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Autore: Book boy    24/06/2014    1 recensioni
Il "7° Poilus", uno dei più coraggiosi e sprezzanti plotoni di tutto il 24° battaglione Fanteria, al comando dell'eroico sottotenente Pierre Boiler, schierato sul Fronte Occidentale durante la Grande Guerra, sarà protagonista di fatti eroici ed eroiche battaglie, sempre a difesa dell'esercito francese. Un plotone formato da uomini che spesso sono visti come supereroi ma che in realtà sono semplicemente dei soldati.
Genere: Azione, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Il fronte era tranquillo, l’unico rumore che si sentiva era la confusione degli autocarri dietro le linee tedesche che rifornivano le trincee in continuazione.
Francois stava ritto sul punto d’osservazione, protetto dal parapetto di sacchi di terra. La trincea si snodava sul terreno macilento e pieno di buche a causa delle bombe e dei mortai. Il soldato semplice Jaques si avvicinò ad una feritoia, guardò fuori e vide Fritz.
Fritz era il cecchino della linea tedesca di quel settore. Passava tutto il mattino a osservare le trincee francesi pronto a sparare appena qualche sprovveduto soldatino gli fosse arrivato sotto tiro. Questa volta però, Jaques lo vedeva bene attraverso la feritoia da cui sparava, stava fumando una sigaretta. Forse potevano riuscire a beccarlo! Chiamò Louis, il tiratore scelto francese, che dopo aver saputo la notizia si leccò le labbra, famelico, mise il colpo in canna e fece passare la canna del fucile attraverso la feritoia che gli aveva indicato il soldato semplice «Questa volta è mio!» Annunciò alla piccola folla di soldati e commilitoni che si era raggruppata lì vicino. Il tiratore mirò con calma, senza fretta alcuna. Fece combaciare la tacca dell’ottica con la testa di Fritz che continuava a fumare la sua sigaretta con tranquillità. Fece un bel respiro e infine premette il grilletto.
Il proiettile volò sulla terra di nessuno, passando sui crateri, sui cavalli di frisia, sul filo spinato, sui sacchetti di terra, attraversando la feritoia avversaria per impattare finalmente contro l’elmetto di Fritz, trapassandolo da parte a parte, portando con sé anche la materia cerebrale del tedesco colpito.
«Sì! Andiamo!» Urlò felice Louis, seguito a ruota dalle urla festose di tutti i suoi commilitoni che lo abbracciarono e gli diedero delle fraterne pacche sulle spalle. Aveva fatto un ottimo lavoro.
Nel camminamento dall’altra parte del settore si muoveva il sottotenente Pierre Boiler, 28 anni compiuti da meno di un mese e tanta voglia di proteggere i propri uomini. Non temeva le mitragliatrici tedesche, e tantomeno i bombardamenti d’artiglieria, ma la morte di un suo sottoposto era per lui come una coltellata al cuore. Si dirigeva verso il posto di comando, all’interno di un rifugio di legno interrato. Vi si accedeva attraverso una rampa di legno che conduceva all’interno di una collinetta. Qui vi era un tavolo con sopra alcune cartine, delle sedie e alcuni ufficiali e sottufficiali, fra i quali, seduto su una sedia a gambe accavallate, il capitano Boutelup. Quest’ultimo stava fumando una sigaretta, e con un gesto chiamò il sottotenente che si mise sull’attenti portando la mano alla fronte nel saluto militare «Sottotenente Boiler, signore»
«Sottotenente, da quanti effettivi è formato il suo plotone?»
«24, signore»
«Tutti fanti?»
«20 fucilieri e 4 granatieri, signore.» Il capitano si avvicinò una mano alla bocca, coprendo la sigaretta quasi avesse paura che si spegnesse, poi riprese «Bene, lei e il suo plotone sarete trasferiti nell’8° settore. È in preparazione un’offensiva su tutto il fronte e laggiù servono unità di rincalzo, almeno 20 uomini. I suoi sottoposti saranno l’ideale. Può andare.» Il sottotenente rifece il saluto militare e uscì dal rifugio, dirigendosi questa volta verso il dormitorio del suo plotone, il “7° plotone Fanteria” soprannominato “7° Poilus”. Facenti parte di quel plotone vi erano gli uomini più coraggiosi di tutto il settore. Nessuno di loro si era mai rifiutato di adempiere al suo dovere, d’altro canto erano tutti volontari. Quando raggiunse il rifugio trovò alcuni dei suoi uomini intenti a fumare, altri a riposarsi prima di uno dei tanti attacchi e, una decina degli altri ad osservare la pagina di un giornale porno, in cui compariva una bellissima ragazza semi-nuda, con guepiere ma senza reggiseno, in una posa molto erotica. Due soldati si stavano masturbando. Restando in trincea il senso del pudore andava molto scemando. Quando entrò Boiler tutti scattarono in piedi e si fermarono sull’attenti aspettando gli ordini: «Ci trasferiscono, andiamo al settore 8»
«Ma perché?» Chiese uno degli uomini con cui il sottotenente aveva più confidenza siccome conosceva da più di tre anni «Siccome,» gli rispose «Ci stiamo preparando ad un’importante offensiva e servono delle unità di rincalzo in quel settore: quelle unità siamo noi. Vi do un’ora per prepararvi e portare con voi i vostri effetti personali.» Si girò per andarsene, ma si fermò sulla soglia e si rigirò verso gli uomini aggiungendo «Anche quel foglio di giornale. Poi gli vorrei dare un’occhiatina.» Gli uomini sorrisero e alcuni si misero anche a ridere. Una delle poche cose positive che aveva portato la guerra era il cameratismo.
 
Dopo due ore tutto il 7° plotone era schierato sull’8° settore, pronto all’offensiva. Il sottotenente era relativamente tranquillo, poteva fidarsi dei suoi uomini e sapeva che loro si fidavano ciecamente di lui. Non gli avrebbe mai dato degli ordini impensabili che non sarebbero riusciti ad eseguire, ma anzi gli sarebbe stato a fianco durante la battaglia. Il settore numero 8 era uno tra i settori più vicini alle linee tedesche, poco meno di cento metri dividevano le trincee. Alcuni tiratori scelti francesi osservavano con le loro ottiche le linee germaniche, tentando di trovare qualche sprovveduto da poter colpire.
Ad un tratto arrivò un ordine, recapitato via telefono: l’offensiva sarebbe avvenuta l’indomani, all’alba. “Tipico”, pensò Boiler.
Quella notte pochi uomini riuscirono ad addormentarsi, principalmente solo le sentinelle e le pattuglie che la notte prima l’avevano passata svegli. Un sottoposto si avvicinò al sottotenente e gli chiese «Signore, ma l’offensiva come si svolgerà?»
«Come sempre, tutto il fronte mobilitato, si attacca all’alba, si percorre la terra di nessuno e si conquistano le trincee nemiche.»
«Ma attaccheremo all’arma bianca?»
«Sicuramente, con baionette innestate e pugnali alla mano.» Il soldato inspirò ed espirò rumorosamente. SI vedeva benissimo che era molto teso. «Stai tranquillo, ci saremo noi a coprirti le spalle!» intervenne uno dei soldati più anziani, un veterano, 34 anni, nell’esercito da dieci. Poteva essere benissimo un ufficiale superiore, invece era sempre rimasto un soldato; “Amo l’azione” sostenne più volte. Per questo era visto come un eroe da tutto il battaglione in cui militava. Lo stesso Boiler aveva per lui una stima enorme, quasi fosse lui stesso il soldato e questo veterano, Philippe Morel l’ufficiale del plotone. Anche lui faceva parte del 7° Poilus.
Philippe aveva una grossa barba nera, come molti altri soldati (da qui il termine Poilus) anche Boiler aveva un po’ di barba, ma la teneva ben curata, con due bei baffetti e il pizzo. Riusciva ad avere sempre una bella barba perché, grazie ad alcuni rasoi e uno specchietto riusciva a tagliarsela quasi perfetta.
Naturalmente c’è da specificare che la famiglia Boiler non è mai stata una famiglia povera, ma anzi una tra le più ricche di Parigi. Perciò gli attrezzi che utilizzava il sottotenente erano attrezzi molto costosi per l’epoca. Una volta addirittura aveva beccato un soldato che di professione faceva il barbiere, nel tentativo di rubarglieli. Naturalmente lui glielo aveva impedito, salvandolo dalla corte marziale semplicemente liquidandolo con uno schiaffo e un bello spavento.
Comunque sia Philippe era da sempre uno degli uomini più forti nella trincea e spesso organizzava lui stesso dei piccoli “tornei” di braccio di ferro, che quasi sempre vinceva lui. Era un grande uomo, anche molto simpatico, per molti era anche immortale, d’altronde era stato ferito quattro volte dall’inizio della guerra, senza mai morire. Doveva sperare che gli andasse bene anche il giorno dopo.
 
L’alba arrivò con tranquillità, come sempre. Fu accolta da alcuni soldati assonnati che non avevano dormito nemmeno un’oretta. Il sottotenente Boiler era riuscito ad addormentarsi verso le due di notte e si svegliò relativamente riposato. In trincea anche solo dormire quattro o cinque ore significava riposarsi per bene. SI vestì, indossando la divisa dopodiché, appoggiò il kepì sull’tavolo del suo alloggio e prese l’elmetto che si mise sulla testa e si allacciò col cinturino sotto il mento. Poi prese la sua pistola, un revolver modello 1892 e si diresse fuori, dove molti uomini ed alcuni ufficiali erano pronti all’assalto. Essendo in un nuovo settore non conosceva quasi nessuno, tranne qualche caporale e tenente che a volte era passato nel loro vecchio settore. I suoi uomini erano pronti e dietro di lui. Tra non più di due minuti sarebbe arrivato l’ordine d’attacco, perciò prese in mano il suo fischietto con cui avrebbe guidato gli uomini all’assalto.
Il primo a fischiare fu un tenente vicino all’rifugio all’interno del quale si trovava il telefono da campo con cui comunicarono l’ordine di attacco. Dopo il primo fischio decine e decine di fischietti su tutta la linea iniziarono a suonare acutamente e Boiler si unì all’acuta melodia utilizzando anche il suo fischietto. «Fuori! Per la Francia!» urlò un tenente prima di salire una scaletta di legno ed essere subito centrato da un cecchino crucco. Centinaia di fanti francesi saltarono fuori dalle trincee, chi salendo le scalette e chi scavalcando i parapetti di sacchi di terra, percorrendo i passaggi tra il filo spinato, bersagliati dai cecchini e correndo all’impazzata nella terra di nessuno, nel tentativo disperato di arrivare alle trincee nemiche e trovare la salvezza nell’attacco. Il 7° plotone Poilus uscì fuori, tre uomini salirono la scaletta di fronte a loro e Boiler li seguì, fischiando ancora una volta prima di prendere il fischietto e riporselo in tasca. Pierre iniziò a correre piegato in due. La terra di nessuno appariva come un deserto di buche e filo spinato. Il suo obbiettivo attuale era percorrere la decina di metri che lo separava da un cratere di granata dove potersi riparare dal tiro nemico. Il motivo principale per cui le reclute morivano quasi subito era che correvano dritto verso le linee nemiche senza nemmeno cercare riparo. Così venivano abbattuti come birilli dalle mitragliatrici tedesche. Prima di saltare nel cratere vide la recluta con cui aveva parlato la sera prima, correre verso il fronte nemico. Fece appena in tempo a prenderlo per un braccio e tirarlo a terra prima che un cecchino lo potesse colpire. Il soldato si spaventò ma appena capì cos’era successo iniziò a strisciare verso il cratere, seguendo il sottotenente. I due riuscirono a gettarsi all’interno, dove erano presenti altri sei uomini del 7° siccome gli altri erano al riparo in un altro cratere vicino. Due dei presenti bersagliavano coi loro fucili Lebel le linee tedesche, riuscendo a colpire anche qualche tiratore di fanteria abbastanza esposto da poter essere centrato. Il sottotenente osservò la linea ma la sua pistola non gli consentiva di colpire dei bersagli tanto lontano. Osservò un gruppo di reclute, una decina di soldati francesi cadere bersagliati da una mitragliatrice posizionata in un punto strategico. Dal cratere si poteva osservare il mitragliere, infatti spuntava la testa da dietro alcuni sacchetti di terra. Lo indicò agli uomini presenti ordinando «Colpitelo! Fate di tutto per centrarlo» Gli uomini ubbidirono immediatamente, si voltarono e iniziarono ad aprire il fuoco sul bersaglio, bucando in più punti i sacchetti di terra. Il mitragliere se ne accorse e si riparò abbassando la testa, nello stesso tempo però smise di sparare perché non poteva vedere dove apriva il fuoco. Il sottotenente colse subito l’occasione: ordinò a due granatieri di correre in un cratere ancor più vicino al mitragliere e gettare là sopra delle bombe per far saltare il nido di mitragliatrice. I granatieri saltarono in piedi e cominciarono a correre, difesi in parte dal fuoco di copertura dei cinque fanti nel cratere che bersagliavano le trincee nemiche nei punti in cui erano piazzati i cecchini e i fanti tedeschi. Anche Boiler tentava di colpire qualche nemico col suo revolver ma senza grossi risultati a causa della distanza e della relativamente poca precisione della pistola. I granatieri raggiunsero sani e salvi le coperture e, dopo meno di un minuto, precisamente quando il mitragliere riprese a bersagliare, iniziarono a tirare le granate. Ne tirarono tre: una cadde appena prima del nido, le altre due all’interno. Quella caduta fuori esplose senza causare grossi danni, mentre un’altra esplose proprio mentre il mitragliere tentava di rigettarla fuori, seguita subito dall’ultima detonazione che alzò un polverone dal nido, uccidendo il mitragliere e mettendo fuori uso la mitragliatrice. «Sì! Evviva!» esultarono nel cratere. Dopodiché partirono all’attacco, mentre alcuni alleati saltavano nelle trincee tedesche. Il 7° si diresse tutto verso il nido di mitragliatrice, dove gli uomini entrarono nei cunicoli delle trincee.
Avanzavano con circospezione, pronti a sparare una volta svoltato ogni angolo. Si muovevano, davanti al gruppo, due soldati con le baionette, pronti a trafiggere qualsiasi tedesco. Arrivarono in un trincerone centrale dove vi erano alcuni cecchini intenti a sparare. Una salva di fucileria li prese di sorpresa e tutti i tedeschi morirono ancor prima di accorgersi di essere attaccati dal fianco. Il sottotenente Boiler avanzava, revolver alla mano, dando ordini agli uomini «Due vadano in quel cunicolo, Francois da quella parte insieme a Paul, forza». Sentivano ancora molti spari provenire dal tratto di trincea di fronte a dove si trovavano loro. Presero tutti un bel respiro poi svoltarono l’angolo, con Pierre che apriva la strada.
Si trovarono di fronte almeno dieci tedeschi, intenti a sparare attraverso le feritoie del parapetto centrale. Un salva di fucileria investì gli “unni” e tre di loro caddero a terra colpiti. Gli altri però si accorsero della presenza degli assalitori, proprio mentre risuonarono i rumorosi “clack” degli otturatori francesi. Questi ultimi riuscirono a mettersi al riparo prima che una salva dei tedeschi li colpisse. Uno dei fanti del 7° venne però centrato alla schiena mentre si ritirava dietro all’angolo. Urlò di dolore e cadde a terra, immediatamente soccorso dai compagni. Boiler urlò «Tirate una granata!» Uno dei granatieri eseguì immediatamente, gettando l’ordigno che scoppiò subito dopo. Due francesi uscirono fuori, seguiti dal sottotenente, tutti e tre aprirono il fuoco uccidendo due nemici e tornando poi al riparo, prima che gli avversari potessero contrattaccare. Al di fuori della trincea si sentivano spari e urla di feriti. Boiler non ci pensò troppo prima di tornare oltre l’angolo ed aprire il fuoco contro un altro tedesco, colpendolo al petto. Due spari riempirono l’aria e due proiettili fischiarono di fianco al sottotenente compattando con la parete di legno dietro di lui. L’aveva scampata per un soffio. Un fante francese si fece coraggio e tentò di sparare oltre l’angolo, un tedesco sparò verso di lui, ma per sua fortuna il proiettile lo superò perdendosi nell’aria. Il soldato fece appena in tempo a rimettersi al riparo. Una salva di proiettili tentò di incutere timore nei francesi, nella speranza che si ritirassero, mentre il fante ferito perdeva molto sangue e alcuni suoi commilitoni tentavano di aiutarlo come potevano, tamponando la ferita con una pezza quasi pulita. Rantolava nel tentativo di respirare, siccome il proiettile gli aveva perforato un polmone e il sangue usciva anche dalla bocca. Boiler gli si inginocchiò accanto, stringendogli una mano e dicendo «Tranquillo, te la caverai, tieni duro!» Il soldato continuava a rantolare e ad espellere sangue, che gli colava sulle guancie e poi sulla gola. Uno dei granatieri nel frattempo estrasse due bombe a mano dal suo cinturone a tracolla, dopodiché, senza paura gridò «Per la Francia!» e svoltò l’angolo, appena dopo aver staccato le linguette delle granate. Lo accolse una salva di pallottole che lo colpì trasformandolo in un colabrodo. Prima di cadere a terra senza vita riuscì a tirare le due granate verso il gruppo di fanti tedeschi rimasti, poco meno di una dozzina, siccome altri ne erano arrivati nel frattempo. Le bombe saltarono e più di metà dei tedeschi perirono. Tre soldati francesi saltarono fuori e premendo il grilletto, facendo poi slittare l’otturatore, finirono i rimasti.
Il soldato ferito alla schiena rantolò per l’ultima volta, prima di spirare fra le braccia del suo comandante e morire. Non riuscì neppure a chiudere gli occhi. Boiler gli avvicinò le palpebre con le dita e gli pose la testa su un fazzoletto che aprì sul terreno. Poi si alzò e si diresse verso il granatiere ucciso. Era riverso a terra in una pozza di sangue: l’avevano colpito almeno otto proiettili, in tutto l’addome e una pallottola gli aveva anche attraversato lo zigomo destro. Sembrava quasi avesse il sorriso disegnato sulle labbra. Gli occhi, ancora ludici, trasmettevano tutto il coraggio che quell’uomo aveva messo nell’impresa.
Dopo pochi minuti furono raggiunti da un’altra avanguardia francese che era riuscita a penetrare nella trincea. Le truppe francesi avevano conquistato le linee nemiche solo in pochi settori ma comunque abbastanza da costringere i tedeschi ad arretrare nelle seconde linee. Seppur con relativamente poche perdite l’operazione aveva funzionato solo per metà, consentendo alle truppe tedesche di prepararsi ad un contrattacco. Questa ora era la preoccupazione maggiore degli alti comandi francesi.
Il sottotenente Boiler propose il granatiere Cothis per essere insignito della medaglia d’oro al valor militare, alla cui decisione fu molto utile la testimonianza dei suoi commilitoni che raccontarono la sua azione eroica. Il giorno dopo fu insignito della medaglia per “Sprezzante ardimento durante un’azione d’attacco ad una postazione nemica” Oltre lui, lo stesso sottotenente Boiler fu insignito della medaglia di bronzo al valor militare, per “Aver comandato i suoi uomini con ardimento e sprezzo del percolo, ordinando un’azione d’attacco ad una postazione di mitragliatrice durante un assalto alle trincee nemiche.”
Ma nessuna medaglia poteva colmare il vuoto della perdita di due soldati del 7° Poilus.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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