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Autore: Valvonauta_    23/06/2014    1 recensioni
Florence + Isabella.
Studio di registrazione di Abbey Road. Una giornata come le altre, a cercare di fare della buona musica, tra momenti di gioco e incazzature.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia puttana


Nota iniziale: questa breve fan fiction vede come protagoniste Florence Welch e Isabella Summer, cercando di definire il loro rapporto, per come me lo immagino io.

Sono nello studio di registrazione, ad Abbey Road, tra sequencer, convertitori A/D, varie audio workstation e diffusori.
Sono in sbattella, sul serio. Non riesco neanche a tenere gli occhi aperti dal sonno.
E’ tutto il fottuto giorno che scriviamo e proviamo, proviamo e scriviamo.
Ma non sembra venirne fuori nulla di che.
“Forza, forza!” urla lei. Lei, la mia gigantessa, la mia anima, lei, Florence. Sembra che neanche le senta le venti ore continuative in studio tra energy drink e qualche canna.
Si aggira per la stanza canticchiando le parole della canzone che abbiamo appena finito di scrivere.
E’ ciò di meglio che siamo riusciti a cavare fuori da questa seduta, estenuante e a dir poco inutile.
Chris e Rob sono distesi – o per meglio dire sbragati - sul divano in fondo alla stanza, il mio, dove passo la maggior parte del mio tempo. Sono una remixatrice, dove altro potrebbe essere il mio posto se non qui, tra le mura della mia sala di regia?
Certo, ho il mio home studio, ma lì a parte qualche tastiera e dei buoni microfoni non ho altro.
Qua è il mio paradiso. Ho tutto ciò di cui ho bisogno… il mio fottuto paradiso in terra.
Vorrei sgridare i ragazzi per aver invaso il mio spazio, ma so che sarebbe del tutto inutile. Sono anni che stiamo insieme – noi, la Machine – mi conoscono, come io conosco loro. Non mi hanno mai dato ascolto, mai. Dovrebbero darmene ora?
La sento improvvisamente abbracciarmi da dietro: mi bacia la schiena, attraverso la maglia di lana. Sento la melanconia – quella bagascia – che la attanaglia costantemente, che influenza tutti noi, le nostre canzoni, e che se non stiamo attenti ci risucchia tutti.
Si aggrappa a me, stringendo tra le sue braccia i miei fianchi e appoggia l’orecchio sulla mia spina dorsale.
“Flo, che cazzo fai?” la sgrido, sia per il mio bene che il suo. “Hai un fidanzato, porca troia. Vai a rompere i coglioni a lui.”
Rido mentre mi divincolo dalla sua stretta, non posso farne a meno.
Per metà della mia vita ho provato a farla sorridere, a scrollarle dalle sue spalle i fantasmi dei suoi nonni. E ci sto provando ancora, con discreto successo a quanto pare.
Mette su la faccina da cane bastonato: “Perché fai così?”
La guardò dal basso del mio metro e sessantasette.
E’ proprio una stangona, questa donnaccia rossa, ma non mi faccio intimidire e la guardo in cagnesco – od almeno ci provo.
“Levati quel cappello da cowboy e vai nello studio e canta questa merda che abbiamo messo in piedi!” le ordino.
“E lasciala stare, una buona volta” dice Paul (*), che entra nello studio di soppiatto, come sempre.
“Allora, come procede?” chiede.
“Guarda…” cerco di dire io, ma Florence mi si piazza quasi davanti e la sento dirgli, con quel tono da angioletto: “Tutto ok, abbiamo già tre canzoni in mano. La melodia e le parole ci sono, manca la registrazione e il mixaggio e siamo a cavallo.”
Io rimango allibita, e stento a respirare: più grande cazzata non poteva sparare. Abbiamo neanche una mezza canzone, con parole a cazzo e un ritornello, che personalmente non mi convince neanche. Stop.
Flo, perché vuoi mettermi nei casini?, mi chiedo tra me.
Io mi sposto, togliendomi dalla sua ombra, e vedo Paul uscire facendo un breve cenno della testa: “Ritorno dopodomani a visionare il materiale”
A volte vorrei davvero che fosse un vero produttore, che ci seguisse come fanno tutti gli altri, invece di lasciare tutto nelle nostre mani. Si fida troppo quell’uomo, sempre detto.
Appena chiude la porta dietro di sé mi incazzo, per davvero stavolta.
“Flo, sei pazza! – le urlo, ho bisogno di sfogarmi – Ma che gli vai a dire? No, no, dimmi che non è vero! Por…”
Sto per andare fuori di testa, me lo sento. Chiudo gli occhi, in cerca di equilibrio: urlarle contro non serve a nulla, anzi peggiora le cose di solito.
Una mano sulla spalla.
Li riapro mentre soffio dal naso. Già sono esaurita di mio, senza bisogno di nessun aiuto esterno.
La vedo. Quel suo viso dolce, incorniciato da quei capelli ramati, è troppo bello, bellissimo.
Mi sorride, dolce come il miele, come solo lei sa sorridere, e io che posso fare?
Ricambio.
“Ora ci mettiamo sotto, e vedrai che dopodomani avremmo pronto tutto.”
“Cosa stai dicendo?” dico in tono non più incazzato, ma bensì rassegnato.
“La verità” dice con serietà, e poi la vedo, incredula, scoppiarmi a ridere in faccia come una bambina, coprendosi la bocca con entrambe le mani, piegandosi in due.
“Che diavolo sta succedendo?”
Mark è finalmente ritornato, dietro di lui c’è Tom, con sguardo confuso.
“Non ne ho idea” dico, facendo spallucce. Neanche io l’ho mai capita.
Intanto Flo si getta a terra, scompostamente. Non ce la fa più dal ridere.
Sento una mano prendermi per una gamba.
“Flo, ma…”
Neanche realizzo la situazione che sto già caracollando sul pavimento anche io, sopra di lei.
Mi abbraccia stretta e appoggia il suo nasone sulle mie tettine. Me le annusa.
Gli altri ridono. Sanno quanto Flo sia strana, quanto i suoi gesti estemporanei, da cavallo imbizzarrito.
Poi si rigira e io finisco sotto. Si abbandona a me, schiacciandomi.
Io la lascio fare e allungo una mano e intingo le mani nel suo oceano rosso.
Come sono morbidi e setosi i suoi capelli, mi ci perderei.
Glieli accarezzo dolcemente e lei smette di ridere, pian piano, fino a che sembra quasi addormentarsi sul mio corpo: gli occhi chiusi, l’espressione serena.
Poi un moto di vita, improvviso. Sbarra gli occhi e si alza d’impeto, la leggera gonna che le copre le gambe si muove dolcemente.
In meno di mezzo secondo è già in piedi e io sono ancora per terra, distesa e la guardo da sotto.
E’ vero quello che dicono molti: non è bella. Infatti è bellissima.
Quel neo sul suo mento. Più lo guardo più ho voglia di baciarglielo.
Mi guarda dall’alto, come sempre. E io guardo lei, pensando a come faccia una etero convinta come me ad essere innamorata di una donna.
“Sei la mia puttana, Flo, lo sarai sempre” le comunico, come se le stessi dicendo che sto andando al bagno, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Lei mi risponde, come solo lei può fare: “E tu la mia.”


Note finali:
(*) Il Paul che compare nello studio è nient'altro che 
Paul Epworth, produttore dei due album dei Florence, che tra le altre collaborazioni ne vanta una con Adele.
Gli altri vari nomi che compaiono sono quelli dei componenti della band.
Spero che abbiate gradito la ff; ho cercato di rendere la mia Flo più attinente possibile alla realtà. C'ho provato e spero che il ciò che ne è venuto fuori sia in linea con le vostre aspettative.
Attendo vostri riscontri, tramite insulti od/ed elogi.
Grazie a tutti,
alla prossima,
Valvo

 
   
 
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