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Autore: lamialadradilibri    23/06/2014    1 recensioni
Pesco: Il tuo fascino non ha eguali.
Fiore di pesco: Sono tuo prigioniero.
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E così lo vidi: un ragazzo alto e biondo mi stava osservando con un’aria perplessa e sorpresa, la bocca semiaperta e gli occhi azzurri sbarrati. Restò a pochi passi da me, senza più battere ciglio, ed io riuscii a pensare soltanto ad una cosa: quant’era bello. Aveva il portamento d’un dio greco, le spalle dritte e gambe lunghe e sottili, ed un’aria intelligente. Mi mancò il respiro.
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Ma ormai era già troppo tardi. Non avrei dovuto rivelargli le mie debolezze, avrei dovuto fingere di star bene. E ci provai, tentando di mettermi in piedi – per scappare –, ma una fitta allo stomaco mi fece piegare in due. Il mondo sparì di nuovo, inghiottendo lo splendido ragazzo e la luce, ma sentii ugualmente delle braccia stringermi, avvicinandomi ad un corpo che mi sembrò bollente. Il ragazzo mi disse qualcosa, ma non riuscii a capire una parola.
Ecco fatto.
Ero nella merda.
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Meme1
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Four
 
"Sei nata sola.
Vivrai sola.
Morirai sola."
 
La sveglia suonò alle sette in punto. Ines me l’aveva detto, con un sorriso divertito, che lei era molto mattiniera, e perciò lo sarei diventata anch’io. La verità era che non avevo mai badato agli orari, a parte per differenziare il giorno – stai ferma, non farti vedere – dalla notte – corri: devi rubare e mangiare. Quindi mi alzai senz’alcun problema, per nulla assonnata. Il giorno prima avevo dormito così tanto che bastava per tre giorni interi!
Poco più tardi Ines entrò nella mia stanza, sorridendo: «Oh, già sveglia? Uff, avevo portato le pentole da sbattere vicino alla tua testa!» si lamentò, quasi, suscitando le mie risate. Posò le due pentole sul comò vicino al mio letto e s’avvicinò a me con due lunghe falcate. Mi ispezionò gli occhi. «Hai fame? Giù ci sono caffè e brioche. Quante ne vuoi!» specificò, con un sorrisone.
Io annuii con forza. Stavo morendo di fame! «Sì, eccome. Credo che prima andrò al bagno, Ines.» Le dissi, con un tono un po’ troppo formale che la fece sogghignare. Ma non potevo farci nulla: non ero ancora abituata all’idea di avere amici e un letto dove dormire.
 
La mattinata passò in fretta e, a pranzo, arrivò anche Ray. Lo avevo atteso così tanto, quel giorno. Ogni volta che qualcuno aveva bussato alla porta, avevo subito sperato che fosse lui – non era mai stato così, ed avevo soltanto sentito Ines salutare qualche vecchia amica o il postino.
Quel giorno indossava una camicia bianca che gli faceva un fisico ancor più perfetto, e dei jeans attillati. La cosa che attirò maggiormente la sua attenzione fu il suo volto: un livido di notevoli dimensioni e di colore scuro campeggiava proprio sotto il suo occhio destro, sullo zigomo. Mi voltai subito ad osservare la reazione di Ines, curiosa: come avrebbe reagito una madre, in una situazione simile? Urlando? Cacciandolo via? Non lo sapevo, non potevo saperlo. Così restai lì silenziosa.
«Oh, Ray? Ma cos’è successo? Di nuovo...» borbottò l’anziana, avvicinandosi al figlio. Era molto più calma di quanto mi aspettassi. «Chi è stato?»
Ray sbuffò. Sembrava agitato. «Ma’ ... le solite cose! Ho rotto con Rose e Carlo è venuto a farmi capire ciò che pensava a riguardo! Niente di che...» Buttò là. Avevo l’impressione che mentisse. Tutto di lui lo dimostrava: il suo continuo spostare lo sguardo qua e là, quell’aria irritata e allo stesso tempo sgomentata, il mordersi le labbra in modo  quasi doloroso – non fissarle, Tea. Non. Fissarle.
Mi concentrai su Ines. Era tutto così nuovo, per me. «Ah, sì? Non è magari che hai ripreso a...» sussurrò, con voce titubante. Sembrava volergli dire “Ti prego, Ray, dimmi di no”. Di cosa stavano parlando?
«No, mamma! Ho smesso da tempo, lo sai. Cosa si mangia?!» sbottò velocissimo, sedendosi a tavola. «Ciao, Tea.» Aggiunse infine.
Arrossii. «Ciao». Il mio salutò sembrò fuori luogo. D’un tratto mi sentii la terza incomodo, a disagio, ma Ines non sembrò farci caso né nessuno me lo fece pesare, anzi.
Ines si infilò tra noi due a tavola. Il pranzo fu silenzioso e imbarazzante.
 
Quando tutti finimmo di riempirci la pancia con tutte quelle prelibatezze che avevamo cucinato, Ines s’alzò e, con un sorrisone, esclamò: «Bene, Ray! Oggi porterai un po’ in giro Tea. Tea, che te ne pare? Così conoscerai un po’ meglio la città, eh?». Sorrideva così tanto. Un sorriso così falso. Il mio cuore gelò: era tutta colpa di Ray! Di quello  zigomo nero!
«Oh... Sì, ma certo» balbettai. In realtà no... Non m’importava per niente. Sarei voluta restare là, con Ines.
Lei annuì, sollevata. «Obiezioni, Ray?» Ray. Sussurrò il nome del figlio come un’accusa. Come un “Ti conosco troppo bene, Ray”. O così mi sembrò.
Il ragazzo si alzò, con un sorriso di circostanza. «Ovvio che no. Tea, pronta?»
Balzai in piedi. «Sì, sì.»
Salutammo Ines un’altra volta, poi Ray mi aprì galantemente la porta d’ingresso – non potei fare a meno di fissare il suo livido –, ed uscimmo.
 
Camminavamo fianco a fianco, silenziosi. La città mi sembrava diversa, anche se in parte l’avevo già visitata mentre cercavo cibo. Alla mia destra c’era un negozio d’alimentari: là avevo preso – preso? Suvvia, avevo rubato! – del pane e succhi di frutta in gran quantità. La proprietaria mi aveva vista ed inseguita, minacciandomi. Non riuscì a prendermi: dopo solo pochi metri crollò a terra, a causa dei chili in più. Avanti, a sinistra, c’era un negozio di frutta Bio. Ne avevo rubata un po’, un giorno, scoprendo anche che non era proprio frutta Bio. Era soltanto frutta andata un po’ a male. Allora nessuno mi aveva scoperta, per fortuna.
Mi voltai verso Ray: «Io... Ehm, qui mi conoscono già in molti...» sussurrai, arrossendo vergognosamente.
Lui non ci badò. «Non ti faranno nulla, cuginetta.» Disse, serio. «Qui conoscono in molti anche me.» Ammiccò, mostrandomi i suoi muscoli allenati. Mi trattenni dal fargli notare in che stato si trovava il suo zigomo, preferendo sorridergli dolcemente.
«Non sono abituata ad essere aiutata...» bisbigliai, guardando dritta all’interno del negozio d’alimentari. Proprio in quel momento uscì la proprietaria ed incrociò il mio sguardo. Per un secondo sembrò non riconoscermi, poi s’allarmò e mi additò con fare cattivo.
«TU!».
Ecco, fatto. Avevo già rovinato ogni cosa.
D’impulso, strinsi la grande mano di Ray. Era calda, accogliente, sicura. Lui mi avvicinò a sé, senza capire. Quando gli indicai con un gesto discreto la signora che si stava avvicinando a noi a passo di carica, capì e mi strinse ancor più al suo corpo. Quant’era caldo.
«Ehilà, signora Rossi!»
Eccola là. La “signora Rossi”. Io l’avevo sempre chiamata “la cicciona’’, da dopo il nostro incontro-scontro. Aveva lunghi capelli biondi ed unti, un naso all’insù troppo grande per il suo viso e due occhi piccoli, simili a quelli d’un topo. Mi osservò attentamente, come per rivalutare la situazione.
«Ray, che ci fai con questa?» sbottò, puntando le mani sui grossi fianchi. Chissà quanto mangiava, ogni giorno? Magari anche più di dieci volte, mentre io avevo sempre mangiato una, due volte al massimo. Era un’ipocrita ed un’egoista. Al posto suo, io avrei aiutato una ragazza senza casa né qualcuno da cui andare.
«Signora Rossi... Perché si comporta così? Non crede d’essere un po’ troppo maleducata? E poi, esco con chi mi pare...» la zittì Ray, con voce sicura. La sua mano sul mio fianco bruciava. O ero io ad andare a fuoco?
«Ray! Questa bambinetta è una sporca ladra! Giusto l’altro giorno, mi ha derubata...» Cominciò, perdendo sempre più la sua carica sotto lo sguardo gelido di Ray. «...Consegnamela! La denuncerò.» Per un secondo – uno solo! – mi aspettai che mi abbandonasse alla signora Rossi. Che pensasse “Questa qui dà troppi guai”. Infondo, sarebbe stato molto più semplice mollarmi lì, come una scatola inutile, che portarmi con sé.
Ray irrigidì tutti i muscoli, pensieroso. Il mio cuore cominciò a martellare forte nel petto. «Signora Rossi, ma è sempre stata così maleducata? Santo cielo, dirò a mia madre di non passare nemmeno più da lei, visto che si comporta così sgarbatamente con mia cugina. Sta pure raccontando sciocchezze sul suo conto! Sa in che guai potrebbe cacciarsi, eh?»
La signora Rossi sbiancò. Ray era stato bravissimo a rigirare il coltello dalla parte del manico verso di lui. «Tua... è tua cugina, Ray? Oh, santo cielo! Potrai mai perdonarmi?» Lo supplicò, con occhi tristi. Poi si rivolse a me, ancora titubante. «E tu, piccola...»
«Mi chiamo Tea...» bisbigliai, sentendomi un po’ in ansia. Le stavamo dando colpe che non erano sue, ma d'altronde... Era necessario.
«Oh, dolce Tea! Puoi scusarmi? Dico sul serio, mi dispiace. È che quella ragazzina era così simile a te... Ad ogni modo, me ne ricorderò... E vi tratterò meglio al negozio, lo giuro, ma venite ancora da me...» Stava quasi frignando. Ne andava del suo lavoro.
Ray le diede una pacca sulla spalla, senza mollarmi mai. «Oh, se è così... Certamente, signora Rossi! È stato un errore, no?»
«Sì!» squittì lei. Non riuscii a guardarla. Non avevo mai dovuto mentire, ed ora..., beh, faceva male. «Lo è stato, sì. Mi scuso ancora... Tea...»
Scrollai il capo, guardandomi i piedi. «Sul serio, non c’è problema.»
Poco più tardi la signora Rossi rientrò nel suo negozio, piangendo amaramente. Il suo personale la guardò stranito, ma la giornata proseguì. Io mi sentivo male, tremendamente male.
Ray se ne rese conto dopo poco. «Non starci male. È stato necessario.»
Guardai il suo volto. Il suo zigomo tumefatto. E le parole mi uscirono sole di bocca: «Tu menti così spesso, Ray? È così facile per te... Ti riesce sempre così bene? Proprio come prima, con Ines... Fai sempre così?»
Il ragazzo s’arrestò. Sfilò via la sua mano dal mio fianco, con un’espressione cupa. Provai subito una sensazione di gelo e mi insultai mentalmente da sola: Idiota! Sciocca! Ficcanaso!
«Bene... Se è così che mi ringrazi per averti aiutata, sarà meglio che torni a casa, sporca ladra.» Pronunciò, con voce monotono. Guardava davanti a sé, mostrandomi il suo profilo perfetto.
Boccheggiai più volte. Non riuscivo a respirare, ero terrorizzata. Ma l’orgoglio m’impedì di scusarmi. Provai con un altro approccio, abbassando la cresta.
«Non ti stavo accusando...»
«Ah, no?!» sbottò irritato e deluso, interrompendomi. Improvvisamente si voltò verso di me e mi scontrai con le sue iridi sempre più azzurre e sempre più scure. Sarei potuta affogarci, lì dentro. Volevo farlo, in quel momento.
«Ray... Dico sul serio! È tutto così nuovo per me... Non so quando tacere o no...» Scusa. Riuscii solo a pensare quell’ultima parolina. Sarebbe stato così facile pronunciarla, ma non ci riuscii.
«Lo vedo! È palese, Tea! D’ora in poi sarà meglio se taci, intesi? Ci sono cose che ti riguardano, ed altre no. Sì, ti stiamo aiutando, ma non per questo sei al centro dell'attenzione! Non penso a te giorno e notte, né mai lo farò!» ringhiò, con voce roca.
«Ray...» SCUSA!
«No, niente ‘Ray’. Va’ a casa, Tea.» Mi liquidò, cominciando a camminare. Pensai di seguirlo, ma non sarebbe stata una buona idea; avrei rischiato di peggiorare tutto, mandare in frantumi quel poco che s'era salvato.
Mi lasciò lì.
Sola.
Senza nessuno con cui sfogarmi, piangere, ridere, 
vivere.
Come sempre.

Ehilà! Come al solito, grazie per tutte le vostre recensioni! Più siete e meglio è, ho bisogno di leggere i vostri pareri!
A proposito, volevo chiedervi un favore: se vi va, potreste indicarmi alcune storie davvero Belle (con la "b'' maiuscola!) che posso trovare qui su efp? Possono essere ff o anche originali ( preferisco le ultime), ma devono essere Belle Belle Belle. Grazie a chi lo farà! Potete mandarmi un messaggio privato, dirmele per recensione o contattarmi su instagram!
A tal proposito vi ricordo le mie pagine:
Tylergagaperry, dove posto perlopiù citazioni ed è quella più affine al mio profilo efp;
Lamialadradilibri, un'altra mia pagina sulla letteratura. 
Se vi va' seguitemi! :) 

A presto, meme1 (ps: il mio nickname dovrebbe venir aggiornato al più presto con ilrespirodeilibri )
 
  
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