CAP.7
IL LATO OSCURO ____ -
Ho
due domande. La prima racchiude la maggior parte dei
miei dubbi.
-
Sentiamola. -
Mi sistemai
meglio sulla pila di materassini. Non
riuscivo a credere che avrebbe risposto a tutte le mie domande! E ho
davvero il
sospetto che ci sia qualcosa sotto, ma ormai è tardi per
tornare indietro.
- Come fai
ad organizzarti? Voglio dire, vai a scuola,
lavori fino a chiusura, vai alle prove della band… tutto
questo ti porta via
molte ore, come ti organizzi con lo studio? -
- Sto
attenta alle lezioni, prima di tutto. E poi studio
durante gli allenamenti, il mio allenatore è un professore
di liceo in pensione
e mi aiuta. - La guardai stupito.
- Cavolo! E
riesci a fare queste due cose insieme? Beh,
complimenti! - Lei rise. Ho detto qualcosa di comico?
-
Già. Dimenticavo che voi uomini non riuscite a fare due
cose contemporaneamente. -
Ah,
ecco… il solito pregiudizio. Aggrottai le
sopracciglia e la guardai imbronciato. Lei mi sorrise. Sembrava che la
situazione la divertisse e la cosa mi faceva piacere. Quei sorrisi
divertiti li
ha solo con me e la cosa mi rende estremamente orgoglioso.
- E questa
è una. L’altra domanda? -
Mi morsi il
labbro. Non potevo chiederle che aveva il
fratello per essere ricoverato in cardiologia infantile. Dovevo
aggirare l’argomento
senza farle capire che io sapevo di lui. Non era ancora il
momento… ma, a
pensarci bene, quando mai lo sarebbe stato? Se fossi al suo posto, mi
arrabbierei in qualsiasi momento. Quindi, è meglio togliermi
questo peso di
dosso ora? O è meglio aspettare, magari una volta presa
maggior confidenza? Non
lo so… Spero solo di aver preso la scelta giusta. La guardai
e dalla mia
espressione capì che stavo per chiederle qualcosa di molto
serio, perché vidi
il suo bellissimo sorriso svanire sostituito da
un’espressione più seria.
Chissà, forse aveva intuito qualcosa.
-
Perché fai tutto questo? -
Lei non
rispose subito. Alzò leggermente il volto e vidi
un’ombra comparire nei suoi occhi, capì che stava
pensando al fratello. Mio
Dio, ma che cosa è successo a quel bambino? Sentì
un improvviso bisogno di
abbracciarla, di consolarla, ma non lo feci. Non è una
ragazza a cui piacciono
simili smancerie. Distolse lo sguardo da me e iniziò a
fissare il muro di
fronte a noi e, con la sua solita voce triste, mi rispose.
- Non ti
rispondo. Non ora, almeno. -
- Si.
Capisco, non insisto. - Cadde il silenzio. Leah non
smise un secondo di fissare il muro e io di sentire lo stomaco
sottosopra.
Avevo un groppo alla gola che mi impediva di pronunciare qualsiasi
parola o
emettere qualunque suono. Il bisogno di abbracciarla si fece
più intenso e non
riuscivo a capire il perché, voi si? A un certo punto, Leah
inspirò
profondamente e si alzò stiracchiandosi. Nel farlo, la
maglietta si alzò di
qualche centimetro lasciando intravedere parte della schiena e parte di
quello
che sembrava un tatuaggio. A quella vista sentì il cuore
mancare un colpo e una
sensazione strana allo stomaco. Ma che diavolo ho?
- Ho deciso.
-
- Eh? Che
cosa? - Deglutì e lei si voltò verso di me con
la sua solita espressione strafottente.
- Il prezzo
per l’unica risposta che ti ho dato. -
- E sarebbe?
-
Si
piazzò davanti a me sporgendosi in avanti e
appoggiando le mani sulla pila di materassini, precisamente ai lati dei
miei
fianchi. Io mi irrigidì nel vedere il suo viso
così vicino e sentì le guance
farsi più calde. I suoi occhi… le
labbra… oddio, sento il suo profumo… mi fa
girare la testa.
- Voglio
vedere il tuo lato oscuro. -
- Co-come?
Il mio… lato oscuro? -
- Esatto.
Per questo motivo, d’ora in poi sarai il mio
schiavetto personale. Mi seguirai ovunque e mi obbedirai in qualsiasi
evenienza. -
Ha detto
“schiavetto”? Che cavolo voleva dire? Le dovevo
obbedire? Lei rise per la mia espressione, ma non era una risata
divertita.
Era… esiste una risata sadica?
- Volevi
seguirmi? Ora hai l’occasione di farlo col mio
permesso. -
- Si,
ma… che intendi con “lato oscuro”? -
- Ti osservo
da anni e sei sempre stato un bravo ragazzo,
ligio al dovere. Un perfettino, insomma. Non ti ho mai visto nervoso,
irritato
o arrabbiato e il giorno della zuffa con Cass ti sei trattenuto. Non
hai
sfogato appieno la tua rabbia. -
- Ma che
dici? Se gli ho lasciato un livido sulla faccia
per un’intera settimana! -
- Vero. Ma
ti sei comunque trattenuto. -
- Ovvio. La
violenza non risolve nulla. -
- Non fare
l’idiota. Lo so che ti è piaciuto fare a pugni
con lui. -
Mi
zittì. In effetti, quel giorno provai un’emozione
che
poteva paragonarsi al piacere. Ma che dico? Io sono Nathaniel! Il
segretario
delegato, lo studente migliore del liceo! Non possono piacermi simili
situazioni! La afferrai per le spalle nel tentativo di scostarla, ma
lei le
allontanò e approfittò del mio precario
equilibrio per sdraiarmi a forza sopra
i materassini dov’ero seduto per poi mettersi a cavalcioni
sopra di me. Mi
teneva saldamente per le spalle e mi guardò con uno sguardo
terribilmente
seducente e… la mia reazione fu spontanea. E lei lo
sentì. Un momento… che… che
sta succedendo? Avvicinò ancora di più il suo
viso scostando le mani dalle
spalle e poggiando gli avambracci al mio petto. Ormai era vicinissima,
e il suo
profumo mi stava stordendo. Sentivo il suo respiro su di me e il calore
del suo
corpo invadermi. Non riuscivo ad allontanarla. E per quale cavolo di
motivo
avrei dovuto farlo? All’improvviso, mi afferrò per
i capelli costringendomi ad
alzare il mento e lasciare scoperto il collo. Si avvicinò al
mio orecchio e,
sussurrando, mi disse ciò che avrebbe cambiato la mia vita
da quel momento in
poi.
- Voglio
vedere la tua ira, il tuo odio. Voglio vederti
buttarlo fuori, sfogarti, arrabbiarti. Mi hai già dimostrato
fin dove ti spingi
per l’invidia e per il tuo fottuto orgoglio, ora voglio
vedere gli altri tuoi
sei peccati capitali. Voglio il tuo lato oscuro! -
Detto
questo, iniziò a baciarmi l’orecchio per poi
scendere al collo, iniziando anche a leccarlo e a morderlo. I suoi
morsi mi
facevano male, ma mi provocavano anche un piacere che non so
descrivere. Non mi
trattenni più e l’afferrai per i fianchi spingendo
il suo bacino contro il mio,
facendole sentire la mia eccitazione, ma prima che potessi fare altro,
mi diede
un morso più forte facendomi gemere dal dolore. Quel dolore
mi rese più lucido
e le lasciai i fianchi. Lei si tirò su e mi
fissò, sembrava soddisfatta.
Sorrise e scese, mentre io mi rimisi seduto. Entrambi avevamo
l’affanno. Poi
lei si voltò verso di me sogghignando.
- A domani,
biondino. -
La guardai
andare via. Appena uscì dallo sgabuzzino,
abbandonai la testa all’indietro sospirando sonoramente e
deglutì. Avevo la
gola asciutta per colpa dell’affanno.
-
Avevo ragione, oggi è proprio una giornata strana. -