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Autore: Shade Owl    29/05/2014    0 recensioni
Dopo una settimana, il Grande Vuoto e i suoi orrori sono solo un ricordo. Ma Timothy Anderson ha altre sfide ad attenderlo, e la più grande è proprio fuori dalla porta di casa. Si chiama "giornata in città".
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di demone'
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Quando finalmente ebbe finito di aiutare Alexis a sistemare la sua roba nell’appartamento (non ci volle molto, ma dovette aiutarla a spostare l’arredamento nella camera da letto, la cui disposizione non le piaceva, cosa che portò via molto tempo), Timmi si diresse verso la palestra comunale, dall’altro lato della città. Dran, al suo fianco, si rotolò sul sedile e sbadigliò, stiracchiando appena le zampe.
- Oh, già, tu sei stanco, eh? Hai faticato tutto il giorno, povero.- ringhiò Timmi.
Dran abbaiò, in tono piccato.
- Beh, io mi sto rompendo le palle da tutta la giornata, quindi tu almeno abbi la decenza di annoiarti in silenzio come sostegno morale!-
Inchiodò davanti alla porta dell’edificio e attivò per un secondo la sirena, facendo sobbalzare il gruppetto di ragazzi e ragazze lì di fronte. Nel mucchio riconobbe Skadi, che quando comprese chi era si accigliò. Borbottando le proprie scuse per “l’imbarazzante padre che era venuto a prenderla”, raccolse il borsone e si avviò a rapidi passi verso il pick–up, scocciata.
- Potevi scendere e venirmi a chiamare, no?- chiese, entrando - Ciao, Dran.- aggiunse, grattando l’orecchio all’animale, che si era fatto più in là sul sedile.
- Ah, il cane lo saluti, eh?- grugnì lui - Beh, com’è andata la giornata?-
- Stancante.- rispose lei, e Timmi pregò Dio che stesse solo scherzando per prenderlo un po’ in giro - Ehi, ma dove mi stai portando? Casa è di là!- osservò, vedendo che invertiva la direzione.
- Oggi dormi dagli zii.- rispose Timmi - Ho già chiamato Kyle, starai in salotto. Questa è una delle poche volte in cui avere un fratello è utile…-
- Cos’hai fatto?-
- Perché affermi drasticamente che abbia fatto qualcosa?- esclamò.
Skadi gli scoccò un’occhiata eloquente. Lui sbuffò.
- Beh, voglio semplicemente stare un po’ da solo con la mamma, va bene? E guai a te se telefoni. Come minimo deve esserci un attacco alieno in corso, magari da parte di extraterrestri che Shamjazya e Adar Molok non possano gestire.-
- Se non ci riusciamo noi due a sconfiggere gli alieni, perché dovresti riuscirci tu?- ridacchiò Skadi, malevola.
- Perché io faccio parte del Sommo Concilio e posso convocare la cavalleria celeste con tanto di trombe e cavalcata delle valchirie in dolby surround.-
- Chiaro.- commentò lei, mentre Dran le leccava la mano con cui lo aveva grattato fino a quel momento - Ah, mamma ha detto che manca un foglio alla segreteria di Billings.-
- Sì, ci ho pensato stamattina.- sbuffò Timmi - Era il tuo attestato di diploma. Probabilmente ti sei scordata di mandarlo.-
- Io ho mandato tutto!- protestò lei.
- Eppure quello mancava.- replicò Timmi - Ora cuciti la bocca o il college te lo paghi da sola.-
- Tanto nemmeno sono sicura di volerci andare.- brontolò Skadi - Siete voi che avete insistito: “è una bella cosa, ti servirà per il futuro, ti farai tanti amici, vedrai gente di altri stati”… come se col Sommo Concilio fosse diverso! A lavorare per loro posso anche visitare altre realtà!-
- Non senza il mio permesso esplicito. Non si va in vacanza nelle altre realtà, ci si va per motivi importanti!- sbuffò lui - Quanto alla prima parte del discorso, fingo di non aver sentito niente.-
Arrivati davanti alla casa di Kyle, Timmi fermò il pick–up e scaricò la figlia, che recuperò la borsa e scese al volo, dopo l’ultima grattatina a Dran.
- Bene, e ricordati: rompi i piatti, sveglia i bambini ogni dieci minuti e non chiamarmi a meno che Demon non sia risorto di nuovo, ma aspetta prima che abbia massacrato Kyle.- le disse, mentre aggirava il veicolo.
- Papà, ma non vi eravate riconciliati, tu e lo zio Kyle?- chiese.
- Sì, ma è comunque un imbecille.-
Lei sospirò e si sporse attraverso il finestrino per dargli un bacio sulla guancia.
E anche questa è fatta. pensò stancamente, guardando l’orologio. E dovrei avere ancora abbastanza tempo prima che Nadine torni a casa.
Fece per imboccare la strada per il cottage quando Dran abbaiò sonoramente, così all’improvviso che fece sbandare la vettura.
- Ehi!- esclamò - Ma ti sei bevuto il cervello?-
Dran abbaiò di nuovo, con insistenza.
- Oh, ma che ti prende? Ti ha morso la tarantola?-
Altri “bau” seguirono le sue parole, finché non accostò.
- Che c’è?- chiese, aggrottando la fronte - Aspetta, ho scordato qualcosa?-
Dran continuò ad abbaiare saltellando sul sedile, poi puntò verso il retro del pick–up, scodinzolando. A quel punto Timmi si ricordò che doveva passare a casa dei suoceri.
- Oh, dannazione!- esclamò, battendo la testa sul volante e provocando un “beep” del clacson - Il regalo di diploma! Ma perché quel vecchio rintronato e Bernadette se ne dovevano dimenticare?-
Si guardò intorno rassegnato: in strada non c’era nessuno, almeno per il momento.
- Okay, senti, facciamo così: io mi proietto in casa loro, prendo il regalo e poi torno qui. Mi sono rotto di guidare da un lato all’altro di questo posto! Tu però non dirlo a nessuno, eh? Semplifichiamoci un po’ la vita.-
Dran gli scoccò un’occhiata critica, ma Timmi lo ignorò tranquillamente: non ne poteva più di fare avanti e indietro.
 
La pentola borbottava sul fuoco, spargendo odore di pesce cotto e pomodoro nella cucina mezza disastrata dalla presenza di taglieri sporchi, squame e lische di pesce sparsi in giro e coltelli resi opachi dall’uso intensivo. Cercando di stappare il vino e al tempo stesso di usare la coda per girare la cena col mestolo, Timmi gettò uno sguardo all’orologio e, disperato, si rese conto che Nadine sarebbe arrivata di lì a un’ora. E lui non aveva nemmeno finito di cucinare. Né si era ancora cambiato o lavato.
- Dannazione… mi servono rinforzi!- sbottò.
Strappò il cavatappi con tanto di tappo dal collo della bottiglia, e a quel gesto tre goccioloni neri si staccarono dalla sua mano tesa. Cadendo a terra, quelli crebbero e presero l’aspetto di tre creature rettiliformi alte poco più di un metro e venti, artigliate e vagamente amorfe. Le Emanazioni della Rabbia non erano certo carine, e di sicuro non somigliavano affatto a dei putti, ma almeno facevano sempre tutto quello che veniva loro chiesto.
- Okay, ragazzi, qui sono nella merda, mi serve una mano. Tu!- disse, correndo a togliere dal forno le patate mentre la sua coda appoggiava la bottiglia sul tavolo, in mezzo al mucchio di roba da lavare - Prendi qualche rosa e strappa i petali! Fai un sentiero fino al divano! Non più di sei! Poi sistema il biancospino sul tavolo del salotto e pulisci questo macello! Tu a destra, apparecchia! Posate, piatti, bicchieri… il servizio buono, non quello del discount! E tu sorveglia la zuppa, non farla bruciare, io corro nella vasca!-
Si voltò verso le Emanazioni, che si stavano scambiando sguardi perplessi.
- Padrone… noi siamo Demoni.- osservò l’Emanazione al centro.
Okay… quasi sempre.
- No, siete prodotti di un demone. Che tra l’altro lavora con degli Arcangeli, parlando di assurdità! Ora muovetevi, prima che tiri fuori il gran capo!- e sfrecciò al piano di sopra, lasciandoli impalati lì.
 
Riuscì a lavarsi in circa ventidue minuti e otto secondi, sette dei quali persi quando rischiò di scivolare sul sapone; per radersi perse altri sei minuti, e per scegliere la camicia giusta quasi mezz’ora grazie alla sua estrema abilità in materia. Il risultato fu che prima del ritorno di Nadine aveva a malapena due minuti o poco più.
Scese di corsa le scale, mettendo un piede in fallo e perdendo l’equilibrio. Si ritrovò così a cadere faccia avanti sul pavimento, sorvolando gli ultimi quattro scalini e saggiando la resistenza del parquet col naso.
Mentre nel suo cervello si susseguivano più di centotrenta imprecazioni diverse e una mezza dozzina di bestemmie, le sue labbra emisero un solo suono:
- Ahia.-
- Padrone, ti sei fatto male?- chiese un’Emanazione, avvicinandosi.
- No, mi piace tanto cadere dalle scale.- ringhiò lui, ancora a faccia in giù - Mi diverte un casino, e mi da modo di riflettere sulla mia vita.-
Si tirò su massaggiandosi il setto nasale indolenzito e miracolosamente ancora integro (con tutte le follie che faceva sarebbe stato umiliante spezzarselo così), e finalmente ebbe un minimo di sollievo alla vista della casa: la tavola, parzialmente visibile oltre il divisorio e la foresta di tegami appesa ai ganci, era stata ripulita e apparecchiata accuratamente, le candele accese e il tegame di zuppa sistemato al centro, le stoviglie usate per cucinare lavate e messe via. Il sentiero di petali di rosa era stato seminato come richiesto, e il resto del mazzo adagiato sul bracciolo del divano; il vaso col cespuglio di biancospino torreggiava al centro del tavolino di vetro che tanto detestava, accanto alla bottiglia di vino aperta e ai due bicchieri a stelo.
- Bene… tutto pronto allora?-
L’Emanazione annuì, mentre le altre due si avvicinavano a quattro zampe.
- Sì, padrone. Hai altri ordini per noi?-
- Sì, non dite mai a nessuno che vi ho fatto fare queste cose.- grugnì lui, lasciandosi cadere in poltrona - Non oso immaginare cosa direbbero tutti quanti…-
Le Emanazioni non risposero mentre si liquefacevano e rientravano nel suo corpo. Tuttavia, sapeva perfettamente che loro per prime non avrebbero mai osato aprire bocca in proposito: tanto per cominciare l’umiliazione non sarebbe stata solo sua, e comunque una volta tornate a lui cessavano di fatto di esistere. Il rischio che qualcuno venisse a sapere di quella serata era praticamente nullo.
Ora riprendo fiato un secondo… pensò, guardando l’orologio. Giusto il tempo che ci metterà Nadine ad arrivare… sarà qui a momenti…
Chiuse gli occhi un attimo, godendosi finalmente un po’ di quiete. Quando li riaprì si rese conto comunque di essersi appisolato, e che il sonnellino era durato più a lungo del previsto. Non molto, ma abbastanza da permettere a Nadine di comparire apparentemente all’improvviso sul divano e prendere le rose, rimirandole con un sorriso confuso e piacevolmente sorpreso.
- Oh, urgh… ‘nnazione…- biascicò, raddrizzandosi con la camicia tutta spiegazzata dopo che era scivolato lungo lo schienale della poltrona - Quanto… ah–uuunngghh… quant’è che sei lì?- sbadigliò, grattandosi un orecchio e stiracchiando l’altro braccio.
- Un minuto o due.- rispose Nadine - Zuppa di pesce alla Ariel, la casa vuota e pulita, rose e… biancospino. A cosa dobbiamo tutto questo, Sceriffo?-
- A stamani.- sbuffò lui, scocciato per l’essersi fatto cogliere con le braghe calate: nella sua testa si era figurato la scena con lui in piedi in mezzo al salotto, con le rose in braccio, mentre lei apriva la porta solo per trovarlo lì, tutto bello inamidato e  profumato. Non abbioccato con la testa inclinata all’indietro e la bocca spalancata, con un rivolo di bava (che si asciugò quasi subito) lungo la guancia - Sai, per… l’infelice battuta sull’ulcera.-
Nadine scoppiò a ridere, rotolandosi sui cuscini del divano. Timmi si accigliò.
- Ehi, a parte la bella scena che ti sei goduta tornata a casa, non mi pare che ci sia qualcosa di divertente!- sbottò - Cosa ho detto?-
Lei scosse la testa, andandosi a sedere sul bracciolo della poltrona e cingendogli le spalle col braccio.
- Sei proprio uno sciocco.- disse - Non dovevi farti perdonare nulla. Lo so che è da quando siamo tornati dal Grande Vuoto che non ti fermi un attimo. Ero un po’ infastidita, ma sapevo che eri di pessimo umore. Non me l’ero presa affatto.-
Timmi emise uno sbuffo a labbra strette, che suonò come una pernacchia prolungata e, soprattutto, estremamente seccata.
- Okay, la prossima volta però dimmelo subito, eh?- brontolò - Hai idea di quanto sia stato allucinante? Sono pure caduto dalle scale, prima, mi fa ancora male il naso!-
- Oh, poverino…- mormorò Nadine, sporgendosi per baciargli la punta del naso - Mi dispiace, davvero. Non credevo che l’avresti presa così sul serio.-
- Bene… in questo caso vado a letto, se è tutto a posto.- disse lui, facendo per alzarsi.
- Ehi–ehi–ehi, fermo lì, tu!- esclamò Nadine, afferrandolo per un braccio e ritrascinandolo sulla poltrona - Guai a te se vai via adesso. Se proprio ci tieni, qualcosa da farti perdonare lo trovo, d’accordo?-
Scivolò sulle sue ginocchia e gli passò anche l’altro braccio attorno alle spalle, baciandolo teneramente. Timmi grugnì appena e l’abbracciò di rimando.
- Da domani la macchina la ripariamo con la magia.- disse, staccandosi un momento.
- Timmi, sta zitto per una volta.-

E così, questa è fatta. E visto che ho già pronto il prossimo capitolo di "I Figli di Caino", domani potreste già trovarlo postato.
Ringrazio Ely79 e Alice Spades, che mi hanno seguito come sempre. A presto!

   
 
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