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Autore: Aven90    20/06/2014    12 recensioni
Breve One Shot scritta per il contest organizzato dal quel gruppo cremoso che è la "créme de la crème di EFP", di facebook. La storia è uno steampunk, ossia ambientata nell'Inghilterra dell'età vittoriana ma con elementi anacronistici. Trovate che l'idea di Viktor Willemfield porterà i suoi frutti?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una lunga, liberatoria risata echeggiò in un luogo sperduto della Cornovaglia.

Uno straniero avrebbe detto  che qualcuno era molto felice, nonostante abitasse in una baracca diroccata in mezzo alla brughiera e tutt’attorno tuoni e saette empivano l’aria di suoni, accompagnati da una fitta pioggia battente sospinta dal vento.

Eppure un uomo era felice.

Viktor Willemfield, vestito di un lungo camice bianco abbottonato in ogni asola, rideva stringendo i pugni coperti dai guanti.

“Ce l’ho fatta…” sibilò, stringendo gli occhi coperti da un paio di occhiali protettivi. “Oggi, 19 giugno 1890, è il primo giorno della mia vendetta. Metterò paura a chi mi ha reso un torto, distruggerò tutto ciò che è cattivotrasformandolo in qualcosa di migliore e rivelerò tutta l’ipocrisia della società di oggi.

Oh, destino crudele! Tu non hai voluto che un povero scienziato si coronasse delle soddisfazioni che gli spettavano? Benissimo, egli stesso afferrerà l’occasione che si è creato da solo e scaglierà contro Buckingham Palace la sua… creaturina.

Quattordici anni ci sono voluti! E adesso eccoti qui… Mister Evilcrab”

Concluse il suo monologo senza che nessuno ebbe modo di ascoltarlo. In quella stanza muffita, oltre a lui non vi era vita, tuttavia la stanza era colma di cianfrusaglie in metallo, tubi di scarico e un rudimentale sistema che dava luce, che terminava con la nuova invenzione che aveva preso il nome di lampadina.

All’esatto centro di quella stanza, l’orgoglio e la gioia di Willemfield.

Sembrava un granchio dalla forma, ma era chiaro che era stato costruito artificialmente. Le chele erano state fatte da cavi in bronzo, così come le zampe. Il busto, invece, conteneva tutti gli ingranaggi necessari che servivano alla locomozione e all’illuminazione del grosso paio di occhi, i quali, accesisi, avevano scatenato la precedente ilarità dello scienziato.

Quegli occhi inquietanti avrebbero fatto tremare tutti coloro che avevano colpito nell’intimo l’inventore.

Egli era mosso da un desiderio di vendetta. Ricordava ancora di quando era stato promosso a pieni voti a Cambridge, e si prometteva una grande carriera sfolgorante.

E poi avvenne il fattaccio. Qualcuno che non aveva mai scoperto, forse un allievo invidioso, forse un rivale senza scrupoli, lo aveva accusato di aver rubato l’idea per un’invenzione e dunque gli venne preclusa la sua possibilità di portare il Calcolatore Elettronico all’esposizione universale che si sarebbe tenuta a Philadelphia, negli Stati Uniti, ormai quattordici anni prima.

Inutile dire che tutte le accuse erano infondate, ma per il povero Viktor fu la fine. Venne screditato e una volta persa la faccia venne estromesso anche dalla carica di insegnante.

Non poteva più uscire di casa a Londra senza che venisse additato come un criminale.

“Poffarre! Ecco il baro: non ritenete anche voi, cara, che ai bari non dovrebbe essere permesso di gironzolare nullafacenti per codeste strade?”

Erano quelle le esatte parole di lord Avenforth, che peraltro era stato suo amico, rivolgendosi alla moglie. Parole che ancora lo perseguitavano come uno stiletto che affondava nella piaga.

E la moglie gli rispose ridacchiando alla maniera snob “Oh, sono perfettamente d’accordo con voi, caro!”

Ecco perché lasciò quell’inutile città piena di sé, con tutte le sue prevaricazioni e il gioco d’azzardo e la prostituzione per rifugiarsi in Cornovaglia, dove costruì da solo quella catapecchia e lì viveva da quasi tre lustri.

Alla fine, desideroso di vendetta, decise di usare proprio il calcolatore elettronico per costruire quella che sarebbe stata un’arma infernale.

Era sempre stato affascinato dai granchi, sin da quella volta al mare.

Aveva otto anni, e come sempre la sua modesta famiglia andava a rinfrescarsi nelle spiagge di Porthcurno, in quella stessa Cornovaglia che più tardi lo avrebbe ospitato nei giorni dell’esilio.

E fu allora che, una mattina di quelle torridi estate, venne morso. Erano facili da trovare, in mezzo alle fini sabbie bianche cosparse di conchiglie. E più si muoveva, più il crostaceo maledetto non si staccava, e ci volle l’intervento dei genitori per rimuoverlo, e poi mangiarlo bollito.

E da allora ne aveva sempre studiato il comportamento, fin quasi a diventare ossessivo. Era la sua seconda passione, a parte gli ingranaggi e far muovere gli oggetti.

Ecco che adesso Viktor poté ammirare la sua opera, finalmente completa.

La accarezzò, scoprendola tiepida al tatto. La annusò, e l’odore di metallo empì le sue narici.

“Evilcrab… mi sei costato quattordici anni di fatiche, di sacrifici e di rinunce, tuttavia, da solo, non potrai fare molto. Costruirò un esercito di Evilcrab, in modo che quella stupida società si renderà conto di avere sbagliato. Io dovevo partecipare, a Philadelphia, e anche a tutte le altre esposizioni che sono venute dopo. E adesso moriranno tutti, pagheranno uno alla volta i loro errori.”

Non gli ci volle molto per azionarlo, aveva già installato una chiave che bastava girare.

Ed ecco che, come se non avesse aspettato altro, il granchio bronzeo si mosse, ma non di lato come facevano i suoi simili naturali, ma dritto e minaccioso.

Era stata quella l’idea geniale: cambiare la posizione delle zampe in modo che non camminasse in maniera ridicola.

Evilcrab pertanto uscì spaccando l’uscita con le chele e fece la sua comparsa nel mondo, dove là fuori ancora imperversava la tempesta.

Ne sembrava del tutto indifferente: gli ingranaggi continuavano a muoversi al ritmo lento e inesorabile imposto, e i fanali che aveva al posto degli occhi garantivano luce a sufficienza e visibilità per parecchi metri.

Nel frattempo, alle spalle del meccanismo, Viktor sogghignava sulla soglia, le mani in tasca e una pipa appena accesa in bocca.

Nessuno avrebbe mai saputo chi sarebbe stato il mandante… o forse sì, ma in ogni caso non importava.

Importava solo una cosa: la vendetta, che consumata fredda aveva un sapore più dolce della torta al cioccolato.

Ma sarebbe riuscito a ottenerla? I suoi mostri avrebbero raso al suolo la capitale come preventivato?

Mister EvilCrab proseguiva per la verde brughiera, che presto mutò in colline, che lasciarono il posto a coste lussureggianti,e  infine, risalendo il Tamigi, arrivò a Londra.

La capitale dell’Impero e origine e causa della sua nascita.

EvilCrab l’aveva vista, anche se non conosceva tutte quelle motivazioni. Er programmato solo per distruggere.

E lo avrebbe fatto.

 

   
 
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