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Autore: Stephanie86    01/06/2014    4 recensioni
Tremotino e Belle sembrano aver avuto il loro lieto fine. Ma qualcosa è già pronto a turbare la loro felicità. Perché si sa: ogni cosa ha un prezzo, non soltanto la magia.
[Ecco come mi ero immaginata l'inizio della quarta stagione di Once Upon a Time]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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I’m back for you

 

 

 

 

 

 

Belle ridacchiò divertita, quando Tremotino la prese in braccio. Si tolse il cappello bianco e passò un braccio intorno alle spalle del marito, per poi baciarlo sulle labbra.

- La tradizione vuole che porti la sposa oltre la soglia di casa – disse lui, sorridendole.

- Oh. Beh, sono pronta, allora. Andiamo.

Tremotino stentava ancora a credere che fosse accaduto davvero. Lui e Belle si erano sposati, giurandosi amore eterno. Una cerimonia senza invitati, nel bosco, di sera e non un matrimonio sfarzoso come si era sempre immaginato potesse essere il matrimonio con la sua amata.

Aveva disperato. Quando Zelena lo teneva sotto controllo usando il pugnale, Tremotino aveva disperato, a volte, di poter tornare da Belle e di poterla salvare, come lei aveva salvato lui. Aveva disperato di poter sfuggire alla sua carceriera e di poter davvero mantenere la promessa fatta a Bae, ovvero vendicarlo. Ma alla fine Zelena era stata sconfitta.

“Le cose tra noi non sono mai state semplici. Ti ho perso molte volte...”

(Molte volte, Belle. Ma mi hai sempre ritrovato. Ed io ho sempre ritrovato te)

“Non ho passato la mia vita a perderti. Ho passato la mia vita a trovarti”.

“Come tu sia riuscita a vedere l’uomo dietro al mostro... Non lo capirò mai”. Era sincero quando le aveva detto quelle cose. Non l’avrebbe mai compreso fino in fondo.

“Quel mostro se n’è andato... E l’uomo che c’è adesso può anche essere imperfetto... Ma tutti lo siamo”.

(Sì, Belle, se n’è andato. Ha dovuto ritornare per un po’, solo per un po’... Ha dovuto tornare, il mostro, perché era necessario... Dovevo uccidere Zelena, Belle. Lei aveva ucciso Bae ed io avevo promesso che l’avrei vendicato. Non potevo permettere che restasse impunita. Zelena non meritava la redenzione. L’ho uccisa con il mio pugnale, amore mio, perché Tremotino mantiene sempre le promesse. Non rompe gli accordi e mantiene sempre le promesse. Tu proveresti orrore, se lo sapessi. Ma non lo saprai. Non capiresti. Mi diresti che ho sbagliato. Che ho sbagliato a mentirti, dandoti un pugnale che non è il mio pugnale... Perché tu hai sempre lottato perché fossi un uomo migliore. Sono imperfetto, forse più di altri... Molto, molto più di altri, anzi... Mi dispiace, Belle)

Tremotino stava giusto per aprire la porta del suo negozio, quando si accorse che qualcosa non andava.

Si bloccò, gli occhi fissi sul pomello e i nervi improvvisamente tesi come corde di violino.

- Cosa c’è? – domandò Belle.

Non rispose. Fissava il pomello della porta. Sopra di esso, una leggera... patina bianca. Una leggera patina bianca e fredda.

E magia. Molta magia nell’aria.

- Tremo?

Lui la guardò, allarmato e poi la mise giù. – Belle...

- Cosa?

- Puoi aspettarmi qui un momento?

- Perché? Cosa c’è là dentro? – Adesso anche Belle era preoccupata. Guardava le finestre buie del negozio.

- Non so. Devo andare a vedere. Ti prego, aspettami qui.

- Non se ne parla nemmeno. Entro con te – gli rispose, afferrandolo per un braccio.

- Belle...

- No, entro con te. Qualsiasi cosa ci sia là dentro, noi...

- Belle, ascoltami bene: non so chi o cosa sia. Ma devo entrare da solo. Sento che... Sento che è me che vuole, anche se non saprei dirti il perché. Forse... Forse non è nemmeno là  dentro. Forse se n’è già andato... Ma ti supplico, dammi retta e aspettami qui. Non ci metterò molto.

- Non puoi davvero chiedermi di restare fuori con le mani in mano.

- Non accadrà niente. Belle... Ti prego. – Non era molto sicuro che non sarebbe accaduto niente, ma non poteva permettere che lei corresse dei pericoli inutili.

Belle desistette, ma lo mise in guardia. – Se dovessi metterci più di cinque minuti, verrò a vedere.

Tremotino annuì, dopodiché si voltò e spinse la porta del negozio. Era socchiusa. Ed era sicuro di averla chiusa a chiave.

Entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

L’interno non era completamente buio. La luce dei lampioni che illuminavano le strade filtrava, rischiarando un po’ l’ambiente.

Ma...

Gelo.

La prima cosa che lo colpì fu il gelo. Il gelo innaturale che si era impossessato di quel luogo.

La seconda fu... La seconda fu la sensazione pressante di familiarità. Conosceva quel potere. L’aveva già incontrato una volta. Molto, molto tempo prima. Molto prima della maledizione lanciata da Regina e spezzata da Emma Swan.

Era...

Un pensiero passò rapidamente nella sua testa. Sfrecciò, come un treno, da una parte all’altra del suo cervello.

Pensò... Pensò a un viso attraente. Pensò a due grandi occhi azzurri. Pensò a lunghi capelli biondi raccolti in una treccia.

Impossibile.

Certo che era impossibile. Non poteva essere lei. Non poteva essere lì. Era fuori discussione. Lei era lontana. Lontana e rinchiusa dentro un’anfora. L’aveva imprigionata personalmente. Non era plausibile che si fosse liberata e fosse giunta a Storybrooke.

(Il portale)

Maledizione. Il portale. Non ci aveva pensato. Il portale che si era aperto subito dopo la morte di Zelena...

Però lei è nell’anfora. Come avrebbe fatto a liberarsi?

E perché l’anfora sarebbe arrivata qui? Chi l’ha portata?

Trattenne il respiro, tendendo le orecchie e scrutando ogni angolo.

Non c’era nessuno. O almeno così sembrava.

Poi vide qualcos’altro. Sul pavimento, in mezzo alle sagome voluminose dei mobili e delle vetrinette, c’erano macchie bianche che luccicavano nella semioscurità. Macchie bianche che poi erano lastre di ghiaccio. Ce n’erano sul pavimento, sì, ma anche sulle pareti, sui cassettoni...

Ghiaccio e brina.

Orme. Un’orma, in modo particolare. L’orma lasciata da un piede piccolo, che calzava una scarpa femminile.

(Elsa)

Di nuovo quel nome. E ormai era una certezza. Lo sentiva nell’aria, il suo potere. Vibrava intorno alla sua persona.

Avanzò, lentamente, pronto a colpire se fosse stato necessario, pronto ad usare anche la sua, di magia. E sperando che Belle non entrasse, sperando che aspettasse ancora un po’. Sperando che quei cinque minuti non fossero già trascorsi.

- Sei qui? – domandò Tremotino, a voce bassa, ma udibile. – Se sei qui dentro, mostrati, perché io...

Non aggiunse altro, perché vide cosa c’era sul muro dietro al bancone ed avvertì il cuore ghiacciarsi nel suo petto.

Sulla parete, c’era una mappa. Una mappa di grandi dimensioni, aperta. E la mappa rappresentava... Non quel mondo, ma il mondo delle fiabe. La Foresta Incantata. I vari regni.

E conficcato in un punto preciso della mappa, c’era la lama del suo pugnale.

Quello vero, non quello che aveva dato a Belle.

Il pugnale dell’Oscuro.

L’avevo messo al sicuro. L’avevo messo al sicuro, non può essere...

Mosse alcuni passi verso la mappa, ma sapeva già che cosa avrebbe visto. Sapeva già dov’era conficcata la punta del pugnale.

Il gelo si era insinuato nelle ossa.

Guardò la punta della lama. Le lettere sembrarono ingigantirsi davanti ai suoi stessi occhi.

ARENDELLE.

Ricordava.

Ricordava tutto perfettamente.

I ricordi si srotolarono come si srotola un enorme e lungo tappeto.

Ricordava l’incoronazione. La grande festa. Il palazzo riaperto per la prima volta dopo anni. La nuova, bellissima regina di Arendelle. Sua sorella. Sua sorella e l’uomo di nome Hans. La proposta di matrimonio. Oh, sì, ricordava tutto perché era là anche lui. Ricordava il litigio fra le due sorelle e la furia di Elsa. La furia di Elsa in modo particolare, perché era stata quella a scatenare il pandemonio. Era stata quella a liberare i poteri già difficilmente controllabili della nuova sovrana. Poteri che lei aveva sempre posseduto, fin da bambina. In quel senso, era come Zelena. Aveva sempre posseduto un potere enorme... E non sapeva come controllarlo.

Ricordava anche gli accordi presi con i genitori di Elsa, quando quest’ultima era piccola e aveva inavvertitamente colpito Anna con un getto ghiacciato, ferendola...

“Il potere di Vostra figlia è notevole... È davvero affascinante. Sono sbalordito. Ma dovete capire che... È pericoloso, troppo complicato da gestire”.

“Cosa suggerite di fare?”, aveva domandato il re.

Tremotino aveva ridacchiato. “Semplice, mie cari signori. Deve imparare a controllarlo. Lasciate che sia io a guidarla. C’è molto potenziale in lei e non deve andare sprecato”.

“Voi vorreste... insegnarle ad usare i suoi poteri?”. La regina era sconcertata. Non si fidava di lui e Tremotino non ne era stupito.

“Ma certo. Fa parte dell’accordo. Imparerà, occorre solo un po’ di tempo. Ed io mi occuperò anche di rimuovere i ricordi. Quella carissima bambina... Mi riferisco ad Anna, è chiaro... Non avrà più alcuna memoria del potere di Elsa”.

“Nessuna?”, aveva chiesto il re.

“Nessuna”.

“E in cambio... Voi...”

“Sarò l’insegnante di Elsa. Ovviamente, ad una condizione...”

“Sarebbe?”.

“Elsa dovrà... Come dire... Sparire. Dovrà restare nascosta. È per il suo bene... Voi, signori, capirete. Io posso insegnarle a controllarsi, ma non voglio alcuna distrazione. Come vi ho detto, il suo potere è un dono che va trattato con la massima cura”.

“Restare nascosta?”. La regina ormai non era più solo sconcertata. Era paonazza. E sconvolta.

“Ogni accordo ha il suo prezzo, mia cara”.

“Non chiamatemi ‘cara’!”.

“Perdonatemi. Cercavo solo di spiegarvi che l’educazione di Elsa e questo accordo... Non sono gratuiti. Ma se non volete stipulare l’accordo allora io posso anche andarmene...”

“No. Aspettate”, era intervenuto il re, riluttante, ma rassegnato. “Va bene... Non abbiamo scelta. È l’unica soluzione. Se Elsa non impara a controllarsi, rischia di ferire di nuovo Anna. O peggio. Non possiamo permetterlo. Facciamo quello che è giusto”.

“Ottima scelta”, aveva esclamato Tremotino, la voce resa stridula dall’eccitazione e dalla contentezza. “Lasciate fare a me. Vostra figlia sarà pronta per il giorno della sua incoronazione”.

Era andato tutto bene. L’accordo era stato firmato ed era andato tutto bene. Per un po’. Fino al giorno dell’incoronazione, appunto. Era sicuro di essere stato un ottimo insegnante, per Elsa. Un perfetto insegnante. Come sempre, del resto. Lei non era stata un’allieva semplice da gestire... Però era riuscito nel suo intento.

Ma ciò che era accaduto a quella festa aveva cambiato le carte in tavola. Se non si fossero messi in mezzo quei due, probabilmente non sarebbe successo nulla. Se Anna e quel citrullo si fossero fatti gli affari loro, se avessero aspettato... Probabilmente Arendelle sarebbe ancora un regno prospero e pacifico. Invece il potere era esploso e il regno era stato intrappolato in un inverno perenne.

Elsa era fuggita e si era rifugiata in cima ad una montagna. Fuggire era proprio una cosa che non avrebbe dovuto fare perché non era previsto negli accordi. E a Tremotino proprio non andava che gli accordi venissero rotti o cambiati. Inoltre, ormai Elsa aveva perso il controllo.

Troppo pericolosa. Troppo potente.

Tremotino l’aveva raggiunta nel suo gigantesco palazzo di ghiaccio. E aveva portato con sé l’anfora.

“Cosa volete?”. Elsa l’aveva aggredito con le parole. Era furiosa.

“Cercavo Voi... Maestà”.

“Non voglio parlare con Voi. Andatevene subito!”.

“Nemmeno io voglio parlare. Sono venuto a prendervi”.

“A prendermi?”.

Tremotino aveva tirato fuori l’anfora.

“Cos’è quella?”.

“La vostra nuova casa. Io ho fatto del mio meglio, ma evidentemente non era abbastanza. Ed ora è davvero troppo tardi”.

Elsa aveva cercato di scagliare contro di lui il suo potere. Tremotino aveva avvertito il morso del gelo, ma aveva avuto il tempo di aprire l’anfora.

Non avrebbe mai scordato l’urlo di rabbia e orrore di Elsa, che in un attimo era stata risucchiata. L’ultima cosa che aveva visto erano stati i suoi occhi accesi di furia.

Doveva essere per sempre.

Quel pugnale era un messaggio. Lei era libera. Lei gliel’avrebbe fatta pagare.

Avvertì un soffio di aria gelida sfiorargli il collo e un sussurro, lieve e freddo.

“Tu mi hai resa ciò che sono. Tu mi hai rinchiusa in una maledetta anfora. Non lo sapevi che presto o tardi sarei tornata per fartela pagare?”.

Tremotino si voltò di scatto per affrontarla, ma vide solo Belle.

E Belle non guardava lui. Guardava il pugnale. Guardava il pugnale conficcato nel muro con gli occhi sbarrati e sgomenti.

- Belle... – mormorò Tremotino, sconvolto.

- Tremo... Il pugnale. Cosa ci fa lì il tuo pugnale? – La voce di Belle tremava.

- Belle, io non... Posso spiegarti...

- Il pugnale ce l’ho io. Me l’hai dato. Me l’hai dato quando mi hai chiesto di sposarti. Tu me l’hai dato e...

Non rispose. E cosa avrebbe potuto dire, del resto?

- Era tutto vero... – mormorò Belle. – L’hai... L’hai uccisa tu.

- Non potevo lasciare... Non potevo lasciare che vivesse. Aveva ucciso Bae. Avevo promesso di vendicarlo.

- Mi hai mentito.

- Belle...

- Mi hai mentito. – Gli occhi di Belle erano pieni di lacrime, adesso. Le sue parole erano piene di dolore, di collera e di incredulità. La sua espressione ferita gli strinse il cuore.

- Non avresti capito.

Belle si voltò e si diresse verso la porta.

- Aspetta! Ti prego, aspetta, dove...?

La porta del negozio sbatté con violenza. Tremotino sentì che il freddo intorno a lui si ritirava. Che la magia scemava. Sarebbe tornata, non ne dubitava. Sarebbe tornata e sarebbe stato terribile.

Le lastre di ghiaccio si sciolsero e il pugnale cadde sul pavimento con un tonfo sordo.

Restò l’eco di una risata. L’eco della risata di una ragazza.

Una risata fredda e soddisfatta.

 

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Angolo autrice:

Ehm, Ehm... *Si schiarisce la voce.

Tutto questo è solo una gigantesca supposizione. Può essere che io mi sbagli clamorosamente e che Tremotino non abbia imprigionato Elsa nell’anfora perché era diventata incontrollabile. Forse sono solo io che ce l’ho con Tremotino per ciò che ha fatto a Belle e mi aspetto che venga punito...

Ma mentre mi domandavo come sarebbe potuta cominciare la quarta stagione di Once... Ho avuto questa idea.

Grazie a chiunque la leggerà.

   
 
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