Fanfic su attori > Leonardo DiCaprio
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Autore: alaskainblack    04/06/2014    2 recensioni
Amanda ha sedici anni quando si trasferisce per un solo anno a Los Angeles, la città delle luci e dei colori, delle opportunità e delle cadute, qui, una sera, conosce Leonardo, sognatore di una vita fatta di cinema e fama che la coinvolge con la sua voglia di divertirsi.
Poco tempo serve che loro diventino grandi amici eppure, in un modo o nell'altro si perderanno, forse non per sempre.
CAPITOLI 3-4-5 IN FASE DI REVISIONE
Storia sospesa fino alla fine dell'estate
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo DiCaprio, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter One
Shades of Cool



 
Nel pieno della mia infanzia sognavo a occhi aperti di girare per le vie di Los Angeles, di provare una sfrenata allegria nelle feste dei ricchi e di diventare qualcuno in quella che era per me la città dei sogni.
Quando avevo sedici anni arrivai a Los Angeles completamente da sola, la scuola, grazie ai miei voti alti in inglese, mi aveva dato l’opportunità di vivere per un anno lì.
La maestosità di Los Angeles mi travolgeva e un senso di ansia mi pervase mentre osservavo con invidia i manifesti delle celebrità che mi guardavano pieni di narcisismo.
Mi fermai sul ciglio della strada cercando di chiamare un taxi.
Una macchina gialla si fermò sul marciapiede, era il primo taxi giallo che vedevo e per un secondo mi sembrava di essere nella New York degli anni ottanta, mi sentivo una ragazzina che cercava nel taxy una via di fuga, la macchina mi schizzò i piedi con i resti della pioggia di qualche ora prima.
Controllai la mappa e gli dissi cercando di avere un accento più corretto possibile - Hampstead Road 54 -
Lui senza neanche sospirare mi portò davanti all’edificio in pochi minuti.
- Trenta dollari – borbottò.
Io li presi dal portafogli poggiandoli sulla sua mano, l’uomo senza neanche dire grazie mi lasciò prendere le valigie e scomparve nel buio della città.
Guardai la mia futura casa, era un palazzo in mattoni rossi di circa sette piani, con le finestre chiuse da ringhiere e la vista sul palazzo di fronte, era un edificio per studenti venuti dall’estero per studiare a Los Angeles.
Non ero propriamente nella città, bensì nei sobborghi, ma la cosa non mi dispiaceva, avevo sempre trovato affascinanti i sobborghi di una città, specialmente di sera.
I lampioni illuminavano con luce fioca la porta dipinta di verde.
Suonai il campanello, si sentì uno scatto e la porta si aprì su un atrio, dove, una ragazza di circa trent’anni mi guardava fingendo un sorriso.
- Sono Amanda Fellegara, la ragazza italiana – le dissi sperando capisse chi fossi.
Lei aprì un registro sotto di se e cercò tra i nomi, mi trovò e mi guardò ancora con quell’insopportabile sorriso forzato.
Aprì un cassetto e tirò fuori una chiave in finto argento con su scritto 11.
- La tua camera è al terzo piano nel corridoio a destra – disse mentre tratteneva uno sbadiglio.
Io la ringraziai, presi la chiave e mi diressi verso l’ascensore, salii fino al corridoio e mi ritrovai davanti a una porta con su inciso 11.
L’aprii e fissai la mia nuova casa, era decisamente più piccola di quella che avevo a Milano.
La porta dava su un salotto abbastanza piccolo, al centro un divano arancione di fronte a una piccola televisione grigia, le vetrate sul lato opposto alla porta avrebbero dato luce durante il giorno.
Dall’altra parte della stanza c’era la cucina e, vicino, un tavolo da sei persone in legno.
Dietro il divano una piccola porta portava sulla mia camera da letto, c’era un letto da una piazza e mezzo, un comodino, l’armadio e una piccola scrivania che probabilmente di giorno veniva illuminata dalla finestra.
Vicino all’armadio la porta che conduceva al bagno.
Ero esausta, mi stesi sul letto. Avrei dovuto chiamare i miei genitori per avvisarli che ero arrivata e stavo bene ma ero fin troppo annoiata per farlo, aspettai che fossero loro a telefonarmi. Mi tolsi la canottiera e poggiai la borsa sul comodino, sfilai le converse e fissai per un attimo le valigie ancora intatte.
Non avevo sonno, avevo solo bisogno di rilassarmi.
Così mi alzai dal letto presi la borsa, mi rivestii e scesi dalla ragazza.
- Qual è il cinema più vicino? – le chiesi, guardare un film al cinema era la cosa che più mi rilassava.
- Numero dodici di Hampstead Road 12 – disse lei.
Uscii dalla porta dell’edificio, sapevo che girare per i sobborghi di Los Angeles notte era da pazzi, specialmente non conoscendo il posto, ma lo feci comunque, avevo la strana sensazione che avrei trovato qualcosa di buono, così arrivai a passo lento fino al piccolo cinema.
Guardai i manifesti dei film e lessi “This Boy’s Life” come attori lessi “Robert De Niro”, mi si illuminò i volto, era il mio attore preferito, lo avevo amato in Taxi Driver e ora non potevo perdermi il suo nuovo film.
Mi avvicinai alla cassa – Un biglietto per “This Boy’s Life”, grazie – dissi, il signore mi passò un biglietto da sotto la vetrinetta e io gli detti i soldi.
Mi diressi verso la sala ancora illuminata, andai verso l’ultima fila e mi sedetti a fissare lo schermo ancora bianco sistemandomi comodamente nella poltrona rossa e guardando la piccola sala in cui ero entrata.
All’improvviso mi accorsi che un ragazzo biondo si stava avvicinando a me.
- Ti dispiace se mi metto qui? – chiese indicando il posto accanto al mio, io lo guardai con la coda dell’occhio, poi mi girai, aveva i capelli biondi sparpagliati in modo spettinato sulla testa e gli occhi azzurri incassati, la bocca leggermente carnosa dava al suo viso qualcosa di più femminile, il naso dritto e le sopracciglia ben marcate armonizzavano i suoi lineamenti in una perfetta sincronia di forme.
Una luce di speranza illuminava il suo volto.
- Certo – gli dissi sforzando un sorriso. Lui mi guardò ancora con quella luce negli occhi e infine si sedette accanto a me, non potei fare a meno di guardare un ultima volta il suo volto, e per poco non risi quando lo vidi girarsi verso di me con aria interessata.
La musica partì e lo schermo si accese su un paesaggio che sembrava Texas, uno a uno i nomi degli attori apparivano.
Robert De Niro, Ellen Birkin e l’ultimo fu Leonardo DiCaprio, non l’avevo mai sentito e mi sembrava strano che un italiano recitasse in un film americano.
La camera si spostò su una donna e un ragazzo in macchina, il volto del ragazzo mi sembrò familiare, aveva un incredibile somiglianza con il ragazzo che mi si era seduto vicino.
Mi voltai per confrontarli, l’inconfondibile taglio di occhi era uguale, il colore della pelle e dei capelli anche, la bocca e il naso erano gli stessi e la forma del viso sembrava identica.
Era talmente strano, per un attimo pensai che mi fossi sbagliata, forse era solo un’allucinazione da stanchezza ma il pensiero che fosse la stessa persona mi perseguitava la testa.
Così mi feci coraggio e gli chiesi – Sei tu il ragazzo del film? –
Sapevo che se avessi sbagliato persona sarebbe stato forse la cosa più imbarazzante che mi fosse successa.
Lui mi guardò e scoppiò a ridere, dopo pochi secondi smise.
- Si – disse ancora sorridendo. Io mi riempii di emozione, avevo un attore di fianco, e oltretutto aveva conosciuto Robert De Niro sul set del film, ma soprattutto aveva recitato in un film.
Era solo il primo giorno a Los Angeles e avevo già conosciuto un attore. Un sorriso si aprì sul mio volto.
- Quindi sei un attore? – chiesi io mentre pensavo a quante cose avrei voluto chiedergli.
- Si – disse lui ancora sorridendo – Leonardo DiCaprio – si presentò.
Ripensai ai titoli degli attori.
- Sei italiano? – chiesi io anche se insicura di un si come risposta, aveva un perfetto accento americano e il viso sembrava più quello di un ragazzo tedesco.
- In realtà mio padre è italiano e mia madre è tedesca – disse mentre si grattava il naso.
- Quindi parli tedesco, inglese e italiano? – chiesi io interessata e leggermente soddisfatta di aver intuito delle sue origini tedesche.
- In realtà solo inglese e tedesco, dell’italiano so solo alcune parole – disse mentre si grattava leggermente il lato del naso.
Sapevo che parlando con quel ragazzo non sarei stata attenta al film, ma avevo come una specie di attrazione insensata verso quel suo volto innocente e quel suo sguardo illuminato.
Mi accorsi che mi stava guardando.
- Come hai detto che ti chiami? – mi chiese.
- Amanda Fellegara – dissi io osservando uno ad un i suoi lineamenti perfettamente proporzionati.
- Sei italiana? – chiese, io con un velo di vergogna annuii, avrei voluto essere americana, saper parlare perfettamente l’inglese, poter dire tutto quello che pensavo senza aver paura di sbagliare accento o il significato delle parole.
Lui mi osservò scrutò i miei capelli e mi guardò, nei suoi occhi riuscivo a trovare la sicurezza di parlargli e il suo sorriso una sicurezza innaturale, stare con lui era come una piacevole soddisfazione, una soddisfazione che in quei pochi minuti avevo trovato incolmabile.
Ripuntai gli occhi sul film, ma non potei evitare, qualche volta, di spostare l’occhio sul volto di quel ragazzo provando uno strano piacere nello stargli accanto.
Finito il film feci per alzarmi sperando che Leonardo mi chiedesse ancora qualcosa.
I pensieri mi distrassero e per sbaglio feci scivolare la borsa per terra facendone cadere tutto il suo contenuto.
Lui si voltò e vide la borsa per terra.
- Aspetta ti aiuto – disse bloccandomi mentre mi chinavo per raccogliere gli oggetti caduti.
Rimise tutto nella borsa ma quando si ritrovò tra le mani “The Great Gatsby” esitò per darmelo scrutandone la copertina, le sue sopracciglia si abbassarono in un’espressione concentrata.
- Lo stai leggendo? – mi chiese.
- No, in realtà no, l’avrò letto almeno cinque volte, lo porto con me solo perché è il mio libro preferito, a volte lo apro e leggo un capitolo a caso, e una cosa un po’ strana da fare in effetti –
Lui rise ma non in modo presuntuoso come se fosse divertito dal mio comportamento e allo stesso interessato alle mie abitudini.
- Oh, non importa se è strano, io non pesto mai le crepe del marciapiede, anche questo è strano non trovi? – disse ridendo anche io risi, poi di colpo smettemmo come persi l’uno negli occhi dell’altro.
Per un attimo i nostri sguardi s’incontrarono in un sorriso.
L’aria si fermò in un silenzio rumoroso per l’eco dei nostri risi.
- Quanti anni hai? – mi chiese.
- Sedici, tu? – risposi guardandolo ancora, il colore dei suoi occhi brillava in un modo incredibile con la luce di quella sala.
- Diciannove, non dovresti andare in giro da sola a quest’ora per i sobborghi di Los Angeles – disse sorridendomi.
Io guardai il biglietto del cinema, il film finiva a mezzanotte.
- No, in effetti no – sorrisi e lui con me.
- Se vuoi ti accompagno io casa, insomma, solo se vuoi – propose ora più imbarazzato.
Io risi mentre mi dondolavo sulla punta dei piedi – Okay –
Uscimmo dal cinema e spuntammo in una via poco illuminata.
- Vai al liceo? – mi chiese.
- Si – risposi – Tu vai al college? – chiesi.
- Per fortuna no, ho aspettato tanti anni per andarmene dalla scuola, sto cercando di diventare un attore, infatti tra una settimana farò un altro provino, spero mi prendano – disse, era strano parlare con un attore vero e proprio.
- Sei bravo, insomma, nel film almeno sembravi bravo – dissi un po’ imbarazzata nel non sapere cosa dire.
- Oh grazie, è il mio primo film – disse con aria soddisfatta.
- Sul serio? Il tuo primo film l’hai fatto con Robert De Niro, direi che hai iniziato bene – dissi con ammirazione.
- In effetti, è il mio attore preferito – disse lui scostandosi i capelli dal viso.
- Anche io lo adoro, Taxy  Driver è il mio film preferito infatti – esclamai io felice, avevo incontrato poche persone fino a quel momento che amassero quel film.
- Anche il mio, mi ci ritrovo molto nel suo personaggio, intendo Travis, cioè soprattutto vivendo qui, ma tanto tra un po’ mi trasferirò a Los Angeles, appena io e mia madre troviamo una casa – spiegò lui.
- Vivi con tua madre? – chiesi sinceramente interessata.
- Si, i miei si sono separati quando avevo un anno, mio padre non lo vedo quasi mai – spiegò ancora.
- Mi dispiace – sospirai, era sempre imbarazzante arrivare a questo punto dell’argomento.
- Non ti preoccupare, non è colpa tua – mi rassicurò Leonardo togliendomi dall’imbarazzo.
Guardai alla mia destra, la porta verde dell’edificio, illuminata dall’unica luce della via, terminava la mia serata.
- E’ il mio palazzo – dissi io tristemente indicandogli la porta.
Il sorriso scomparve dal suo volto prima divertito.
- Vivi in un edificio per studenti? – chiese riferendosi al palazzo.
- Si, andrò via all’inizio di Giugno – annunciai, in effetti mancava un sacco di tempo, il solo pensiero di dover passare tutti questi mesi in America sola mi metteva al contempo felicità e un ansia incredibile.
- In sostanza ho un anno per conoscerti – disse con un sorriso mentre strappava un pezzo di carta da un manifesto.
- Hai una penna? – mi chiese, io gli porsi una biro nera che avevo gettato nella borsa prima di partire e lo vidi intento a scribacchiare, poi mi porse il foglietto – E’ il mio numero di telefono, quando puoi chiamami, così ci rivediamo –
Io sorrisi e mi sentii avvampare dalla felicità – Buonanotte – dissi sospirando.
- Buonanotte – disse lui mentre mi salutava con la mano sorridente.
Leonardo scomparve nella notte esattamente come era comparso.
Riguardai il numero di telefono per alcuni istanti e poi tornai nella mia stanza, mi stesi sul letto e ripensai al quel ragazzo biondo, arrossi e un sorriso si allargò sul mio volto ormai preso dalla nebbia dell’infatuazione.



ANGOLO AUTRICE:
Primo capitolo della storia, dato che è la prima fanfiction che scrivo nella sezione prima di tutto ciao a tutti, poi nulla, spero vi sia piaciuta e mi piacerebbe ricevere una vostra recensione!

Gisele
  
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