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Autore: Shade Owl    26/05/2014    1 recensioni
Una grave epidemia si è diffusa nel mondo, scatenando una crisi che ha profondamente mutato gli eventi quotidiani, causando un improvviso cambiamento nelle priorità delle persone.
In particolare, il Tenente Simmons dell'esercito degli Stati Uniti d'America, si ritrova a parlare di ciò che in passato odiava di più ma che, ora, è la sola cosa che può tenerlo in vita.
Storia partecipante al Contest Letterario Bookshelf Solanum XXIV organizzato dal sito Bookshelf sul forum di EFP
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Shade Owl
Ttitolo: Il turno di guardia
Lunghezza: 2272 parole (senza prospetto né note)
Genere: Introspettivo
Avvertimenti: Nessuno
Rating: Verde
Credits: Nessuno
NdA: Una storia di zombie senza zombie. Per una volta eviterò di parlare di budella all’aria, cervelli spappolati e arti amputati.
Sinossi: Due sparuti gruppi di sopravvissuti si sono incontrati una settimana fa durante il proprio viaggio attraverso gli Stati Uniti alla ricerca di nuovi modi per sopravvivere. C’è stato poco tempo, durante quei giorni, per parlare un po’ e conoscersi, ma finalmente due di essi, durante un turno di guardia notturna, riescono a fare una chiacchierata e a raccontarsi un po’ di loro e delle loro esperienze.
 
 
Hollander scosse la sigaretta un paio di volte per gettare via la cenere, il fucile di precisione abbandonato in grembo. Nel prato sotto il davanzale su cui si era accoccolato ci doveva essere ormai una piccola montagna di mozziconi. Se avessero avuto davanti un nemico normale, Simmons si sarebbe già molto arrabbiato: il brillio del tabacco bruciato che s’intensificava ad ogni aspirata, in una notte buia come quella, avrebbe potuto attirare l’attenzione di un cecchino da almeno  una o due miglia, rendendolo un bersaglio perfetto. Sarebbe bastato avvicinarsi (o forse nemmeno quello, nel caso di un tiratore davvero bravo), trovare un buon punto, inquadrarlo nel mirino e… BANG! Ciao ciao, irlandese del cazzo.
Finita anche quella sigaretta, Hollander gettò il mozzicone giù dalla finestra e si appoggiò con la schiena alla cornice, tossicchiando appena per il fumo e borbottando qualcosa che suonò come un “diavolo, ora le ho proprio finite…”. Per avere quarant’anni sembrava fin troppo vecchio: aveva la pelle tirata e segnata dalle rughe, i capelli già ingrigiti e a malapena nascosti dall’orrido berretto dei Chicago Bulls scolorito e sformato che si portava sempre appresso. Accorgendosi della sua presenza, Hollander fece una smorfia.
- Che c’è?- chiese - Perché non dormi come gli altri? Non ti fidi, Simmons?-
Simmons scosse la testa, avvicinandosi alla finestra e appoggiando a terra il fucile d’assalto, tenendolo per la canna.
- Non ho sonno. Vai pure, ti do il cambio io.-
- Beh, non ho sonno neanch’io, Tenente.- sogghignò l’irlandese - Come il vecchio MJ1 sul parquet, non abbandono mai il gioco finché non è finito.- e si toccò il berretto con una strizzata d’occhio.
- Si è ritirato tre volte prima che ne facessero la loro cena.- osservò Simmons.
- Sì, ma tra un ritiro e l’altro non ha mai abbandonato.-
Simmons sbuffò: basketball… un lusso per tempi migliori.
- Notte tranquilla?- chiese dopo qualche minuto, scrutando le buie stradine di Beatty2.
Hollander mosse appena una spalla. L’arma che teneva sulle ginocchia oscillò appena.
- Ne ho sentito uno, credo, ma era lontano. Se ci sono si tengono alla larga… immagino che si siano spostati da qui, questo posto è minuscolo. Non trovando niente da mangiare saranno andati verso Las Vegas.-
- Ma potrebbero essercene ancora, e potrebbero decidere di arrivare in massa. In quel caso ci ritroveremmo bloccati.-
- Tranquillo, bello… sto di guardia proprio per questo, no? Piuttosto, dimmi di te.-
Simmons aggrottò la fronte.
- Cosa vuoi sapere?- chiese.
- Beh, tu e i tuoi amici non ci avete raccontato granché. Siete con noi già da una settimana, quasi, e so solo che eri Tenente e che tieni il muso anche quando dormi. Sono curioso.-
Simmons si strinse nelle spalle.
- Che vuoi che ti dica, che vivevo nell’Illinois? Che avevo un cane e una bella casa con la staccionata bianca? Che le mie dolci bambine e la mia bella moglie sono state massacrate davanti a me?-
Hollander lo guardò con aria indecisa, come se non riuscisse a capire dove finiva la presa in giro e iniziava la verità. Simmons sogghignò.
- Tranquillo, sono tutte cazzate. Ai bei tempi non mi passava neanche per l’anticamera del cervello di sposarmi… l’esercito era la mia famiglia, Hollander.-
Prese dalla tasca il proprio pacchetto di sigarette, ormai vuoto per metà (cosa dovuta solo grazie alla parsimonia con cui le aveva consumate) e ne offrì una al compagno, che l’accettò di buon grado nonostante ne avesse appena finita una. Simmons accese la propria e riprese:
- Veniamo da Omaha, hai presente? Io ero lì col mio plotone, cercavamo di evacuare i civili, sei mesi fa.-
- Ah, cazzo…- grugnì l’irlandese, aspirando il fumo - L’ho visto al telegiornale, finché le telecamere hanno continuato a riprendere.-
- Già, un gran bel fiasco, eh?- ridacchiò cupamente - Ne siamo usciti in otto, più un pugno di civili. Se ci aveste incontrato allora avreste trovato un bel convoglio. Ero riuscito a salvare una jeep, e gli altri un camion e una monovolume. Il tempo di arrivare a Seward e avevamo anche trovato un pick–up.-
- Insomma eravate messi benino, eh?-
- Certo, finché non ci hanno raggiunti. In sei mesi da venti persone siamo rimasti in quattro. Un bello schifo, eh?-
Hollander annuì senza parlare; forse qualcosa sapeva, grazie agli altri tre, ma difficilmente aveva avuto tempo di approfondire la questione: in una settimana avevano pensato solo a cercare provviste e rifugi per la notte o a combattere, non c’era stato molto tempo per conoscersi bene.
- E degli altri che mi dici?- chiese dopo qualche minuto.
Simmons sbuffò il fumo della sigaretta.
- Il Sottotenente Burgo era con me, ma già lo immagini, no? Era nella mia unità, siamo gli ultimi rimasti. Un mezzosangue Cherokee da parte di mammina. Gli altri due, Nocida e quell’altra lì, la Martinez… un greco del cazzo che insegnava al college di Phoenix e un’immigrata messicana che si guadagnava il pane sculettando sui tavoli.- e scosse lentamente la testa con espressione seccata - La solita storia. Comunque non so granché, non ho parlato molto con quei due. Chiedi a loro se t’interessa, io ho altro a cui pensare per occuparmi delle relazioni sociali.-
Hollander aggrottò la fronte.
- Quindi cosa… non ti devo parlare di me e del mio gruppo?-
- Bah, fai come ti pare… almeno spezza un po’ il silenzio, questa tensione del cazzo mi ucciderà prima di quei merdosi là fuori.-
- Giusta osservazione. Condivido.- sogghignò l’irlandese - Beh, io ero un meccanico, sai? Cioè, mi consideravo un meccanico, però non facevo mica solo quello… ero un po’ un tuttofare, così arrotondavo.-
- Ognuno combatteva la cazzo di crisi come poteva, giusto? Io ammazzando i talebani in Iraq e tu riparando quello che i mariti ciccioni non avevano voglia di riparare qui a casa.-
- Bingo, Tenente.- ridacchiò Hollander - Ero un po’ meccanico, un po’ elettricista, un po’ idraulico… e mi pagavano pure bene, l’importante era che loro non muovessero un dito in casa. Quando hanno iniziato a comparire i primi segni della malattia ero al lavoro come al solito, ma non sono stupido: appena ho sentito puzza di guai ho pensato ehi, in fondo sono il capo di me stesso, no? Perché non cambiare aria per qualche giorno? Magari me ne vado in Messico finché le cose in quell’ospedale del Wisconsin non si calmano. Tequila, sole e mare a volontà, qualche bel culetto da palpare quando ho voglia… sempre meglio che sentir parlare tutto il giorno di misteriose malattie, no?-
- Non immaginavi neanche di cosa si trattasse o di quanto fosse grave, eh?- sogghignò Simmons.
Stavolta il sorriso di Hollander scomparve, e l’irlandese si ritrovò a scuotere lentamente la testa.
- Immagino che le alte sfere abbiano fatto pressioni perché le notizie venissero alterate, eh?-
- Già, ci puoi scommettere il tuo culo verde, Hollander!- esclamò con una smorfia il soldato - Su a Washington erano tutti convinti che nascondere la faccenda avrebbe risolto tutto. Sentissi le stronzate che ci rifilava il Colonnello quando qualcuno provava a fare mezza domanda in merito: “se rivelassimo la verità la gente andrebbe nel panico. Dirgli che i cadaveri si rialzano e poi cercano di sbranare i vivi getterebbe solo benzina sul fuoco. Finché l’emergenza non sarà finita, bocca chiusa e occhi aperti. E il primo che farà il contrario farà meglio a lubrificarsi il culo, perché glielo fotterò di brutto personalmente”.-
- Che tipetto amabile, il tuo Colonnello.- borbottò Hollander, gettando il nuovo mozzicone - Beh, gli altri due, comunque, li ho incontrati al confine. Ci sono arrivato che lo avevano già chiuso, eravamo nello stesso motel ad aspettare che la situazione si smuovesse un po’. Fratello e sorella, due tipi in gamba, sai? Jimmy aveva pure un po’ d’erba, non ti dico che viaggi che ci siamo fatti insieme, scolandoci qualche birra… Katy però è anche troppo seria, secondo me. Tutte le volte che ci beccava a fumare ci scoccava certe occhiatacce…-
- Donne. Quelle di colore, poi, sanno essere anche parecchio stronze, se vogliono.- brontolò scocciato Simmons, spegnendo a sua volta la sigaretta e gettandola via.
Hollander strinse appena gli occhi, storcendo la bocca.
- Simmons, ma per te si riduce sempre tutto a una questione razziale?- chiese - Ogni volta che parli di noi tiri fuori le nostre origini… non fraintendermi, mi hai salvato il culo l’altro giorno, ancora poco e quel bastardo mi staccava l’orecchio a morsi, ma non ti sembra di esagerare un po’?-
Simmons grugnì appena, scostandosi dalla finestra e appoggiando le spalle alla parete.
- Vuoi la verità, Hollander?- grugnì - Fino all’anno scorso, quando ancora questa merda non era altro che una favoletta da cinema di serie B, mi avreste fatto tutti schifo. A parte forse te, che sei un irlandese del cazzo come mio nonno. Non sono mica uno schifoso ipocrita, io.- precisò, scoccandogli un’occhiata che equivaleva a un “mettiamo le cose in chiaro” - Quando quel negro di Obama e quella troia della Clinton hanno gareggiato alle primarie nemmeno mi sono presentato ai seggi, e la volta dopo ho votato McCain. Non ho mai sopportato la cultura greca, quei quattro frocetti di filosofi che si scopavano i loro allievi… e i messicani li ho sempre trovati buoni solo per due cose: il tiro al bersaglio o le sveltine. E gli indiani mi sono sempre piaciuti in una sola occasione, quando mi cambiavano le fiches. Questo paese del cazzo era diventato una specie di mosaico, come se tutti i problemi del mondo dovessero riguardare noialtri. Pensavo sempre: “io lavoro, mi spacco il culo, sbraito e m’incazzo come una iena affamata tutti i santi giorni, mi faccio sparare addosso per difendere il resto del mondo da quei cazzo di terroristi figli di Allah e della troia di sua madre, e poi quando vado a rilassarmi al bar mi tocca sopportare quattro stronzetti hippies di chissà quale colore che mi accusano di essere un fottuto assassino”. Capisci che la cosa mi faceva davvero incazzare, no?-
Hollander grugnì, annuendo lentamente, anche se le sue parole non sembravano piacergli davvero. Tuttavia non disse nulla, forse curioso di vedere dove voleva arrivare. O magari, chissà, aveva già capito: in fondo erano entrambi nello stesso schifo di situazione, e un tempo anche lui era stato un uomo normale, con i suoi pregiudizi e le sue convinzioni. Nessuno poteva fingere che le cose fossero rimaste le stesse, sotto quel punto di vista.
- Alla fine, un bel giorno, mi sveglio e un cazzo di cadavere cerca di mordermi il culo.- riprese Simmons - E il bello è che basta quel morso a trasformarmi in uno di loro nel giro di quarantotto, settantadue ore al massimo, di meno se mi mordono di nuovo. E quindi che faccio? Decido io chi vive e chi muore? Mi scelgo gli accompagnatori in base alle origini, al colore della pelle, alla religione? No, cazzo. Con quei fottuti cadaveri che se ne vanno a spasso alla ricerca di qualche povero diavolo da sbranare, posso rimanere in vita soltanto se accetto quello che mi viene presentato, e se faccio del mio meglio per tenermelo. Non l’ho chiesto io di avere nel gruppo negri, greci o messicani, ma vista la situazione potrei accettare tutto, a parte forse gli arabi. L’importante è guardarci le spalle a vicenda.-
Quando finì di parlare, un gemito forte e prolungato risuonò tra le strade buie al di fuori della finestra. Entrambi sussultarono e puntarono le armi, sbirciando attraverso i mirini a infrarossi nel tentativo di scorgere una possibile minaccia incombente. Quando compresero che il pericolo era ancora lontano si rilassarono, ma la tensione non abbandonò l’aria intorno a loro.
- Beh, meglio che me ne torni di sotto.- borbottò Simmons, alla fine - Vienimi a svegliare quando hai finito, ti darò il cambio io.-
Hollander annuì e si agitò sul davanzale alla ricerca di una posizione più comoda. Mentre scendeva le scale, raggiungendo gli altri nel salone della casa che avevano provvisoriamente eletto come rifugio di fortuna, Simmons ripensò alla lunga chiacchierata fatta con Hollander e alle possibili reazioni che l’irlandese avrebbe avuto nei suoi confronti. Perché ne avrebbe avute di certo, inutile negarlo.
Tutto si riduceva a solo due possibilità: nel primo scenario, Hollander avrebbe cominciato a trattarlo con più diffidenza, a tenerlo d’occhio, a preoccuparsi che non decidesse di sacrificare qualcuno per salvarsi la pelle e scappare, lasciando indietro uno stupido greco del cazzo, una zoccola messicana o quei negretti da due soldi perché indegni della sua attenzione; nell’altro avrebbe ritenuto saggio girargli al largo, fidarsi di lui per le questioni che riguardavano la sicurezza del gruppo, chiedergli un consiglio su come procedere in luoghi potenzialmente a rischio, o su come venir fuori dalle situazioni più pericolose, evitando però ogni ulteriore contatto.
Ma a prescindere da questo, l’irlandese non si sarebbe dovuto affaticare tanto per riflettere sulla questione: non aveva di che temere, non da lui. In un mondo dove i morti uscivano dalle tombe per mangiare i vivi, un soldato razzista era probabilmente l’ultimo dei problemi. Forse poteva anche essere vero quello che diceva certa gente, che era da stupidi avere pregiudizi sugli altri solo perché non condividevano con lui le stesse origini, ma ancor più da stupidi sarebbe stato abbandonarli: aveva bisogno di loro quanto loro ne avevano di Simmons. Forse, un domani, se l’infezione fosse scomparsa e le cose fossero tornate alla normalità, avrebbe ripreso a osteggiarli e bestemmiargli contro come ogni giorno, ma fino a quel momento, fino a quando fossero rimasti tutti in pericolo, a rischio di estinzione… fino ad allora, il suo razzismo era tutto per gli altri.
Per gli zombie.

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  1. MJ: Michael Jordan, ex stella dei Chicago Bulls, il cui ultimo ritiro dal gioco risale al 2003. Prima di allora si era ritirato altre due volte: nel 1993, poco dopo la morte del padre, e una seconda volta nel 1998.
  2. Beatty: Census–designated place (CDP) degli Stati Uniti, situato nella contea di Nye, in Nevada.
   
 
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