A Fra e a quelle sette fottute ore di autostrada
A Niki e Lore, che sopravvivono con il cuore in gola
A Ursy, che ha l'anima forte e la mente a pezzi
A Cha, che non è sola e mai lo sarà
E a tutte quelle persone che
giorno per giorno
combattono la loro guerra

 
Lo sentì, quello sguardo gelato sulla pelle viva. Filtrava dai suoi occhi nocciola e si rifletteva nei suoi, color dell'ebano. Il mantello alle sue spalle scendeva con delicatezza androgina fino ai piedi. Un guerriero, si sarebbe potuto dire, i bordi macchiati di sangue non suo.
Nulla da dire.
- Non hai nulla da dire?
Nulla da dire.
Solo la consapevolezza che ciò che era rimasto di Kazemaru, ciò che ora era davanti a lui, quella figura slanciata verso un cielo di piombo, non gli apparteneva più.
Se solo avesse potuto fermarlo. Se, tempo prima, gli avesse detto quanto lo amava. Quanto gli piacesse stare con lui. Quanto desiderasse il suo corpo stretto al suo con disperata devozione. Passare le dita tra i suoi capelli. Prendergli la mano. Giocare a calcio fino allo stremo, fino a non vederci, fino a non farcela, e poi tornare a casa per la cena. A casa loro. Solo loro.
Vedere la sua schiena davanti a lui, quel numero due stampato blu su giallo sulla sua maglietta scolorita, perennemente a pochi passi di distanza, non troppo vicino ma neanche poi così lontano.
Pronto a intervenire, sempre.

Non mi arrenderò.
Ma sei ferito.
Io non mi arrendo.
Non sforzarti.
Vinceremo.
Lo so.

 
Le nuvole minacciavano pioggia. E in realtà tutto era immobile e Kazemaru era a pochi passi da lui, in silenzio, un'accusa implicita negli occhi. Mi hai lasciato solo. Questo diceva. Guarda, guarda cosa hai fatto. Se solo me lo avessi detto, che mi amavi. Così disperatamente da non reggere.
Se ne era accorto tardi.
Endou lo guardò negli occhi, per la prima volta dopo anni. Lo guardò sul serio, davvero. Era bellissimo, coi capelli sciolti. Quel modo strano di muoversi, quello non era mutato. La sua voce era fredda, il suo sguardo, il suo corpo. Distante. Ma Kazemaru c'era ancora, imprigionato nelle viscere della pietra. C'era. Invisibile.
Mamoru gli porse la mano, sperando in un ultimo gesto disperato di poterlo stringere a sé.
- Giochiamo a calcio.
Quella era la sua, loro guerra.
E lui, lui non avrebbe perso.
Avrebbe vinto.

Lo so.

                                                                                                                           
 
 
Angolino di Mademoiselle
Stanotte vi ho pensati.
Ho pensato: io riuscirei, al loro posto? No.
Vi ho pensati e mi sono detta: sono guerrieri. Sì, loro combattono. Sul serio, combattono. Cadono, e si rialzano più forti di prima. Sono caduti, e si sono rialzati più forti di prima. Si rialzeranno più forti di prima.
E… beh, forse la fic non è delle più azzeccate. Ma ho pensato: è proprio vero. Anche Endou combatte guerre su guerre. Si è mai arreso? Mai.
Per questo, io credo che queste persone non molleranno. Non mollano e non molleranno. Perché, semplicemente, sono piccoli grandi guerrieri. Supereranno l'amore, la solitudine, il rancore, gli esami, l'impotenza, la separazione, la rabbia, il Day Hospital, la paura, la paura di non farcela.
Quindi questa è un po' una fic che in sé non ha proprio nulla. Giusto una scusa, una piccola riflessione personale. Avevo bisogno di dirlo: siete guerrieri.
Guerrieri che si rialzano e si rialzeranno.
Dovete solo crederci.
 
Fay