Salve a tutti!!!!
Questa fiction è stata ispirata dal Gay Pride 2014 che si è tenuto a Roma sabato 7 giugno, a cui io ho partecipato.
E' una ONE-SHOT, ma è collegata marginalmente alla mia Fiction "Come what may" (i personaggi sono gli stessi visti qualche anno nel futuro...).
Le opinioni espresse in questa One Shot non vogliono offendere nessuno.
Ringrazio coloro che leggeranno e recensiranno e chiedo scusa per eventuali errori di ortografia e/o battitura.
-…Ed
è per tutte queste ragioni che ho deciso di non prendere parte a questa assurda
carnevalata.
Anzi
è mia ferma convinzione che neanche voi dovreste andare-
Sherlock
aveva parlato a lungo, osservando dalla finestra la gente abbigliata in abiti
sgargianti e alle volte fin troppo eccessivi per un sabato pomeriggio, esponendo
con chiarezza le proprie idee e alla fine del suo discorso, convinto di aver
reso la propria posizione chiara e di essere riuscito anche soltanto
marginalmente a far cambiare idea al proprio compagno, tornò a voltarsi con un
lieve sorriso soddisfatto ad incurvargli le labbra verso il salotto trovandovi
come unica spettatrice del suo monologo sua figlia Hope, di appena tre anni
concentrata sulle proprie bambole, con indosso una maglietta rosa con la scritta
“ Amo i miei dads” sul petto.
-John?-
chiamò a gran voce il detective.
La
testa bionda del dottore fece capolino dalla porta della loro camera da letto,
seguita l’attimo dopo da una testa di riccioli neri che si fermò all’altezza
delle ginocchia dell’uomo.
-Qualche
problema?-domandò il biondo, un sopracciglio inarcato in un’espressione
confusa.
Sherlock
sospirò frustrato.
-Hai
sentito quello che ti ho detto?-gli domandò cercando di controllare il tono
seccato della voce.
John
restò immobile qualche istante prima che le sue labbra sottili si dischiudessero
leggermente ed il resto del corpo facesse la propria comparsa sulla soglia della
porta.
-Oh
vuoi dire quell’interminabile lista di motivazioni per cui non intendi unirti a
noi oggi pomeriggio?-gli domandò facendo un passo nel
salotto.
-Precisamente-rispose
Sherlock, annuendo con decisione.
John
si lasciò scappare una risatina, prima di dirigersi verso la cucina dove
recuperò la borsa in cui da anni ormai sistemavano tutto l’occorrente per
un’uscita con i bambini.
C’era
stato un tempo in cui i due uomini erano capaci di lasciare l’appartamento nel
giro di pochi istanti: al suono di un cellulare erano pronti a correre in
strada, qualche volta dimenticando dietro di loro le chiavi di casa o del
contante per pagare il taxi.
Ora
invece, ogni loro uscita era accompagnata dalla borsa blu con il monogramma di
Hamish in cui venivano stipati snack, acqua o biberon di latte, salviettine
umidificate, pannolini( anche se Hamish si era liberato di quel fastidioso e
maleodorante accessorio da quasi tre mesi) ed un cambio d’abiti nell’eventualità
che uno dei bambini avesse un incidente.
Questa
era la loro normalità adesso.
-Sherlock
non ho intenzione di arrabbiarmi, perché ho voglia di godermi questa giornata;
non voglio neanche forzarti perché ti conosco fin troppo bene e so che non
otterrei nessun risultato, quindi mi limiterò ad accettare le tue motivazioni
con un sospiro rassegnato e continuerò a preparare tutto l’occorrente per il
pomeriggio-gli disse riportando la propria attenzione sulla borsa
blu.
Sherlock
lo fissò qualche istante, leggermente infastidito per essere stato privato di
una vera discussione ma prima che potesse aggiungere qualcosa Hamish gli si
avvicinò e strinse le piccole dita di una mano nel tessuto della sua
vestaglia.
-Dad
guarda!-gli disse indicando la propria t-shirt.
La
maglietta, di un blu scuro che metteva in risalto gli occhi del bambino, era
dello stesso tessuto di quella di Hope, stesso disegno, ma le parole disegnate
in rosso questa volta affermavano “Orgoglioso dei miei
dads”.
Sherlock
rialzò lo sguardo sul volto di Hamish, così simile al suo e sorrise incontrando
gli occhi del bambino, prima di affondare una mano fra i suoi capelli neri.
-E’
davvero elegante…-disse il detective, incapace di trovare un aggettivo
migliore.
Hamish
scosse la testa.
-No,
non è legante. Dice la verità-rispose candidamente il
bambino.
Sherlock
annuì lentamente e si chinò per posare un bacio fra i capelli del bambino prima
che questi corresse via verso il divano, lasciandosi cadere accanto a
Hope.
Il
detective fissò i suoi figli per qualche istante, osservando le loro semplici
interazioni con la stessa serenità che lo coglieva ogni volta che era con
loro.
-Credi
davvero sia la scelta più giusta portare i bambini?-si ritrovò a chiedere per
l’ennesima volta prima di voltarsi verso John.
A
quella domanda il dottore alzò lo sguardo al cielo e chiuse la borsa con un
movimento brusco, mostrando così tutta la propria
frustrazione.
-Lo
so che abbiamo già fatto questo discorso, ma non voglio che vengano presi di
mira o…-aggiunse ancora il moro.
-Dannazione
Sherlock! Credi veramente che li metterei in una situazione a
rischio?
E’
il Gay Pride, non una zona di guerra! Ok vedranno molte cose insolite, sono
d’accordo, ma marceremo insieme ad
altre coppie con bambini e Greg verrà insieme a noi, quindi non hai nulla di cui
preoccuparti-cercò di rassicurarlo ancora una volta John.
Sherlock
fece un passo in avanti entrando in cucina, lanciando un nuovo sguardo ai
bambini, completamente indifferenti alla conversazione dei due
adulti.
-E’
proprio questo che non capisco! Perché partecipare a questa manifestazione
quando io e te abbiamo sempre evitato che ci venisse affibbiata una qualsiasi
etichetta.
Quante
volte abbiamo rimandato indietro gli inviti dell’ARCI gay per fare da
testimonial a qualche evento? Quante volte hai urlato al telefono perché un
qualsiasi giornalista idiota correggesse il proprio
articolo?
Noi
non abbiamo mai avuto bisogno di nomi o etichette e non capisco perché tu ne
senta improvvisamente il bisogno!-
John
fissò per qualche secondo il volto ancora perfetto del compagno, malgrado
l’avanzare dell’età, serrando i muscoli della mascella con
forza.
-Hai
ragione.
Io
e te non abbiamo bisogno di nessun’etichetta per definire il nostro
rapporto.
Siamo
Sherlock e John. John e Sherlock.
Probabilmente
lo saremo per il resto della vita.
Ma
per tutti gli altri, noi siamo un’adorabile coppia gay con figli…Del resto è
facile capire come possano essersi sbagliati visto che siamo insieme da cinque
anni e non c’è mai stato nessun altro.
Quindi
anche se noi abbiamo cercato in ogni modo di dare una definizione al nostro
rapporto, ci hanno pensato le associazioni per i diritti gay i giornalisti, le
mamme a scuola dei ragazzi, persino le commesse del Tesco, a farlo per
noi.
Quest’etichetta si rifletterà anche sulla
vita dei bambini ed è per questo che io voglio essere lì in prima fila a
marciare con le altre famiglie Sherlock...-
Quel
concetto che finora era sembrato così oscuro ed incomprensibile ora divenne
lampante, portando le labbra del moro a dischiudersi
leggermente.
-Oh…-mormorò
Sherlock.
John
annuì.
-Voglio
che i nostri figli siano fieri di noi e della nostra famiglia e che siano sempre
pronti combattere contro le ingiustizie-concluse il
dottore.
Fu
grazie a quelle poche parole che Sherlock si ricordò uno dei motivi fondamentali
per cui era innamorato di John da tutti questi anni così
profondamente.
Il
suono del citofono s’intromise fra di loro prima che uno dei due potesse
aggiungere altro.
-Deve
essere Greg- disse John avvicinandosi alla porta- Bambini è arrivato lo zio
Greg!- annunciò con voce serena.
Uno
scalpitio di piedi si mosse verso la porta in fremente attesa dell’ospite mentre
Sherlock tornò a ripararsi nel proprio angolo fra la finestra e il
leggio.
-Ehi
mostriciattoli!!-la voce di Greg irruppe nel soggiorno pochi istanti dopo-
Fatemi dare un’occhiata alle vostre magliette…Ma sono stupende!- commentò, un
sorriso ben chiaro nella voce provocando la risata argentina di
Hope.
-Siete
pronti per andare?-domandò poi dopo qualche breve istante di silenzio(
certamente impiegato per rivolgere uno sguardo alla figura ferma accanto alla
finestra) a John.
Il
moro si voltò e fece un cenno con il capo all’ispettore, osservando poi mentre
John controllava velocemente di aver preso tutto il necessario prima di uscire
dalla cucina e avvicinarsi al mobile dove solitamente sistemava le proprie
chiavi ed il portafogli.
-Possiamo
arrivare fino a Marble Arch in macchina, poi da lì la strada è interrotta- li
informò Greg.
Il
dottore annuì.
-Bambini
salutate dad!-disse poi prima di porgere entrambi i passeggini ripiegati e
chiusi a Greg perché scendesse a metterli in macchina.
Hope
e Hamish corsero ad abbracciare Sherlock aggrappandosi alle lunghe gambe
dell’uomo, strappandogli un sorriso.
-Comportatevi
bene-si raccomandò il moro, prima di rendersene conto.
I
due bambini annuirono all’unisono e corsero via, seguendo lo zio Greg giù per le
scale scendendo i gradini con estrema cautela e tenendosi per
mano.
John
si trattenne nell’appartamento pochi istanti incerto se tentare un’ultima volta
a far cambiare idea al compagno oppure seguire i bambini e Greg giù in
strada.
-Farai
tardi…-commentò Sherlock, lo sguardo fisso negli occhi blu oceano del
dottore.
John
annuì, coprendo la breve distanza fra di loro per posare un piccolo bacio
all’angolo destro della bocca di Sherlock prima di accennare un
sorriso.
-Sarei
stato l’uomo più invidiato di tutto il Gay Pride…-mormorò quasi parlando fra sé
e sé.
Sherlock
inarcò un sopracciglio a quelle parole pronto ad una battuta sarcastica, ma John
si era già allontanato, avviandosi a passi veloci verso la porta
dell’appartamento.
-Ti
ho lasciato della lasagna in frigo.
Cerca
di non far esplodere la casa!-gli disse prima di scendere velocemente le scale e
richiudersi la porta d’ingresso principale alle spalle.
Facendo
cadere l’appartamento nel silenzio.
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Dopo
aver lasciato la macchina a Marble Arch, John Greg ed i bambini si erano uniti
al gruppo di genitori dello stesso sesso con figli e avevano iniziato a
camminare lungo Oxford Street circondati da gente vestita nei più stravaganti
costumi, carri allegorici dove uomini semivestiti ballavano a ritmo di musica
dance e tecno, e gente comune che aveva deciso di unirsi alla causa della
comunità LGBT.
Durante
il cammino John si ritrovò più volte ad arrossire quando un uomo attraente e per
nulla preoccupato della presenza dei bambini gli aveva rivolto un sorriso o
un’occhiata ammiccante.
Altre
volte aveva dovuto allontanare l’insinuazione che lui e Greg fossero una coppia,
dovendo così spiegare che il suo vero partner non era presente in quando
impegnato altrove in un caso importante…Sempre meglio che dire la
verità.
Deciso
a godersi la “festa” John sistemò Hope sulle proprie spalle ed insieme
improvvisarono qualche passo di danza al ritmo della musica che veniva sparata a
tutto volume dagli altoparlanti, mentre Greg faceva lo stesso con
Misha.
Nonostante
le risate ed il divertimento inaspettato, però, John non riusciva a liberarsi di
un pensiero costante e fastidioso nella propria mente.
Darei
qualsiasi cosa perché Sherlock fosse qui.
-E’
davvero un peccato che quel testone abbia deciso di non venire-commentò Greg
quando si fermarono accanto ad una panchina per permettere ai bambini di far
merenda.
John
alzò le spalle.
-A
dire la verità i testoni sono due…-ribatté il biondo, porgendo un cracker dolce
a Hope.
Greg
alzò le spalle.
-Dopo
tutti questi anni ho imparato quali sono le battaglie che posso vincere e quelle
che invece sono già perse in partenza-rispose sincero il
detective.
John
accennò un sorriso.
-Cosa
ha detto quando ha saputo che saresti venuto con me ed i bambini al Pride?-gli
domandò ancora curioso.
-“Meglio
tu che uno dei senzatetto così devoti a mio fratello…”-rispose Greg in una
verosimile imitazione della voce di Mycroft.
John
mugugnò riflettendo sulle parole dell’amico.
-Ad
essere onesto credo che siano da qualche parte nascosti fra la folla, in modo da
controllare che non succeda nulla a noi e ai bambini.
Senza
contare poi le innumerevoli telecamere che si sono mosse durante il percorso al
nostro passaggio-commentò indicando una telecamera di sorveglianza a pochi passi
di distanza.
Greg
alzò lo sguardo e sorrise, rivolgendo un gesto di saluto verso l’androide
alzando poi le spalle incontrando lo sguardo divertito di
John.
-Certi
gesti diventando un’abitudine quando hai una relazione con un uomo impegnato
ventiquattro ore al giorno come il mio…Alle volte è l’unico modo per dirsi
“buongiorno” o “buonanotte”- commentò Greg.
-Oh
povero…-lo prese bonariamente in giro John.
Prima
che Greg potesse rispondere a tono alla provocazione dell’amico, un’ombra si
fermò accanto a loro, portando John a girarsi leggermente verso sinistra, i
muscoli in tensione per un possibile pericolo.
-A
quanto pare ho interrotto un pic-nic…Ed io che credevo foste venuti a marciare
per i diritti della comunità LGBT-disse una voce profonda di cui John conosceva
tutte le sfumature.
Il
biondo si voltò completamente verso sinistra trovandosi così faccia a faccia con
Sherlock.
Il
detective indossava, come al solito, un completo di alta sartoria sopra una
camicia viola( da sempre la preferita di John), i capelli ricci erano
ordinatamente sistemati con le varie lozioni costose che affollavano
l’armadietto del bagno e due strisce arcobaleno erano ben evidenti sulle guance
dell’uomo.
Un
momento….Due strisce arcobaleno?
Un
sorriso ironico apparve sulle labbra piene del detective quando capì che il
compagno si era accorto di quel “piccolo ed insolito” particolare, portando John
a sorridere a sua volta.
-DAD!-
esclamò Hamish scendendo dal proprio passeggino e correndo incontro al moro per
farsi prendere in braccio.
Sherlock
gli sorrise e sollevò senza alcuno sforzo il bambino sistemandolo a cavalcioni
sulle spalle, una mano sul ginocchio ossuto del piccolo per mantenerlo
fermo.
Incapace
di allontanare lo sguardo dal volto del compagno, John fece un passo in avanti,
diminuendo la distanza fra di loro, finché non gli bastò un lieve gesto del capo
per avvicinare il viso a quello di Sherlock per far incontrare le loro
labbra.
Consapevole
della presenza di Misha sulle spalle dell’uomo e della presenza di Hope e Greg
accanto a sé, John accarezzò brevemente le labbra piene del moro prima di
staccarsi e incontrare i suoi occhi azzurro ghiaccio.
-Nonostante
tutti questi anni sei ancora una sorpresa William…-mormorò in modo che soltanto
il detective riuscisse a sentirlo.
Sherlock
ghignò.
-Faccio
del mio meglio-gli disse con una punta d’arroganza nella voce che fece
ridacchiare John- Sono ancora convinto che la mia presenza qui non sia
necessaria.
Ma
tu sei qui e, come hai detto tu,
noi siamo Sherlock e John-disse come se quelle poche parole bastassero a
spiegare la sua presenza lì.
John
sorrise ed annuì: malgrado le sue idee contrarie a quella manifestazione di cui
non si sentiva parte integrante, Sherlock era lì per Hamish e Hope perché
avrebbe fatto di tutto per evitare che fossero presi di mira da ragazzini
ignoranti che ritenevano la loro famiglia sbagliata o innaturale; Sherlock era
lì per evitare che i loro figli si sentissero in imbarazzo per qualcosa di
normale e bellissimo come l’amore che John sentiva in quel momento per Sherlock,
perché un giorno di fronte alle ingiustizie fossero pronti a combattere con
tutte le loro forze.
Erano
gesti come quello che lasciavano John senza fiato e gli mostravano quanta strada
avesse fatto il detective da quel primo incontro in un laboratorio d’analisi del
Bart’s Hospital.
Guidato
dall’istinto, John posò un altro bacio sulle labbra dischiuse del compagno prima
di rivolgere un sorriso ai due paia di occhi azzurro ghiaccio che lo fissavano
sorridenti.
-Pronti
a rimettervi in marcia?-domandò al gruppo.
Sistemandosi
accanto a Sherlock strinse le mani sui manici del passeggino di Hope e si
concesse un lieve sorriso quando notò la pacca sulla spalla che Greg riservò a
Sherlock in segno d’approvazione e d’amicizia.
Avevano
fatto soltanto un paio di passi quando un pensiero improvviso attraversò la
mente di John.
-Ah
proposito…Come hai fatto a trovarci in mezzo a tutta questa gente?-domandò
voltandosi leggermente verso Sherlock.
Il
moro ghignò.
-Ovvio-disse
indicando con un gesto del capo le telecamere di sorveglianza- Se poi Graham si
mette a salutare alle telecamere è un’impresa quasi
elementare…-
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