Crossover
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Autore: Monochrome Kiss    25/05/2014    1 recensioni
“Sai di cioccolato…” Mormorò, stringengosi a lui.
“Non ti piace..?” Chiese tenendo gli occhi chiusi, mezzo addormentato.
“Mi piace… Un sacco.”
Lui sorrise di nuovo lasciandole un piccolo bacio sul collo. Non aveva allungato le mani su di lei quella notte, si limitarono a domire abbracciati l'uno all'altra, ma nonostante questo, sentì quella sua solitudine che ogni giorno lo uccideva lentamente, dissolversi in quel abbraccio.
Genere: Drammatico, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Era notte fonda. Fuori neanche un rumore, dalla finestra aperta si riusciva a vedere le luci dei lampioni e le case della città ai piedi della collina. La stanza era illuminata solamente dalla luce della luna che era da poco sorta. Si mise lo zainetto in spalle e uscì al balcone, iniziando a scendere con attenzione. Era solo il secondo piano, ma scappare da quella villa, nella quale viveva rinchiusa come un animaletto domestico, anzi, una bambola di pezza, da anni ormai, le sembrava la cosa più assurda che avesse mai fatto. Una volta scesa giù, raggiunse il cancello, lo scavalcò e da lì cominciò a correre il più veloce possibile. Non sapeva cosa l’avrebbe aspettata fuori dalle mura di quella villa, non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo quella notte. Aveva paura, sì, le sue gambe tremavano così tanto, che spesso inciampava e cadeva, ma si rialzava subito e si rimetteva a correre senza fermarsi un attimo. Suo zio era fuori città per affari di lavoro, non era a casa molto spesso, fortunatamente.  Dopo soli diciassette anni, finalmente si sarebbe lasciata il suo passato alle spalle, non desiderava altro. La sua sagoma esile vagava per la città come un piccolo fantasma perso. Il vestito nero di pizzo che le arrivava fino alle ginocchia era in contrasto con il rosso dei suoi capelli.
Dopo aver corso per ore, si sentiva stremata. Guardandosi intorno si accorse di essere arrivata in uno dei quartieri malfamati di quella grande città. Non c’era molta gente in giro, i motel dovevano esseri pieni a quell’ora, e anche i pub e night club. Poco più avanti, all’incrocio c’erano due ragazze sulla soglia della strada. Aspettavano i loro potenziali  clienti. Non sapeva dove andare, guardando quelle ragazze, le tornarono in mente i ricordi dai quale stava scappando e fu presa da un forte senso d'ansia e nausea, non era molto diversa da loro, nonostante le guardasse con disprezzo.
“Ehi, bambolina. Ti sei persa?”
Fu subito avvolta da una piccola nuvola di fumo, la voce dal tono strafottente apparteneva al ragazzo dietro di lei. Si voltò subito, un po’ sorpresa.  Era appoggiato ad una moto nella penombra di un vicolo buio. Odiava l’odore  di sigarette, ma quello era diverso, aveva uno strano retrogusto al cioccolato. Il tipo stava ghignando mentre la squadrava da testa a piedi. Aveva lo stesso rosso dei suoi capelli, anche se in quel momento non si notavano molto. Se ne stava immobile a fissarlo, il suo cuore prese a battere all'impazzata, quasi da far male. Era la prima volta che lo incontrava, eppure aveva la sensazione che invece di conoscerlo lo stava in un certo senso ricordando.
“…N-No. “
Rispose con un filo di voce. Non poteva certo chiedergli di consigliarle un posto dove stare, anche perché non aveva soldi e non era scappata per continuare a lasciarsi abusare ancora. Abbassò la testa cominciando lentamente a disperarsi e a soffocare le lacrime che iniziavano ad offuscarle la vista. Il ragazzo divenne improvvisamente serio, fece un passo verso di lei e posò una mano sulla sua testa, sospirando. Notò la piccola ferita sul ginocchio, se l'era fatta cadendo, mentre correva. Non era molto difficile capire che era una semplice ragazzina di buona famiglia scappata di casa. Avrebbe potuto drogarla e venderla, oppure usarla in qualche altro modo, ma non sarebbe stato da lui. I lividi sull’esile collo della ragazza e sui polsi si vedevano appena sotto la luce del lampione che illuminava il piccolo tratto di strada.
“Su, non piangere bambolina. Le lacrime non ti donano per niente, sai?”
Avrebbe voluto sbraitargli contro e riversargli addosso tutta la sua rabbia, ma era sicura che se avesse aperto bocca non sarebbe riuscita a pronunciare una parola. Stava cadendo a pezzi sotto gli occhi di quel ragazzo, silenziosamente.
“…”
Lui la osservò per qualche minuto, poi riprese, più gentilmente.
“Senti, bambolina, faresti meglio a tornare a casa, questo posto non è adatto a  una come te. Credimi, qualsiasi altro posto sarebbe meglio di questo schifo…”
Lei alzò la testa e incontrò il suo sguardo, cercando di non lasciare trasparire nulla dal suo volto.
“Lo sò benissimo. Ma il posto da dove sono scappata, non era molto meglio di questo.”
Levò la sua mano dalla testa.
“…Capisco.”
Lei andò a sedersi lì vicino, sul marciapiede. Lui fece un altro tiro e buttò a terra il mozzicone espirando e salendo sulla moto.
“Non mi va di tornare a casa, quel piccolo appartamentino è troppo vuoto e desolato, ma almeno se ci sei tu, Kuro-san non si sentirà così solo.”
Si voltò a guardarlo un po’ confusa.
“Kuro-san? Ma cosa…”
Non si fidava molto, ma un posto valeva l'altro e non aveva davvero nulla da perdere così, decise andare con lui.
“Dai, sali in fretta. Aah, si muore di freddo!”
Lei si avvicinò, prima di salire sulla moto il ragazzo posò sulle sue spalle scoperte il suo giubbotto nero di pelle. Si aggrappò stretta a lui che sfrecciava sulle strade vuote della città, senza alcuna esitazione. Quella velocità sembrava spazzare via tutte le sue paure e debolezze, si sentiva finalmente libera, per la prima volta. Una volta arrivati a casa, ad accogliere entrambi sulla soglia della porta c’era un piccolo gattino nero senza collarino. Il ragazzo lo salutò ridacchiando allegramente,lo prese in braccio andando poi in cucina a riempirgli la ciottola di latte e tornare da lei, che era ancora in piedi, all’entrata. Chiuse la porta dietro di sé e si tolse le scarpe.
“Uuhm, il bagno è da quella parte, per dormire, usa pure la mia stanza, io dormo insieme a Kuro-san! Haha …-”
Aveva interrotto la sua leggera risata, le andò incontro posando le mani sulle sue spalle e riprese con un tono inconsapevolmente più dolce.
“Ehi… ma stai dormento in piedi…”
Era mezza addormentata e davvero troppo stanca, ma magari un bagno caldo avrebbe aiutato, pensò.
“ Ah-…uhm, no--…s-sto bene. Grazie…”
Dopo un lungo bagno, finì per addormentarsi nella vasca, ma fu svegliata dal bussare del ragazzo, il quale le aveva portato un cambio. Tutta la stanchezza e la preoccupazione furono lavate dall’acqua calda. C’era un’atmosfera strana in quel piccolo appartamento. Non era di certo abituata a luoghi del genere, nonostante questo c’era qualcosa di inspiegabile che la facevano sentire completamente a suo agio. Accovacciata sulla grande poltrona, avvolta nella maglietta a righe bianche e nere, decisamente troppo grande per lei, se ne stava a guardare fuori dalla finestra, il silenzio riempiva la stanza e un senso di tranquillità si inoltrava nel suo cuore, intorno al quale aveva innalzato troppe mura. Era quasi l’alba ormai.
“Ancora sveglia..?”
Sussultò appena sentendo la voce del ragazzo e ricomponendosi quasi automaticamente sulla vecchia poltrona. Lui sorrise appena intenerito dalla sua reazione e i movimenti impacciati.
“A-A-hm--…! Ho dormito un po’ nella vasca, non ho più molto sonno.”
Ammise leggermente imbarazzata. Le porse la tazza fumante che aveva in mano, scoppiando a ridere e  scompigliandole i capelli come ad un cagnolino. Andò poi a sedersi su un’angolo del letto.
“ Tieni, è tè nero.”
Sentì una leggera fitta al cuore. Prese la tazza con entrambe le mani e soffiò un po’ bevendone un sorso.
“Grazie.”
Aveva portato un sacco di ragazze e ragazzi, in quel piccolo appartamento, ma nessuna si è trattenuta per più di qualche ora. A differenza delle altre però, lei era lì già da un po' e non l’aveva ancora sfiorata. Cosa insolita per lui. Si limitava ad osservarla in silenzio, come un oggetto prezioso che voleva tenere nascosto a tutti per paura che si rompesse o gli venisse sottratto. C’era un’infinita tristezza negli occhi di lei, quasi tangibile. Quella notte parlarono un sacco, di loro, del loro passato, di come lei si era procurata i lividi sui suoi polsi, di come lui fosse finito in quella miserabile situazione, del perché lei odiasse l’odore delle sigarette.  Alla fine, dopo parecchie ore, assonnato, si alzò dal letto sospirando. Le posò un bacio sulla fronte e andò nella stanza accanto a dormire sul divano. Qualche minuto dopo, lei lo raggiunse, esitando. Aprì la porta. Lo scricchiolìo di quest’ultima gli fece riaprire gli occhi, che alzandosi appena li posò socchiusi su di lei. Sul volto ancora mezzo addormentato di lui, le labbra disegnavano un piccolo sorriso. Sollevò le braccia aperte nella sua direzione, aspettando che lei lo raggiungesse sotto le coperte. La strinse forte a sé, affondando il viso nell’incavo della spalla  destra e il collo sottile, respirando il profumo della sua pelle.
“Sai di cioccolato…” 
“Non ti piace..?”
Chiese tenendo gli occhi chiusi, mezzo addormentato.
“Mi piace… Un sacco.”
Mormorò lei. Sorrise di nuovo, lasciandole un piccolo bacio sul collo. Non l’aveva sfiorata quella notte, si limitarono semplicemente a dormire abbracciati, ma  nonostante questo, sentì quella sua solitudine che ogni giorno lo uccideva lentamente, dissolversi in quel abbraccio. Dopo due settimane di convivenza la loro routine era più che normale, o quasi : si svegliavano dopo mezzogiorno, dal momento che in frigo c’era solo la colazione di Kuro-san, lui era costretto a uscire di casa e andare a fare la spesa, mentre lei, si metteva a fare le pulizie di primavera, anche se era fine maggio ormai.  Dopo aver pranzato insieme, dopo aver fatto una battaglia col ketchup sporcando di nuovo tutta la cucina, si faceva di nuovo sera e si trovavano a ubriacarsi , giocare a strip poker e  fare karaoke a squarciagola, ignorando le lamentele dei vicini. Quella sera, qualcuno bussò alla porta. Entrambi erano stesi sul pavimento davanti alla tv, con in mano i joystick, troppo concentrati sul videogioco per andare ad aprire.
“Bambolina, vai tu?”
“Ti piacerebbe, non ti faccio vincere così facilmente! E piantala di chiamarmi bambolina.”
“Mmh… cucciola?”
“...Wuf.”
Ridacchiò come uno scemo. A quel punto la porta di casa fu spalancata dal calcio di un biondino in canottiera e pantaloni attillati.
“MATT! E CHE CAZZO! E’ DA MEZZ’ORA CHE STO BUSSANDO!"
Il biondino raggiunse il salotto e squadrò la ragazza accanto al rosso.
“E’ questa che ci fà quì? L’hai comprata quì all’incrocio?”
Chiese con tono strafottente. Il rosso mise in pausa il videogame, si alzò in piedi e si avvicinò a lui, appoggiandosi alla porta con le braccia incrociate. “Puzzi di alcool."
Il biondo sorrise e posò una mano sul sedere dell’altro, baciandolo avidamente.
"...Anche tu."
Lei non rimase molto sorpresa da quel bacio, ogni tanto il biondino passava a divertirsi, ma quella volta riusciva a nascondere a malapena la sua gelosia, si morse il labbro inferiore abbassando la testa e tornando a fissare con lo sguardo perso nel vuoto il videogioco in pausa. Appena il rosso si staccò, ghignò pulendosi la bocca con la manica della maglietta.
“Coglione, non venire da me solo quando sei in calore.”
Il biondo ridacchiò avvolgendo le mani intorno alla sua vita. Due semplici scopamici, certo, prima stavano insieme, ma si sono promessi di andare avanti, anche se c’era troppo amore nascosto dietro a quel sorrisetto idiota e le finte sbronze.
“Lei è-…”
Non fece in tempo a finire la frase che la ragazza si alzò, si mise le scarpe e uscì di casa, a passo svelto e a testa bassa.
“Aspetta!"
 Il rosso la seguì ma venne subito fermato dal biondino che gli impedì di uscire. I pensieri le riempivano la testa impedendole di ragionare, si era persino dimenticata che stava indossando una maglietta di lui, che copriva solo il necessario. Si sentiva stupida. Dio quanto si sentiva stupida! Lei che fu trattata come semplice oggetto di sfogo sessuale di un vecchio perverso, finì per fare 'il terzo incomodo' tra due ragazzi tra l'altro. Conoscendo suo zio poi, non poteva fare finta di nulla, ogni giorno che passava viveva con il terrore di essere scovata dalla polizia dal momento che nemmeno il rosso conduceva una vita molto pulita. Ma in realtà stava solo mentendo a sè stessa. Lo amava così tanto, che lui era diventato ormai come una specie di droga. Ogni volta che lui e il biondo si rinchiudevano nella sua stanza le sembrava di morire. Non era la prima volta che se ne usciva di casa in quel modo o che litigavano a morte e non si parlavano per ore, ma alla fine facevano pace. Perché alla fine tornavano, l’uno dall’altra, sorridevano, e tutto si risolveva con un semplice "...Mi manchi.”
  
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