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Autore: Melliola    07/08/2008    3 recensioni
Viaggio indietro nel tempo, tentando di immaginare com'era la vita del piccolo Edward prima di essere colpito dalla Spagnola. Abitudini di sempre, emozioni, esperienze, con sullo sfondo la tranquilla Chicago di periferia.
Ultimo capitolo!
E poi lei: contro la parete quasi a volerci scomparire dentro, la mia mascherina per terra, sul viso un’espressione terrorizzata. Sapevo di dover fare qualcosa, di mettere in salvo almeno lei e la sua innocenza...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                   PROLOGO.

 

Chicago, a quell’ora del mattino, era la Chicago che preferivo.

Il rumore dei primi mezzi in città non era ancora così insistente da arrivare fino in periferia, lì dov’era casa mia, ed il sole all’orizzonte colorava tutto di una sfumata tonalità di rosa pastello.

Era anche la Chicago preferita da lui, tant è che molto spesso ci alzavamo insieme la mattina presto per risalire la collinetta dietro casa ed osservare la città che piano piano si svegliava.

Quella mattina ero eccitata, perciò mi ero alzata prima per prepararmi lo zainetto e fare colazione: era il primo giorno di scuola, la mamma aveva preparato per me un nuovo abitino leggero, dicendomi che la prima impressione contava parecchio.

Quando uscii di casa erano già le sette del mattino, così accellerai un poco il passo e scesi il viale di terriccio che mi divideva dalla sua casa; una volta arrivata, entrai alla veranda e spinsi la porta di legno cigolante, augurando un buongiorno a tutti i presenti.

«Sei tu, Kathy? Entra, piccola» mi accolse la voce calda e gentile di Elizabeth, «Edward è pronto fra un momento, cara, siediti!» e rise, socchiudendo i magnifici occhi verdi che aveva ereditato anche suo figlio.

«Grazie» dissi, e stirai per bene il mio vestitino nuovo attenta a non piegarlo mentre mi sedevo. In genere avevo sempre indossato gli abiti smessi dei miei fratelli, perciò quel regalo da primo giorno di scuola significava molto di più di un abito.

Sentii un rumore di passi che scendevano le scale con un po’ troppa fretta e poi lo vidi entrare spolverandosi i pantaloncini mentre entrava nella cucina, irradiando una luce fuori dal comune col suo magnifico sorriso ed i suoi splendidi occhi.

«Perdona il mio ritardo, Katherine» disse poi, alzando lo sguardo per perforarmi con i suoi occhi, «possiamo andare!» aggiunse, facendomi un cenno col capo verso la porta.

Aveva i capelli bronzei pettinati in un modo diverso, ed aveva indossato una cravatta troppo grande, probabilmente Edward Senior gliel’aveva data in prestito.

Prese il panino sul tavolo e mi aprì gentilmente la porta per farmi uscire, e subito ci incamminammo verso la Chicago città.

«Sei emozionata Keith? Questa notte quasi non ho chiuso occhio, ed ogni tanto davo uno sguardo al libro! È davvero fantastico, ancora non ci credo che impareremo a leggere» disse, coinvolgendomi mente e corpo al suo entusiasmo. Era davvero elettrizzato.

«Sei davvero silenziosa oggi. È successo qualcosa, per caso?» mi chiese, perciò mi svegliai dal torpore in cui ero caduta.

«N-no no, altroché! » risposi, scuotendo le mani in aria, e sembrò tranquillizzarsi.

«Sei davvero carina vestita così» aggiunse, prima di voltarsi di lato; e fu un bene, perché diventai tremendamente rossa di fronte a quel complimento inaspettato.

 

La scuola nuova era come me l’aspettavo: modesta, dato che accoglieva tutti i bambini che non potevano permettersi il lusso delle grandi scuole di Chicago città, con i banchi tutti appiccicati (la maggior parte rotti e tutti pieni di scarabocchi e scritte) e la maestra era una vecchia signora, ma simpatica.

D’altronde, i miei non pretendevano molto, e questa scuola era stata per me una grossa occasione da cogliere al volo; sarebbe impossibile che tu diventassi medico, Katherine, ma una buona istruzione è già un gran passo avanti, aveva detto il mio babbo. Ed io ero d’accordo con lui, perciò volevo dare il massimo.

I nostri compagni erano quasi tutti più grandi di me ed Edward, alcuni mi facevano paura. Ma quello che davvero contava era che Edward rimanesse sempre al mio fianco.

«Mi presteresti la tua gomma Katherine? La mia è caduta qui in giro e non la trovo» mi chiese Edward, interrompendo i miei pensieri.

Mi guardò e sorrise, socchiudendo leggermente gli occhi e allungando una mano verso di me. Non capivo perché ma da quella mattina, da quando lo vidi scendere le scale, ogni volta che mi guardava o mi parlava sentivo il cuore sobbalzare e battere molto veloce. Quasi tremando, gli allungai la gomma e sorrisi di rimando, incapace di proferir parola; poi tornai ai miei compiti, tentando di ritrovare la concentrazione.

Quando finalmente entrambi terminammo i nostri compiti, ci alzammo dal tavolo ed Edward propose di andare a fare il solito giro nei dintorni di casa, dove in genere ci fermavamo a giocare con gli altri bambini. Quella sera, però, propose di risalire la collinetta dietro casa. Accettai di buon grado, così uscimmo da casa Masen per raggiungere casa mia.

«Lascia Katherine, ci penso io a portare i tuoi libri!» disse cordiale, caricandosi il mio libro e le penne.

«Grazie» sussurrai arrossendo di nuovo.

Una volta arrivati, mi accorsi che nessuno dei due aveva smesso gli abiti “eleganti”, perciò facevamo molta più attenzione del solito a dove ci appoggiavamo. Edward salì sulla roccia più alta e volse le spalle alla città, guardando un punto indefinito nell’aperta campagna.

«Perry e Jordan oggi non ci sono?» chiesi, interrompendo il silenzio.

«Non lo so, credo di sì… però oggi avevo voglia di vedere il tramonto, per una volta» disse, e si girò a guardarmi.

Io ero dietro di lui, imbambolata a riflettere su quanto fosse carino vestito in quel modo, colorato dalla luce rosa del sole al tramonto, alle sue spalle.

«Ti prego, sali.. vieni a vedere» disse, allungando una mano verso di me.

Feci un passo in avanti, obbediente, e quando afferrai la sua mano il sangue gelò nelle mie vene; delicatamente, mi fece salire facendomi posto sulla roccia, indicandomi il sole.

«è bello… non è vero?» disse, e mi guardò dritta negli occhi .

Quegli occhi verdi.

Non potrei mai dimenticarli.

Probabilmente fu quello, l’istante, proprio quando mi guardò così intensamente negli occhi: l’istante in cui capii di essermi davvero innamorata di lui.

 

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti:

pinefertari85: ti ringrazio tantissimo, sono contenta che la drabble ti sia piaciuta
! Sai, io non ho ancora deciso (se così si può dire :p ) se Bella mi piaccia o no.. credo che attenderò di finire la saga prima di dirlo! Spero leggerai anche questa e che ti piacerà!
PenPen: grazie mille anche a te :D
cucci: come farei senza di te.. :*
elyxyz: quando finirò Eclipse (perché sono ancora al primo capitolo :D cucci non uccidermi!) mi precipiterò senz'altro a leggere le tue ff Meyeriane, ho già avuto modo di vedere che sono tantissime! e sono curiosa di leggerle! Comunque sì, mi fanno molto piacere i tuoi commenti.. grazie mille *__*



   
 
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