IMPERCETTIBILI
COINCIDENZE
Adam correva trafelato giù
per le scale della stazione,
aveva quaranta secondi, altrimenti avrebbe perso la metro, non poteva
arrivare
in ritardo. Perchè non aveva chiesto un passaggio a Micheal?
Affittato una
macchina? Si sentiva un idiota. I capelli erano spettinati, la camicia
bianca
madida di sudore. Eccola! Ancora un piccolo sforzo e ce
l’avrebbe fatta. Salì
in tempo, fece un grande respiro di sollievo, ora poteva cominciare ad
agitarsi
per ciò che lo aspettava. Una ragazzina
dall’impermeabile giallo gli passò di
fianco, sembrava preoccupata quasi quanto lo era lui.
Jennifer non riusciva a calmarsi,
quel giorno avrebbe dovuto
fare l’audizione, erano mesi che si preparava, mesi che
restava fino a tarda
notte in quella piccola stanza ad esercitarsi. Quella mattina aveva
preparato
il borsone con dedizione, ma nonostante ciò aveva paura di
essersi dimenticata
qualcosa. Osservava l’uomo che le stava accanto, era vestito
con uno smoking,
ma era spettinato e sembrava molto inquieto.
La ragazza si mise
meccanicamente in ordine lo chignon, era la centesima
volta che compiva
quell’azione. Finalmente le porte della metro si aprirono e,
in poco tempo, si
trovò esattamente di fronte al teatro. Doveva attraversare
la strada, cominciò
a camminare sulle strisce pedonali, e una macchina per poco non la
investì.
Jennifer guardò con odio il conducente della macchina: un
anziano signore.
-Calmati Edmund! Vuoi ammazzare
qualcuno?- la moglie ridestò
l’uomo dai suoi pensieri burrascosi. Era appena nata la sua
prima nipote! Solo
pochi minuti prima suo figlio aveva chiamato a casa dando la lieta
notizia.
Si girò un momento verso
il viso della moglie che gli fece
un sorriso incoraggiante, ripartirono.
-Oh non vedo l’ora di
vederla!- aspettavano da cinque anni
un nipote: Christine, la moglie del loro unico figlio, sembrava non
poter avere
figli, ma con grandissima sorpresa, dopo cinque anni di rassegnazione,
era
successo il miracolo. Proseguirono verso l’ospedale
continuando a fantasticare
sull’aspetto della loro nipotina.
Arrivati finalmente al reparto
giusto, videro un’infermiera
tutta trafelata che si accingeva verso l’uscita. Provarono a
chiederle
informazioni riguardante la direzione verso le stanze di degenza, ma la
donna
rispose che aveva finito il turno e che aveva molta fretta.
Helen si cambiò
velocemente ed uscì dall’ospedale, era stata
una nottata lunga. Quel giorno lo attendeva da anni ormai. Era
l’unica della
sua famiglia con il permesso di soggiorno, suo marito e i suoi bambini
erano
ancora in Marocco. Finalmente quel giorno si sarebbero visti di nuovo,
questa
volta senza lasciarsi mai più.
Quando finalmente rivide i volti di
suo marito e i suoi due
figli si sentì completa, corse verso di loro e si
abbracciarono con tutto
l’affetto che si erano tenuti dentro per anni. Mano nella
mano si diressero
alla macchina scambiandosi sorrisi gioiosi e felici.
Vicino all’auto di Helen
c’era una donna che si asciugava il
viso rosso di lacrime.
Jane non riusciva più a
trattenere i singhiozzi, vide con la
coda dell’occhio una famiglia in procinto di entrare in
macchina, avrebbe
voluto sprofondare sotto terra. Si sentiva stupida, egoista.
Perchè lo aveva
fatto? Jonathan le aveva chiesto di guardarlo negli occhi e di dirgli
se lo
amasse, lei aveva mentito, aveva risposto con un freddo e categorico:
no.
Perchè? Perchè lì aveva un lavoro
stabile e la sua, seppur disastrata,
famiglia. La sua paura per l’ignoto le aveva impedito di
partire con l’uomo che
amava. Jonathan aveva detto che sarebbe partito senza di lei, solo se
lei non
lo avesse amato. Lo sguardo della ragazza si posò su un
bracciale che ancora
non aveva tolto, glielo aveva regalato lui, quando ancora erano
all’università.
Non ci pensò su due volte: entrò in macchina e
cominciò a guidare, aveva ancora
tempo, sarebbe partita con Jonathan, senza bagagli, solo con il suo
cuore.
Durante il tragitto passò velocemente davanti ad una chiesa,
dove all’entrata
stava per entrare un’incantevole sposa.
Emily continuava a concentrarsi sul
suo vestito per non
farsi travolgere dalle emozioni. Suo padre, che la teneva a braccetto,
le fece
l’occhiolino, era il momento. Entrarono in chiesa, Emily non
riusciva a
reggersi sulle proprie gambe, l’emozione era davvero troppa.
Il suo sguardo si
spostò sul suo futuro sposo, per poco non scoppiò
a ridere: Adam aveva la
giacca dell’abito tutta sgualcita, i capelli erano spettinati
e aveva tutta
l’aria di aver corso per arrivare in tempo.
Appena Adam vide Emily tutte le ansie
che lo assillavano
svanirono; dimenticò la stanchezza per la corsa in metro,
l’ansia di essere
giudicato male dalla ragazza per gli abiti sgualciti. Dopo tutto era
soddisfatto di aver corso, ora però non vedeva
l’ora di correre in compagnia.
Spazio Autrice:
Ehi ciao! Grazie per aver letto la
mia storia!
Spero che non sia risultata
complicata o difficile da
comprendere…
Mi farebbe molto piacere ricevere
qualche vostra recensione
per sapere il vostro parere ;)
Grazie ancora
Angelica