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Autore: Katie Who    14/06/2014    0 recensioni
«Fossi in te mi laverei bene le mani.» - le disse ridendo e poi mettendo in moto. Effettivamente la mano con cui aveva aperto lo sportello la sentiva umida ed appiccicosa, ma era una sensazione con cui stava imparando a convivere da quanto trascorreva ore con Nick. - dal terzo capitolo.
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Post prima stagione.
[NickXNuovo Personaggio] [Accenni: ElenaXClay]
Rating provvisorio.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Ma solo per iscritto, lascia che rimanga così. Con la speranza di avere entrambi la forza di combattere ancora le seduzioni della realtà.”
David Grossman.







Bear Valley – Stonehaven
17 Agosto
16:30 PM

Nick e Clay stavano tornando dalla corsa di quel pomeriggio mentre Jeremy ed Elena erano rimasti in casa per un allenamento privato che, a giudicare dalle condizioni in cui li aveva ridotti, doveva essere stato alquanto faticoso.

«Logan ce la farà a venire?» - domandò Nick con il fiato ancora corto. Fra tre giorni avrebbe inaugurato il locale, nonostante la situazione con Malcolm e i Solitari che ancora minacciavano il Branco, aveva deciso finalmente di far partire il progetto.
«Ha detto di sì, ma non si fermerà.» - gli rispose Jeremy asciugandosi il sudore dalla fronte.
«Hai trovato il coraggio per chiamare Emily o te le fai ancora sotto, cucciolotto?» - lo derise Elena. Da quando Emily era partita per tornare a casa non l’aveva più sentita. Si era fatto dare il suo nuovo numero dall’ufficio legale per cui lavorava, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiamare.
«Fatti gli affari tuoi piccoletta, o dovrò prendere a sculacciate questo culetto sodo!» - le rispose il ragazzo pizzicandole il sedere sotto lo sguardo divertito sia di Jeremy che di Clay.
«Ehi amico, vacci piano con quelle mani!» - gli disse il ragazzo.
«Sei geloso?» - domandò Nick saltandogli sulle spalle. - «Tu rimani il mio preferito.»
«Speriamo di non avere nessuna sorpresa.» - disse Jeremy sorseggiando del caffè bollente.

La famiglia Denvers, ed in generale tutti coloro che abitavano a Stonehaven non avevano la fama di essere dei grandi filantropi. Per lo più se ne stavano rinchiusi nella loro gigantesca proprietà evitando quanto più possibile ogni contatto con il resto della città. Ma all’evento di Nick avrebbero partecipato tutti. Le loro speranze erano che nessuno dei loro nemici decidesse di farsi vedere durante la festa. O quantomeno che nessuno decidesse di compiere qualche azione sconsiderata proprio davanti agli occhi di centinaia di umani. Nick scrollò la rubrica del telefono indugiando sul nome di Emily. Non aveva mai avuto problemi a chiamare una donna ed invitarla da qualche parte, ma con lei era diverso. Lei andava tenuta al sicuro. Era il suo pensiero costante, la missione che suo padre gli aveva lasciato come eredità. Probabilmente era occupata in qualche importante impiego oltreoceano e non avrebbe comunque potuto partecipare all'evento, quindi che differenza faceva chiamarla? La verità, non era poi così diversa dai pensieri che Nick aveva elaborato. Infatti Emily era stata dall’altra parte del mondo fino a qualche ora prima, era da poco atterrata all’aeroporto di New York ed a breve sarebbe ripartita per Toronto. Aveva ricevuto l’invito al party d’apertura con diversi giorni di anticipo, proprio perché Amanda, teneva particolarmente alla sua presenza e per sua fortuna aveva anche una persona da portare come suo “plus 1”. Non aveva cercato di contattare Nick, soprattutto perché nonostante le avesse esplicitamente detto che si sarebbe occupato lui di risolvere la questione con il Signor Marsten alla fine era toccato a lei incontrarlo per evitare che li denunciasse alle autorità competenti. Era stata un’operazione lunga e complessa, ma alla fine era riuscita a risolvere il problema della vendita, concordando una penale inferiore a quella dovuta. Aveva perfino trovato che la compagnia di quell’uomo era meno spiacevole di quello che si poteva immaginare. Durante i loro incontri le aveva fatto molte domande su Nick e sul loro rapporto, non le aveva nascosto di avere degli affari con i Denvers e quindi probabilmente voleva avere delle informazioni su quel ragazzo che così inaspettatamente aveva mandato a monte un affare da milioni di dollari. Però non c’era molto che Emily avesse potuto dirgli, non vedeva Nick da quando si era diplomato, non sapeva nulla di lui ad eccezione delle informazioni ricavate grazie ai giusti contatti. Quanto fosse capace nel suo lavoro e come intendesse indirizzare ora gli affari del padre, erano questioni su cui lei non si interrogava, doveva solo limitare gli eventuali danni. E non aveva nemmeno smesso di cercare Antonio, Nick poteva sbraitare quanto voleva, ma lei, in un modo o nell'altro, lo avrebbe trovato, avrebbe scavato fino a scoprire dove fosse finito. I chilometri che l’avevano divisa per mesi da lui, l'avevano anche aiutata a realizzare quanto assurdo sarebbe stato finirci a letto, una debolezza che le avrebbe tolto un rimorso e lasciato probabilmente molte più scorie radioattive. Sicuramente il mondo era pieno di donne abbastanza intelligenti e furbe da intrattenere relazioni di solo sesso con uomini prestanti e benestanti, ma lei era nata con una capacità di controllo sulle sue emozioni decisamente bassa. Gli uomini con cui era stata li aveva amati, o creduto di, e poi Nick era un terreno pericoloso, troppi ricordi che era impossibile controllare. E pensare che aveva parlato di lui anche con Antonio, ignorando la loro parentela gli aveva detto di quanto ne fosse stata perdutamente innamorata. L'uomo l'aveva ascoltata raccontare quella cotta adolescenziale, l'aveva sentita appellare suo figlio con inusuali complimenti ed altrettanti insulti. Antonio la capiva, forse perché nel cuore portava ancora l'amore per la madre di Nick, o forse semplicemente perché era quello il suo modo di rapportarsi a lei; con calma, gentilezza, comprensione ed amicizia. Erano rarissime le volte in cui lo aveva sentito parlare della donna che amava, l’avevano persa quando Nick era ancora un ragazzino e lui lo aveva cresciuto da solo cercando di fare il meglio per quel ragazzo. Ora capiva perché non lo aveva mai incrociato quando viveva a Nashville, Antonio non faceva altro che lavorare e viaggiare. Chissà se sarebbe stato presente alla festa di Nick, probabilmente no, ma sperare non le costava nulla.
Il giorno dell’apertura del locale, Logan varcò  le porte di Stonehaven di prima mattina. Da quando Rachel era stata rapita, non si faceva vedere spesso da quelle parti, perché aveva raggiunto Jorge a Vancouver per rintracciare Malcolm e riprendersi la madre di suo figlio. Anche Jeremy e gli altri avevano continuato a tenere aperti occhi ed orecchie sperando di intercettare l'ormai ex Alfa, e riuscire così a riportare la ragazza fra le braccia di Logan.
«Credevi davvero che fosse tua sorella?» - domandò il giovane psicologo a Nick mentre finivano di sparecchiare la tavola.
«Tu che cosa avresti pensato?» - rispose lui tirando un po’ d’acqua all’amico.
«Ma dai era assurdo! Io avrei pensato ad una storia d’amore.» - disse il ragazzo.
«A quella ci pensa lui.» - commentò Clayton passandogli dei bicchieri con un po’ di whiskey.
«Quindi ti viene più normale pensare che mio padre possa essere una specie di pedofilo, piuttosto che un uomo con una figlia?» - domandò Nick facendo riflettere Logan su quanto male avesse formulato il suo pensiero.
«Non era questo che intendevo dire…» - disse il ragazzo mandando giù un sorso di whiskey. - «Non vedo l’ora di conoscerla. Attirare le attenzioni di entrambi i Sorrentino non è cosa da tutti i giorni, e poi...Emily Sorrentino, non suona per niente male, no?» - continuò a scherzare cercando anche l’appoggio di Clay. Stonehaven ed i suoi fratelli gli regalavano qualche attimo di sollievo nell’incubo che era iniziato dopo l’attacco da parte dei Solitari e che oggi ancora non si era concluso.
«Direi che è perfetto. Dovresti pensare di adottarla Nick!» - disse Clay schivando il cuscino lasciato da Nick. Elena era al piano di sopra al telefono con la sorella di Philip, il senso di colpa per quello che era accaduto al suo ex fidanzato la tormentava incessantemente, ed alimentava la sua voglia di vendetta, mentre Jeremy era nel seminterrato a leggere. Riusciva a sentire i passi dei ragazzi sopra di lui e perfino i loro schiamazzi. Avrebbe fatto di tutto per riportare Rachel ed il bambino da Logan, avrebbe punito suo padre come meritava. Nessuno poteva minacciare il suo Branco, la sua famiglia, in quel modo e passarla liscia, soprattutto non Malcolm.
Amanda aveva minacciato di morte Nick qualcosa come trenta volte ricordandogli di non tardare e fortunatamente per lui, grazie soprattutto alla precisione di Elena, arrivarono puntuali alla festa. Nessuno di loro aveva mai visto il locale completo e per Nick quella era la prova generale della futura apertura al pubblico. Era perfino meglio di quello che si era immaginato. Il biliardo che era stato danneggiato dalla sparatoria, era stato riparato e riposizionato in un angolo della sala. Alcuni dei presenti erano clienti di suo padre, molti altri erano uomini d'affari con cui non aveva mai nemmeno scambiato una parola. Avendo seguito rigidamente le regole del Branco, Nick non aveva molti amici, aveva invitato qualcuno del college solo per preservare le apparenze, ma non condivideva con loro alcun vero legame. Amanda accoglieva gli ospiti all’entrata, aveva invitato il sindaco ed alcuni politici locali, nella speranza di accaparrarsene i favori. Era una ragazza abile e capace, oltre che incredibilmente sexy, erano stati insieme qualche volta, una distrazione che sarebbe stato felice di concedersi ancora. Magari proprio quella sera, quando il locale si sarebbe svuotato e loro sarebbero di nuovo rimasti soli. Quelli erano i suoi pensieri quando non doveva concentrarsi sulle questioni del Branco, e poi avvertì quel profumo perfino prima di Elena e non ci volle crederci finché lo sguardo della ragazza non gliene diede conferma.
Dopo qualche minuto, all’entrata vide Emily, avvolta in un vestito rosa senza spalline che lasciava l’intero decolleté nudo, coperto solo dalle onde castane. Aveva in braccio incastrato in quello di un ragazzo, un tipo alto, qualcuno che non avrebbe dovuto esserle così vicino.
«Alla fine l’hai invitata.» - disse Elena passandogli accanto. No, non l’aveva fatto, ma era contento di vederla lì.
«Emily!» - la salutò Amanda. Nick guardò quell'abbraccio e quel saluto così amichevole con notevole divertimento. Se Emily avesse saputo probabilmente non sarebbe stata così gentile con Amanda, perché da qualche parte la quindicenne innamorata di lui doveva ancora essere sepolta. Si crogiolò in quell'illusione, vedendo le due donne chiacchierare complimentandosi l'una con l'altra per l'ottimo lavoro svolto.
«Grazie per avermi invitata.» - disse la ragazza accarezzando il braccio dell’altra. Sia Jeremy che Nick stavano ascoltando da lontano quella conversazione.
«Sapevi che sarebbe venuta?» - gli chiese l’uomo.
«No, credevo fosse dall’altra parte del mondo.» - rispose lui.
«Quindi è lei?» - domandò Logan raggiungendolo. - «Effettivamente se potessi scegliermi una sorella, perché non prenderne una carina!» - Nick lo avrebbe ucciso. E lo avrebbe fatto lì in quell’esatto istante se solo non ci fosse stata una sala piena di gente a guardarli.
«Andiamo.» - disse Jeremy prendendo Logan e trascinandolo verso Clayton.
«Scusatemi.» - Emily si divincolò da una conversazione con Luke ed alcuni suoi conoscenti. - «Ehi, gran bella festa.» - aggiunse abbracciando Nick ed appoggiandogli un bacio sulla guancia.
«Probabilmente avevi qualcosa di più importante da fare che essere qui stasera.» - le rispose il ragazzo.
«Scherzi? C’è letteralmente il mio sangue in questo locale, non mi sarei persa l’inaugurazione per nulla al mondo!» - aveva ancora delle lievi cicatrici a ricordargli di quella notte.
«Emily Howen?» - domandò un uomo alle loro spalle attirando l’attenzione della ragazza. - «Non posso credere ai miei occhi!»
«Derek? Oh mio dio sono anni che non ti vedo!» - disse lei salutandolo.
«Sembra che sia tu la stella della serata.» - intervenne Nick presentandosi all’uomo. - «Nick Sorrentino.»
«Derek Ronald, un amico di Amanda.» - e senior di Emily a Yale, ma per qualche ragione evitò di palesare la verità a Nick tornando a concentrare la sua attenzione ed i suoi occhi sulla ragazza. Nick si allontanò intrattenendo alcuni brevi conversazioni con alcuni amici e colleghi. Di tanto in tanto tornava a controllare Emily ormai circondata da tre o quattro uomini che gli oscuravano la visuale. Sembrava essere come il miele per le api.
«Nick Sorrentino dico bene?» - lo sorprese il ragazzo che era entrato con Emily.
«In persona.» - rispose lui stringendogli la mano.
«Emily non ha avuto occasione di presentarci, ma mi ha parlato molto della tua famiglia.» - Nick sorrise. - «Luke Harvey.»
«Piacere. Sei un collega dello studio?» - domandò continuando a parlare con il ragazzo e cercando di scorgere Emily con lo sguardo.
«No, mia sorella lavora con lei.» - spiegò. - «Io sono un semplice fotografo.»
«Nick.» - Elena lo aveva allontanato dal ragazzo. - «Non lo senti?» - domandò.
«Cosa?» - chiese lui. Sentiva i complimenti che quegli uomini rivolgevano ad Emily, e sentiva la ragazza assecondarli padrona di quel gioco. Sentiva anche la necessità di portarla via, ma nient'altro.
«Sono qui.» - disse voltandosi verso l’entrata appena superata da Marsten e Malcom. Jeremy ordinò immediatamente a Clay di portare Logan fuori dalla stanza, la sola vista del’uomo che con tutta probabilità teneva prigioniera la sua ragazza poteva causargli un’immediata trasformazione. E se fosse accaduto ci sarebbe stato un vero e proprio bagno di sangue. Marsten aveva collaborato con loro per ritracciare Malcolm e sembrava aver avuto successo, l’abilità maggiore di quell’uomo era proprio quella di riuscire a stare sempre con il piede in due scarpe. Eccolo lì a fare il suo ingresso trionfale con l'uomo a cui il Branco dava la caccia e nessuno di loro poteva avere la certezza che Marsten fosse effettivamente dalla loro parte. Jeremy non aveva dato segnali, dovevano rimanere tutti calmi, niente attacchi improvvisi. I due uomini si diressero spediti verso Emily, era Marsten che l’aveva indicata a Malcolm appena entrati.
«Stai provando a nasconderti?» - domandò Karl raggiungendo Emily e facendole fare un giravolta. - «Credevo fossimo d’accordo per una cena non appena fossi tornata dalla Cina.»
«Sbaglio o quel bastardo di un Solitario sta flirtando con la tua non-sorella?» - disse Elena osservandoli.
«In realtà ufficialmente non sono ancora tornata. Il mio viaggio doveva terminare domani.» - disse Emily.
«Lascia che ti presenti James, un mio vecchio amico.» - aggiunse Marsten lasciando che l’uomo si presentasse alla ragazza con un elegante baciamano.
«Incantata davvero. Karl ha sempre amicizie invidiabili.» - disse lei.
«E sbaglio ancora o la tua non-sorella non lo sta affatto respingendo?» - domandò ancora Elena.
«Li faccio smettere io.» - ringhiò Nick facendo un passo nella loro direzione e venendo prontamente trattenuto da Jeremy.
«Non davanti a tutta questa gente.» - disse l’uomo. - «Ricordati dove sei.» - proprio in quel momento Amanda lo raggiunse presentandogli alcuni giornalisti che volevano scrivere un articolo sull’apertura del nuovo locale e per questo avrebbero voluto fargli qualche domanda. Nick acconsentì, ma continuava ad avere nelle orecchie solo la voce di Emily e quella nauseante di Marsten.
«Dimmi che ti fermi per qualche giorno a Bear Valley.» - le disse l’uomo continuando a stringerle la mano.
«Sfortunatamente no, riparto per Hamilton immediatamente.» - Emily fece un cenno a Luke che la raggiunse. - «Abbiamo piani per il weekend.» - disse tornando ad intrecciare il suo braccio in quello del ragazzo. Nick non riusciva a vederli perfettamente, ma aveva notato la cosa.
«Vorrà dire che aspetterò ancora per quella cena.» - concluse Marsten congedandosi da lei e ripercorrendo a ritroso lo stesso tragitto fatto in precedenza. 
Jeremy era stato messo al corrente dal Solitario che era stato proprio Malcolm ad indirizzarlo verso Emily ed a suggerirgli quella vendita con Sorrentino per avvicinarsi alla ragazza. Suo padre non si era mai lasciato sfuggire i suoi piani per quella ragazza, ma era evidente che doveva essere al corrente di qualcosa se voleva che Marsten intrattenesse con lei dei rapporti così amichevoli.
«Arrivederci Signorina.» - disse Malcolm congedandosi a sua volta e seguendo Marsten. Accennò un leggero movimento  del capo passando davanti a Jeremy ed i ragazzi.
«La classica dimostrazione di spavalderia di Malcolm.» - commentò Clay tornando nella sala dopo aver calmato Logan. Il ragazzo aveva preferito restare nella sala accanto fino a quando i due lupi non se ne fossero andati. Conosceva bene il genere di reazione che la vista di Malcolm gli scatenava.
«Già.» - disse Jeremy andando verso Emily e Luke. - «E’ davvero un piacere rivederti!»
«Jeremy!» - esclamò la ragazza. - «Dio, con tutto il casino della festa ancora non sono riuscita a venire a salutarvi!»
«Figurati, Karl è un accentratore.» - disse mentre Elena e Clay lo raggiungevano salutando la ragazza. Nick continuava a rispondere automaticamente alle domande dei giornalisti, ora che Emily era con Jeremy e gli altri poteva tornare a respirare serenamente.
«Lo conosci?» - chiese sorpresa.
«Certamente. Vecchi affari con Antonio.» - le rispose Jeremy. - «E l’uomo che era con lui?»
«Oh il Signor James? Mai visto prima d’ora, ma decisamente un tipo carismatico.» - disse ridacchiando e notando le espressioni contrariate sui volti di Elena e Clay.
«Se vogliamo essere a casa in tempo dobbiamo andare.» - le ricordò Luke.
«Hai ragione, saluto Amanda e Nick e ti raggiungo in macchina.» - passò la pochette al ragazzo con le chiavi della macchina, appoggiandogli un bacio sulla guancia.
«State insieme?» - le domandò a bruciapelo Elena intercettandola prima che raggiungesse Amanda.
«Se riuscissi a rimanere in uno Stato per più di quattro giorni al mese, forse si, ma al momento… Ci stiamo solo frequentando.» - rispose un po’ imbarazzata. Elena non era il tipo di ragazza che girava introno alle cose quando voleva saperle, ma non poteva fare a meno di trovarla un po' troppo invadente. La salutò in fretta, sperando così di evitare altre domande imbarazzanti e continuò a cercare Amanda fra tutta la gente presente nella sala. La trovò a parlare con alcuni degli ospiti e la ringraziò nuovamente per l’invito. Nick invece sembrava essere del tutto scomparso. Fece il giro dell’intero locale due volte, ma non riusciva a trovarlo. Si rassegnò all’idea di andare via senza salutarlo.
Ci volevano all’incirca quattro ore per tornare ad Hamilton da Bear Valley, sia lei che Luke avevano messo in conto di arrivare alle prime luci dell’alba e quindi avere solo poche ore per dormire, ma quel pomeriggio la attendeva una importante riunione a cui non sarebbe assolutamente potuta mancare. Non poteva passare la notte ad aspettare che Nick si degnasse di ricomparire, per poi magari venir liquidata in due minuti, come era solito fare. Inoltre per il weekend avevano organizzato una gita sui laghi insieme alla sorella di Luke ed al marito, era dunque assolutamente impensabile fermarsi lì. Luke la accompagnò fino sotto casa, rimanendo a guardare finché non fu sicuro che fosse entrata nel palazzo. L’appartamento di Emily era al quarto piano, ed era eccessivamente grande per una persona sola. Lo aveva comprato qualche anno dopo essersi trasferita in città con i primi risparmi che era riuscita ad accumulare grazie al lavoro. C’erano tre stanze, due delle quali completamente inutilizzate, due bagni, un’ampia cucina collegata alla sala da pranzo, un salotto nel quale era finita a dormire più spesso che nel suo letto, ed un piccolo studio. Scese dai sandali che aveva indossato quella sera lasciandoli distrattamente lungo il percorso per arrivare in camera. Buttò a terra anche la piccola borsa, salvando solo il cellulare che finì nel letto con lei. No, non si sarebbe rialzata per spegnere le luci e nemmeno per cambiarsi e mettersi il pigiama. Quarantotto ore prima si trovava a Shangai a concludere un importante investimento con alcune società cinesi in rapida ascesa sul mercato internazionale. Dire che aveva fatto i salti mortali carpiati per riuscire ad andare alla festa di Nick, era minimizzare, ed ora ne pagava le conseguenze. Prima che se ne rendesse conto aveva già preso sonno, un sonno disturbato da un incubo, stava sognando di scappare da una qualche bestia feroce, aveva il cuore che le tamburellava nel petto così forte, da assordarla. Aprì gli occhi, salvandosi dall’attacco della bestia e realizzò che non era il suo cuore a battere, ma qualcuno che evidentemente aveva tutta l’intenzione di sfondare a pugni la porta. Impiegò qualche istante per trovare la lucidità ed alzarsi dal letto. La violenza con cui veniva colpita la porta sembrava far tremare i muri dell'intera casa, si avvicinò per controllare chi fosse ed istintivamente prese uno dei vasi da fiori, nel caso avesse dovuto difendersi.
«Nick?!» - disse spalancando la porta. Effettivamente aveva un vago ricordo dell’irruenza con cui era solito accanirsi contro le porte. Doveva avere un qualche trauma infantile perché ogni volta che aveva bussato alla sua porta aveva rischiato di abbatterla, ora come in passato. Il ragazzo entrò senza quasi senza guardarla ed anzi le urtò violentemente la spalla. - «Cosa ci fai qui?» - avrebbe dovuto essere alla festa o a casa, non aveva idea di che ore fossero, ma sicuramente lui non doveva trovarsi lì.
«Ti avevo detto di lasciar perdere Marsten!» - le stava urlando contro, in casa sua ad un’ora indefinita della notte. Lei aveva ancora il vaso in mano e probabilmente avrebbe finito col tirarglielo davvero.
«Se tu te ne fossi occupato io non avrei dovuto intercedere!» - gli rispose, urlando anche lei.
«Sei diventata una sua amica? Sei per caso impazzita o innamorata?» - Nick continuava ad avere un tono di voce eccessivamente alto. Si era appoggiato al bancone della cucina e le dava le spalle.
«Sei ubriaco?» - gli domandò allibita da quelle domande.
«Non abbastanza da farmi passare l’incazzatura!» - disse lui. Doveva posare quel vaso, doveva. Perché iniziava veramente a diventare allettante l’idea di tirarglielo e lui era pur sempre un suo cliente. Ma soprattutto era il figlio di Antonio.
«Ascolta, non so che problemi tu abbia con Karl-» - le arrivò addosso in mezzo istante, la sovrastava guardandola dall’alto con quelle iridi blu che sembravano un mare in tempesta.
«Karl? Lo chiami addirittura per nome!» - le disse continuando ad avanzare mentre lei indietreggiava sempre di più.
«Marsten, ok, Marsten!» - ripeté esasperata spingendolo via. - «Insomma non so che problemi tu abbia, ma non mettermi in mezzo. E tanto perché tu lo sappia, non lavoro per lui.» - effettivamente quell’informazione lo calmava, ma non era abbastanza. Emily non poteva sapere, ma il fatto che Malcolm avesse chiesto a Marsten di presentargliela era solo il preludio di una sciagura. Aveva lasciato la festa del suo locale nemmeno un’ora dopo che lei se n’era andata, non c’era stato verso che riuscisse a resistere ancora. Nemmeno tutto l’alcool che aveva ingerito aveva diluito la sua preoccupazione. Non aveva avvisato Jeremy di quell’improvvisato viaggio ad Hamilton, sicuramente si sarebbe preso una bella strigliata al ritorno.
«Che diavolo vuole da te? Perché ti invita a cena? Perché sa che eri in Cina?» - la vera domanda era come faceva lui a sapere quelle cose. Del suo viaggio in Cina poteva averlo informato qualcuno dello studio, ma delle cene con Marsten?
«Mi spii?» - domandò mentre lui buttava la giacca sul suo divano.
«Senti facciamo una cosa...» - le disse il ragazzo sedendosi. - «Se tieni a mio padre, stai lontana da Marsten e da tutti i suoi amici.» - soprattutto dai suoi amici.
«Comodo tirare fuori Antonio solo quando ti torna utile. Perché invece prima non mi ci fai parlare?» - ribatté lei notando i sandali che aveva lasciato disordinate nella sala. Non aspettava visite per quella sera. Il cellulare di Nick iniziò a squillare, ma lui non sembrava voler rispondere così fu lei a tirarlo fuori dalla giacca. - «E’ Jeremy.» - disse passandogli il telefono.
«Dove sei?» - domandò l’uomo appena Nick prese la chiamata.
«Avevo delle cose urgenti da sistemare a New York.» - disse facendole segno di tacere. E lei non capì per quale ragione stesse mentendo.
«Nick non costringermi a venirti a cercare. Dove sei.» - ripeté. Era inutile mentire a Jeremy, così come infondo sapeva che sarebbe stato inutile seguire Emily fino a casa. Averla vista parlare con Marsten e Malcolm gli aveva fatto perdere lucidità.
«Sono da Emily.» - disse finalmente ammettendo le sue colpe. Il respiro di Jeremy si fece più lungo.
«Stai facendo il suo gioco.» - disse poi. -«Esattamente come quel giorno al locale. Ti isoli dal Branco e diventi un bersaglio facile.» - sapeva che Jeremy aveva ragione. Paradossalmente seguire Emily l’aveva forse messa in pericolo più di quanto non sarebbe stata se lui se ne fosse stato alla larga. Ma il rapimento di Rachel era ancora troppo fresco, Malcolm era capace di qualunque cosa e lui non si sarebbe mai fidato di Marsten. - «Torna subito indietro.» - guardò verso la ragazza che stava raccogliendo le sue scarpe e la borsa dal pavimento.
«Tornerò domani.» - disse concludendo la telefonata ed Emily lo aveva sentito perfettamente. - «Posso?» - domandò poi più per prenderla in giro che per avere veramente il suo permesso.
«Certo. Fa come fossi a casa tua!» - rispose lei aprendo una delle stanze da letto che non usava mai. Non era cambiato di una virgola, prima agiva e poi si disturbava a chiedere il permesso. Anzi forse doveva ritenersi perfino fortunata che avesse sentito l'esigenza di chiederle se poteva restare da lei per quella notte, probabilmente normalmente non si scomodava così tanto.  Erano solo poche ore e poi se ne sarebbe andato, il cielo fuori iniziava già a schiarirsi per l'imminente alba.
Sgattaiolò nella sua stanza chiudendosi la porta alle spalle, sperando che le sue intenzioni a non avere più alcun tipo di conversazione con lui risultassero chiare. Ormai il sonno era completamente svanito quindi si cambiò e poi andò a spegnere le luci. La stanza che aveva indicato a  Nick aveva la porta socchiusa, nel silenzio totale della casa poteva quasi sentirlo respirare. Tornò a letto accendendo la piccola luce sul comodino e riprendendo a leggere il libro che aveva cominciato prima della partenza per la Cina. Fuori le luci dei lampioni erano ancora accese, l’orologio segnava le cinque e tre quarti e lei non riusciva a staccarsi da quella lettura. Alla riunione si sarebbe presentata con delle occhiaie da record, ma per fortuna aveva il weekend al lago che l'avrebbe aiutata recuperare le energie. Negli ultimi sei anni erano più le notti che aveva trascorso insonni di quelle in cui aveva propriamente dormito. Lavorava per giorni senza prendersi mai una pausa, interrompeva solo quando il suo organismo arrivava al limite di sopportazione. Le tornò in mente una volta che Antonio si era presentato alla sua porta, esattamente come Nick, nel cuore della notte. Non per urlarle contro, ma portandole alcuni sandwich e delle medicine per il mal di testa e l'insonnia. Le aveva ancora da qualche parte nel mobile del bagno. L'arrivo di Nick sulla soglia della sua porta fu preceduto da alcuni scricchiolii del parquet, che la distrassero dalla lettura e dai suoi pensieri. Avrebbe dovuto rispedirlo da dove era venuto, ma non ne ebbe la forza. Non era cambiato di una virgola, era contraddittorio come sempre, le incasinava tutto. Il ragazzo si stese accanto a lei, in silenzio, la fissava riuscendo a mala pena a tenere gli occhi aperti dal sonno. Lei lo intravedeva con la coda dell'occhio fra una riga e l'altra del romanzo, era ancora il frutto dell’incontro fra un dio ed un miracolo, aveva conservato la spregiudicatezza nello sguardo di quando aveva diciotto anni, ma aveva guadagnato il fascino della maturità. Con lui lì accanto era volersi prendere in giro continuare a cercare di leggere qualche riga, concentrandosi veramente su ciò che veniva raccontato. Avrebbe ripreso a leggere un altro giorno, quando quella distrazione ambulante non sarebbe stata candidamente abbandonata nel suo letto. Era semi addormentato con i capelli scombinati a coprirgli il viso, glieli scostò, in un gesto più dolce ed intimo di quello che avrebbe dovuto essere, sembrò quasi una carezza. Antonio non avrebbe approvato quella situazione. Ed a giudicare da come Nick aveva cercato di nascondere la cosa a Jeremy, neppure lui. Guardarlo adesso, mentre il viso si distendeva in un sonno sereno, le dava l'impressione di avere davanti a sé  una persona del tutto sconosciuta. Non era il Nick arrogante e pretestuoso che era piombato in casa sua urlandole contro e non era nemmeno lo stesso con cui aveva avuto a che fare a Stonehaven. No, quello che aveva davanti era finalmente un Nick che le ricordava Antonio. Calmo sereno, con un leggero sorriso abbozzato sul viso. Con il respiro lento e ritmico. Si era tolto la camicia, ma aveva, fortunatamente, tenuto i pantaloni della festa. Prese una coperta dall’armadio lì vicino e lo coprì lasciandone un po’ anche per sé. Non riuscì propriamente a dormire, era troppo preoccupata che un movimento incontrollato avrebbe potuto farla finire addosso a lui per concedersi la rilassatezza di un riposo, ma si appisolò per qualche minuto. Nick invece, si era svegliato solo quando il suo cellulare aveva iniziato a squillare fra le coperte, lo aveva raggiunto prima che potesse farlo lei e senza chiederle il permesso lo aveva spento e messo sul comodino tornando a dormire. Erano uno di fronte all’altra con i respiri sincronizzati all’unisono, intrappolati in un onirico stadio di serenità. Era molto meglio che litigare. 
«Buongiorno.» - le sussurrò accarezzandole la fronte. Emily avrebbe aggiunto un’altra medaglia accanto a quella, ricevuta anni prima, per aver rifiutato di stare con lui per la sua prima volta. Quella mattina avrebbe avuto la medaglia al disvalore per essere probabilmente l’unica donna al mondo ad aver passato la notte con Nick Sorrentino ed aver effettivamente solo dormito.
«Buongiorno.» - rispose lei dandogli le spalle. Nick guardò le ciocche castane scivolarle lungo la spalla scoprendole una porzione di collo. Si avvicinò fino quasi a far collidere i loro corpi ed appoggiò una mano sul suo fianco. Aveva il viso immerso nei suoi capelli, nel suo profumo e se ne doveva andare prima che le cose finissero per prendere la piega dell’ultima volta. - «Vado a fare colazione.» - la Emily che ricordava era quella che tremava quando lui la sfiorava, che smetteva di respirare e lo guardava con gli occhi tremanti. Era cambiata e lui non esercitava più tutto quel potere su di lei. Adesso poteva gestire alla pari quel gioco, poteva scegliere di sottrarsi a lui.  Non l'avrebbe più avuta in pugno con una semplice carezza, se la voleva, doveva giocare come gli adulti che erano.
«Resta.» - ed era diventato lui quello che stava quasi implorando per le sue attenzioni, per qualche minuto in più, per un contatto anche solo fortuito. Rinforzò la presa sul suo fianco impedendole di fuggire. Ma lui era fatto così, rischiava, correva sempre incontro al pericolo.
«No, davvero è-» - Emily aveva cercato di divincolarsi dalla quella stretta, ma per quanto tentasse Nick restava comunque troppo forte per lei. Da quando era tornata da Stonehaven c’era una cosa che aveva iniziato a fare. Soprattutto dopo tutte le botte prese da Elena in quel pomeriggio sul retro della villa. Si era iscritta ad un corso di autodifesa ed era probabilmente la peggior allieva del mondo dato che in oltre quattro mesi era riuscita a seguire si e no tre lezioni in croce, ma una cosa l’aveva imparata. Sapeva come liberarsi da una presa non voluta proprio sfruttandone la sua forza. Era stata brava e veloce nell’eseguire la torsione che li aveva ribaltati facendola finire sopra di lui, ma non era riuscita a bloccarlo perché il corpo di Nick reagiva automaticamente a quelle provocazioni. Il suo istruttore avrebbe comunque potuto essere fiero di lei.
«Tu guarda chi è che ha imparato a difendersi!» - le disse il ragazzo mettendosi a sedere ed arrivandole a pochi centimetri con un sorriso divertito in viso. - «Posso solo consigliarti di non finire così su ogni uomo di cui vuoi liberarti. Non hanno tutti il mio autocontrollo.» - non che le capitasse poi così spesso di avere qualcuno con cui dover lottare in un letto, per fortuna. Ma Nick Sorrentino che si descriveva come qualcuno dotato di autocontrollo, sarebbe probabilmente diventata la battuta dell’anno. Evitò di farglielo notare, lasciandolo soddisfatto per quella mezza vittoria. Aveva ragione però, si era liberata, ma restava comunque ancora troppo vicina. Anzi forse perfino più vicina di quanto non lo fosse in precedenza. Notò la cicatrice del proiettile che lo aveva colpito. Un cerchio quasi perfetto leggermente più scuro del resto dell’incarnato. Si soffermò a guardare quella piccola macchia, piuttosto che incrociare lo sguardo di Nick che la sfidava a tentare ancora una volta di metterlo a terra. Lui la guardava, col trucco del giorno prima che le anneriva gli occhi e le labbra su cui era rimasto un filo del rossetto. E poi c’era il suo collo, quello che aveva visto scoprirsi dai capelli e che ora era così terribilmente vicino a lui. Lo stesso su cui anni prima aveva lasciato un marchio ormai del tutto scomparso. Ed Emily sembrava proprio aver mantenuto la promessa che era riuscito a strapparle. Non era più innamorata di lui, se lo era lasciata alle spalle, adesso usciva con un fotografo, cinguettava con Marsten e permetteva a Malcolm di baciarle la mano. La avvicinò di più a sé affondando la testa nell’incavo della spalla. E finalmente le sue labbra sfiorarono la sua pelle regalando un brivido ad entrambi. Le tornarono in mente tutti i discorsi fatti quando si era lasciata alle spalle Stonehaven e continuavano ad essere tutti assolutamente giusti. Tutte le ragioni per cui avvicinarsi a Nick Sorrentino non era una buona idea, restavano assolutamente valide, ma insieme a quelle ragioni riaffioravano anche i ricordi, le sensazioni, la ragazzina di quindici anni che lo aveva amato per anni.
«La colazione.» - disse interrompendo la carezza che stava lasciando sulla sua cicatrice trasformandola in una leggera spinta che li allontanò nuovamente. - «E devo prepararmi per il lavoro.» - scivolò via da lui scappando in cucina. La colazione, un rituale che non le era mai appartenuto. Non sapeva nemmeno da dove iniziare per prepararne una decente dal momento che quando viveva con gli Howen non si era mai fermata a casa la mattina. Il telefono di Nick emise un beep, distogliendo la sua attenzione dal frigorifero. Un altro beep mentre beveva un bicchiere di succo di frutta, ed un altro ancora mentre sistemava la giacca del ragazzo su una sedia. A quel punto la curiosità ebbe la meglio e lo tirò fuori dal taschino, non era scarico. Sullo schermo compariva la notifica di alcune chiamate ricevute. Aveva studiato legge, conosceva bene quali fossero i diritti di privacy delle persone eppure non riuscì a contenere un pensiero. Sicuramente Nick aveva il numero di Antonio e lei stava per fare una cosa sbagliatissima. Sbloccò lo schermo trovandosi davanti al puzzle da risolvere per poter accedere al menù. Ovviamente non conosceva la soluzione, non riusciva nemmeno ad immaginare quale forma Nick avesse potuto scegliere.
«Una clessidra.» - le disse il ragazzo facendola sobbalzare.
«Volevo solo capire perché continuasse a fare beep!» - si giustificò passandogli il telefono. - «Prendi quello che vuoi, il frigo è pieno.» - aggiunse superandolo e tornando in camera a cambiarsi. Nick controllò le chiamate, erano, prevedibilmente, tutte di Jeremy. Avrebbe dovuto essere a Stonehaven già da diverse ore ed invece era ancora lì. Preferì chiamare Clay piuttosto che affrontare il suo Alfa.
«Ehi!» - gli rispose l’amico. - «Dimmi che stai per arrivare.» - a giudicare dai rumori che sentiva Clay doveva essere appena uscito di casa, forse per non farsi sentire da Jeremy.
«Non sono neppure partito.» - confessò. Molte volte si era trovato lui nella posizione in cui ora aveva messo l'amico. A coprire e giustificare i ritardi o le mancanze degli altri del Branco, quindi capiva perfettamente quanta pressione Jeremy stesse esercitando.
«Nicky dannazione!» - sbottò Clayton. - «Mi devi davvero costringere a venirti a prendere?!» - avevano tutti smesso di chiamarlo Nicky, ma a Clay lo lasciava fare.
«Ho solo dormito più del dovuto, tranquillo. Parto subito.» - lo rassicurò.
«Preparati a prenderle.»  - aggiunse quello ridacchiando mentre attaccava. C’era anche una chiamata di Amanda, probabilmente anche lei aveva qualcosa da rimproverargli, come ad esempio la fuga dalla festa. Di lei si sarebbe occupato una volta tornato a Bear Valley, di sicuro non quella mattina e non con quel mal di testa. Seguì il suggerimento di Emily prendendo qualcosa da mangiare, era la colazione più magra e povera che faceva da diverso tempo. Mentre stava seduto in cucina sentendo dei rumori provenire dalla stanza di Emily, avvertì la mancanza delle corse per i boschi di Stonehaven. Non c'era nulla come la sensazione di libertà che provava quando usciva a correre, con la terra che si attaccava alle sue zampe, ed i mille odori e rumori della natura tutti intorno a lui. La casa della ragazza era ordinata fino all’inverosimile, girovagò per le stanze, soffermandosi nello studio accanto alla libreria. Ricordava vagamente che anche al liceo le piaceva leggere, lei e quei suoi strani amici si scambiavano libri o comunque ne parlavano in continuazione. Lui aveva apprezzato la lettura solo in età più adulta, ma non era mai veramente diventato un suo hobby. Continuava a preferire attività più fisiche. Emily tornò a raggiungerlo nel salone completamente rimessa a nuovo, aveva di nuovo il suo look professionale che rendeva giustizia alla sua intelligenza e bravura.
«La riunione è di Burberry?» - le chiese squadrandola più volte dalla testa ai piedi mentre lei spostava da una borsa ad un’altra, tutti i suoi oggetti personali.
«Davvero molto spiritoso…» - commentò lei. - «Devo uscire fra poco quindi è meglio se ti rivesti.» - aggiunse poi passandogli la giacca.
«Quanto ti fermi?» - le chiese Nick mentre l’ascensore li portava al piano terra.
«Dipende dalla riunione di questo pomeriggio.» - c'erano poche alternative per la verità, o l'avrebbero subito fatta tornare sul campo, costringendola nuovamente a girare come una trottola, o le avrebbero affidato qualche caso dello studio, concedendole una tregua dai fusi orari. Non aveva tenuto il conto delle miglia percorse solo negli ultimi mesi, ma poteva quasi giurare di aver fatto il giro del mondo più di una volta. - «Dovresti pensare di andare a fare un viaggio in Russia prossimamente. Tuo padre ci va almeno una volta l’anno per incontrare gli investitori.»
«Non te ne puoi occupare tu?» - non gli sarebbe dispiaciuto cambiare aria per qualche tempo, ma non era pensabile lasciare Stonehaven, non ora che Malcolm era tornato a minacciarli.
«Finalmente avrò l’onore di incontrare personalmente Ermak Knyazev!» - quell’uomo aveva delle possibilità economiche praticamente illimitate. Era molto difficile avvicinarlo, perché sempre circondato da una infinità di guardie del corpo e trascorreva la maggior parte del suo tempo nelle sue lussuose ville. Era più semplice incontrare il Papa o il Presidente degli Stati Uniti che lui. Se fosse riuscita a farlo diventare un suo cliente, lo studio le avrebbe fatto costruire una statua in oro zecchino.
«Knyazev?» - era uno di loro, un Alfa. - «Credo che andrò io.» - aggiunse guardando  la smorfia di disapprovazione che comparve sul viso di Emily.
«Immagino che tu sappia ritrovare la strada per casa.» - disse lei salendo in macchina.
«Dico davvero Em, stai lontana da Marsten.» - aveva infilato la testa nel finestrino, guardandola dritta negli occhi.
«Em?» - aveva dimenticato che lui era l’unico a chiamarla così. Gli altri le storpiavano il nome in un più classico Emy, ma Nick era sempre diverso. - «Non ho in programma di incontrarmi con Ka…» - si interrupe da sola ricordandosi la reazione della notte prima quando aveva chiamato l’uomo per nome. - «Marsten.» - Nick però sapeva che non era così semplice impedire ad un uomo come quello di raggiungerla, soprattutto se Malcolm glielo avesse ordinato. Una volta che Emily si fu allontanata tornò subito a prendere la macchina e si rimise in viaggio per Stonehaven. Quando varcò i cancelli della villa vide immediatamente Jeremy ad aspettarlo sul portico, si chiese se lo avrebbe fatto a pezzi a mani nude o avrebbe usato qualche attrezzo del giardino. L’uomo però entrò in casa lasciandogli aperta la porta. Non c’era traccia né di Elena né di Clay, ma non erano poi molto lontani.
«Emily sta bene?» - gli chiese rompendo il silenzio che li avvolgeva.
«Si.» - rispose lui sedendosi su uno dei divani del salone.
«Te ne sei andato senza avvisare.» - aggiunse Jeremy senza incrociare lo sguardo del ragazzo che teneva la testa bassa come se da un momento all’altro dovesse arrivargli uno schiaffo.
«Ho agito d’impulso, Marsten e Malcolm le avevano parlato alla festa-» - cosa avesse temuto esattamente era difficile spiegarlo, ma anche piuttosto ovvio.
«Non puoi lasciare il Branco senza dire dove vai.» - lo interruppe bruscamente Jeremy.
«Non mi fido di Marsten, non mi piace il suo doppio gioco! Malcom è pericoloso, lo sai bene.» - gli disse il ragazzo che ora aveva alzato lo sguardo e fissava il suo Alfa dritto negli occhi. - «Dobbiamo trovarlo e farlo fuori una volta per tutte!» - ringhiò.
«Non è così facile Nick, lo sai anche tu.» -  gli disse Elena arrivata sulla porta insieme a Clay. - «Malcolm è riuscito a far credere a tutti di essere morto per anni, pensi che si farà trovare solo perché noi lo stiamo cercando?» - e lei desiderava vendetta su quel bastardo proprio quanto loro.
«Dovremmo cercare di attirarlo allo scoperto, ma non abbiamo niente che lo interessi, ci ha già preso tutto.» - aggiunse il ragazzo. Logan non era lì, era ripartito quella mattina, non c’era sosta alla tenacia con cui cercava Rachel.
«Abbiamo ancora una cosa che lo interessa.» - proferì enigmatico Jeremy. Istintivamente lo sguardo di Clay e quello di Nick saettarono verso Elena. Jeremy voleva davvero usarla per attirare Malcolm? - «Elena, Nick, la prossima settimana andrete a prendere Emily, portatela a Stonehaven.»
«Cosa? E perché?» - domandò lui perplesso.
«E’ la miglior esca che abbiamo al momento.» - gli rispose Jeremy.
«Non puoi fare sul serio. Emily non deve essere coinvolta!» - si era alzato dal divano arrivando a poca distanza da Jeremy. Non che l'idea di usare Elena la preferisse, ma in un certo senso era meno terribile di Emily. Probabilmente se Jeremy non fosse stato qualcuno per cui nutriva così tanto rispetto ed ammirazione lo avrebbe anche preso a pugni.
«Sospetterebbe di chiunque altro.» - disse l’uomo indirizzando lo sguardo verso la giovane lupa, che per ovvie ragioni sarebbe stata molto più comoda di quella ragazza come esca. - «E’ un ordine.» - non lo diceva molto spesso, di solito perché non si trovava mai costretto ad imporre il suo punto di vista sugli altri. Soprattutto non con Nick, ma ormai aveva preso la sua decisione. Malcolm stava giocando con Emily per rendere instabile Nick, sfruttare a loro vantaggio quella situazione era la loro migliore opportunità per evitare che ciò che era accaduto con Philip ed in misura diversa con Rachel potesse accadere ancora.


Dopo la riunione allo studio Emily era tornata a casa a prepararsi per la lezione serale di autodifesa. Margaret Wilson, ovvero colei che decideva della vita e della morte di ogni avvocato dello studio, le aveva pubblicamente fatto i complimenti per il numero di clienti d’alto livello che era riuscita a portare, ed oltre ad un cospicuo aumento nella sua busta paga le aveva concesso ben due settimane di vacanza. Un lusso che non ricordava essere mai stato garantito a nessuno prima di lei e che la rendeva ancora più tronfia. Si sarebbe goduta in tutta serenità il weekend al Lago Erie con Luke e Melissa. La donna, era sposata da qualche anno, ed era stata una delle poche ad averla accolta con gentilezza durante i primi anni nello studio. Avevano da tempo organizzato quel weekend per visitare il parco nazionale di Long Point e godere di un po’ di natura. La telefonata di Marsten l’aveva sorpresa proprio durante una passeggiata sulle rive del lago. Aveva risposto avendo ancora nella testa il suono della voce di Nick che le intimava di stare lontana da quell’uomo. Purtroppo però non le sarebbe stato così facile evitarlo dal momento che stando a quanto le diceva, James Williams, l’uomo che gli aveva presentato alla festa, era interessato ad entrare nel suo parco clienti. C’era sicuramente uno schema nel modo in cui Karl Marsten gestiva i suoi affari ed ormai le era chiaro che per qualche motivo era interessato ad averla fra le sue conoscenze. Ma per Emily il lavoro veniva prima di tutto, era ciò in cui riusciva meglio, ed un nuovo cliente come il Signor Williams, era un'esca fin troppo allettante per lasciarsela sfuggire, solo per assecondare le ingiustificate paranoie di Nick. E poi non c'era possibilità che lo scoprisse, non si sarebbero mai trovati seduti allo stesso tavolo. Luke era poco lontano da lei, scattava delle foto al paesaggio ed alle persone sulla spiaggia. Lavorava come fotografo per diverse riviste, la macchina fotografica era praticamente il prolungamento del suo braccio. Fissò l’appuntamento con Marsten, si sarebbero incontrati a cena in un ristorante in cui erano già andati una volta in passato e poi tornò a godersi la sua vacanza. Nonostante fosse in ferie, non c’era mai una volta che si fosse rifiutata di assecondare la richiesta di un cliente. Era uno dei suoi peggiori difetti, ma le piaceva pensare di aver ereditato da Antonio quella totale dedizione al lavoro.
Marsten aveva prenotato il tavolo per due nell’area vip, che gli concedeva una maggiore riservatezza. Aveva portato con sé diversi documenti che dovevano convincerla a prendere in seria considerazione l’offerta di Malcolm. Accettò l’ennesimo bicchiere di vino per suggellare le conclusioni a cui erano faticosamente giunti, ma rifiutò il passaggio a casa che tanto gentilmente le aveva offerto. Aveva lasciato la macchina nel parcheggio lì vicino, e nonostante il vino, era perfettamente in grado di guidare. Quando Malcolm aveva ordinato a Marsten di proporlo ad Emily come suo cliente, l’uomo aveva, come sempre, fatto buon viso a cattivo gioco. Il fatto che Malcolm lo coinvolgesse ancora nei suoi piani era l'unica fonte di informazioni rimasta a Jeremy e gli altri. Li aveva immediatamente avvertiti del desiderio dell'uomo nel diventare uno dei clienti di Emily, ma non aveva potuto dare alcuna spiegazione alle azioni dell'uomo, e chiedere era decisamente fuori discussione. Se Malcolm avesse fiutato il suo tradimento, Marsten non avrebbe avuto il tempo neppure di esalare un ultimo respiro. Mentre si dirigeva verso il parcheggio, Emily pensò alla reazione che avrebbe potuto avere Nick se avesse scoperto che ora, non solo Marsten, ma perfino suo amico, erano a tutti gli effetti dei suoi clienti, e rabbrividì. Infilò la mano nella borsa alla ricerca delle chiavi andando alla cieca. Nel parcheggio c’era solo un lampione funzionante ed ovviamente era quello più lontano da lei. Era incredibile come un luogo che di giorno era pieno di vita e di bambini che correvano nel vicino parco, di notte potesse diventare così spettrale. Era in piedi davanti allo sportello della sua auto da ormai due minuti buoni ed ancora non aveva trovato le chiavi nella borsa, eppure agitandola sentiva il rumore. Un rumore diverso fu invece quello che le sembrò di sentire alle sue spalle. Si voltò istintivamente senza però che i suoi occhi riuscissero a vedere nulla. Non c'era nulla, solo delle macchine parcheggiate.
 

Nick ed Elena erano arrivati sotto casa di Emily circa un’ora prima e ci volle tutta la buona volontà di Elena per allontanare Nick dalla porta dell’appartamento che ormai stava quasi per scardinarsi sotto i suoi pugni. I colpi del ragazzo fecero si che il vicino di casa uscisse a chiedere cosa stesse succedendo, dicendogli poi di aver visto Emily uscire qualche ora prima.
«La chiamo.» - disse Elena prendendo il telefono dalla giacca di Nick mentre quest’ultimo continuava ad essere appoggiato alla porta dell’appartamento. Sentiva il profumo di Emily, doveva essere uscita per una qualche specie di appuntamento. - «Emily?» - nessuno di loro avrebbe mai saputo se Marsten aveva volontariamente o meno omesso di informarli del loro appuntamento a cena. Probabilmente qualcuno come lui, così abituato a sopravvivere a qualunque catastrofe, aveva fiutato il pericolo e preferiva non stuzzicare la gelosia di Nick.
«E-Elena?» - domandò rispondendo al telefono sorpresa di sentire la voce della ragazza. Non aveva ancora trovato quelle maledette chiavi e si era spostata sotto la luce del lampione per rovesciare il contenuto della borsa.
«Dove sei?» - chiese trascinandosi dietro Nick lungo le rampe di scale.
«Bloccata in un parcheggio alla disperata ricerca delle chiavi della macchina.» - rispose lei sedendosi sul muretto del parcheggio.
«Dammi l’indirizzo.» - disse mentre Nick metteva in moto.
«Sono abbastanza sicura di avere i soldi per un taxi…» - rispose quando ormai il contenuto della sua borsa era tutto per terra e delle chiavi della macchina non c’era traccia. Cercò di ricordare dove altro poteva averle messe, ma era certa che dovessero  essere nella borsa. Poi ebbe un flash, prima di entrare nel ristorante la borsa le era scivolata a terra, forse le chiavi erano finite fuori.
«Io e Nick eravamo passati a casa tua, dimmi dove sei arriviamo in un attimo.» - insisté la ragazza. Emily ne rimase sorpresa, andava a cena con Marsten e Nick ed Elena improvvisamente comparivano in città.
«Sono sulla Queensdale all’angolo con la Upper Sherman, vicino al parco, ma davvero posso prendere un taxi… » - ebbe la sensazione di non essere più sola in quel parcheggio, di nuovo. Si alzò per guardare se fosse arrivato qualcuno, ma non vide nulla. Nel frattempo Nick era partito per raggiungerla e si era fatto passare il telefono.
«Dieci minuti e arriviamo, mettiti dove posso vederti.» - disse svoltando sulla strada principale.
«Sono nel parcheggio sotto l’unico lampione funzionante…» - disse rassegnata ad aver perso le chiavi della macchina.
«Quanto prendi all'ora?» - scherzò il ragazzo al telefono strappandole una risata. E poi di nuovo quel rumore. C’era qualcosa in quel parcheggio. Stavolta aveva visto un’ombra.
«Nick…» - disse. Il coraggio non era esattamente la sua dote più spiccata. - «Non è che potresti fare prima?» - fece qualche passo fiancheggiando le macchine parcheggiate.
«Improvvisamente hai voglia di vedermi?» - domandò lui mentre Elena alzava gli occhi al cielo.
«Sento dei rumori…» - disse. Ed immediatamente i due ragazzi si allarmarono. - «Come se ci fosse qualcuno…» - continuò a dire sporgendosi di poco a guardare. Poteva essere qualunque cosa, eppure sia Nick che Elena temerono il peggio.
«Emily vai verso la strada, in mezzo alla gente!» - le ordinò la ragazza riprendendo il telefono. Lei e Nick sarebbero arrivati a destinazione fra pochi minuti, almeno così diceva il navigatore. - «Emily?»
«Si… ci sono.» - bisbigliò, non aveva potuto vedere chiaramente cosa stesse emettendo quei rumori, ma le era sembrato un cane. Si stava dirigendo verso l’uscita quando questa volta sentì chiaramente un ringhio alle sue spalle. Non era un cane, o se lo era doveva aver mangiato un elefante. La bestia era salita sul tettuccio di una delle auto e le ringhiava con i denti in bella vista. Anche Elena e Nick sentirono il ringhio dell’animale, seguito poi da un urlo di Emily ed alcuni rumori indecifrabili.
«Emily? Emily!» - Elena continuò a chiamarla, mentre Nick rischiò di colpire in pieno un’altra macchina ad uno degli incroci. - «Ci siamo!» - disse poi scendendo di corsa per raggiungere il parcheggio.
«Em!» - urlò Nick.
«Nick!» - lo chiamò Elena che aveva trovato le cose di Emily sparse a terra. - «Non sono lontani.» - continuò poi la ragazza muovendosi fra le macchine. Trovarono una scia di sangue, era di Emily.
«Marsten.» - disse Nick sfiorando con i polpastrelli l’asfalto accertandosi che si trattasse di una traccia fresca.
«No è qualcuno di nuovo. Da questa parte.» - Elena era il miglior segugio del Branco. Rintracciò immediatamente l’odore del Solitario e lo seguì fuori dal parcheggio. - «L’ha trascinata.» - disse analizzando i segni sul terreno.
«Emily!» - Nick l’aveva vista. Il lupo la stava trascinando nel parco, fuggì appena li vide. - «Em? Ehi, Emily!» - le scuoteva la testa cercando di farle riprendere conoscenza. Era svenuta e perdeva sangue.
«Ha solo una ferita superficiale alla testa.» - disse Elena controllandola. - «Portiamola a casa.» - Nick l’aveva sollevata per portarla in macchina. Era priva di sensi probabilmente il colpo alla testa l’aveva preso cadendo. La base dei pantaloni era perforata, era il punto usato dall’animale per fare leva e trascinarla, ma non aveva toccato la pelle. Nel viaggio di ritorno fu Elena a guidare mentre Nick sul sedile posteriore puliva ed asciugava la ferita di Emily. Per buona parte del viaggio la ragazza restò incosciente, e quando recuperò lucidità finì col riaddormentarsi quasi immediatamente. Jeremy e Clay erano stati avvisati dell’accaduto e li attendevano a Stonehaven.
«Portala in infermeria.» - gli disse Jeremy vedendolo scendere con Emily in braccio.
«Dovrebbe riprendersi in fretta, il peggio credo sia stato lo spavento.» - gli disse Elena rivivendo l’incubo di quello che era accaduto a Philip. L’infermeria era una sala della villa con diversi letti e piena di medicine. In nessuna casa normale c’era una stanza come quella, ma a loro era tornata utile più di una volta. Le grandi finestre tutte su un lato, davano proprio sul fronte della villa, permettendo di ammirare il giardino e poi, fin oltre le mura di cinta. Emily riprese i sensi solo il giorno dopo, il sole che entrava dalle finestre le aveva trafitto gli occhi costringendola a svegliarsi. Le faceva male la testa e si toccò la fasciatura, ricordando la sera prima. Guardandosi intorno non capì immediatamente dove si trovasse, ma appena uscì dalla sala, riconobbe i corridoi e le scale di Stonehaven. Scese le scale trovando al piano terra solo Jeremy.
«Buongiorno.» - disse con una mano alla testa. - «Come ci sono arrivata qui?» - Jeremy lasciò immediatamente i documenti di cui si stava occupando e la raggiunse facendola sedere.
«Cosa ricordi di ieri sera?» - domandò.
«Una specie di gigantesco cane mi ha aggredita mentre aspettavo Nick ed Elena in un parcheggio.» - ricordava anche d’aver perso le chiavi della macchina.
«Ti hanno trovata priva di sensi e ti hanno portato qui.» - le disse Jeremy portandole un bicchiere d’acqua. - «Abbiamo già allertato la polizia per cercare di individuare l’animale.» - non la stupiva il fatto che l’avessero portata a Stonehaven. Sembravano avere una sorta di astio verso gli ospedali. E pensare che da piccola avrebbe tanto desiderato un cane, una volta era stata in una famiglia che ne possedeva uno e perfino quello l'aveva morsa. Nick, Elena e Clay entrarono dalla porta principale semivestiti, probabilmente si erano di nuovo allenati.
«Ehi ti sei svegliata.» - le disse Nick raggiungendola.
«Già… A quanto pare ultimamente non sono per niente fortunata.» - rispose cercando di alzarsi.
«Te l’avevo detto di stare lontana da Marsten.» - Emily notò lo sguardo che Jeremy si scambiò sia con Elena che con Clay, ma più di ogni altra cosa si chiese come faceva Nick a sapere dell’incontro con Marsten.
«Come fai a sapere che l’ho incontrato? Ma soprattutto pensi che sia colpa sua se un randagio mi ha attaccata?» - disse sorridendo. Le sembrava veramente eccessivo attribuire all’uomo l’attacco di un animale.
«Non importa qui sei al sicuro.» - le disse accarezzandola.
«Al sicuro? Non è che sia sotto la minaccia di qualche gruppo terroristico!» - disse allontanandolo. - «Ho avuto una brutta esperienza, ma nulla per cui debba essere tenuta nella vostra fortezza!» - continuò dirigendosi verso le scale. - «Senza offesa…» - aggiunse. Gli era grata per averla soccorsa, ma Stonehaven le dava un senso di claustrofobia, un po’ come la casa degli Howen. Sentiva che c’erano dei segreti, cose non dette e nascoste e lei aveva dovuto vivere in una casa del genere per anni, non poteva immaginare di passarci un altro giorno.
«Beh intanto se non fossimo arrivati chissà in che stato saresti stamattina!» - le rispose Elena.
«Giusto, ecco, grazie per avermi soccorsa. Ma adesso me ne vado.» - cercò il telefono nella borsa, ma non lo trovava.
«Cosa cerchi?» - le domandò Clay appoggiato alla ringhiera delle scale.
«Il mio telefono.» - lei gli dava le spalle quindi non vide che il ragazzo si era girato a guardare Jeremy e Nick.
«Ce l'ho io.» - confessò poi Nick.
«Tu cosa?» - quello era decisamente troppo. - «Non importa, ridammelo.»
«Non fino a quando non starai meglio.» - disse lui. Ed eccolo di nuovo il Nick che al liceo picchiava Gabriel per delle ragioni a lei incomprensibili, comportarsi come se potesse decidere tutto della sua vita.
«Sono abbastanza sicura che guarirò allo stesso modo a casa mia.» - disse allungando al mano aspettando che le venisse restituito il telefono.
«Casa tua non è sicura.» - rispose Nick.
«Hai mai pensato di farti visitare perché sei paranoico.» - Jeremy avrebbe voluto intervenire, ma Nick lo precedette.
«Te l’ho detto per il momento devi rimanere qui, è l’unico posto dove sei al sicuro.» - ribadì il ragazzo.
«Il tuo comportamento non ha alcun senso!» - esplose lei. - «Non fingere di preoccuparti, siamo praticamente degli sconosciuti.» - si fermò un attimo per notare le reazioni dei presenti e quando le sembrò che Nick volesse ribattere lo interruppe sul nascere. - «La mia sicurezza non è un tuo problema, non lo è mai stata e mai lo sarà!»
«Non lo capisci? Sto facendo quello che ha sempre fatto mio padre.» - le rispose lui.
«Oh non ci provare! Non tirare fuori tuo padre quando ti fa comodo! E poi Nick, notizia flash:  tu non sei tuo padre.» - istintivamente aveva fatto due passi verso di lui, perché quando un litigio inizia a diventare troppo violento, il corpo umano tende istintivamente a cercare la fisicità dell’altro. - «E dato che non posso andarmene perché ho perso le chiavi della macchina e non posso nemmeno chiamare un taxi, se ai miei carcerieri non dispiace vado a fare una passeggiata nel giardino. Tanto finché rimango nei confini della proprietà dovrebbe andare bene, no?» - non aspettò la loro risposta perché in realtà quella non era una vera domanda. La forza con cui si chiuse alle spalle la porta d'ingresso della villa fece tremare perfino i vetri delle finestre.
«Vado con lei.» - disse il ragazzo togliendosi la maglietta.
«Sta attento che non ti spari a vista.» - gli disse Clay.
Nick si trasformava da quando era un adolescente. Essendo nato per metà umano e per metà lupo per lui non era traumatico come per Elena. Le sue due nature non erano mai state in lotta fra di loro, l’una non cercava di prevalere sull’altra. Correre insieme ad Elena e Clay era divertente, rintracciare il loro odore, rincorrerli e giocare come quando era un ragazzino, lo faceva sentire libero. Ma poteva accontentarsi anche di seguire Emily da una distanza di sicurezza. Il bosco che circondava Stonehaven non era un luogo pericoloso, da diversi anni nemmeno i cinghiali si fermavano più su quel terreno. Era solo una immensa distesa di foglie, rami ed alberi caduti, era lì in mezzo che avevano disperso le ceneri di tanti loro amici e di suo padre. Emily camminava in direzione sud-ovest aveva tenuto un ritmo sostenuto per poi rallentare e sedersi su uno dei tronchi caduti. Restò seduta forse per due ore, immersa nel silenzio rumoroso della foresta che la circondava. Non si era accorta del grosso lupo marrone che a distanza la osservava e seguiva, così come non si accorse dei vestiti di Nick lasciati vicino all’entrata di casa, quando tornò indietro. Aveva tirato dritta verso il secondo piano, tornando nell’infermeria.
«Puoi usare la solita stanza!» - le urlò Elena dal piano di sotto. E seguì quel consiglio, trovando già pronti dei cambi. Quanto a lungo avrebbe dovuto restare lì? E che razza di psicosi di massa avevano per lasciare che Nick la trattenesse in quella casa contro la sua volontà? Le brontolava lo stomaco dalla fame, ma era nervosa e non voleva incrociare nessuno di loro, quindi non scese a mangiare.
«Considerando il suo attuale umore, non credo che ci aiuterà con Malcolm.» - disse Clay a cena.
«Domani le sarà passata.» - gli rispose Elena. 
«Piuttosto possiamo fidarci di Marsten? Era con lei quando è stata attaccata, perché non ce lo ha detto?» - incalzò Clay.
«Non credo che avrebbe fatto del male ad Emily se fosse veramente stato lì.» - rispose Elena. Ricordava come l'aveva salvata il giorno dell'attacco, a modo suo aveva un codice d'onore.
«Abbiamo sentito il suo odore! Era lì!» - ringhiò Nick.
«Lo abbiamo sentito, ma il lupo che trascinava Emily era qualcun’altro!» - Nick non si sarebbe mai fidato di Marsten, non aveva alcuna importanza quello che Elena diceva.
«Marsten dovrà darci delle spiegazioni, ma credo che non fosse al corrente dell'attacco. Probabilmente Malcolm ha iniziato a sospettare di lui.» - disse Jeremy prendendo un’altra fetta di carne. E suo padre aveva sempre un piano B. Emily sarebbe dovuta morire in quel parco, ma anche se le cose non erano andate come previsto, lui poteva sempre raggiungerla.
«E’ l’ultima stronzata che fa quel figlio di puttana.» - commentò Nick. Jeremy gli appoggiò la mano sulla spalla invitandolo a rimettersi a sedere, non era il momento per dei gesti irragionevoli. Fu lui ad alzarsi ed ad allontanarsi di qualche passo per chiamare Marsten.
«Dov'eri ieri sera?» - domandò l'Alfa.
«Ho la sensazione che tu lo sappia già.» - rispose l'uomo al telefono.
«Emily è stata attaccata.» - disse Jeremy.
«Cosa? Quando? L'ho vista andare verso la macchina, sta bene?» - Nick era indeciso se lo irritasse di più quella preoccupazione per Emily o il tono della voce dell'uomo. Ciò di cui era sicuro era che le due cose insieme erano totalmente intollerabili.
«Se sei tanto preoccupato per lei perché non vieni a controllare come sta di persona. Sarò felice d'aprirti la porta io stesso!» - urlò quasi con l'intenzione di strappare il telefono dalle mani di Jeremy.
«Tieni a cuccia il tuo cucciolo, io non c'entro niente!» - disse Marsten.
«Chiariremo questa faccenda.» - Jeremy gli credeva, fondamentalmente perché Elena credeva nell'innocenza del Solitario. - «Tienimi aggiornato.»
«Sta mentendo.» -
sibilò Nick.
«Non hai alcuna prova.» - disse Elena.
«Dammi un'ora con quel bastardo e ti darò tutte le provi che desideri.» - e probabilmente anche qualche organo  dell'uomo.
«Adesso basta. Andiamo a  riposare.» - i nervi di Nick erano all'orlo della rottura. Aveva perso troppo in quella guerra per pretendere da lui lucidità.
Nessuno di loro lasciò Stonehaven quella notte, niente passeggiate notturne né uscite per schiarirsi le idee. Il Branco doveva essere unito più che mai, perché Malcolm aveva iniziato a muovere le pedine sulla sua scacchiera, per questo Jeremy chiamò Logan chiedendogli di raggiungerli. Il mattino dopo Emily uscì di casa molto presto, Jeremy era ancora nei boschi per la sua solita corsa quando ne avvertì l’odore proprio verso l’entrata principale della villa. Dovette correre in casa, rivestirsi e prendere la macchina per raggiungerla quando ancora era lungo la strada alberata che portava alla città sottostante.
«Non è un po’ troppo come semplice passeggiata mattutina?» - le domandò abbassando il finestrino accostandosi con la macchina sul ciglio della strada.
«Wow mi chiedevo quanto ci avreste messo ad accorgervi della mia fuga.» - rispose la ragazza continuando a camminare.
«Se vuoi andare in città posso accompagnarti.» - le disse cominciando a camminare per raggiungerla.
«No grazie. Non sto andando in città, ma a casa.» - non si era girata nemmeno una volta. Era ancora arrabbiata con tutti loro.
«Capisco che il comportamento di Nick possa sembrarti incomprensibile.» - le disse accelerando il passo e fermandola per un braccio. - «Ma sta solo cercando di fare quello che ritiene più giusto. » - Non aveva mai avuto modo di parlare con Jeremy così a lungo, le poche volte che aveva scambiato con lui qualche parola lo aveva trovato un uomo intelligente e carismatico. Antonio glielo aveva descritto come un vero amico, ed era probabilmente la persona di cui si fidava di più al mondo. Doveva essere per quello che Nick sembrava ascoltare solo ciò che Jeremy ordinava. - «Sei libera di andartene quando vuoi, ma prima almeno guarisci del tutto.» - le passò un dito sulla fronte poco sotto la fasciatura che aveva alla testa e le mostrò il sangue.
«Ieri non sembrava che fossi così libera di andarmene…» - rispose sorridendo lasciandosi condurre verso la macchina.
«Ieri Nick non mi ha lasciato parlare.» - le disse l’uomo aprendole lo sportello ricambiando il suo sorriso.
«Lo fanno tutte le mattine?» - domandò  quando tornarono alla villa vedendo Nick, Elena e Clay allenarsi sul retro della casa.
«Quasi…» - rispose Jeremy accompagnandola dagli altri.
«Ehi come ti senti stamattina?» - le chiese Elena interrompendo il suo incontro con Clay.
«Bene.» - rispose lei.
«Perfetto perché intendo suonartele.» - aveva cercato di darle un calcio prima ancora di finire la frase, era stata pura fortuna riuscire a schivarlo.
«Bel tentativo.» - le disse lei ricambiando con una spinta.
«Nick dice che sei migliorata, fammi vedere!» - l’ultima volta che era stata con Elena sul retro di Stonehaven aveva preso più botte che in tutta la sua vita. Ma aveva anche scaricato rabbia e tensione, cosa che sarebbe stata molto utile in quel momento.

 


Bitten rinnovato e quindi, nuovo capitolo XD
Spero vi sia piaciuto =)

 
   
 
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