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Autore: Drago Rosso Sangue    24/05/2014    1 recensioni
Djibril Moore è una giovane maga degli Elementi, la quale compito è proteggere, assieme al padre bibliotecario, uno specchio magico che apre la porta alla dimensione Neutrale tra Cielo, Terra e Inferi, il Labirinto, la dimora di Yggdrasil. È un'avventura mozzafiato tra angeli, demoni, shinigami e creature insolite, in un'atmosfera carica di spiritualità.
Spero che gradiate questa fanfiction (anche se lo è solo in parte). Drago Rosso Sangue. Meow (?) Roar
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, Ronald Knox, Undertaker
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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PROLOGO

The Lizard Library.
Per alcuni un luogo sacro. Per altri un luogo maledetto. Custode di segreti capaci di rovesciare l'Equilibrium del mondo, di invertire le posizioni del bene e del male, degli angeli e dei demoni. L'eccentrico proprietario viveva tra i suoi libri, proteggendo antiche reliquie, sacre, ma allo stesso tempo profane a entrambe le parti. 
Lui aveva una figlia. Aveva ereditato tutto dal padre, i poteri, i doni soprannaturali, i capelli, i tratti del volto, tranne gli occhi, dorati, di un oro puro e celestiale che non si era mai visto su questo mondo. Occhi divini. E un insolito tatuaggio sulle scapole. Sembrava che unghie nere le avessero inciso quelle spalle minute fino a dar forma a un capolavoro, due ali dalle piume di filigrana intrecciata che si snodavano sulla sua pelle e abbracciavano tutta la parte alta della schiena.
La figlia del proprietario, la notte, leggeva all'insaputa del padre i libri neri, quei libri che lui riteneva proibiti. Le diceva sempre ci erano oscuri e spaventosi. Ma per la bambina erano semplici libri di fiabe, un concetto un po' distorto di fiaba. Molti di questi narravano della vita dei Sette Grandi Demoni dell'Inferno, delle loro gesta e delle loro personalità oscure.
E anche quella sera lei ne stava leggendo uno. Sulla copertina nera aveva un simbolo che assomigliava a un paio di ali contorte, che le ricordavano quelle che lei aveva inciso a pelle sulla sua schiena. E su una pagina ingiallita dal tempo e corrosa ai lati dalla polvere c'era un disegno, fine, dai colori argento e verde sgargianti. Era uno specchio. Ma aveva una cornice molto particolare. Il vetro era circondato da una treccia argento sulla quale si posavano quattro lucertole verdi, con gli occhi che sembravano guardare chi osava aprire quel libro e leggerlo con così tanta sfacciataggine, posizionate come i quattro punti cardinali.
La bambina rimase rapita da quel disegno. Lo sfiorava con le dita bianche e sottili. Davanti a lei, la luna filtrava dalla finestra e posava i suoi raggi aggraziati proprio sulla raffigurazione dello specchio, che sembrò riflettere la sua immagine dolce e indifesa.
Qualcosa si mosse dietro di lei, ma la bambina non si spaventò, e quasi non ci fece caso alla figura insolita che si era materializzata accanto al suo enorme letto. La figura si sedette sul morbido materasso in piume, curvandolo un poco con il suo peso. La bambina sorrise appena, riconoscendo la coscienza del suo visitatore.
 - Questa sera non ho voglia di giocare, Belial - Il demone si profuse in un sorriso a metà tra il diabolico e i dolce, mentre gli occhi dorati di lei si posarono su di un ragazzo molto avvenente, dai nobili lineamenti. Aveva spalle minute e sembrava molto debole a vedersi. Il suo volto perfetto era pallido e incorniciato da una zazzera arruffata di capelli rossi. Attorno agli occhi chiari, di un colore indefinibile, le sue dita sottili, quasi femminee avevano dipinto di nero delle lacrime e delle creste frastagliate, come lo si vede fare ai pagliacci al circo. E infatti, Belial si identificava come il pagliaccio degli Inferi. Si faceva chiamare Cappellaio Matto, in quanto in testa portava un vecchio cilindro nero, avvolto da una fascia di tessuto rosso, simile al colore dei suoi capelli, con appuntato il foglio della taglia e del prezzo del cappello. 
La bambina chiuse il libro nero che teneva sulle ginocchia, appoggiandolo, poi, sul comodino accanto al letto. Belial sorrideva.
- In questo periodo non avete così voglia di giocare con un pagliaccio come me. Mi chiedo il motivo - La voce del demone era davvero sensuale, calda, come miele denso a contatto con la lingua. 
Ma la bambina sembrava non accorgersi dell'incantesimo ammaliatore insito nella sua voce, in quanto questo non riusciva a corromperla. E Belial si chiedeva perché, cercava la risposta da quando l'aveva incontrata per la prima volta. E questa non era ancora giunta alle sue orecchie. 
Quattro anni fa era venuto da lei per ammaliarla, per sporcarla, per ucciderla, ma il suo potere oscuro non aveva avuto nessun effetto. 
Pertanto, ogni sera era tornato da lei, nel tentativo di comprendere il suo essere così puro, luminoso, soprannaturale, divino, e aveva finito con l'affezionarsi a quella piccola strega con la magia nelle vene.
E doveva ammettere che le voleva davvero bene. Assurdo come una bambina avesse potuto fare una breccia in un cuore nero come il suo e rischiararlo solo con un sorriso.
La piccola si sdraiò sul letto, allungando le braccia verso il demone, il quale le prese le mani nelle sue, sorridendo.
- Sono stanca, Belial- gli sussurrò lei con quella voce così flebile e dolce. - Mi canti una ninnananna? Hai davvero una bella voce...- Chiuse gli occhi, mentre il demone la prendeva in braccio e la adagiava delicatamente sul letto, coprendola con le calde lenzuola. La bambina si portò al petto un bianco coniglio di pezza. I suoi occhioni dolci scrutavano Belial e lui sentiva la testa girargli, come se lei gli stesse scandagliando la mente.
Era quasi una supplica.
Lui la accolse.
Così, la bambina scivolò nel sonno cullata dalla soave voce di Belial, intonata in una ninnananna.
La ninna nanna. Di un demone.
 - Buona notte... Principessa... Djibril...-                                                                 Sshhhh...
  
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