La sua spada di Damocle stava andando in pezzi, presto Mikoto non ce l'avrebbe più fatta.
Munakata non aveva bisogno di guardare la grande spada in cielo per capirlo.
Gli bastava osservare i suoi occhi ambrati.
Stavano perdendo la loro presenza.
Forse perchè si conoscevano da molto, l'aveva visto crescere, maturare, o perchè il suo potere era simile, ma Reishi lo capiva.
Comprendeva quegli occhi meglio di qualsiasi altra persona, anche di Mikoto stesso, forse.
Li aveva visti bruciare, durante la giovinezza.
Brillavano di furore, rabbia e forse speranza, dietro alla paura che non li abbandonava mai.
Aveva capito che Mikoto era finalmente adatto a diventare un re, o meglio, ad accettare la corona che gli apparteneva di diritto, quando gli occhi di Suoh si erano freddati, rafforzati, in un certo senso.
Erano adatti a proteggere, anche se contrastavano col suo potere così voglioso di distruggere tutto.
Quello sguardo era un freno.
E da adulto, Munakata non l'aveva mai visto sorridere.
Certo, la bocca si piegava, si dilatava in un avaro sorriso o più frequentemente, in un largo ghigno, ma l'espressione non coinvolgeva tutto il viso, non certo gli occhi.
Non se ne era preoccupato, in fin dei conti, da quando era diventato un re, notava la stessa freddezza nel proprio sguardo.
Ma giorno dopo giorno, qualcosa scompariva in Suoh.
Poteva leggergli dentro, vedere la distanza aumentare nelle sue iridi.
Aveva già capito, da molto tempo prima che si manifestasse il deterioramento nella sua spada, che Mikoto non poteva più farcela.
Il potere lo stava lentamente consumando, dilaniandolo dal'interno.
Forse per questo si sentì mancare, vedendo tornare nei suoi occhi le fiamme, poco prima che la morte sopraggiungesse.
Munakata gli lesse dentro un'ultima volta, e vide il suo desiderio di essere trafitto, così da evitare una catastrofe.
Tornò dalla sua squadra come se nulla fosse, ma quegli occhi, quello sguardo, non l'avrebbe mai potuto dimenticare.