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Autore: Floralia    24/05/2014    2 recensioni
Grace cammina da sola tra i boschi e le strade del Colorado. In una mano ha una pistola scarica, nell'altra un pennarello indelebile.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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“Papà ho tanta paura”. Brandon ruppe il silenzio carico di tensione che si era creato all’interno della vettura.
Grace istintivamente si voltò verso il sedile posteriore e prese la mano del fratellino nella sua.
La vecchia Ford Focus sfrecciava per le vie di Cortez più che al di sopra dei limiti di velocità.
Nonostante Daniel Miller prestasse molta attenzione alla guida, era notte e gli abitanti si riversavano per strada. Più di una volta dovette schivare all’ultimo momento un passante o un autoveicolo che veniva caricato al di fuori di una casa.
Raggiunsero il South West Memorial Hospital dopo una decina di minuti. La strada principale era completamente sbarrata e sorvegliata da uomini in divisa militare.
Daniel bestemmiò tra i denti e batté un pugno sul volante, azionando il clacson.
La strada era completamente ingombra di automobili e persone a piedi. Molti cercavano di sorpassare la barriera dei militari, altri di scavalcare le recinzioni. Un agente dal tetto della sua vettura urlava nel megafono che l’ospedale era in quarantena. Nessuno poteva entrare o uscire. Tutti dovevano tornare a casa e barricarsi fino al termine dell’emergenza. Evitare il contatto con i contagiati.
“Rimanete in auto!” sbraitò Daniel prima di precipitarsi fuori dal veicolo e sbattere la portiera. Grace sobbalzò e si tolse la cintura per sporgersi verso il vetro. Seguì con lo sguardo il padre mentre cercava di farsi strada nella folla.
“Tornate alle vostre abitazioni. Vi contatteremo per darvi informazioni sui vostri famigliari che sono attualmente all’interno dell’ospedale nei prossimi giorni” ripeteva l’agente col megafono.
La folla urlava, piangeva, combatteva. Un militare sparò un colpo verso il cielo e ci fu un coro di urla.
“Mamma!” Brandon cominciò a singhiozzare indicando l’ospedale.
Grace lo prese in braccio e lo posò sulle proprie ginocchia.
Si accorse di stare tremando. “Brandon ascoltami.” Provò a fingersi calma. “Papà sta andando a prendere la mamma. Non dobbiamo preoccuparci.”
Sentì le lacrime del fratello inzupparle la maglietta del McDonald all’altezza della spalla.
Per un attimo pensò a quanto fosse sporca e non igienica.
Sua madre era dentro quell’ospedale. Le persone sparavano.
Chiuse gli occhi e scosse la testa, come per disfarsi dei pensieri che le attraversavano la mente.
Si concentrò nuovamente su suo padre. Si accorse di non poterlo più vedere tra la folla. Attese alcuni altri minuti, mentre le persone sfrecciavano intorno all’auto, alcuni tornavano a casa, altri giungevano all’ospedale. Vide dei feriti, alcuni zoppicavano, le persone che li accompagnavano supplicavano i militari di farli entrare. Un uomo aveva perso un braccio e sembrava svenuto, sostenuto da una donna e un poliziotto.
Si sentì un altro colpo di pistola e Grace non ce la fece più. Aprì lo sportello e lasciò Brandon sul sedile anteriore. Il bambino la guardò con occhi enormi, rotondi.
“Torno subito, vado a vedere se papà è entrato” disse Grace per rassicurarlo. “Chiuditi dentro, non fare entrare nessuno.” Terminò la frase dandogli un bacio sulla fronte, poi si diresse correndo verso la folla.
Provo a penetrare il muro umano. Chiese “permesso”, fu colpita ripetutamente da braccia, gambe e piedi, ma non si fermò.
Scorse suo padre e tentò di avvicinarsi.
“Le dico che mia moglie non è infetta!” urlava come Grace non gli aveva mai visto fare in tutta una vita.
“É un’infermiera! Per favore mi faccia entrare a prenderla!”
“Mi dispiace signore ma nessuno può entrare o uscire.”
“Ho capito! Ma le dico che mia moglie non è infetta!”
Un altro militare si avvicinò e diede una spinta a Daniel. L’uomo riuscì a mantenersi in piedi ma andò a sbattere contro un uomo anziano in lacrime. Si scusò e si rivolse al militare. Grace trattenne il fiato.
Il militare proruppe, con fare aggressivo: “Non sei l’unico che ha famiglia là dentro. Ora vattene a casa e ringrazia il signore di non essere morto.”
“Lei non può trattarmi così! Non capisce che non si risolverà nulla con la violenza!”
“Tu non capisci che tutte le dannate persone qui vogliono entrare. Ma tutti quelli dentro all’ospedale sono spacciati. Non possiamo fare nulla se non proteggere quelli che ancora ce la possono fare. E sono gli idioti come te che ci impediscono di fare il nostro lavoro.
Daniel era ammutolito. Anche la folla attorno ai due si era calmata.
L’uomo trovò con lo sguardo la figlia. I suo occhi erano carichi di tristezza. Si voltò vero il suo interlocutore, e con calma rispose: “So che tutto quello che mi dice è vero. Ma mia moglie è lì dentro, e io farò qualsiasi cosa per portarla in salvo.”
Il militare sostenne lo sguardo. Scosse la testa e puntò il dito verso l’ospedale. Le parole gli uscirono con difficoltà dalla gola. “Anche mia moglie è lì dentro. E mia figlia. Ora torna a casa per favore.”
Daniel lo guardò diritto negli occhi, annuì e si diresse verso Grace. La prese per mano e raggiunsero l’auto dove Brandon aveva sbirciato tutto il tempo attraverso il finestrino.
Grace fece per aprire la portiera del passeggero, ma suo padre scosse la testa.
“Grace” le disse, prendendole il volto tra le mani “ora tu devi fare esattamente quello che ti dico. Hai capito?”
Grace annuì, mentre sentiva lo stomaco sprofondare.
“Devi guidare l’auto fino a casa. Devi barricarti dentro con Brandon, e aspettare che io e la mamma torniamo. Partiremo tutti insieme. Voglio che stiate sempre in cantina. Blocca la porta. C’è acqua e cibo, e le vecchie brandine di quando eravate bambini.”
“Papà ti prego vieni con me non posso fare tutto da sola” lo implorò Grace. Il terrore aveva cominciato ad annebbiarle la vista.
Daniel le mise le chiavi in mano. Le prese le mani nelle sue. “Ti prego Gracie.” Gli occhi gli divennero lucidi. “Non so come andranno le cose qui. Ma non posso andarmene senza la mamma. Non pensare che sia egoista. Tu devi proteggere te stessa e Brandon. Ci rincontreremo presto.”
La abbracciò forte e a lungo. Abbraccio forte Brandon e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Il bambino non voleva lasciarlo andare. Piangeva come un neonato e il faccino era invaso di moccio.
Grace lo prese e lo caricò in auto. Cercò gli occhi del padre per un ultimo addio, ma poté vedere solo la schiena dell’uomo, che tentava nuovamente di penetrare il blocco.
Salì in auto. Mise in moto. Brandon strillava come un’aquila. Lo prese di peso e lo assicurò al sedile con la cintura mentre il mostriciattolo si divincolava e cercava di morderla.
“MAMMA! PAPÁ!”
Grace cercò di calmarlo ancora. Provò a parlargli, a spingerlo indietro.
Si voltò per tornare al posto del conducente e lanciò un grido.
C’era un uomo che batteva i pugni contro il finestrino. Grace provò ad urlare ancora ma non uscì nessun suono dalla sua gola. Solo puro terrore strozzato. Gli occhi dolorosamente spalancati. Le mani contratte nella stoffa del sedile. La faccia di quell’uomo era stata mangiata per metà.
Fu con grande dolore che mise in moto e fece manovra per tornare indietro. Cozzò contro altre auto, sbagliò a inserire tutte le marce, urtò un uomo e continuò. Brandon piangeva e sbraitava. Dalla folla si alzarono urla disumane. I militari fecero fuoco.
La Ford Focus sfrecciava nuovamente per le strade di Cortez. Grace non capiva più nulla. Sentiva un unico suono acuto nelle orecchie. Tutti i muscoli erano irrigiditi.
Alcune persone fecero ampi gesti dal ciglio della strada per chiederle di fermarsi. Grace si riscosse dal torpore causato dalla paura.
Non fece in tempo a fermarsi. Mai fermarsi.
Accelerò.
Brandon si liberò della cintura dopo vari tentativi e si alzò in piedi.
Grace gli urlò di sedersi con tutte le energie che aveva in corpo, ma il bambino non ascoltava e si dimenava. Voleva tornare indietro.
Grace inchiodò.
“Siediti subito!”
“Voglio tornare da mamma e papà! Non voglio stare con te! Portami da loro!”
“Brandon non fare lo stupido! Dobbiamo tornare a casa! Dobbiamo aspettarli a casa!”
“Come fanno a tornare se non hanno la macchina! Tu sei stupida! Dobbiamo tornare a prenderli!”
Le diede uno schiaffo.
“Idiota!” Grace lo prese per le braccia e lo costrinse di nuovo sul sedile. Il bambino scalciò e la morse. “Ti odio!” urlava. “Ti odio!” mentre la colpiva con i pugnetti.
“Stai zitto e stai seduto. Per favore Brandon per favore!”
Grace era in preda alla disperazione.
Riuscì a calmarlo dopo alcuni minuti. Ma il bambino le teneva ancora il broncio.
Grace controllava spasmodicamente la strada per assicurarsi che non arrivassero altri uomini infetti come quello con la faccia a brandelli.
Ripartì. Ora viaggiavano in silenzio.
Incrociarono diversi veicoli militari, tutti diretti verso Il South West Memorial.
Brandon ebbe un altro attacco di pianto e urla e si slacciò nuovamente la cintura. Grace si voltò per sgridarlo e rimetterlo a posto, e non fece in tempo a notare i due fari che si avvicinavano a velocità estrema dall'oscurità. Tentò di sterzare, ma era troppo tardi. Le due auto collisero.
L’impatto fu tremendo. Tutto ciò che Grace vide furono vetri e sangue. Sentì il suo corpo sbalzato con violenza e trattenuto con altrettanta violenza dalla cintura. Batté la testa contro le pareti dell’auto e forse contro la terra. Nero.
Si svegliò. Tossì, vomitò su se stessa. Si liberò della cintura. Non riusciva bene a vedere. Il sedile del passeggero era vuoto. Il vetro del parabrezza infranto e coperto di sangue. Scese dall’auto e cadde a terra. Le gambe non la reggevano. Si trascinò sull’erba e poi a gattoni verso quello che sembrava suo fratello. Il bambino era disteso sull’erba, le gambe e le braccia in posizioni innaturali, un vetro conficcato nell’occhio destro, morto. Grace lo toccò, gli prese le mani. Gli pulì il viso, esportò il vetro. Piangeva e rideva e tremava incontrollatamente. Prese Brandon in braccio, lo strinse a se, ma la testa del bambino ricadde sulla schiena e penzolò come un meloncino.
Grace mollò la presa e vomitò tutto ciò che aveva in corpo sull’erba. Vomitò e chiamò aiuto e pianse e poi si sedette sulle ginocchia e rise. Rise fino a farsi male guardando la testa del fratello che ciondolava come un arbre magique.
Scorse l’altra auto, poco distante. Il conducente provava ad uscire dall’abitacolo, ma l’auto era capovolta.
Grace si alzò e fece per dirigersi, o gattonare, verso l’auto. Poi sentì dei passi poco lontani. Si voltò e cercò di scrutare nel buio assoluto. L’unica fonte di luce erano i due fari dell’auto di suo padre, forti e brillanti tanto che facevano male agli occhi.
Era un uomo.
“Aiuto!” gridò la ragazza. “Mi aiuti!”
L’uomo non accelerò il passo.
Con andatura claudicante raggiunse la Ford Focus e solo quando fu a pochi passi da lei, Grace notò che aveva un coltello infilzato nel petto.
  
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