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Autore: Lelusc    22/05/2014    0 recensioni
Gemma è la figlia di un famoso archeologo e i genitori sono divorziati, ma la cosa strana è che vede molto spesso degli occhi color Ambra, che le ricordano una persona conosciuta con il padre quando aveva sei anni. Perchè li vede? Scopritelo, ringrazio chiunque voglia farmi una mini recensione, Lelusc. ;D
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente la sveglia suona alle sette. Apro gli occhi ancora assonnata, ma giusto per lasciarmi abbagliare del sole che filtra dalla tenda tirata male. Li richiudo d’istinto e mi copro il viso con il cuscino. “Che fastidio” mugugno, poi mi rassegno, mi volto supina e guardo il soffitto bianco.

“E inizia un'altra giornata”mi dico stanca, portandomi il dorso della mano alla fronte. Scosto le coperte e ignoro il cambiamento di temperatura; anche se è mattina, è pur sempre dicembre e fa freddo.

Seduta sul letto mi guardo intorno e soffoco uno sbadiglio con la mano. Sono stata una vera stupida ieri, sono uscita a bere con i miei amici e ho fatto le tre di notte sapendo benissimo che il giorno seguente sarei dovuta stare al lavoro alle otto precise e per far ciò avrei dovuto svegliarmi alle sette; dove lavoro è distante da casa mia, quindi alla fine ho dormito solo tre ore e sono stanchissima.

Mi guardo intorno alla ricerca degli abiti che devo indossare, ma naturalmente sulla spalliera della sedia non ci sono, non l’ho preparati ieri sera, ed evitiamo di pensare al motivo, altrimenti non sarò più capace di fare niente.

Scuoto il capo velocemente e mi do dei buffetti sulle guance; tanto i capelli peggio di così non possono stare e mi alzo. Non appena mi metto in piedi, la camicia da notte pesante che come sempre mi si è attorcigliata intorno ai fianchi mi ricade lungo le gambe fino alle caviglie.

 Quanto mi piace questa camicia, è un modello semplice con gonna bianca e maniche lunghe giallo chiaro,l’ho comprata al mercatino, l’ho vista e me ne sono subito innamorata e non sembro nemmeno mia nonna quando la indosso.

Sfioro il tessuto caldo di una manica e mi dirigo al bagno ancora po’ barcollante, voglio farmi una bella doccia. 

Sotto il getto caldo, mentre mi massaggio il corpo con la spugna imbevuta di bagno schiuma alla vaniglia, mi rilasso e chiudo gli occhi, fino a che, purtroppo, la mia testa torna nuovamente a pensare a quegli occhi e mi viene la pelle d’oca.

Perché li vedo? Che sia veramente rimasta scioccata da piccola alla loro visione? Oppure è qualcosa di più intenso e importante, qualcosa che devo capire? Fisso le fredde piastrelle color panna davanti a me senza potermi concedere il lusso di non pensare, mentre l’acqua mi scivola lungo il corpo e mi si appiccicano i capelli al viso e sulle spalle.

“Ah, basta!”Esclamo uscendo dalla doccia e avvolgendomi il corpo con un asciugamano di spugna lilla e mentre i capelli gocciolano a terra, mi guardo allo specchio, seccata.

“Devo smetterla di credere chissà cosa”mi dico come se parlassi a qualcuno e non alla mia immagine riflessa.

Stanca di tutto ritorno in camera, indosso dell’intimo pulito e mi vesto. Un attimo dopo sono in macchina, imbottigliata nel traffico. Perché
devo lavorare al centro? E perché ci sono così tante auto di prima mattina? E perché quando mi fermo ad ogni semaforo rosso penso ancora a quegli occhi? E perché mio padre è morto?! E come?!

Già, come? La polizia non l’ha capito, anche perché la macchina di papà era completamente bruciata, ma la cosa che mi manda in bestia e che non è morto sul colpo. Chissà il dolore che ha provato e i pensieri che ha avuto, penso tormentandomi, ed ecco che iniziano a pizzicarmi gli occhi per le lacrime che cercano di uscire e che tento di reprimere. Alla fine faccio un gran respiro e con lo sguardo appannato riprendo a guidare più attenta di prima.

Com’è morto mio padre? È una bella domanda a cui non so dare ancora risposta e ormai è già passato un mese da quando è successo.  È morto per un incidente, ma che cosa non andava nella sua macchina? Possibile non abbiano trovato niente? È strano, molto strano, penso dirigendomi spedita fino al ristorante dove lavoro, il traffico è finito, è ora di lavorare e non pensare, mi dico decisa.

Le ultime parole che ho pensato in macchina, non sono servite, ho pensato, anzi non ho fatto altro e ho lavorato a malapena distratta dalle mie riflessioni, per fortuna non ho creato problemi.

Assaggio il riso allo zafferano e noto che c’è poco sale, lo dico al mio aiuto cuoco e passo ad assaggiare la salsa tartara da mettere sopra la carne, quella è perfetta.

“Gemma, stai bene?” Mi chiede il mio capo vedendomi distratta.

Lo guardo inespressiva, svuotata, ma quando noto chi ho di fronte m’irrigidisco di colpo.

“Oh, sì capo, sto bene, scusi”

“Non c’è problema, basta che non fai guai; tipo scambiare il sale con lo zucchero o cose simili”dice faceto.

“No no, non succederà, scusi, ora smetto di distrarmi”

“sì, sarebbe meglio”dice serio.

Accidenti a me, devo smetterla di pensare a papà, o almeno quando sono a lavoro, mi rimprovero mentre soffriggo alcune verdure tagliate a dadini.

Dopo essermi ripetuta un'altra volta che devo solo lavorare, in qualche modo, dopo un brutto inizio, va tutto per il meglio ed esco da lavoro alle otto precise.

Mi fermo in un fast-food e prendo un panino unto bisunto e poco salutare da porta via, una doppia razione di patatine con ketchup e una coca cola grande e ormai sono alcuni minuti che sono ferma al parcheggio del fast-food a mangiare e intanto penso.

“L’amico di papà, Georg, è stato lui l’unico ad essersi salvato; l’hanno tirato fuori dalla macchina prima di papà perché era più facile, mentre per papà hanno dovuto chiamare i soccorsi e tagliare la macchina accartocciata che lo bloccava, peccato fosse già morto una volta stato liberato, penso accartocciando in un attimo d'ira la carta del panino.

Ingoio il boccone, ma pensare a queste cose mi ha fatto perdere l’appetito, così metto dentro la busta di carta il panino mezzo mangiato e la coca cola, poi arrabbiata e depressa mi dirigo verso casa.

Sono vicina al mio palazzo quando passo davanti alla strada dove mio padre ha avuto l’incidente e decido. Voglio andare a parlare con Georg, forse non servirà a niente, visto che non ha saputo dirmi niente prima, non credo che adesso di punto in bianco cambi qualcosa, ma voglio tentare, deve essere successo qualcosa, perchè la polizia non sa niente e pure sono sicura abbiano indagato, insomma, come diavolo è morto il mio amato padre? Lo devo scoprire.

Cambio bruscamente strada con una manovra avventata e un attimo dopo sono davanti al palazzo di Georg. So che è tardi, ma mi capirà.

Salgo fino all’ottavo piano, mi fermo davanti alla sua porta e dopo un attimo di esitazione e paura che non mi dica niente di nuovo, cosa più che probabile, suono il campanello.

La porta si apre e mi trovo davanti un uomo alto e slanciato dai capelli color carota con striature argentee, occhiali dalla montatura rotonda e occhi verdi vispi e intelligenti. Subito soffoca uno sbadiglio con la mano. Poverino, l’ho svegliato, penso notando il gesto palese, la sua faccia segnata dalla stanchezza e cosa indossa.

“Ehi! Gemma, ciao, perché sei qui a quest'ora?”Mi chiede allegro, nonostante tutto.

“Ti devo parlare di una cosa importante”

“prego, entra pure”dice facendomi cenno verso la sala e si fa da parte per lasciarmi passare.

" Accomodati”. Chiude la porta alle sue spalle e mi raggiunge in sala, dove mi sono già seduta sul divanetto.

Si accomoda sulla poltroncina di fronte a me a gambe divaricate e appoggia le braccia sui braccioli, completamente distrutto dalla stanchezza.

 “Di cosa volevi parlarmi?”Mi chiede poi con voce fievole, ma con una punta di vivacità.

“Di papà”dico seria guardandolo in volto.

Si mette subito seduto composto e diventando serio a sua volta.

“Cosa di preciso?”

“Su com’è morto, tu sai qualcosa?”

“Sospira rumorosamente. “No, Gemma tesoro, non so niente e lo sai”

“ma non è possibile che sia morto così, senza una ragione, è sempre stato maledettamente attento alla guida, tanto da sembrare addirittura esagerato, non poteva fare un incidente”

“lo so, ma è successo”

“già"dico appoggiandomi alla spalliera, insoddisfatta.

 "a che cosa stavate lavorando tu e papà allora?” Chiedo a bruciapelo, dopo un attimo di teso silenzio. Lo fisso dritta negli occhi e mi metto
di nuovo seduta bene, pronta per ricevere la risposta.

Eh sì, una domanda nuova, non l’avevo mai fatta prima perché ero convinta non centrasse niente il suo lavoro, ma ora voglio sapere qualunque cosa su papà, anche i dettagli più insignificanti, nonostante probabilmente non mi servirà a niente, non mi porterà a nessuna pista e non risponderà a nessuna delle mie numerose domande, penso delusa, ma non posso fare a meno di sorprendermi nel notare l'espressione meravigliata di Georg per via della mia domanda inaspettata.

“Agli scavi sui Carpazi, abbiamo trovato molti altri reperti, quindi si sono prolungati”

“capisco”dico delusa non scoprendo niente di nuovo oltre a quello che già so.

“Ok, scusami Georg se ti ho disturbato a quest’ora a dir poco indecente, ma prima di andare via posso usare il bagno?”

“sì, certo, vai pure a quello di sopra, questo di sotto è rotto”

“ok”dico, mi alzo e vado alle scale.

M’incammino triste e svuotata verso il breve corridoio beige e mi fermo davanti alla porta del bagno, porta che conosco molto bene; papà ed io stavamo molto tempo da Georg, era il suo migliore amico, per me è come uno zio, penso facendo un mesto sorriso.

Faccio ciò che devo e scendo di sotto, quando sento qualcosa di strano.

Passo la piccola anticamera e mi fermo vicino all’arco di legno che funge da porta per la sala e ascolto, incuriosita.

E Georg che parla al telefono a bassa voce, noto, ma non oso fare capolino, potrei venire scoperta ad origliare.

“Gemma chiede ancora, cosa devo fare?”

 “Stai scherzando? È solamente una bambina, non potete farlo, sono certo che non capirà niente, ma cosa devo dirgli per farle smettere di fare domande, non crede che suo padre sia morto per un incidente.

 “Sì, ok, ho capito”dice.

 Muovo qualche passo verso l’anticamera del tutto scioccata. Cerco di riorganizzare tutte le informazioni appena ricevute e alla fine impaurita e incredula, ma soprattutto a disagio, arrivo a una sola conclusione che purtroppo non è molto piacevole e mi crea altre stramaledettissime domande.

Con chi parlava? Che cosa è successo a mio padre? Che volevano farmi? E chi? Perchè non devo fare domande? Georg che hai fatto? Penso sentendomi tradita e spaventata. Ho paura di Georg. Ho paura di una persona di cui mi fidavo, che reputavo mio zio, che era il migliore amico di mio padre e che ora è…non so nemmeno più chi è. Cosa devo fare?

Alla fine capisco che c'è qualcosa di grosso in ballo e senza guardarmi indietro corro verso la porta, ed esco. Scendo velocemente giù per le scale con il fiatone, ancora incredula, facendo la lotta con tutti i sentimenti che provo per far vincere la lucidità che è ovvio che ho perso.

Esco dal portone piena di paura, delusione e molto dolore, faccio appena in tempo ad entrare in macchina, mettere in moto e partire, che dallo specchietto retrovisore vedo Georg fermo davanti alla strada, mentre mi guarda. Non riesco a capire con quale espressione e non m’interessa, so solo che mi ha tradito.


 
  
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