di voce, c’era qualcosa che stonava, una punta di sfinimento. Jaime era stanco di lei.

Cersei afferrò la sua mano e se la portò al petto, mentre gli occhi cominciavano a inumidirsi. «Nostro padre non ha voluto ricevermi dopo il processo, ma tu… tu puoi fare qualcosa. Ti prego, Jaime, ti prego…»

Nonostante tutti gli sforzi che avesse fatto in quelle ultime settimane, Jaime non riuscì a sottrarsi a quel tocco e nemmeno a evitare che quel contatto lo facesse sentire vivo come non accadeva da giorni. Da quando era rimasto solo ad Approdo del Re, privo di amici, con un fratello incarcerato, un padre che lo biasimava per le sue scelte e uno scudiero senza nome. E una sorella che provava nient’altro che repulsione per lui.

«Non posso…» mormorò, avvicinandosi ancora di più a lei e sollevandole il volto con delicatezza. Chiuse gli occhi, incapace di guardare i suoi mentre le diceva quelle parole.

Cersei si lasciò stringere dal braccio menomato che Jaime le passò intorno alla schiena e cercò la sua bocca; premette le labbra contro le sue e lui sentì quel sapore che gli era mancato così tanto. Sapeva di non poterle dare quel che voleva – la morte di Tyrion – ma non fu per un qualche stupido senso di colpa nei suoi confronti che si interruppe: per una volta, lo fece per se stesso.

«Cersei, non posso…» disse con più risolutezza, cercando di dominarsi. Le poggiò la mano sinistra su una spalla per allontanarla leggermente da sé.

«Devi, invece» replicò Cersei con maggiore agitazione, trafficando con i suoi indumenti. «Me lo devi.»

Non le doveva niente. Niente. La respinse più duramente, impedendole di slacciargli i pantaloni, e mantenne la mano sulla sua spalla. «Non ti devo niente» ripeté ad alta voce. «Tu mi devi tutto

«No!» Cersei piantò i pugni sul petto del fratello, che per sua fortuna era ormai privo di armatura. Stava piangendo. Stava piangendo per suo figlio, stava piangendo perché Tyrion le aveva portato via sua madre e forse anche il suo primogenito, stava piangendo perché di Cersei Lannister si poteva dire tutto, ma non che non amasse i suoi figli. Jaime non l’aveva mai vista così disperata.

E, forse per un desiderio di rivincita, fu allora che decise di confessarle: «Non posso e non intendo fare nulla per cambiare la decisione di nostro padre. Gli ho chiesto io di risparmiare la vita a Tyrion, in cambio della mia rinuncia a servire nella Guardia Reale. Diventerò lord di Castel Granito, come era stato da sempre progettato per me.»

Cersei rimase immobile per diversi secondi e Jaime arrivò a temere che non respirasse più, ma poi sua sorella scattò indietro e gli puntò un dito contro. «Tu! Tu non… non faresti mai… Hai giurato di servire a vita!»

«Ho giurato anche di servire il Re Folle. E l’ho fatto per un solo motivo, tu lo sai bene. L’ho fatto per amore. L’ho fatto per te

Non sembrò bastarle. In un battito di ciglia, la guancia destra di Jaime divenne rossa e dolorante; con la coda dell’occhio l’uomo poteva vedere la mano ancora sollevata e pulsante di Cersei. Non reagì. Le disse solo le parole che avrebbero preceduto l’uscita della regina dalle sue stanze, un’uscita decisa che non lasciava alcun dubbio: quello sarebbe stato il loro ultimo incontro.

«Ricordi cosa ti dissi? Che avrei scatenato una guerra per la figa di Cersei. Ora so che non vali neanche la presa del Fondo delle Pulci.»

 

~~~~~

 

La carovana attendeva solo che ser Meryn Trant, nuovo Lord Comandante della Guardia Reale, desse il comando per la partenza. Trant si pavoneggiava nella nuova armatura, scoccando di tanto in tanto fugaci occhiate all’uomo le cui recenti dimissioni gli avevano permesso di fare carriera.

«Eccolo là, il prossimo Sterminatore di Re. Formeremo un terzetto e gireremo come bardi fino ad Asshai delle Ombre.»

Jaime sbuffò e si voltò verso suo fratello. Tyrion era seduto su un pony, ultima umiliazione che il padre aveva voluto regalargli prima di distogliere per sempre lo sguardo da quel figlio che gli aveva procurato tante grane, e guardava ser Meryn impartire ordini privi di senso ai suoi sottoposti; il Guardiano della Notte incaricato di reclutare uomini dalle prigioni reali – un Umber terzogenito senza alcuna possibilità di ereditare alcunché – borbottava imprecazioni nella sua direzione, attento tuttavia a non farsi sentire.

«Per una volta che i Sette Regni rischiano di avere un buon sovrano…»

«Spero si occupi della regina, allora.»

Jaime non poteva biasimare il fratello, non dopo che Cersei l’aveva implorato di convincere loro padre a giustiziare Tyrion. Si limitò a cambiare discorso.

«Il nero ti dona» scherzò, indicando con un cenno del capo i nuovi abiti di Tyrion. «Come mai hai deciso di indossarli subito?»

«Non voglio che le gentili pulzelle che incontrerò lungo la strada si illudano di potersi fare un’ultima scopata con me.»

«Hai davvero intenzione di onorare il voto di castità?»

«Nello stesso modo in cui tu hai onorato il tuo giuramento nella Guardia Reale.» Sembrava che Tyrion volesse aggiungere altro, ma richiuse la bocca, rinunciando. Fu facile per Jaime intuire cosa si stesse trattenendo dal dire. «Mi spiace deluderti, ma non sto andando al Castello Nero per gli abiti tanto eleganti o per la splendida prospettiva della castità: voglio provare di nuovo l’ebrezza di pisciare dalla sommità della Barriera.»

Jaime scoppiò a ridere. «Vedi di farti degli amici che proteggano le tue pisciate.»

«Sta’ tranquillo, saprò farmi amare come mi amano qui.»

Chiunque fosse stato presente al processo di due giorni prima non avrebbe avuto bisogno di udire la punta di amarezza nella voce di Tyrion per percepirne il sarcasmo; Jaime si avvicinò al pony, poggiando la mano sinistra sulla spalla del fratello.

«Mi dispiace.»

«Di avermi salvato la vita?»

Le sue labbra si inarcarono in un sorriso storto. Avrebbe voluto dirgli quanto gli sarebbe mancato, ma non trovava le parole; aveva già dato un addio importante soltanto qualche giorno prima. Avrebbe anche voluto avere una spada di Valyria, un’armatura e uno scudiero sempliciotto da regalargli – prima di ricordare che aveva dato via proprio il suo, di scudiero sempliciotto. Tyrion parve voler riempire quel silenzio.

«Vedo che siamo in procinto di partire.»

Ser Meryn sembrava finalmente pronto a lasciare che la carovana uscisse da Approdo del Re: si era avvicinato al Guardiano della Notte e stava discorrendo con lui. Jaime realizzò che non avrebbe avuto altri momenti per spiegare a Tyrion quello che avrebbe significato restare divisi per il resto della vita, ma il fratello lo precedette mentre stava aprendo bocca.

«Hai già scelto quale nobildonna maritare?»

Jaime gli rivolse un sorriso beffardo, lieto che Tyrion gli avesse impedito di esprimere i suoi sentimenti in modo che sarebbe risultato patetico – senza una spada di Valyria, un’armatura e uno scudiero sempliciotto. «Ditocorto mi ha fregato Lysa Arryn, purtroppo.»

Tyrion fece un’espressione dispiaciuta, tirando indietro la testa. «Oh, che gran bastardo! Sapeva che non vedevi l’ora di tirarla giù da Nido dell’Aquila!»

«È stato un vero peccato. Mi hanno detto che è un’arguta conversatrice.»

«E un’incantevole ospite.»

«Sempre meglio di Walder Frey. Avevo pensato anche a Sansa Stark, se per te non è un problema.»

«Sansa Lannister, vorrai dire. Ottima scelta anche lei, a nostro padre piacerà.»

Di nuovo una punta di amarezza.

«È stata lei, non è vero?»

«Le prove erano a suo sfavore, ma Sansa non sarebbe mai capace di uccidere. Di certo non senza l’aiuto di qualcuno.»

«A chi stai pensando?»

«Non a me stesso, se è questo a cui ti riferisci.» Tyrion lo interruppe ancora prima che potesse replicare. «Prima però dovrai trovarla.»

«Ho già mandato qualcuno sulle sue tracce.»

«Chi, gli uccelletti di quel doppiogiochista di Varys? O i soldati del re?»

«Brienne di Tarth. E il tuo scudiero.»

Tyrion corrugò la fronte un un’espressione tra l’incredulo e il dubbioso. «Pod? Pod e la donna che hai salvato da un orso?»

Jaime si strinse nelle spalle. «Che vuoi farci, mi diverte salvare la gente.»

«Mezzo milione e tre persone.»

«Cosa?» Fu il suo turno di aggrottare le sopracciglia, confuso.

«Hai ucciso il Re Folle salvando mezzo milione di vite. E nelle ultime settimane ne hai salvate altre tre: quelle di Brienne, di Pod e ora anche la mia.»

Era la cosa più simile a un ringraziamento che Jaime aveva sentito in quei giorni da suo fratello ed era probabilmente la più scioccante verità che gli avesse posto davanti agli occhi. Avevano sempre ricordato a Jaime di essere un assassino e ora Tyrion – che lo conosceva bene, che davvero sapeva tutto di lui – gli stava ricordando che non era solo quello. Che le azioni di Jaime, per quanto avventate e dannose che fossero state, avevano salvato delle vite.

Tyrion gli tese la mano. «Addio, fratello.»

«Addio.»

Jaime la strinse più forte che poté, fissando Tyrion negli occhi. Avrebbe voluto tirarlo giù dal pony per stringerlo a sé. Quando il Guardiano della Notte diede ordine di partire, si lasciarono le mani e Tyrion le portò entrambe sulle redini.

«Un’ultima richiesta, lord Jaime: scova la verità. Trova il vero assassino di mio nipote. Voglio stringergli la mano e tirargli un pugno sui  denti.» Stava per spronare la sua cavalcatura quando un pensiero sembrò attraversargli la testa. «Perché non la fanciulla di Tarth?»

«Eh?» Jaime non capiva a cosa si stesse riferendo.

«Perché non sposi lei? Di alto lignaggio lo è e a sentire le voci conserva ancora la propria virtù. Vi divertireste a combattere nel letto oltre che nel campo di battaglia.»

Detto ciò, anticipando per l’ennesima volta una possibile replica da parte del fratello, Tyrion gli rivolse un ultimo sorriso allusivo e fece partire il pony, andando a perdersi nella folla di uomini che stava lasciando Approdo del Re.

 

~~~~~

 

«Posso aiutarti con l’armatura, ser? Milady.»

Brienne sospirò, stanca e – anche se non lo avrebbe mai ammesso – un po’ divertita dal modo che lo scudiero aveva di chiamarla per poi correggersi nel giro di un secondo, e annuì in silenzio, dando modo al ragazzo di fare parte del lavoro per cui le era stato affidato. Dove aveva la testa ser Jaime quando aveva deciso di mollarlo a lei per farlo uscire illeso da Approdo del Re? Su un punto non c’era dubbio: Podrick era ancora in piedi. Non che avessero incontrato pericoli fino a quel momento.

Per quanto Brienne preferisse viaggiare da sola, la compagnia dello scudiero non era male, perché Podrick sapeva quando tacere e quando rivolgerle qualche domanda e, con il tempo, aveva anche imparato a togliere la pelle ai conigli prima di cuocerli; dopo il lungo viaggio che aveva intrapreso con Jaime Lannister, tuttavia, quel silenzio che così spesso calava tra lei e Podrick sembrava innaturale e quasi fastidioso.

«Domani torneremo in quel villaggio» gli disse mentre le slacciava qualche cinghia dietro la schiena. «Ho avuto l’impressione che sapessero qualcosa.»

«E se ci avessero riconosciuti?»

«Pod, non hanno idea di chi tu sia o di come sia la tua faccia.»

«Ma conoscono te, ser. Milady.»

«Mi conoscono come un soldato fedele a Renly Baratheon e come una donna di Tarth. Non conoscono il nostro scopo, anche se sarebbe bene continuare a tenerlo segreto e a viaggiare per quanto possibile nell’anonimato.»

Qualcosa si mosse alla sua destra. Rumore di rami spezzati e foglie secche calpestate. Brienne scattò in piedi, facendo barcollare Podrick con quel movimento improvviso, ed estrasse Giuramento dal fodero.

«Mettiti dietro di me» ordinò allo scudiero con un sussurro. Che lo avesse sentito o meno, Podrick era di nuovo fuori dalla sua visuale. «Chi è là?» chiamò.

Una figura emerse dagli alberi; Brienne non fece in tempo a vederla bene, perché Podrick si avventò contro lo sconosciuto brandendo un bastone. Si fermò solo quando riconobbe l’uomo che aveva di fronte.

«Non c’è che dire, un ottimo cane da guardia.»

La persona che aveva ridacchiato aveva un fisico alto e asciutto, corti capelli biondi e un accenno di barba. E due grandi, divertiti occhi verdi. Brienne abbassò la spada, incredula.

«Ser Jaime…»

«Temevo che non ti avrei più sentita pronunciare il mio nome: il tuo fido scudiero stava per ammazzarmi con… Esattamente in che modo pensavi di uccidermi con quel bastone, Pod?»

Podrick si rigirò l’arma improvvisata tra le mani, osservandola improvvisamente rosso in viso. «Io… Una botta in testa, ser.»

«Almeno hai le idee chiare, anche se ti mancava l’altezza per poterlo fare.»

«Come mai sei qua? Come hai fatto a trovarci?» Brienne ancora non era riuscita a distogliere lo sguardo da Jaime e lo fissava a bocca spalancata. Era lì, era di fronte a lei. Le aveva detto addio, eppure era venuta a cercarla. Per la seconda volta.

«Come avrei potuto non farlo?» rise il cavaliere, lasciandosi cadere accanto al fuoco che poco prima Podrick aveva acceso. «È difficile che i contadini non notino una grossa donzella in armatura che gira con uno scudiero.»

«Ser!» L’improvvisa esclamazione del ragazzo fece voltare entrambi. «Lord Tyrion… Come sta lord Tyrion?»

Un accenno di sorriso comparve sul volto di Jaime. «È vivo, ti basti sapere questo.»

«È stato dichiarato innocente?» si informò Brienne, cercando nell’espressione di Jaime una risposta ancora prima di udirla a voce.

«Non corre più alcun pericolo di morte, non ad Approdo del Re, perlomeno. Perdonaci, Pod, ma io e ser Brienne avremmo bisogno di restare soli.»

 

~~~~~

 

Le raccontò ogni momento del processo.

Dalle testimonianze di ser Meryn e del Gran Maestro Pycelle alla domanda che Tyrion aveva rivolto a Varys, dalle stupide risate dei presenti alla collana di Sansa esibita come prova, dall’inutilità di Mace Tyrell alla proposta fatta a suo padre. Brienne pareva ascoltare senza provare un briciolo di emozioni, ma Jaime si accorse che, giunto a quella parte del racconto, la donna aveva cominciato a disegnare solchi nel terreno con la punta di un piede. Quel particolare lo fece inspiegabilmente sorridere.

«Ti starai chiedendo se mio padre abbia accettato.»

«Lord Tyrion è ancora vivo, nonostante tutte le prove lo accusassero di regicidio. Non c’è bisogno che tu me lo dica.»

«Pensavo che non avrei mai potuto vedere Tyrion implorare la clemenza di nostro padre. Mettere da parte l’orgoglio tipico dei Lannister e chinare il capo.»

Brienne rimase in silenzio per qualche secondo, ma non sembrava in attesa; al contrario, Jaime poteva quasi vedere la sua mente che si arrovellava alla ricerca delle parole giuste da dire. Era così anche per lui. «Questo significa che Sansa Stark è la vera colpevole.»

Non era quello che Jaime si aspettava di sentire. Che aveva disonorato di nuovo il suo giuramento abbandonando le vesti di Lord Comandante sì, era pronto a una ramanzina tipica di Brienne sull’onore e altre stronzate simili. Aveva dimenticato per qualche momento il ruolo che Sansa Stark rivestiva nel processo di adempimento della promessa – del giuramento – che Brienne aveva fatto a lady Catelyn. Arya Stark era con tutta probabilità appesa a un cappio o carne per i porci, ma Sansa era l’unica possibilità di redimersi per Brienne. Per entrambi.

«Tyrion è convinto che non sia così.»

«E lo sono anch’io.»

La donzella sollevò di scatto la testa, fissandolo con gli occhi blu come zaffiri, e in quello sguardo Jaime vide una determinazione a lui ancora sconosciuta. Non c’era stata quando era nella fossa con l’orso, né quando le avevano fatto indossare un vestito ridicolo ad Approdo del Re e nemmeno quando Jaime l’aveva incaricata di riportargli Sansa Stark, viva. Brienne credeva davvero alla sua innocenza e – per qualche stupido istinto che lo spingeva a fidarsi del giudizio delle sole due persone che potesse considerare amiche – così era anche per lui.

«Voglio che continui a cercarla, ma non per consegnarla alla giustizia. Voglio che la porti a Castel Granito.» Per pronunciare le seguenti parole dovette guardarla negli occhi, l’unica parte bella di lei, talmente bella che era quasi possibile dimenticare il resto. «E poi voglio che tu rimanga lì con me.»

Brienne aggrottò la fronte e sbatté le palpebre confusa. «Per servirti come soldato?»

«Per servirmi come lady

Questa volta lo smarrimento sul suo volto fu tanto palese che Jaime dovette sforzarsi di rimanere serio e trattenere una risata; alla fine optò per uno dei suoi sorrisi beffardi.

«Che cosa?»

«Non hai capito le parole di mio padre? “Lascerai Approdo del Re per assumere il posto a cui eri destinato. Sposerai una donna di lignaggio adeguato.” Non sei una Arryn né una Martell né una qualche lontana parente dei Lannister, e di certo lord Tywin avrebbe preferito avere una dorniana come nuora di questi tempi, ma sei l’unica figlia di lord Selwyn Tarth ed erediterai un’isola! Senza considerare che nessun Lannister in passato aveva stretto alleanza con Tarth, la nostra sarebbe la prima.» Non riusciva a sostituire la parola “alleanza” con “matrimonio”, gli sembrava così fuori luogo con Brienne. «Mio padre mi ha concesso di scegliere una lady, e io ho scelto te.»

Brienne lo guardò negli occhi a lungo – qualche decina di secondi, ma per Jaime parve un tempo interminabile: temeva che avrebbe estratto la spada per mozzargli anche l’altra mano. Poi si alzò, cercando di nascondere il volto pieno di chiazze rosse.

«Non mi piace essere presa in giro.»

«Non lo sto facendo.»

«Sì, invece. Perché dovresti farmi una proposta del genere?»

«Ti ho spiegato i motivi.»

«Ci sono altre donne! Ci sono… ci sono i Martell!»

«Lo so.»

C’era qualcosa nello sguardo di Brienne, qualcosa che non era più la determinazione di poco prima, ma non era neanche smarrimento; c’era dolore in quegli occhi, c’era… paura. Di cosa? Se l’avesse presa in giro, lo scherzo sarebbe finito lì, non aveva nulla da temere. Non avrebbe di certo reclamato ora la sua virtù – quel pensiero gli fece storcere il naso, era la prima volta che pensava a Brienne in quei termini. Eppure la proposta era venuta da lui. Si alzò.

«Brienne, sono sincero. Voglio che diventi mia m… La lady di Castel Granito.»

E forse fu l’uso del suo nome a tranquillizzarla. Jaime notò che le sue spalle si erano rilassate e che il respiro era tornato regolare, come la sua espressione risoluta.

«Non… non sono fatta per la vita domestica.»

Jaime scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiata di fuoco, ma la prospettiva di Brienne intenta a sfornare pargoli e a ricamare dall’alba al tramonto rendeva il tutto ancora più surreale.

«Non mi aspetto di certo questo! Sei una guerriera, voglio che ci alleniamo insieme. Voglio che scendiamo in battaglia insieme. E voglio passare quel probabilmente poco che mi rimane da vivere a discutere con la tua stupida testa cocciuta e non a sopportare una fastidiosa ragazzina di Dorne. O del Nord, di dovunque sia.» Lasciò da parte il discorso degli eredi, non gli sembrava il momento opportuno e lui stesso preferiva non pensarci: non aveva avuto altre donne oltre a Cersei, e la prossima sarebbe stata la Vergine di Tarth. Avrebbe dovuto trovare un altro appellativo per la donzella.

Brienne lo guardava. Era alta e massiccia, indossava ancora l’armatura e aveva una spada al fianco, eppure con quelle gote rosse e l’espressione stupita – felice? – avrebbe potuto essere una casta ragazzina di tredici anni; Jaime allungò la mano sinistra a toccare il suo braccio, la sentì irrigidirsi.

«Cosa ne pensi, Brienne? Devo continuare a cercare una moglie o posso attenderti a Castel Granito?»

«Io…» Brienne esitò, forse incerta su cosa dire, poi si decise a guardarlo negli occhi. «Accetto la tua proposta, ser Jaime. Dovrò comunque parlarne con mio padre.» Lo disse come se Jaime le avesse chiesto di accompagnarlo in battaglia – e forse era davvero così, perché nessuna battaglia era stata difficile per Brienne quanto quella di destreggiarsi tra l’essere un guerriero e l’essere una donna.

Jaime sorrise soddisfatto, passando subito a sistemarsi il mantello sulle spalle e a riprendere la spada: non voleva indugiare ulteriormente e rendere tutto ancora più ridicolo. «Trova Sansa, penserò io a portarla al sicuro. Dopo… avere avuto risposte: in qualche modo devono essersi serviti di lei.» Controllò che la mano d’oro fosse ben stretta al braccio. «Torno dai miei uomini. Poca gente, ma fidata, anche se non ho comunque detto loro chi stavo cercando. Addio, lady Brienne.»

Salutarla in quel modo gli venne naturale: si erano detti addio per due volte e si erano sempre ritrovati. Era diventata una sorta di portafortuna, ai suoi occhi.

«Addio, ser Jaime.»

Poteva affermare quasi con certezza di averla vista sorridere. Si voltò, addentrandosi di nuovo nella boscaglia, e riflettendo su quello che lo avrebbe atteso da quel momento in poi: documenti da siglare, alleanze da stringere, altre battaglie e altri duelli, e una vita in compagnia della donzella di Tarth. Combattere a fianco di Brienne, punzecchiarla, litigare con lei e provare a essere felice. Gli si strinse lo stomaco quando la sua mente fu attraversata da una dolorosa consapevolezza.

Non era Cersei, non lo sarebbe mai stata.












Non odiatemi per questo finale, nope, nope, sappiate che questa storia farà parte di una serie XD *le imprecazioni cominciano a diminuire* Wenchslayer!fan, non temete: avrete il matrimonio. Avrete i bimbi (forse). Avrete felicità per loro - condita da un po'... tanto dolore. Pensavate di ottenere tutto in un'unica one-shot e senza veder patire loro le pene dell'inferno? "Non avete prestato bene attenzione." (cit.)
Prima di tutto, i ringraziamenti dovuti! A _Eterea_ per avere betato questa storia, ai Mumford & Sons per la frase di Sigh no more inserita come titolo e a Tywin Lannister (e gli sceneggiaturi di Game of Thrones) per aver pronunciato quel discorso che ha fatto subito partire la mia testolina sempre pronta a plottare - e non a mettere per iscritto, sigh. Grazie anche a Roxar ed Emme (questa storia è dedicata a loro) per i continui scleri su Jaime e Brienne ♥
Come al solito, mi sono dimenticata cosa volevo dire inerente al testo. Mh. Che voglio bene a Podrick, ma quello ormai è assodato. E anche: godetevi questa storia, perché ne ho plottate altre due (e Roxar lo sa) che saranno decisamente drammatiche. Giusto perché non si possono estrapolare Jaime e Brienne dall'ambientazione creata da Martin - non avrebbe molto senso, disse quella che aveva già scritto un'AU su di loro.
Penso basti così. Grazie mille per avere letto questa storia, grazie in anticipo a chi recensirà e la metterà nelle preferite/ricordate ♥
Buona 4x07 :3 (AAAAAAAAAAAAAAAH!)

Medusa, a Lannister
   
 
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