Prompt: 19. Giro in
bicicletta
Titolo: Do you want to ride our bike?
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Fluff, Generale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 1204 parole – 3 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Prima di lasciarvi alla lettura vorrei ringraziare tutti voi che
avete recensito e inserito la raccolta già dal primo capitolo nelle preferite e nelle seguite!! Un caldo
abbraccio a tutti! E un grazie speciale alla meravigliosa Kengha che, insieme a Tumblr, mi ha
fatto scoprire questo particolare! :) Il titolo è una palese citazione da “Do you want to
build a snowman?".
Enjoy :)
Snowflakes
Momenti della nostra
vita
02. Do you want to ride our bike?
Il venticello primaverile che si era levato quel
primo pomeriggio la investì subito, non appena aprì la vetrata del balcone per uscire.
Deliziosamente le scompigliò le ribelli ciocche bionde sfuggite alla consueta treccia, ma non
si premurò di rimetterle al loro posto: aveva bisogno di prendere un po' d'aria dopo lo sfiancante
consiglio dei ministri a cui aveva presenziato.
Non sentì subito la sua voce, troppo intenta a godere della luce del sole e della frescura
dell’aria. Soltanto quando si appoggiò alla ringhiera per osservare il paesaggio, sentì Anna
chiamarla. Rivolse così la sua attenzione più in basso, dove si trovava la sorella, e prima
di salutarla o chiederle di cosa avesse bisogno, lei l’anticipò.
«Guarda cos’ho trovato!» esclamò con un luminoso sorriso, non riuscendo a trattenere la
gioia. «Scendi! Vieni a vedere!» la spronò.
Elsa scosse la testa ridendo per quella sua manifestazione di buffa impazienza. «Arrivo»
disse prima di rientrare.
Non appena i soldati di guardia aprirono il portone per lei, venne travolta dalla sorella e
coinvolta in un caldo abbraccio. Per un attimo ne rimase sorpresa, ma poi ricambiò con
affetto.
«Stanca?» le chiese Anna.
«Un po’» rispose. «Cosa volevi farmi vedere?»
La principessa le rispose con un timido sorriso e, prendendola per mano, la portò in un punto
non molto lontano dove aveva appoggiato…
«Una bicicletta?» chiese Elsa inarcando un sopracciglio confusa.
«Un tandem!» la corresse la sorella imbronciandosi appena. «Non ricordi?»
La Regina si rabbuiò quando i frammenti di un passato lontano ma indelebile vennero a galla.
Certo che ricordava. Ricordava bene il capitombolo di Anna giù per le scale.
«Ero così arrabbiata per il tuo ennesimo rifiuto che l’avevo nascosto dietro il mio armadio.
Non volevo vederlo più e me ne sono completamente dimenticata. Stamattina Gerda mi ha
consigliato di approfittare di questa giornata soleggiata e fare un giro, e così… Be’, mi
sono ricordata di lui» spiegò Anna accennando con la testa al vecchio tandem. «L’ho pulito,
ho controllato ogni piccolo pezzo con Kai e… Ti va di provarlo insieme?» chiese guardandola
negli occhi.
Elsa non riuscì a distogliere lo sguardo, nonostante si sentisse sopraffatta dall’angoscia e
dalla paura di quei lunghi anni di prigionia autoimposta. Colse negli occhi della sorella una
traccia della bambina che fu un tempo, con quella stessa preghiera silenziosa che aveva il
potere di farla capitolare e sottometterla al suo volere.
«Ma certo. Certo» rispose con un sorriso.
Anna lanciò un urlo gettandole le braccia al collo, gridando tanti piccoli “sì” fino a quando
non le mancò il fiato per parlare. Sciolse l’abbraccio e si avvicinò al tandem per metterlo
in piedi.
«Pensavo di stare io davanti» affermò.
«Sì, è meglio» mormorò Elsa.
La principessa riuscì a cogliere un’incertezza in quel consenso, così si voltò alla ricerca
di spiegazioni. La maggiore si schiarì la gola e distolse lo sguardo in un chiaro segno di
imbarazzo.
«Non sono mai salita su una bicicletta» spiegò in un sussurro, già immaginandosi le risate di
Anna.
«Meglio, così ti riposi!» esclamò invece la rossa come nulla fosse. «Qual è il problema?»
Scrollò le spalle.
«Nulla. Nessun problema», annuì la Regina con un sorriso. «Andiamo?»
Anna abbozzò un inchino un po’ goffo a causa del tandem che stava reggendo. «Certamente,
Vostra Altezza. Vi prego di attendere un secondo, quanto sistemo la vostra carrozza». Salì
sulla bicicletta e piantò bene i piedi a terra. «Prego» la invitò.
Elsa appoggiò una mano sul manubrio e fece per salire a cavalcioni, quando la sorella la
fermò. «Stai attenta. I pedali potrebbero colpirti le gambe».
«Va bene, grazie». Sorrise per quella premura, spingendo con il piede a terra per salire. Il
mezzo traballò appena, prima che Anna riuscisse a prenderne il controllo. Non era abituata al
trasporto di due persone, ma era fiduciosa: non se lo sarebbe mai perdonato, se Elsa si fosse
fatta male a causa sua.
Aspettò poi che si sistemasse per stare il più comoda possibile, raccogliendo le gonne del
vestito in modo che non si impigliassero accidentalmente nei pedali o nei raggi della ruota.
Anna avanzò di qualche passo per prendere familiarità con il tandem e solo quando fu sicura
appoggiò i piedi sui pedali. «Oh. Oh, bene!» si entusiasmò. Iniziò a spingere e subito le
ruote iniziarono a girare. «Pronti? Viaaa!» urlò aumentando la forza con cui pedalava per
andare più veloce.
Attraversarono il cortile, uscendo dal castello, poi il ponte fino a immergersi nella piazza
principale del regno. Era il giorno del mercato e con fatica evitarono i venditori e la loro
merce, facendo slalom tra la folla.
Quando sfioravano qualche malcapitato o cassa di verdura, si voltavano a chiedere scusa
ridendo come due bambine complici di divertenti marachelle. Vennero anche riconosciute e
salutate con bonari e malcelati sorrisi.
«Arriviamo fino al porto!» la informò Anna.
Elsa si teneva stretta dal manubrio, sobbalzando quando passavano sopra una buca. Le strade
erano lastricate in sampietrini e il tragitto le risultò un po’ scomodo, ma dimenticò tutto
quando pensò alla fatica che doveva fare Anna per trasportarle entrambe.
Poi imboccarono una discesa e la minore lasciò che la bici la percorresse per sola forza di
inerzia, liberando i pedali che girarono come impazziti. Anna lanciò un urlo al vento forte che
sovrastò le proteste della sorella.
«Per tutti gli dei, Anna!! Annaaa! Ci schianteremo! Fermati!» Elsa teneva gli occhi socchiusi
e la testa al riparo, le mani sudate stringevano il manubrio mentre cercava di assorbire gli
scatti del tandem con la paura di essere sbalzata via da un movimento troppo brusco.
«Non preoccuparti, Elsa! È tutto sotto controllo!» Anna si voltò per rassicurarla con un
sorriso.
La Regina sbiancò, ma non fece in tempo ad avvertirla che finirono letteralmente contro un
carretto fermo davanti una taverna. Volarono, cadendo a terra.
«Ohi, che botta» protestò Anna massaggiandosi la testa.
«Anna! Stai bene?!», si allarmò Elsa.
«Sì, sì. Tu?»
«Bene. Più o meno», sorrise.
La principessa non riuscì a trattenere un piccolo sbuffo divertito per non ridere. «Oh,
dovresti vederti. Sei piena di polvere e… Hai tutti i capelli fuori posto!»
«Ah, sì?», sogghignò Elsa. «Senti chi parla! Sei sporca qui», indicò una guancia. «E qui», le
toccò la punta del naso.
«Come osi?» Anna finse di essere scandalizzata prima di scoppiare a ridere, seguita dalla
sorella. «Ho come una sensazione di déjà-vu ma…»
«Questa volta siamo insieme» concluse per lei Elsa, prendendole le mani.
«Sì», annuì.
Tuttavia la magia del momento venne rotta dall’arrivo del proprietario del carretto. L’uomo
non le riconobbe fino a quando Elsa non gli mostrò l’anello con il sigillo che portava sempre
al dito. Si scusarono come due bambine, chiedendo mille volte perdono e invitandolo al
castello per risarcire i danni.
Sulla strada del ritorno Anna fece più attenzione nella guida ed Elsa era sicura che fosse
soprattutto dovuto ai molteplici lividi riportati. Si offrì addirittura di pedalare, ma
quando ci provarono per poco non replicarono l’incidente.
Non appena varcarono le porte del castello, trovarono Gerda ad accoglierle. La cena era già
in tavola e la balia fece per rimproverarle del ritardo, quando notò lo stato in cui erano:
impolverate, sudate e affaticate.
Volse gli occhi al cielo in una muta preghiera: potessero almeno gli dei inculcare un po’ di responsabilità alle sue due bambine troppo cresciute.