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Autore: Feles 85    04/06/2014    6 recensioni
Harmonios, figlio maggiore di Milziade, si era precipitato fra i soldati, senza nessun minimo riguardo per la propria incolumità. Eppure evitava meticolosamente di ingaggiare battaglia.
Era strano che un valente guerriero come lui, nonché strenuo patriota, stesse evitando in ogni modo ci combattere. Pareva piuttosto che cercasse qualcosa...o qualcuno.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Doverosa premessa: io non ho mai visto JAG. Questa storia nasce da un'idea di matty89, ispirata  dal fatto che Catherine Bell è in parte iraniana d'origine e per questo motivo poteva essere interessante esplorare, sotto una certa angolazione, l'ambientazione storica delle guerre greco-persiane, sopratutto in virtù del fatto che l'esercito persiano manteneva la tradizione di avere delle generalesse nel proprio esercito. Un esempio storico celeberrimo, tornato alla ribalta grazie al secondo capitolo della saga di "300", è Artemisia, ammiraglio dell'esercito di Re Serse, nonché provetta piratessa, ma non solo lei. Una grande generalessa fu a capo dell'armata degli Immortali e sempre le generalesse persiane, discendenti delle donne della Scizia, erano le ispiratrici della amazzonomachia rappresentata sul Partenone. Le arciere della Scizia infatti, altro non erano che l'origine storica delle mitiche Amazzoni.

I nomi dei protagonisti sono stati mantenuti simili a quelli del telefilm seppur contestualizzati storicamente: Harmonios è un nome greco e Sara, senza la H, era un nome persiano che significa "Pura/Valente". Il suo corrispettivo con la H è invece di origine ebraica e ha un altro significato. Chiaramente in questa fiction il significato del nome è quello persiano.

Detto questo, io e matty89 vi auguriamo una buona lettura!


**********************



Verso mattina, un boato fragoroso aveva scosso l'aria della piana. La battaglia, dopo cinque giorni di logorante attesa, era cominciata e prometteva di essere fatale.
Forse, Maratona avrebbe visto la fine degli Ateniesi. Essi erano pochi, ma decisissimi a sacrificarsi del tutto, pronti anche a farsi consumare dall'insaziabile fuoco di Ares, lussurioso Nume sempre affamato di sangue e tumulti, pur di non farsi conquistare. Avrebbero preferito scomparire per sempre nelle tenebre dei secoli, piuttosto che asservirsi a qualcuno. I Persiani invece, forti del loro numero e della consapevolezza di essere un grande impero, consideravano quella battaglia già vinta; una doverosa punizione per castigare l'arroganza ateniese.
Re Dario però, non si sarebbe mai immaginato ciò che sarebbe successo di lì a poco. 
Gli Ateniesi, guidati da Milziade, si lanciarono alla carica, di corsa giù dalla piccola collina che circondava la piana da Occidente, lanciando un terribile grido di guerra. Pareva che i loro scudi ruggissero assieme a loro.
Dario non seppe darsi risposta del perché, a quella vista, i suoi si fecero prendere da un crudo terrore. In un attimo la loro sicurezza evaporò come la rugiada alla luce del Sole meridiano, le loro gambe divennero fragili e tremanti, le loro mani malferme.
Gli Ateniesi parevano pervasi da un furore antico, i loro volti sembravano ancora più ombrosi di quello che non erano.

Che sia un Dio che li invasa e che li rende così terribili a vedersi?
Pensò Re Dario e non senza ragione.

La battaglia infuriava e già si poteva sentire, sotto il Sole cocente di Agosto, il miasma del sangue mescolato alla polvere. L'aria era immobile, incendiata dai dardi solari. La Terra riarsa sembrava restituire il calore e le gambe dei soldati parevano divenire sempre più grevi.
Entrambi gli schieramenti si erano infranti caoticamente l'uno sull'altro. 
C'era qualcuno però, che nel mezzo di questo tumulto, cercava di farsi largo tra la ressa. 
Harmonios, figlio maggiore di Milziade, si era precipitato fra i soldati, senza alcun minimo riguardo per la propria incolumità. Eppure evitava meticolosamente di ingaggiare battaglia.
Era strano che un valente guerriero come lui, nonché strenuo patriota, stesse evitando in ogni modo di combattere. Pareva piuttosto che cercasse qualcosa...o qualcuno.
Era un uomo fatto Harmonios e il suo azzurro sguardo, lucente come quello che si diceva possedere la Dea che proteggeva la sua Polis, Atene, aveva già visto le stagioni della guerra.
Atena...Quanto sentiva affine a lui la Dea dalla mente limpida e dagli occhi luminosi, La Dea che prediligeva la guerra ragionata, la strategia alla strage cruenta del fratello Ares! Ella  guarda benevola gli Eroi che affrontano le chimere, l'informe, il mostruoso...
La Dea che aveva amato profondamente il furore mai empio di Diomede e quello più dissennato di Achille.
La Dea di Atene...
E come poteva non sentirla vibrare dentro di sé, proprio ora che Atene rischiava di essere distrutta?
Eppure, sebbene la sua patria gli appartenesse fin nel profondo, qualcos'altro turbava l'ampio petto del giovane aristòs, un pensiero che in quei giorni di attesa si era presentato a lui sotto molte forme.
Un occulto pensiero, piccolo e semplice ma lacerante come l'artiglio di un leone conficcato nel cuore.

Io non tradirò Atene, non tradirò mio padre e miei Avi, non tradirò Atena...

Egli correva tra la polvere insanguinata, correva fino a perdere il fiato sulla lingua inerte, sentendo il peso opprimente dell'armatura sulle sue ossa. Continuava a cercare, a cercare...

-"Eccoti, figlio di Milziade. Mi hai trovato: sono qui, davanti a te, Greco."

Quella voce graffiante, marcatamente femminile, proveniva da un punto imprecisato davanti a sé.
Si fermò, come fosse stato paralizzato da quella voce, ancora senza volto. 

No...sei qui...sei venuta a combattere...No! Dei, non questo...

Un cupo senso di disperazione cominciò a farsi largo nel suo animo, come una macchia d'inchiostro nero si fa largo in una coppa d'acqua pura. Aveva quasi sperato che lei non fosse venuta, invano.

-"...Immaginavo che saresti venuta anche tu a combattere con Re Dario, Sara." disse infine alla donna, cercando di usare un tono fermo e asciutto.
-"Non potevo abbandonare Re Dario, Harmonios." rispose lei prontamente.
-"Io non posso lasciare che la mia patria venga distrutta dal tuo Dario, amazzone!"
-"Lo so. Non c'è più alcuna soluzione, oramai..."queste ultime parole sembravano stemperarsi in un triste sussurro, ove più non c'era traccia del minaccioso tono con cui l'aveva incalzato poco prima.

La donna si manifestò davanti a lui, coperta con la tipica leggera armatura dei soldati persiani, con i rossi pennacchi che garrivano minacciosi sull'elmo.
Era alta e slanciata e lui sapeva che era anche molto abile nell'uso della spada e del giavellotto, oltre ad essere un provetta tiratrice d'arco.

Come tutti i Persiani veri, del resto...

L'amarezza s'impossessò di lui. Lei, infine, aveva scelto di combattere per i suoi così come lui aveva scelto di fare altrettanto per Atene. 
Non c'era più altro da sperare, allora, non c'era più tempo per indugiare nei ricordi del loro breve e tumultuoso amore, non c'era tempo per lasciarsi prendere dalla disperazione e dal senso di colpa...
Loro si sarebbero affrontati e avrebbero combattuto fino alla fine. Fino alla morte.

-"Anahita, Signora delle acque pure, che il mio sangue versato non sia sacrilego. Sii tu mia alleata, come lo sei sempre stata nei crudi campi di guerra. Quando la nera morte mi coglierà, oggi, fa' che la mia anima voli via con le indomite Fravashi e che la Persia non abbia a che soffrire per colpa del mio cuore innamorato."

Harmonios dedicò un pensiero silenzioso ad Atena: una più consona preghiera per chi si stava avviando verso le poco tortuose strade della razionalità. Come si distanziava anche in questo, rispetto al veemente scrupolo religioso zoroastriano.

Non ebbe altro tempo per indugiare sui ricordi, poiché Sara si era lanciata fulminea su di lui, brandendo la spada.
Il mortale duello era cominciato.
Le due spade, la corta e tozza spada greca di lui e la sottile e arcuata spada persiana di lei si erano incrociate, vibrando potentemente.

*********************

Non era la prima volta che Harmonios aveva incrociato la sua spada con quella di Sara, una delle generalesse più care a Re Dario. Aveva già avuto modo di saggiare cosa voleva dire scontrarsi con quelle che gli Ateniesi chiamavano ancora amazzoni, memori della antica tradizione della Scizia, l'antenata della Persia, in cui, oltre agli uomini, le donne erano temibili arciere che colpivano mortalmente il nemico da cavallo.
I Persiani non avevano ancora voltato le spalle a questa tradizione di servirsi anche di agguerrite generalesse, per combattere le loro battaglie.
Sara, 'la pura', era degna di appartenere a loro, sia per perizia bellica che per la sua liquida bellezza. Era noto infatti che le generalesse persiane, come la piratessa Artemisia, erano sempre dotate di una non comune avvenenza.
Pallida di carnagione, con grandi occhi dalla forma allungata e felina e lunghi capelli lisci e bruni, annodati fittamente in due grosse trecce arrotolate a sua volta sulla nuca.
Fiera discendente di Pentesilea, colei che rubò il cuore ad Achille, mentre esalava l'ultimo respiro.

Pentesilea...

Fu questa la prima cosa che pensò Harmonios quando parò la spada di Sara, durante il saccheggio di Sardi, pochi anni prima. 
I loro sguardi si erano da poco incrociati e già 'Pentesilea' aveva carpito il suo animo, violentemente.
Subito, provò ad arginare questo fuoco nascente, ricordandosi quanto poco fossero amabili le amazzoni...Per un ateniese dell'Attica, in particolar modo.
Solo gli Spartiati, tra gli Elleni, potevano trovare questa usanza persiana accettabile.

No, le donne per bene non si mettono a menare fendenti come forsennate!

Il nome che aveva scelto per lui Milziade, era Harmonios, appunto, e nulla c'era della greca e attica armonia nell'idea delle amazzoni.

Solo la ferocia dorica degli Spartiati può...apprezzare.


 




 
   
 
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