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Autore: Lynn Lawliet    12/06/2014    5 recensioni
Quella mattina, quando Grande Inverno si era svegliata, lo aveva fatto coperta di bianco.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ricordi dimenticati di sette ragazzi Stark


 
When we were young
The world seemed so old, careless and cold
When we were young,
Good would prevail,
And none of us would fail in this life,
Not when you’re young.

When we were young
Everything was what it seemed
And every day was how we dreamed,
Never knowing the cost of what we paid,
Letting someone else be strong.
We didn’t know it wouldn’t last,
When We Were Young, when we were young.

(“When we were young”, Take that.)
 


#Robb, il Rimpianto.
La freccia nel petto di Robb fa male. Ma non così male.
No, il dolore che sente è diverso: è ovunque, in ogni parte di lui. Mentre sente sua madre gridare, mentre il suo mondo gli crolla addosso, Robb non pensa al regno che ha perso, agli uomini che l’hanno tradito. Non c’è rabbia in lui.
Robb pensa a Talisa, che non stringerà più tra le braccia, che non amerà più; pensa alla pancia di lei che non vedrà mai crescere, su cui non poggerà mai una mano per sentire piccoli piedini scalciare; pensa al bambino che non vedrà nascere, che non lo sorprenderà con i suoi primi, goffi passi o delizierà con le sue prime, balbettanti parole.
Robb non prova nemmeno a fermare l’uomo con il pugnale che si avvicina: non c’è rabbia in lui, non c’è voglia di vendetta.
Ormai è rimasto solo il rimpianto.
 


#Theon, la Paura.
Reek è Reek.
Reek è solo Reek. Reek non è mai stato più di quel che è ora. Reek è con il Padrone adesso e con il Padrone è sempre stato. Prima del Padrone non c’era qualcos’altro: prima del Padrone non c’era nulla. Nemmeno è mai esistito, un prima, e Reek lo sa.
E allora cosa sono quei ricordi? Appartengono a qualcun altro quelle cose che Reek una volta sapeva e che ora non sa più? Chi sono quegli uomini che chiamava fratelli, quella ragazza dai capelli ricci? Reek non fa chiederselo.
Poi però il Padrone chiama e Reek allora seppellisce i ricordi falsi nella parte più profonda di sé: chissà, si chiede ogni volta, se li ha messi abbastanza a fondo da dimenticarli o se il Padrone riuscirà a raggiungerli con i suoi coltelli.
La prima opzione gli fa quasi più paura della seconda.
 


#Jon, la Solitudine.
Jon, fin da bambino, non è mai stato solo. Da sempre c’è stato qualcuno con lui: suo padre, Robb, i suoi confratelli. Da sempre è vissuto in un castello pieno di vita in ogni momento. Da sempre ci sono stata delle cose che doveva fare, dei posti in cui doveva andare, degli ordini a cui doveva obbedire. E mai il tempo per fermarsi a pensare.
Jon, fin da bambino, non è mai stato solo, ma questo, capisce ora, non significa che non si sia mai sentito tale. Solo quando Lei è entrata nel suo mondo, solo quando Lei l’ha salvato, si è reso conto di aver sofferto di solitudine -solitudine in mezzo ad una folla- per tutta la vita.
E ora, ora che Lei dal suo mondo se n’è andata, Jon sa che le cose torneranno come prima. Ma questa volta non ci sarà nessuno a salvarlo.
 


#Sansa, l’Impotenza.
Sansa sa che, anche se dorme tra lenzuola di seta e indossa gioielli preziosi, quella dove vive adesso non è che è una prigione. E quell’uomo piccolo, piccolo come un folletto, che ora dorme ubriaco a qualche metro dal letto che avrebbero dovuto condividere, non è che un prigioniero.
Sansa, oggi e nei giorni che verranno, ha sostituito il ribrezzo che provava per lui con rispetto, anche se –lo sanno entrambi- fra di loro non potrà mai esserci più di questo. E a Sansa dispiace che ora sia così: vorrebbe poterlo odiare, lo vorrebbe davvero, ma non ci riesce; e non ci riesce perché, per quanto possano apparire diversi, lei e Tyrion Lannister hanno una cosa in comune: nessuno di loro due ha avuto scelta.
 


#Arya, la Rabbia.
Arya Stark è ha perso tutto. Ha perso la sua casa e suo padre. Ha perso i suoi amici e il suo maestro. Ha perso sua madre e suo fratello. Però non ha perso se stessa.
E quei nomi, quella lista, ne sono la prova. Non importa dove la condurranno, cosa la porteranno ad affrontare. Non importa cosa dicono i vecchi saggi sulla vendetta, non importa se quel che si accinge a fare la renderà tale quale le persone a cui da la caccia: Arya non è né vecchia né saggia e i morti le chiedono vendetta ogni notte.
La sua non è un’ossessione: è un sentiero. Un sentiero dipinto di rosso, che lei percorrerà fino in fondo, a qualsiasi costo.
Perché, dopotutto, il Nord non dimentica mai.
 


#Bran, la Prigionia.
Bran è libero. Bran dorme tutte le notti sotto le stelle, viaggia tutti i giorni sotto un cielo terso. Non c’è nessuno che gli dica cosa fare; anzi, per una volta, è proprio lui a decidere, a scegliere. E adesso può correre, può volare.
Bran è libero, però continua a sentirsi prigioniero. Prigioniero di un destino che non ha scelto ma che sa di dover affrontare.
La libertà è un’illusione: c’è sempre un prezzo da pagare, ha sentito dire una volta. E quelle gambe sottili, pensa Bran, che dovrebbero sentire il dolore ma non lo sentono, che dovrebbero essere affaticate ma non lo sono, non potrebbero essere una prova migliore.
 


#Rickon, la Nostalgia.
Rickon, per quanto a volte gli piaccia fingere il contrario, è un bambino. E come tutti i bambini, quando le cose a cui è abituato vengono a mancare, quando la sua famiglia gli viene portata via, soffre di nostalgia. Cocente, vivida nostalgia, che si ripresenta la notte, quando Osha dorme, sotto forma di salati lacrimoni che gli scivolano giù per le guance e si alternano a singhiozzi silenziosi che Rickon cerca di trattenere perché, lo sanno tutti, un vero uomo non piange mai.
Però poi la giornata ricomincia, e Rickon deve nascondersi, scappare, schiacciare la faccia nel fango pregando gli dei di non essere visto. E non può fare a meno di pensare a quando la sua vita era scandita dai placidi ritmi di Grande Inverno, a quando non c’era da chiedersi se si sarebbe visto il sole sorgere di nuovo.
Rickon, per quanto non se ne renda conto, presto non sarà più un bambino. Presto diventerà un uomo, e lo diventerà nel modo peggiore possibile: gli verrà tolto quel poco che ancora gli resta della sua innocenza e in cambio gli verranno date responsabilità che non dovrebbe avere.
E non gli rimarrà più nemmeno la nostalgia.





 
 
 
Quella mattina, quando Grande Inverno si era svegliata, lo aveva fatto coperta di bianco.
Era la prima nevicata estiva dopo anni e gli dei parevano essersi voluti rifare del tempo perduto: a terra c’erano almeno trenta centimetri di neve e da ogni tetto, grondaia o cornicione pendevano lunghi ghiaccioli scintillanti. Il cielo, però, aveva smesso la cappa solida di nubi del giorno prima per sostituirla con una limpida distesa blu.
L’alba era sorta da poco quando Rickon, che dall’alto dei suoi tre anni vedeva quello spettacolo per la prima volta, aveva pregato i fratelli di poter uscire tutti insieme ad esplorare l’esaltante novità. E i fratelli lo avevano accontentato.
C’erano voluti solo pochi minuti di camminata al di fuori delle mura perché Arya, un sorrisetto malizioso sul viso paffuto, si chinasse a terra per raccogliere un po’ di neve e farne una palla, con la quale aveva poi abilmente centrato la nuca di Jon.
Da lì era stata guerra aperta. Uno spietato, incontrollato tutti-contro-tutti.
Sansa aveva gridato che le si sarebbe rovinato il vestito, ma dopo essere stata placcata da Bran non aveva resistito alla provocazione e si era gettata nella mischia.
Theon, invece, che –nonostante il naso brufoloso e il petto glabro – si credeva già un uomo fatto e finito, aveva iniziato a protestare, lamentandosi di quanto il tutto fosse infantile.
Probabilmente, però, non sarebbe riuscito a convincere nessuno a smettere nemmeno se un tiro fortunato di Robb non gli avesse mozzato le parole in gola. E Theon, da bravo Greyjoy che era, non aveva potuto lasciare l’onta impunita.
Quando Ned e Catelyn, una decina di minuti dopo, avevano raggiunto il pianoro, avevano trovato i ragazzi stesi uno affianco all’altro nella neve, fradici, con il fiato corto e un gigantesco sorriso stampato in faccia.
Non c’era stato bisogno di parole: in quel momento, tutti loro, da Ned al piccolo Rickon, avevano saputo che qualsiasi cosa fosse successa in futuro, quel giorno e quella nevicata estiva e quella felicità, in qualche modo, sarebbero esistiti per sempre.

E gli Stark sarebbero stati salvi.
 
 
 





 
Note:
Salve salve!
Come andiamo? Spero tremendamente commossi, perché se così fosse sarei riuscita nel mio intento. Dunque, che dire? Sono reduce dalle ultime puntate della quarta stagione e ommioddio perché? PERCHE’? Per quale sensato motiva bisogna far soffrire la sottoscritta così tanto???
Ora odio e amo Martin in egual misura, credo.
Coooomunque. Spero che vi sia piaciuta questa sorta di terribile cosa atta a ferire i miei stessi feels sui poveri Stark ed eccovi la traduzione posticcia fatta da moi –perché altre non se ne trovano- della canzone all’inizio, che, ribadisco, è When we were young dei Take That.

Quando eravamo giovani
Il mondo sembrava così vecchio, disattento e freddo
Quando eravamo giovani,
Il bene sembrava prevalere
e nessuno di noi avrebbe fallito in questa vita,
non quando sei giovane.

Quando eravamo giovani
Ogni cosa era come ci sembrava
Ed ogni giorno era come lo sognavamo,
Non conoscendo mai il prezzo di quello che pagavamo,
lasciando che fosse qualcun’ altro ad essere forte.
Non sapevamo che non sarebbe durata,
Quando eravamo giovani, quando eravamo giovani.

Au revoire,
Lynn.
P.s. lo so che Theon non c’entra nulla con gli Stark, però, accidenti, quello che gli capita è assolutamente troppo terribile per non scriverci qualcosa sopra. Ecco tutto.
  
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