Note: ho
utilizzato le traslitterazioni dei nomi delle scan inglesi. Dove per Landkarte
non cambia (che io ricordi), per Ea si intende – da traduzione italiana – Er.
Una cosina senza pretese, perché questi due mi hanno ripetutamente calpestato
il cuore e ho bisogno di un lieto fine per loro.
Il titolo è un gioco di parole con “Until Death do us part” ossia il nostro “Finché morte non ci separi”.
Dio è stato misericordioso. Landkarte lo ha pensato
mentre Ea lo conduceva davanti al Signore dei Cieli, mentre questi gli parlava,
mentre sceglieva per lui una pena che – Landkarte lo sapeva – non sarebbe mai
stata dura abbastanza perché lui scontasse tutto il male che aveva fatto.
Ma Dio lo aveva perdonato, o meglio, gli aveva offerto una seconda occasione
che non credeva di meritare.
Quante vite avrebbe dovuto vivere per ripagare i propri debiti? Quanti secoli,
perché il suo spirito smettesse di sembrargli così lordo?
Aveva ricevuto il perdono di Dio e di Ea, forse, ma non riusciva davvero a
perdonare se stesso.
Nemmeno in quella dimensione fatta di sola, pura luce; nemmeno in quel luogo
senza tempo dove il suo spirito riposava indisturbato, recuperando tutto quello
che le tenebre avevano inghiottito – la fede, la speranza, e perfino l’amore.
Lì Landkarte ha solo lo spirito e nessun corpo, o
almeno lui è certo che sia così; nonostante la sua convinzione, ha la perfetta
sensazione della pesantezza che solo un involucro umano porta con sé. Lui sente di essere sdraiato in quella luce
sconfinata, proprio come se fosse su un prato a guardare il cielo.
Vorrebbe che ci fosse davvero una distesa di azzurro limpido, interrotta solo
da qualche nuvola passeggera; vorrebbe vederlo roseo all’alba, poi azzurro, poi
arancione al tramonto e infine quasi nero la notte. Vorrebbe vedere le nuvole
farsi cariche di pioggia o quel grigio troppo chiaro che preannuncia sempre la
neve.
Ma non c’è cielo e non c’è terra, lì – c’è luce che lo circonda come se volesse
proteggerlo, come se così fosse più facile entrargli dentro; e in fondo
Landkarte lo sa che il marcio e l’oscurità si annidano nel cuore e nello
spirito, non certo sul corpo.
Vorrebbe aver avuto più tempo per parlare con Ea, per dirgli che gli dispiace
per così tante cose che non sa nemmeno lui da dove potrebbe cominciare. Si
scuserebbe per non avergli confidato che tutta l’oscurità che vedeva stava diventando
un fardello troppo pesante da sopportare da solo; si scuserebbe per non aver
compreso le sue parole e, anzi, per averle persino dimenticate; gli chiederebbe
perdono per non aver creduto nella propria forza, ma soprattutto per non aver
creduto in lui.
Lo avrebbe fatto e lo farebbe tutt’ora se potesse, ma Ea non c’è – non è più da
nessuna parte, in nessun luogo che lui possa raggiungere – e allora anche se
non si vede nessun cielo, lì, non è poi così importante.
Se ci pensa bene è naturale che Ea non sia più in quel
luogo da molto tempo.
Per tanti anni ha assorbito oscurità fino a segregare quel che rimaneva del
proprio cuore e della propria coscienza, perciò che ci voglia tanto a
purificarlo senza lenire il suo spirito non è così strano. Ea invece è sempre
stato dalla parte del giusto e del bene.
Chissà che aspetto ha ora, sulla Terra.
A volte Landkarte vacilla: non riesce ad avere fede come vorrebbe e sogna – o forse
lo immagina soltanto, perché non sa se nella propria attuale condizione si
possa parlare di “sognare” – di arrivare finalmente in un mondo dove potrebbe
rivedere Ea e dirgli tutto ciò che gli ha taciuto, ma poi scopre che lui lì non
esiste.
Sente un dolore lancinante che, forse, da umano sarebbe all’altezza del petto;
ma da entità quale è, lo avverte
ovunque.
A volte teme che non lo rivedrà mai più, altre che Ea farà di tutto per non
farsi trovare, altre ancora che lui forse non rinascerà mai – dopotutto senza
la minaccia di Verloren, non c’è bisogno dei Seven Ghosts, giusto?
Il pensiero peggiore, il più doloroso di tutti, è che potrebbe rinascere senza
ricordare nulla di Ea o di se stesso. In quei momenti ha così tanta paura che
teme di sprofondare di nuovo nell’oscurità del proprio cuore.
Ci sono periodi di tempo, di cui non riesce a definire la durata, in cui pensa
a cosa potrebbe desiderare se Dio decidesse di farlo rinascere come essere
umano.
Quando si rende conto che quella possibilità esiste, si sente meno fuori luogo
in tutta quella luce; forse è perché riesce a credere e a sperare come una
volta.
O perché è deciso a far sì che almeno un desiderio sia solo e unicamente per
Ea.
Non credeva che avrebbe mai potuto cercare Ea, invece finalmente può farlo.
Come tutti gli esseri umani non ricorda affatto i propri desideri espressi al
cospetto del Signore, ma tutto il resto è lì, nitido e indelebile nella sua
memoria nonostante il dorso della sua mano non rechi più il simbolo del ghost Landkarte.
Il mondo non è perfetto, ancora ci sono cose che non piacciono, ma sente che va
bene così mentre aiuta un’anziana che è stata urtata dalla folla e poi
ignorata; questa gli sorride, e Landkarte pensa che un sorriso può dissipare le
tenebre più cupe e che avrebbe dovuto capirlo prima.
Ma può ancora rimediare.
Vorrei
poter ricambiare quanto di buono mi è stato dato finora.
Non sa se tentare la sorte lì sia giusto o abbia senso.
Landkarte fa ancora fatica a capire perché sia rinato nel corpo che aveva
quando divenne ghost,
anziché ricominciare il ciclo dall’inizio; né ha idea di quanto tempo abbia
passato avvolto da tutta quella luce.
Per quanto ne sa potrebbero essere passati anni: Ea potrebbe essere vecchio, o
già morto, o essere vivo e non ricordarsi di lui. Quello potrebbe rivelarsi
come la sua punizione – essere nello stesso mondo di Ea e non poterlo vedere né
poterci parlare.
Potrebbe essere ovunque, ma Landkarte ha voluto cominciare da lì, dalla chiesa
di Barsburg: vuole credere che lo troverà, e che se
anche non dovesse succedere avrà forza e fede sufficienti a cercare ancora, e
ancora, proprio come Ea ha fatto con lui.
Stavolta vuole credere sul serio.
Lasciate
che io possa incontrare Ea. Vi prego.
La chiesa brilla di una luce meravigliosa che con il sole e il cielo limpido
non ha nulla a che fare. Vederla gli stringe il cuore e quasi non lo fa
respirare: pace, non percepisce altro che quello, insieme a una sensazione di
familiarità che è come una piccola scintilla non ancora fuoco, di cui bisogna
curarsi perché non si spenga.
Profuma di fiori e di erba, è calda come un abbraccio.
Se Landkarte dovesse darle un volto, sarebbe quello di un coetaneo che lo
guarda come se lo avesse fatto aspettare troppo.
«Ce ne hai messo di tempo!»
Voglio
rinascere insieme a Landkarte per stare con lui ancora una volta.
Se dovesse dargli un nome, sarebbe quello che ora lo colma di una felicità che
non saprebbe descrivere nemmeno fra mille anni.
«…Sono tornato, Ea.»