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Autore: Marina Bastiani    28/05/2014    0 recensioni
La vita di tutti giorni di una ragazza normale viene sconvolta da un drammatico evento che la porterà ad un finale inaspettato.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Ero seduta sulla solita  panchina verde scuro, nella solita foschia mattutina, avvolta nel mio solito giacchetto nero aspettando che il tram delle 7:20 passasse per portarmi a scuola come faceva ogni giorno.
Erano ormai le 7:40 e il tram non arrivava. All'improvviso vidi sfrecciare un'auto della polizia a sirene spiegate. Mi chiesi perché il tram fosse così in ritardo.
Poi intuì.
Abbandonai le mie cose sulla panchina e corsi dietro al suono che lasciavano le volanti. Temevo il peggio e lasciai scorrere le mie lacrime, una cosa che non facevo ormai da tempo. Non poteva essere successo, non con lui dentro.
Appena arrivai  compresi che era accaduto il peggio.
Il tram su cui dovevo salire si era andato a schiantare contro un palo della luce, che prese il  posto dell'autista, il quale al violento impatto lasciò il comando e fece uscire il tram dai binari, mandandolo a schiantarsi contro un muro.
Mi avvicinai il più possibile al luogo dell'accaduto: c'erano vetri dappertutto e qua e là si poteva scorgere qualche macchia di sangue. Mi portai una mano alla bocca, ormai non mi preoccupavo nemmeno della pioggia che cadeva dai miei occhi. Sulla strada era rimasto ancora qualche corpo e pensare che sotto uno di quei teli ci potesse essere lui mi toglieva il respiro.
Mi avvicinai ad un poliziotto e gli chiesi se ci fosse stato qualche sopravvissuto.
Il mondo si fece improvvisamente buio.
 
Mi risvegliai nel mio letto con gli occhi che bruciavano.
Erano passati due giorni dall'accaduto e da allora non mi ero ancora alzata, distrutta dal dolore.
Avevo perso dei cari amici ma soprattutto avevo perso lui, David, la mia unica ragione di vita.
Non so dove trovai la forza per affrontare la giornata e ricominciare a vivere come se niente fosse mai accaduto in quella fatidica mattina ma mi ritrovai sempre lì: alle 7:20 ero ad aspettare il mio solito tram, seduta sulla solita panchina verde scuro, nella solita foschia mattutina, avvolta nel mio solito giacchetto nero, con la sola differenza di avere un peso in più nel cuore e qualche presenza in meno nella vita.
Quella mattina passò in anticipo, 5 minuti prima del normale.
Salì e mi accorsi di un insolito silenzio: non c'era nessuno.
Presi posto su un seggiolino arancione e mi misi a fissare il monotono e grigio panorama della mia città.
-“Come stai?”- mi chiese l'autista.
-“Bene.”- risposi con fare sorpreso. Era raro che uno di loro si rivolgesse a una persona durante l'orario di lavoro, a meno che questa non fosse stata un suo conoscente.
In più c'era qualcosa di familiare nella sua voce ma ero troppo stanca per dargliene conto.
-“A me non sembra.”- ribatté l'autista -”Quell'incidente è stato davvero disastroso.”-
Fu come ricevere un pugno nello stomaco. Stavo per rispondere infuriata quando qualcosa del panorama attirò il mio sguardo.
-“Ma cosa fa?! Ha appena superato la mia scuola. Si fermi!”- gli gridai.
-“No si sbaglia signorina. Oggi si cambia itinerario.”-
E lì fu come se si fosse fermato il mondo.
Si girò.
Mi guardò coi suoi intensi occhi azzurri e mi sorrise col suo sorriso color neve. I suoi capelli biondo grano gli contornavano il viso di un bagliore angelico.
-“David...”- la mia voce si spezzò, le gambe non ressero il mio peso e caddi in ginocchio.
Si alzò venendomi incontro. Mi sollevò e mi strinse in un lungo abbraccio.
-“Lucy...”-sussurrò e mi baciò. Un istante che sembrò durare in eterno.
I miei occhi si riempirono di piccole gocce salate :-“Ma tu...Tu non eri morto? ”-
-“No, piccola. Non morirò se tu non verrai con me.”- Il suo viso era splendente, a tratti immortale, quasi angelico.
Restai stretta nel suo abbraccio finché un campanello di allarme non risuonò nella mia mente. -“Ma chi c'è adesso alla guida?!”- chiesi.
Ci girammo all'unisono, in tempo per vedere il baratro che ci avrebbe inghiottiti.
-“Attento! Fa' qualcosa!”- gridai.
-“Ssh...tranquilla”- mi rassicurò baciandomi sulla fronte.
Urlai presa dal panico e mi abbracciò: sapevo che potevo fidarmi della sua stretta.
-“Voleremo insieme.”-disse.
Un bacio. L'ultimo. Lo strinsi forte come non avevo mai fatto prima.
Un istante eterno e poi un suono sordo.
 
Il tram è accartocciato su se stesso.
Io e David siamo ancora lì, stretti nel nostro infinito abbraccio.
E ci rimarremo.
Per sempre.
   
 
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