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Autore: Raheela Orbeli    13/06/2014    5 recensioni
Non potevo vantarmi di conoscere le emozioni di Irie-Kun, del glaciale genio con il QI di duecento destinato a cambiare il Giappone, erano irraggiungibili, aveva creato una corazza di metallo che niente e nessuno avrebbe potuto scalfire neanche io.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pronta ad affrontare un nuovo giorno di lavoro…o forse no?
Sicuramente non ero pronta, una serie di eventi naturali, forse il fato, mi stava mandando dei segnali troppo espliciti, sembrava urlare a pieni polmoni “Kotoko, non andare. Resta a casa!”. Avevo perso l’autobus, preso un taxi che correva come un’ambulanza in piena emergenza e una macchina aveva sporcato il mio vestito di fango, appena arrivata all’ingresso dell’ospedale, grazie alla pioggia notturna.
Grandioso. Perfetto.
Come se non bastasse tra pochi minuti, avrei dovuto rivedere Keita e la mia “suocera”. Non ci credevo, non riuscivo a pensare che avrei raggiunto il limite della sopportazione tale da farmi desiderare di fuggire con un altro uomo che non fosse Ire-Kun.
Non era un comportamento da Kotoko, ma da molto tempo ormai non ero più in me.
Entrai nell’ospedale, quel luogo, i rumori dei macchinari, i medici che si muovevano frenetici tra un corridoio e l’altro, l’odore dei medicinali mi tranquillizzò. Forse potevo cercare di recuperare la mia tranquillità qui, forse mi ero solo fatta suggestionare da Keita e Irie-Kun sarebbe stato diverso con me.  Magari sarebbe apparso nella mensa, durante il pranzo, e si sarebbe dichiarato a me davanti a tutti, definendosi solo mio.
Non tornare da lui.
Mi diressi velocemente, come per cercare di lasciare indietro quel pensiero ossessivo, negli spogliatoi riservati agli infermieri tirocinanti per cambiarmi e indossare la divisa.
Appena entrata lo vidi, era su quella panca, pensieroso, con i capelli neri fluenti raccolti in una coda. Fissava il vuoto in maniera assorta, a cosa pensava? A me? Al nostro incontro? Anche lui non aveva dormito?
“Keita, razza di scansafatiche cosa ci fai ancora qua?” dissi con un sorriso e il mio tono squillante di voce che poteva far svegliare anche un paziente in coma.
Lui mi guardò, non come faceva sempre a lavoro, o quando andavamo a bere una birra con gli altri. Mi guardò come ieri. Come se cercasse di leggermi dentro, come se volesse sottrarre il mio dolore e farlo sparire nel nulla. Era lo sguardo di un innamorato, quello che avevo io molto tempo prima che diventassi trasparente.
“Non fingere, non con me. Hai pensato a quello che ti ho detto ieri? Kotoko…io…” non terminò la frase, poiché si avvicinò con passo veloce, senza che potessi cercare di opporre resistenza ed iniziò ad accarezzarmi la guancia come se sapesse che erano attenzioni di cui avevo bisogno, non volevo più sentirmi un fantasma, poco desiderata, poco amata, poco compresa.
Mi scansai di scatto, preoccupata dalle reazioni che quella carezza stava suscitando in me.  Non era normale. Io ero sposata, mio marito avrebbe dovuto interessarsi di me, non questo ragazzo sconosciuto apparso da poco nella mia vita.
Con Irie-Kun, però, era tutto una serie di condizionali e mai un presente.
“Lasciami stare, Keita. Cosa non ti è chiaro del fatto che io sono sposata?!  Non puoi permetterti queste libertà, non te lo concedo. Io amo mio marito, lui ama me. Non inventarti crisi che vedi solo tu.” Mi stupivo sempre di più di me stessa. Prima con Oba- Sama e adesso con lui, stavo migliorando. Se fosse esistito il premio “Miglior Bugiarda Dell’Anno” sicuramente, lo avrei vinto io. Uscii di fretta dallo spogliatoio senza cambiarmi, non volevo sentire la sua risposta, non volevo sentire nulla e basta.  Forse dovevo seguire il fato e tornarmene a casa dissimulando un mal di testa, nausea o qualcosa del genere. Pensai ad Oba-Sama e mi vennero i brividi, lei mi avrebbe seguito tutto il giorno, chiedendomi se stessi meglio facendomi sentire ancora più in colpa del lecito.
Non mi rimaneva altra scelta che affrontare il mio infausto destino.
Davanti a me, magicamente, comparve il mio caro e dolce marito insieme con altri dottori intenti a parlare di qualche caso urgente, visto i toni della loro voce. Tutti seguivano Irie come se fosse una guida, un faro che illuminava il mare tempestoso. Magari aveva scoperto una nuova cura contro il cancro, qualche altra malattia grave era stata debellata dal pianeta grazie a lui.
 
Lui passò accanto a me ignorandomi, completamente. Come se non esistessi. Il premio Nobel per la medicina era sempre più importante di sua moglie, no?
Ecco quella sensazione che mi attanagliò di nuovo lo stomaco, avrei voluto prenderlo a schiaffi, sbattergli in faccia tutto il mio risentimento, far capire a tutti quei medici, così fiduciosi nel suo operato, che non era quello che credevano.  Era un mostro senza sentimenti, era lui il caso clinico.
Come al solito rimasi in silenzio, mantenendo il profilo basso. Ero troppo codarda per oppormi, perché non ero mai stata sicura dei suoi sentimenti.
Casa. Casa.
Forse potevo tornare da mio padre, al negozio. Oggi avrei rinunciato a tutto, avrei lasciato alle spalle il caro marito, l’infermiere impiccione e la caposala che… veniva esattamente nella mia direzione.
“Kotoko, cosa ci fa in queste condizioni? Il suo turno sarebbe dovuto iniziare dieci minuti fa, si cambi i vestiti sporchi e venga. Oggi dovrà assistere a un intervento molto importante, ci saranno anche i tirocinanti dottori, tra cui suo marito.” Disse trafelata come se avesse corso da un reparto all’altro.
Ero molto fortunata, vero? Intervento con Irie-kun. Addio piano di fuga.
 
 
Angolo autrice.
Salve a tutti! Okay, da quanto non aggiorno questa storia? Mesi? Anni?
I miei blocchi sono davvero tanto lunghi, l’estate scorsa ero anche senza computer ed impossibilitata a scrivere, la scuola mi ha ucciso e sto cercando di mettermi al pari con tutto. Scusatemi infinitamente. Davvero imperdonabile T-T fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
 
 
   
 
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