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Autore: xingchan    24/05/2014    4 recensioni
“Uno dei più grandi astrofisici del mondo, Jeremy Garrad, un uomo dai capelli oramai brizzolati e con enormi occhiali da vista dalla montatura scura sul naso, dopo l’accaduto, attraverso un semplice telescopio, rivelò un corpo celeste di proporzioni mastodontiche della stessa traiettoria dei piccoli meteoriti, che nel frattempo si avvicinavano a gran velocità.
§§§
“Avanti pigrone, alzati!”
Dall’altra parte del mondo, precisamente nel distretto di Nerima, Tokyo, Ranma Saotome stava tentando disperatamente di coprire le sue orecchie servendosi del cuscino del suo futon, in modo da attutire le urla di Akane Tendo, che troneggiava su di lui con un’arcigna espressione di disgusto e collera disegnata sul visino, le gambe divaricate (a guisa di lottatore di sumo, come non mancava di evidenziare il ragazzo con il codino) e le mani sui fianchi.”
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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No, non era uno scherzo. 
L’indomani, davanti alla scuola, si presentò un elicottero azzurro con il logo della NASA grande abbastanza per contenere loro ed i loro bagagli. E fu proprio con questa tangibilissima prova  che Nabiki si era convinta di essere nel bel mezzo di un evento importante. Si sentiva caricata di una responsabilità di cui ancora non ne conosceva i dettagli; ma ovviamente, se si viene prelevati da un elicottero di uno dei più grandi enti internazionali non si poteva fare a meno di avere il sentore che stava per accadere qualcosa più grande di loro, che li avrebbe resi degli eroi, se non delle divinità.
La cosa più sconcertante però, l’unica nota che stonava in quella solenne sinfonia di grandezza, era che tutti avevano preso quell’importantissima convocazione per una gita. Per poco non si portavano binocoli, guide turistiche e creme solari. E come una gita che si rispetti, non mancavano di certo gli schiamazzi.
Perfino Mousse si era unito alla confusione generale. Aveva pregato Shan Pu affinché lo portasse con sé e lei, dopo una miriade di coloratissimi insulti, lo aveva lasciato fare. Al contrario, Obaba era stata felicissima fin da subito della volontaria partecipazione del ragazzo papera. Chissà, aveva pensato non senza una punta di divertimento, che i membri della Nasa lo avessero lasciato ad orbitare intorno alla Terra per il resto del suo ossigeno.
Il ragazzo era consapevole che la vecchia amazzone gli aveva concesso la possibilità di seguire sua nipote soltanto per tentare di sbarazzarsi di lui una volta per tutte, ma in cuor suo non gl’importava. Amando la bella cinesina alla follia, era disposto a morire per lei.
Ed ora eccolo lì, che le frignava dietro per non essere ignorato come al solito.
“Shan Pu, lascia perdere quel Saotome!” ripeteva, facendosi largo a spintoni per dividere la ragazza da un Ranma completamente verde per la mancanza d’aria circondato dalle sue tre spasimanti, che nel frattempo se lo contendevano come tigri inferocite.
“Mollalo, gattaccia! Mi chiedo perché la NASA abbia bisogno di una buona a nulla come te!”
“Come osi, spatolona! E tu, avvelenatrice, levati di mezzo!”
“Neanche morta, cara. Ranma vuole solo me! Non è vero, amore?”
“Smettetela tutte! Sto soffocando!” rantolava inutilmente, cercando di farsi spazio per ricevere aria e per elemosinare l’aiuto di Akane, la quale stava discutendo amabilmente circa il fine di quella chiamata così particolare con Ryoga, completamente paonazzo ma, chissà come, ancora capace di parlare.
“Secondo me,” provò ad immaginare il giovane Hibiki gesticolando per enfatizzare ciò che diceva “ci manderanno su Marte o sulla Luna a raccogliere alcuni campioni di rocce! O magari per reclutarci tutti permanentemente!”.
Akane annuiva, sorridendo come non faceva da un giorno, ormai. La sera prima suo padre aveva abbracciato lei e Nabiki con enorme disappunto di quest’ultima, maledicendo la NASA per aver convocato le sue due figlie più piccole dall’altro capo del mondo.  Aveva pianto per ore, finché Genma non l’ha convinto a bere con lui cinque bottiglie di birra scura di fila e non l’ha consolato dicendo che anche suo figlio sarebbe stato lontano per tempo a destinarsi; e che nel frattempo avevano campo libero da tutti per poter incastrare i figli in un matrimonio a sorpresa. Completamente brillo ed incapace di intendere e di volere, Soun aveva cominciato a ridere come un matto seguito dall’amico di una vita, del tutto indifferenti alle proteste imbufalite dei due interessati. Questi li avevano riempiti di pugni fino a coprirli interamente di lividi, ma era servito poco per dissuaderli dai loro malsani progetti.
Sconfitta, Akane si era ritirata nel dojo chiudendosi a chiave, non permettendo cioè a nessuno di condividerlo con lei, quella sera. Ranma aveva avuto la stessa idea, ma non valse a nulla bussare con forza per farsi aprire: irremovibile, la piccola Tendo era rimasta fino a tarda notte lì dentro, a sfogare la sua frustrazione su dei poveri ed innocenti blocchi di cemento i cui frammenti volavano come proiettili in tutte le direzioni.
Ed ora, pensava il ragazzo con il codino, faceva la svenevole con quel dannato maiale di Ryoga, che ovviamente non perdeva occasione di starle il più vicino possibile, in forma umana per giunta. Meno male che almeno Kuno era indaffarato ad inveire contro la sorella, ricordandole quanto fosse disonorevole contrarre matrimonio con un plebeo qual era Ranma.
Ma quelli che erano davvero in difficoltà era il pilota dell’elicottero ed il copilota al suo fianco. Non essendo abituati a trasportare tutta quella baraonda, era a dir poco impossibile per loro mantenere la calma.
“Fa’ un favore a tutto il mondo: tagliati quelle zampacce e lascia in pace il mio Ranma!”
 “Tuo? E da quando è tuo? Quando l’hai complato, si può sapele?”
 “Ehi, qui nessuno compra Ranma! È mio, lasciatelo stare!”
“Non sono di nessuno! Basta! Aiutami Akane!!”
“Shan Pu, non abbandonarmi!”
“… e poi c’è Saturno, con i suoi anelli, e…”
“Urano!”
“Bravissima, Akane! Urano!”
“Sorella! Non osare deturpare l’onore della nostra famiglia accogliendo quell’insetto disgustoso di un Saotome!”
Finché un urlo belluino si sollevò nell’aria, rimbombando per tutto il velivolo.
“ADESSO BASTAAA!”
Era il pilota. Aveva chiamato a raccolta tutta la sua foga di cui disponeva, in massima parte causata da loro, e l’aveva riversata fuori di sé, pretendendo un minimo di rispetto.
“NON HO MAI, DICO MAI, AVUTO A CHE FARE CON PASSEGGERI CHIASSOSI COME VOI! SIETE UN BRANCO DI BELVE, MALEDETTI!”
Salì loro il cuore in gola non appena sentirono quella scarica di esasperazione. Lo osservarono per qualche secondo impauriti, ritornando lentamente seduti composti. Ma nonostante fossero muti come pesci, non la finirono un solo istante di fulminarsi con lo sguardo a vicenda.
“Ripetimi il motivo per cui abbiamo ingaggiato un gruppo di mocciosi come questo…” fece il copilota, vedendo scuotere la testa dell’altro.
 
***
 
Per metri e metri, il gruppo non aveva visto altro che immense stanze interamente colorate di azzurro e grigio metallico. L’aria stessa che si respirava, anche se abbastanza pura, sembrava provenire dall’acciaio fuso. Gli ambienti, oltre ad essere estremamente spartani, erano tutti adibiti  solo per ospitare macchinari, schermi con tastiere simili a computer, scaffali degli archivi e da tavoli nel mezzo. Faceva un po’ caldo.
La testa della comitiva di Nerima era casualmente di Ranma Tatewaki e Ryoga, preceduti da un tipo biondo ed occhialuto che li scortava, e un po’ più dietro di loro Akane, Nabiki e Ukyo. A chiudere la fila c’erano Shan Pu, Kodachi e Mousse. Le due ragazze non avevano smesso un solo istante di sfidarsi con gli occhi; soltanto l’atmosfera rigida del luogo riusciva in qualche modo a farle desistere dal combattere.
Arrivarono in una camera rettangolare, più luminosa di quelle che avevano oltrepassato. Sembrava una di quelle camere d’interrogatorio investigativo che si vedevano nei film, ma molto più grande, tanto da racchiudere un tavolo di almeno dieci metri, con una decina di sedie su cui l’uomo con gli occhiali li aveva esortati a sedersi e di aspettare. Dopodiché, si allontanò di pochi metri, al fine di parlare agli orecchi di altri due uomini, uno in divisa militare statunitense e l’altro in semplice camice da scienziato. Il soldato voltò il capo giusto per osservarli di sottecchi, mentre l’astrofisico si avviò verso di loro subito, aggiustandosi distrattamente gli occhiali sul naso.
Con modi seri, ma nel complesso socievoli, offrì la mano al primo di loro che ebbe davanti, Tatewaki Kuno, per poi proseguire con il resto della compagnia.
“Sono Jeremy Garrad, astrofisico.” Non disse altro per introdursi. I ragazzi pensarono che non avesse aggiunto ulteriori dettagli sulla sua carica per non farli sentire troppo fuori tema. Il colonnello Eartha però non fu così  gentile. Imitò lo scienziato, dando la mano a ciascuno di loro ed il proprio nome, ma i suoi gesti erano secchi e sbrigativi. A Ranma, come a molti altri, risultò estremamente antipatico; al contrario di Kuno che, nel suo sconfinato amore per le consuetudini rigide, lo reputò un uomo rispettabile, anche se sotto sotto condivideva gli stessi pensieri degli altri giovani.
Per fortuna parlò Garrad. “Bene, vi starete chiedendo che ci fate nel Texas quando invece dovreste essere a Tokyo… Nerima, giusto?” Annuirono all’unisono. “Sappiamo che molti  di voi sono dei combattenti molto forti; alcuni di voi possiedono la facoltà di utilizzare tecniche marziali eccellenti e degne di nota…”
“Tutti tranne Akane Tendo!” lo interruppe Ranma sorridendo sornione. La risposta dalla suddetta ragazza non si fece attendere. Con Ryoga e Tatewaki a darle man forte, la piccola Tendo assestò un pugno allo stomaco del ragazzo con il codino facendolo piegare in due dal dolore, e versare due lacrime amare decisamente poco virili. Il più disturbato fu il colonnello, infastidito dalla mancanza di educazione che quei bambocci ostentavano; Garrad invece prese ad osservarli con crescente curiosità.
Ecco che ci risiamo, si disse Nabiki. Stavano dando spettacolo come consuetudine. Non voleva che si facesse confusione proprio all’interno della NASA, perciò si intromise nel discorso.
“No, mia sorella è un’esperta di arti marziali, come tutti. Sono io l’unica che non le pratica.”
“Tu sei Nabiki Tendo.” disse Eartha.
“Sì, colonnello.”
Garrad tossicchiò per attirare su di sé l’attenzione; parlò ancora quando sentì tutte le paia d’occhi puntati addosso. “Vi abbiamo convocati per uno scopo ben preciso. Quello che sto per dirvi non è un gioco, tanto meno uno scherzo… Qualche giorno fa abbiamo avvistato un asteroide la cui traiettoria è in rotta di collisione contro il pianeta Terra.”
Si levò un mormorio indistinto di voci allarmate, ma fu subito sedato da un’occhiataccia del colonnello. “Abbiamo scelto voi perché siete l’unica ancora di salvezza della Terra. Con le vostre tecniche marziali più potenti sareste in grado di creare una voragine nell’asteroide nella cui cavità verrà inserita una bomba, in modo da dividere in due il corpo celeste e dirigerne i frammenti fuori dalla traiettoria attuale.”
Erano attoniti.
Sbalorditi come non lo erano mai stati.
Mai avevano pensato ad una cosa del genere.
Alcuni avevano avvertito un giramento di testa improvviso, ma non poterono far altro che prendere la testa fra le mani e sbatterla contro il tavolo, come Mousse e Ukyo. Ranma rimase a bocca aperta, ed il respiro gli mancò per una manciata di secondi buoni prima di ricordarsi che aveva bisogno di ossigenazione. I pugni di Ryoga si serrarono fino a sbiancare, così come i volti delle ragazze.
Le varie espressioni crearono un vero e proprio tumulto nello stomaco dello scienziato. Osservandoli meglio, non poté fare a meno di ricordare a se stesso che erano solo ragazzi, e che la NASA non avrebbe dovuto caricare un tale peso sulle loro spalle.
“Ovviamente, dovete sentirvela di fare una cosa del genere: non c’è nessuna garanzia che ne usciate indenni da questa storia. Perciò, nessuno vi obbliga.”
Alcuni percepirono maggior libertà di scelta udendo quelle parole. Ma tutti, indistintamente, pensarono la medesima cosa: che non potevano restare indifferenti quando tutti gli esseri viventi erano minacciati da una tale calamità.
“Io ci sto!”
Perentoria e senza alcuna esitazione, Akane fu la prima a farsi avanti. Le scintille di fierezza che le illuminavano gli occhi castani testimoniavano perfettamente la sua fermezza. I ragazzi sussultarono dallo sgomento; Ranma tentava di guardarla negli occhi per farla desistere, ma la piccola Tendo neanche lo degnò di un’occhiata.
“No, Akane!” proferì il ragazzo con la bandana sbattendo un pugno sul tavolo e protendendosi verso la direzione della giovane. “Non puoi intraprendere questa missione, così come tutte le ragazze. Lascia fare agli uomini, è troppo pericoloso!”
“Non posso stare con le mani in mano mentre il pianeta rischia l’estinzione!” esclamò furiosa. Le dispiaceva rivolgersi in modo tanto sgarbato a Ryoga, ma ciò che aveva detto e che sentiva era vero: se non avesse nemmeno provato a fare qualcosa, ne avrebbe avuto uno schiacciante rimorso.
“Akane Tendo ha ragione…” esordì Mousse alzandosi dalla sedia. “Non possiamo stare qui ad aspettare di morire con tutti gli esseri viventi. Dobbiamo accollarci questo incarico, costi quel che costi. Personalmente, accetto l’impresa.”
“Di quante persone avete bisogno? Voglio dire, quante ne dovreste mandare?” chiese Ranma incrociando le braccia. Era diventato molto inquieto quando Akane aveva dato l’assenso per il proprio contributo. Si era trattenuto per non far intendere a nessuno ciò che non avrebbe voluto, ma voleva quante più informazioni possibili. Magari sarebbe riuscito a far escludere tutte le donne dalla missione. Ma la risposta non lo soddisfece.
“Manderemo due equipaggi, uno per ogni shuttle.”
Due squadre che sarebbero state inviate sull’asteroide separatamente implicava per forza un numero cospicuo di persone. Ranma espirò l’aria che aveva trattenuto nei polmoni con agitazione. Non era quello che voleva sentirsi dire.
Shan Pu, nel frattempo, era indecisa sul da farsi. Sicuramente non voleva rischiare così tanto per una cosa che direttamente non la riguardava; ma più pensava alla determinazione rovente di Akane, più si sentiva in dovere di ostentare un coraggio pari al suo, se non più elevato.
Anche se, ripensandoci, se il mondo avesse conosciuto la sua fine anzitempo, non avrebbe avuto occasione di sposare nessuno.
Al contrario, Ukyo era preoccupatissima. Ma non aveva dubbi su cosa era giusto fare. Era d’accordo con Akane, ed avrebbe seguito Ranma anche nel cielo più denso ed oscuro a cui l’occhio umano non potrebbe mai arrivare.
Forse, gli unici che comprendevano sul serio che la vita terrestre era nelle loro mani, oltre ai primi, erano Ryoga, Mousse e Nabiki. I fratelli Kuno provarono un immenso onore nel constatare una simile considerazione, ed erano altrettanto animati dal senso del dovere. Dei due, forse era Kodachi quella con la testa meno sulle spalle.
Accettarono tutti, con fermezza, senza dimostrare nessun sintomo che avrebbe potuto testimoniare un’eventuale diniego.
I due uomini sorrisero, bisbigliando un semplice grazie.
“Ma che c’entla la stlega succhiasoldi?” chiese la cinesina indicando la mezzana Tendo affianco a lei.
“Ti riferisci a Nabiki Tendo? Beh, lei ha il sangue freddo necessario per stare ai comandi di uno dei due shuttle insieme al pilota. Avrà il comando assoluto su di voi, oltre che calcolare le varie percentuali e misurazioni. Lei avrà un altro tipo di addestramento, oltre a quello che affronterete anche voi.”
“Visto che mi avete tirato in ballo” esordì sarcastica la mezzana Tendo “cosa ci guadagniamo se riuscissimo nell’impresa?”
La domanda galleggiò nell’aria per qualche secondo abbondante. L’avevano descritta come una ragazza sagace, furba, che non si lasciava scappare nulla che le fruttasse. Ma fu comunque un pugno nello stomaco per gli adulti provare il caratteraccio di Nabiki sulla loro pelle.
La ragazza non ottenne nulla di esauriente, se non alcune parole balbettate buttate lì per circostanza.
“Hai lagione!” intervenne Shan Pu. “Io voglio un viaggio in Cina!”
La proposta fece granare gli occhi a chiunque lì dentro avesse la maledizione delle sorgenti, e non appena si alzò un concitato insieme di voci.
“Signorina, ma…”
“Credo che il mondo valga molto di più di un semplice giretto per l’Oriente.” sbottò Nabiki. “Dovrete ricompensarci molto più profumatamente... oppure non se ne parla.”
E il colonnello, con sommo stupore dello scienziato, acconsentì allo scambio.
 
 
 

 
   
 
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