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Autore: Edelvais    09/06/2014    3 recensioni
2070 d.C. Una pioggia di meteoriti si abbatte sulla terra. Alcuni mesi dopo, degli esseri dalla forma apparentemente umana e dai poteri sovrannaturali cominciano a radere al suolo ogni città, uccidendo e torturando ogni essere umano. Alieni, esseri demoniaci inviati dalla mano punitrice di Dio... Nessuno realmente sa come e da cosa sono nati. Noi li chiamiamo Angeli Caduti. Ma di angelico non possiedono proprio nulla. La loro pelle è bianca e dura come il marmo e i vostri proiettili non basteranno a fermarli; alcuni di loro sono dotati di poteri di controllo psichico, altri sono in grado di scatenare terremoti e tornadi.
2100 d.C L'umanità è ridotta a brandelli. Gli unici esseri umani sopravvissuti sono sparsi in varie zone del mondo, cercando di nascondersi dalla furia degli Angeli Caduti. In quelli che un tempo erano gli Stati Uniti, sorge la Città Nascosta, costruita sottoterra in modo da poter fuggire dagli Angeli.
Clover, recluta sedicenne dei Ranger, si ritroverà catapultata di nuovo nel Sopramondo, una terra aspra e irta di pericoli mortali. E uno di questi è proprio un ragazzo dalla dubbia provenienza.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FALLEN ANGELS

We are the in between,
cast down as sons of war,
Struck to the earth like lightning


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C'è chi dice siano gli emissari della mano punitrice di Dio; chi invece ritiene siano delle creature aliene, approdate sulla Terra con l'unico scopo di distruggere, uccidere.
Qui alla Sede Centrale, li chiamiamo Angeli Caduti.

 
 
CAPITOLO TRE
 
 
La cerimonia è breve ma intensa. Electra e gli altri giudici, eccetto il comandante, che rimane nel piano rialzato alle loro spalle, si fermano davanti a ciascuno di noi.
Dopo aver appuntato la toppa dei Ranger sulla manica della nostra uniforme, ci consegnano una pistola, che da questo momento potremo avere con noi in qualsiasi occasione e non solo durante gli allenamenti.
Una volta che anche gli altri ranger della Sede Centrale, non meno di una trentina di persone, ci hanno dato il benvenuto nella comunità, ognuno rioccupa il proprio posto nell'Auditorium e Alan Reed prende di nuovo la parola.

«Complimenti a tutti, e benvenuti ufficialmente fra i ranger » dice. «Spero vi siate riposati abbastanza dopo la prova di ieri, perché ho intenzione di iniziarvi subito al lavoro che svolgiamo noi difensori della Città Nascosta».

Mi raddrizzo sulla sedia. Un'altra missione? Cerco di rimanere composta, ma il sorrisetto euforico che compare sulle mie labbra mi tradisce.
Dopo essere stata all'aria aperta, seppur circondata da desolazione, tutto ciò che vedo qui dentro mi sembra monotono e noioso. Ho bisogno di tornare in superficie, assaporare di nuovo quegli attimi di apparente libertà. Voglio vedere di nuovo, conoscere.

«Il ragazzo-angelo che avete portato qui è stato medicato e gli studi su di lui saranno svolti dagli scienziati a intervalli di un giorno, per evitare di danneggiarlo gravemente».
Danneggiarlo. Parla di lui come se fosse un oggetto, una semplice cavia da laboratorio.
Accantono questo pensiero e torno ad ascoltarlo, interdetta, cercando di capire dove stia andando a parare.
«Ciò che chiedo ora a voi ranger novizi, è di fare la guardia alla sua cella, collocata nello stesso piano della Sala di Controllo e all'estremità dell'Ala Nord. Gli scienziati assicurano che il ragazzo è debole e quindi non dovrebbe costituire un pericolo per voi. In caso contrario, sarete ben armati e autorizzati a far fuoco. A differenza degli Angeli Caduti, questo esemplare può essere ucciso con armi da fuoco. Siete disposti a farlo?»

Un ordine celato dietro una domanda. Non possiamo rifiutarci. Un ranger non rifiuta mai i suoi compiti.
Ma quando realizzo che il nostro dovere da qui fino a tempo indeterminato sarà quello di fare da guardia a un prigioniero, tutta l'euforia che infestava il mio corpo qualche secondo fa è svanita, scomparsa.

Chissà quando tornerò a vedere la luce del Sole.
 
 
***
 
Il primo turno di guardia è di Scott, il giorno dopo la cerimonia di reclutamento.
Il secondo è il mio.
Mentre pranzo con gli altri ranger alla mensa comune del nostro piano, il Chronos allacciato al mio polso comincia a lampeggiare con veemenza.

«È già ora di andare?» domanda Katia, di fianco a me. Lei e Eve, da quando i ranger hanno valutato positivamente la nostra prova, si sono scusate con me almeno un centinaio di volte per aver dubitato della mia decisione.
Ripongo il muffin che stavo per addentare e, sbuffando, mi alzo.
«Purtroppo sì» rispondo. «Odio l'idea di dover fare da cane da guardia».
Eve annuisce, scrollando i suoi lunghi capelli corvini. «È ingiusto. Ci promuovono a ranger e ci segregano a controllare un prigioniero».
Lysa non è dello stesso avviso. «Non è poi così male. Almeno non dobbiamo salire in superficie».
Matt ridacchia, mentre lancia addosso a Lysa un'oliva. «Sei proprio una temeraria, Lysa».
«Ehi!» esclama lei, allungandosi sul tavolo per dare una sberla sul capo di Matt.
«Ma è proprio questo il punto!» replica Eve, gesticolando nervosamente. «Il nostro compito è pattugliare il Sopramondo e proteggere la Città Nascosta da ciò che abita in superficie».
«Se proprio ci tiene, che sia Alan Reed a controllare il prigioniero» dico, insofferente. Questa storia di fare la guardia mi ha già irritato dal principio.

Continuerei a inveire se soltanto, disgraziatamente, il comandante non fosse a qualche passo da noi, ma comunque abbastanza vicino da sentire ciò che diciamo.
E me ne accorgo ora, quando è troppo tardi. Ovvio.
Anche Eve se n'è accorta, dopo aver seguito il mio sguardo.
Si avvicina. Mi mordo la lingua.

«Clover» esordisce, freddo e distaccato come sempre. «Qualche problema?»
Tengo gli occhi fissi sui suoi. Mai abbassare lo sguardo. Ora che sono una ranger, devo assumermi le mie responsabilità con dignità.
«No» replico. La mia voce è stranamente ferma, pungente.
«Bene, allora non sarà un problema nemmeno fare i doppi turni di guardia. A cominciare da ora».
Me lo sono meritato.
Penso, mentre lo guardo allontanarsi.
«Stronzo» sibila Eve, assottigliando lo sguardo.
Scuoto la testa. I capelli legati nella pratica coda di cavallo mi solleticano il collo.
«No, ha ragione. È colpa mia» dico. «Beh, che i doppi turni comincino! A dopo, ragazzi».
 
 
***
 
La prima cosa che vedo quando arrivo nella cella di isolamento vicino alla Sala di Controllo, è Scott. Schiena dritta, espressione tesa e sguardo quasi disgustato dalla mia presenza. Si direbbe che non abbia gradito essere stato promosso in parte anche grazie a me.
L'occhiata di ribrezzo è comunque ricambiata non appena i nostri occhi si intercettano. «Prenditela pure comoda» bercia subito, sciogliendo la posa fredda e statica.
Decido di ignorarlo. Tuttavia, il mio sguardo non si stacca da lui; lo stomaco mi si contorce al solo pensiero di dover stare a così stretto contatto con il ragazzo-angelo, e cerco di non guardare alle spalle di Scott. Questo corridoio è buio e gelido; la corrente salta spesso e non c'è anima viva. Proprio la cella di isolamento dovevano usare?

«Com'è?» domando, indicando con un cenno del mento un punto dietro di lui.
Scott scrolla le spalle. «Debole» risponde. «Sta dormendo. O almeno questo è ciò che vuol far credere».
Lancia un'altra occhiata alla cella buia e poi si dilegua, lasciandomi sola con il ragazzo-angelo.
«Fantastico» mormoro, appoggiando la schiena contro il muro.

Rigiro fra le mani la pistola, accarezzandone la superficie metallica. Impugnarla mi fa sentire forte, al sicuro. Ma ora, ho paura persino di guardare oltre le sbarre della cella.

Sono un'idiota.

È debole, non può farmi nulla. Altrimenti Alan Reed non avrebbe lasciato a noi reclute un compito tanto grave.

Eppure, le immagini della morte dei miei genitori, in quella fatidica sera che ho rubato di nascosto alcuni anni fa dagli archivi della Sala di Controllo, mi tornano in mente. Prepotenti, aggressivi, infestano la testa.
Grazie alle microspie appostate nelle macerie fuori dalla Sede Centrale, sono riuscita a conoscere i volti dei miei genitori, ma anche a rivederne la morte.
Si erano nascosti, ma non era bastato. Gli Angeli li trovarono comunque.
Riuscirono però a nascondere me, dietro un ammasso di macerie, mentre il resto si stava corrodendo in mezzo alle fiamme.
Respiro a pieni polmoni. Persino l'aria, qui, sembra più pesante.

«Finalmente se n'è andato! Credevo di dovermi sorbire la sua muta compagnia per molto».
Cosa diamine... ? Non può essere stato lui a parlare, non può...
Mi volto di scatto verso la cella, la luce traballante nel corridoio si trascina verso la cella e illumina per metà una figura alta e sottile, appoggiata alle sbarre con la schiena.
Noto subito la fasciatura alla spalla e alla fronte, nei due punti colpiti prima dalla pallottola di Scott e dopo dal calcio della mia pistola.
Indossa soltanto dei pantaloni neri e degli stivali del medesimo colore; vestiti presi in prestito dai ranger.
Il suo busto è libero da qualsiasi tipo di tessuto, pallido e cosparso di cicatrici e bende.
Ha un fisico alto, asciutto.
Il viso è rivolto verso di me. I suoi occhi chiarissimi perforano la penombra della cella, raggiungendomi.

Debole. Tante grazie, Scott.

«T-tu dovresti dormire» sbrodolo la prima cosa che mi viene in mente.
Lui ride sommessamente. La sua mano cerca subito la spalla destra, e un gemito fugge dalle sue labbra.
«Non ho avuto di meglio da fare che dormire, ultimamente» dice. Le sue labbra sono secche e cosparse di piccoli tagli.
La sua voce è stranamente calda, in forte contrasto con l'aura fredda che emana.
Lentamente, cammina verso di me, i movimenti impacciati dalle numerose ferite costellano il suo torso nudo, e si appoggia con i gomiti alle sbarre frapposte tra di noi.
Le sue pallide mani ciondolano placide oltre le spranghe di ferro.
Mi irrigidisco, e stringo istintivamente la pistola.

È identico a loro.

«È con quella che mi hai quasi spaccato la testa?» domanda. Il suo indice è sospeso mezz'aria a indicare l'arma fra le mie mani.
«Che importa? La tua testa è tutta intera, come puoi sentire» replico, distogliendo lo sguardo dal suo.
Non mi sono mai sentita così a disagio. Nemmeno in presenza di Scott»
Lo sento sbuffare. «Io sento solo un gran male, alla testa».
«Significa che ce l'hai ancora attaccata al collo».
Mi allontano, senza però dargli le spalle.
Lo sento ridacchiare. «Mi piaci. Qual è il tuo nome?»
«Perché diamine dovrei dirti il mio nome? Mi hanno ordinato di farti la guardia, non di intrattenerti» rispondo. Non vedo l'ora che il mio turno finisca e mi sento male se penso che è appena cominciato.
«Ma non te l'hanno nemmeno vietato, giusto?»
Alzo gli occhi su di lui. Un sorriso sghembo si apre sulle sue labbra.
«D'accordo, ragazza sconosciuta, quando vorrai dirmi il tuo nome... mi troverai qui».
Si ritrae nel buio della sua cella, e lo guardo mentre si stende sulla brandina addossata al muro.
Dopodiché, torna il silenzio.
Le mie dita cominciano a tamburellare frenetiche sullo quadrante del Chronos.
Il ragazzo-angelo comincia a fischiettare una melodia sconosciuta.
«Smettila» sbotto dopo alcuni secondi. «Mi irriti».
Una risata divertita sostituisce il fischiettio. «Voi umani siete una noia».

Voi umani?

«Cosa intendi per voi?» domando, sospettosa. «Non lo sei anche tu?»
«Dipende».
«Dipende?»
Lui non risponde.
Probabilmente è proprio ciò che vuole: tenermi sulle spine per continuare la conversazione. Un po' lo capisco, se fossi costretta a starmene chiusa in una cella a tempo indeterminato, impazzirei. Odio non avere nulla da fare.
«Cosa sei?»
«Dipende» insiste.
A causa del buio non riesco a scorgere la sua espressione, ma sono quasi sicura che se la stia spassando alla grande. Ma la pazienza non è esattamente il mio forte, e io non mi sto affatto divertendo.
«Dipende da cosa, esattamente?»
«Da chi, vorrai dire» risponde lui. «Dipende dall'osservatore».
«Dall'osservatore?»
Il ragazzo-angelo sbuffa, spazientito. «Qui vi insegnano a ripetere tutto ciò che viene detto? Non mi sorprenderei; sembrate tutti un branco di pecore con un cervello comune. Ma prima o poi il lupo vi stanerà, e allora capirete di esservi intrappolati da soli».
Questa volta è dalle mie labbra che sfocia la risata di scherno.
«Il nostro sistema permette la sopravvivenza a centinaia di persone» dico, avvicinandomi alle sbarre in un impeto di spavalderia. «E poi, mi pare che sia tu quello dentro la cella».
Con uno scatto improvviso, il prigioniero si alza da giaciglio ed è a un soffio da me, dietro le sbarre.
«Davvero?» sussurra, il suo viso a un palmo dal mio.
Nella scura penombra, i suoi occhi sono ancora più cupi, inquietanti.
Gli stessi occhi che ho visto ieri notte, prima di cadere nell'incubo degli scorpioni.
Sento il cuore aumentare di colpo i battiti e una fitta alla fronte mi coglie impreparata.
«Sicura di stare bene, ragazza sconosciuta?» chiede, una punta di divertimento è palpabile dal tono della sua voce.
Mi porto una mano alla tempia, massaggiandola lievemente.
«Sto bene» rispondo distrattamente.
«Sogni cattivi tormentano il tuo dolce sonno, ragazza sconosciuta?»
Alzo gli occhi su di lui. Come fa a saperlo?
«No».
Le sue iridi mi scrutano, inquisitorie.
«Mi stai mentendo».
Non rispondo.
«Ne riparleremo» conclude lui, tornando a stendersi sulla brandina.
Di nuovo silenzio.
Il dolore alla fronte è passato, ma nella testa molte domande continuano a martellare, bramose di risposte. Il ragazzo-angelo è più umano di quanto possa apparire, ma al contempo, non lo è.
Ma non può essere nemmeno un Angelo Caduto. Se lo fosse, non sanguinerebbe e, soprattutto, avrebbe già fatto saltare in aria l'intera Città Nascosta.
Che sia un emissario? Un complice con il compito di scovare la Sede Centrale e riferire le coordinate ai suoi superiori? Non credo. Gli Angeli Caduti eliminano tutto ciò che è diverso da loro.

E allora cosa sei?

«Non mi hai risposto» dico ad un tratto.
«Nemmeno tu, ragazza sconosciuta».
Lo ignoro. «Dimmi cosa sei, e io risponderò sinceramente a ciò che mi chiederai».
Sento il lieve scricchiolio della brandina. «Tutto ciò che ti chiederò?»
Annuisco, decisa. «Tutto».
Mi avvicino di nuovo alle sbarre. Lui è seduto sul suo giaciglio, la schiena appoggiata al muro e le braccia conserte. I suoi occhi sono chiusi.
«Ciò che sono dipende da chi mi osserva, ragazza sconosciuta» si concede una ridicola pausa teatrale. «Per un Angelo, io sono un mortale essere umano, privo di poteri soprannaturali. Per un uomo, invece, ho le sembianze di un Angelo. Ma io non sono né l'uno né l'altro; sono solo una creatura che, sospesa fra il bene e il male, l'uomo e il sovrumano, tende verso se stesso».
Aggrotto le sopracciglia, confusa. Enigmatico, arrogante e presuntuoso, ecco cosa sei.
«Non capisco».
«Credi di rappresentare il bene, ragazza sconosciuta?» domanda, alzandosi dal letto e avvicinandosi il più possibile a me. La vicinanza fa accelerare il mio battito cardiaco. Non ho paura di te, cerco di convincermi. Ma c'è qualcosa di ambiguo in lui, qualcosa di freddo e sinistro che mi fa venire la pelle d'oca.
«Noi difendiamo la nostra gente dagli invasori» ribatto, alzando lievemente il mento in segno di sfida. «Se non rappresentiamo noi il bene, da chi dovrebbe essere rappresentato? Dagli Angeli? Gli sterminatori della razza umana?»
Il mio tono sarcastico non pare nemmeno raggiungerlo. «Ma chi decide ciò che è bene e ciò che è male? Se le persone uccise dagli Angeli avessero trovato la pace dopo la morte, allora i suoi difensori diventerebbero gli emissari del male, perché determinati a trattenerli qui. Per cui, non è più coerente tendere verso la propria persona, l'unica certezza?» sorride, notando la mia espressione tentennante. «Cosa sai del mondo, ragazza sconosciuta?»
«Niente» sussurro. Improvvisamente, davanti al suo fisico tempestato di cicatrici e ai suoi occhi pieni di chissà quali ricordi, mi sento una bambina. Un cucciolo non ancora iniziato al vero mondo esterno.
«E delle persone?»
Lo guardo dritto negli occhi, una strana determinazione lampeggia dalle mie iridi scure.
«Non vogliono morire».
Segue un attimo di silenzio.
«Ora tocca a te» esordisce lui.
«Clover» replico dopo qualche secondo. «Mi chiamo Clover».


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Buongiorno/sera/notte a tutti! Dunque, per prima cosa mi scuso per il ritardo vergognoso con cui oso aggiornare, ma in questi giorni non ho avuto modo di accedere al computer per postare il capitolo, che tra l'altro era già pronto e in attesa di essere pubblicato (stupido computer, al prossimo svarione ti defenestro). Eeee niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che riceva più visite di quello precedente; non preoccupatevi se ancora le acque vi sembrano piatte, presto arriverà un po' d'azione ^^
Bene, come al solito ringrazio chiunque sia arrivato fin qui e, soprattutto, anche chi recensisce! E voi, lettori silenziosi, cosa aspettate a farmi sapere cosa pensate di questa storia? Ho bisogno anche di voi c:
As always, ecco qui i link per contattarmi fuori da efp:


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Alla prossima settimana con il quarto capitolo! :)


 
   
 
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