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Autore: williams    19/05/2014    0 recensioni
"Gli altri bambini correvano a braccia aperte verso il loro papà, io correvo solo verso casa, avevo paura che potesse succedermi qualcosa.
Gli altri papà erano orgogliosi, in prima fila, a tutte le recite, le cerimonie a cui i loro adorati figli partecipassero, ma invece, tu, avevi un appuntamento fisso con il bicchiere e con le carte.
Quelle carte che tanto adoravi, ma che ti hanno solo rovinato.
Non rimprovero la tua assenza, te l'ho detto non mi importa. Ma non riuscirò mai a perdonarti l'avvilimento negli occhi di mamma.
Avevi un solo compito da fare, fingere che di noi qualcosa ti importasse, ma sei riuscito a perdere anche nel tuo campo."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao papà,

Bhe se posso chiamarti ancora così. Non credo che possa definirti tale, non sei stato presente nella mia infanzia, nella mia adolescenza. Nella mia vita, in generale, non ci sei mai stato.
Almeno avresti potuto lasciare un bel ricordo di te. Almeno avresti potuto cercare di essere partecipe, avresti potuto pensare un pò di più a me, invece che solo ai soldi, e al tuo quieto vivere.
Avresti potuto pensare che la notte avevo paura del buio, e quando mamma era al lavoro, avresti potuto stringermi e dirmi che sarebbe andato tutto bene, che mi avresti protetto.
Avresti potuto pensarmi e raccogliermi un fiore. Invece no, eri più occupato a sfidarti su quel tavolo verde, e ad aggraziarmi con una bambola. 
E quando, poi, io non mi accontentavo tu eri pronto a scaldarmi con le botte. 

Non mi hi mai detto che mi amavi, ma lodavi il Signore, ogni volta che la carta vincente arrivava. E quando poi riuscivi a mandare in fumo quell'ennessima occasione, te la prendevi con me, che cercavo solo un tuo sguardo complice quando la mamma mi sgridava. Ma eri troppo occupato, a contare i soldi che sarebbero presto arrivati, ma che alla fine erano solo cambiali da firmare.

Ero piccola, ma non così tanto da non capire. 
Ho iniziato a capire quando mi hai detto che mamma non doveva sapere nulla di quello che fosse successo.
Ho iniziato a capire quando dalle tue labbra non usciva mai un "Ti amo" per quella donna che mi ha messo al mondo, per quella donna con cui mi hai concepita.
Se ci ripenso meglio, nemmeno ai tuoi genitori hai mai detto che li amavi.

Forse te n'eri accorto, ti eri accorto che non avevi solo perso la partita sul tavolo da gioco, ma l'avevi persa anche con la vita.

Per te non serbo rancore, nè odio. In fondo non posso odiare qualcuno di cui non mi interessa.

Però speravo che saresti stato più presente. 
Oggi sono sei anni che, ormai, non ci sei più. E in casa, in famiglia la tua mancanza non si sente.
Anzi, c'è una quiete mai esistita, l'atmosfera è così leggera, e l'aria non brulica di urla e tensione.

Gli altri bambini correvano a braccia aperte verso il loro papà, io correvo solo verso casa, avevo paura che potesse succedermi qualcosa. 
Gli altri papà erano orgogliosi, in prima fila, a tutte le recite, le cerimonie a cui i loro adorati figli partecipassero, ma invece, tu, avevi un appuntamento fisso con il bicchiere e con le carte.
Quelle carte che tanto adoravi, ma che ti hanno solo rovinato.
Non rimprovero la tua assenza, te l'ho detto non mi importa. Ma non riuscirò mai a perdonarti l'avvilimento negli occhi di mamma. 
Avevi un solo compito da fare, fingere che di noi qualcosa ti importasse, ma sei riuscito a perdere anche nel tuo campo.

Sei riuscito a sfruttare tutti, ma il risultato sperato non l'hai ottenuto.

Adesso sei solo.

Contro tutti, ed è quel che ti meriti.

Ho iniziato la lettera scrivendo "Ciao papà", adesso la concludo dicendo "Adesso sei solo un estraneo che nella mia vita è entrato, mi ha scombussolato per dieci secondi, e poi è uscito senza far rumore, e senza scuotermi dentro."

Una ragazza che non hai saputo amare.
  
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