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Autore: Feel Good Inc    26/06/2014    4 recensioni
[Maledetti scarafaggi]
Apre la bocca di riflesso e per un attimo considera sul serio l’idea di parlarle: è un animale umanoide di sesso maschile anche lui, in fondo, e si ritiene una persona abbastanza intelligente da sapere che, anche se un giorno molto prossimo tutto il mondo sarà in mano sua, ci sono certi impulsi cui neppure lui può fare a meno di rispondere in modo del tutto automatico.
gijinka/humanverse, no!furry | Joey/Olivia accennato, implicito Oggy/Olivia
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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hétérocromatine

{ finta gatta, finto insetto e frigo aperto }

 

 

 

 

 

«Fammi un po’ vedere. Sarebbero questi i tre cuginetti, eh?»

«Tecnicamente sono i figli della cugina di una mia vecchia zia.»

«Ah-ha. Il che li rende...?»

«Ospiti, penso.»

«Ma non parlano?»

«No, che io sappia no.»

«Strano. Ma, ehi, avranno dei nomi, no?»

«Il tipaccio col muso da bulldog che li ha accompagnati me li ha detti, ma...»

«Che brutte facce! Scusami tanto, vecchio mio, saranno tuoi parenti e tutto quello che vuoi, ma non hanno per niente un’aria raccomandabile.»

«Nemmeno a me piacciono molto, però...»

«Il piccoletto ha gli occhi di due colori diversi, hai visto?»

«Sì. Gli ho chiesto se è un qualche tipo di malattia, ma non mi risponde. Wikipedia dice che può dipendere da...»

«Brutte facce, brutte facce davvero. Ehi, voi! Si può sapere perché sghignazzate?»

«È l’unica cosa che fanno, in realtà. Mi guardano e sghignazzano.»

«Ehi, voi!»

«Lascia perdere, Jack.»

«Voi tre! Ce l’avete un minimo di educazione o no? Lo sapete che vostro zio o cugino o nipote o quel cavolo che è poteva pure fregarsene di tutto e lasciarvi in mezzo a una strada, sì?»

«Lascia perdere, Jack, davvero.»

«Solo un po’ di disciplina, Oggy, ecco di cosa hai bisogno per sistemare queste tre brutte facce...»

«Non lo so, Jack. Il fatto è che sghignazzano e basta. Non parlano, mi guardano e sghignazzano.»

«Umpf. Tre seccature. Come scarafaggi, in pratica.»

 

 

 

Il punto è che da allora, da quindici anni a questa parte, la convivenza con Oggy – lo zio, il cugino, il nipote o quel cavolo che è – non è mai stata facile.

Oggy è paffuto, rotondo, compiacente come un grosso gatto un po’ sformato. Ci sono molte cose che Joey trova disgustose nella sua presenza e nella sua compagnia, pur ridotta al minimo perché lui, Marky e Dee Dee si sono risolti a vivere barricati più o meno costantemente nella loro stanza – come tre scarafaggi nel loro buco – uscendone soltanto per dare l’assalto giornaliero al frigorifero e aver cura di sporcare per bene ovunque lungo il passaggio. In tali circostanze Oggy sbraita loro addosso, perde un po’ di quella sua aria da micione bonaccione e arriva a elaborare minacce sempre più fantasiose ed esilaranti, specie quando li insegue su e giù per le scale con un ridicolo grembiulino addosso e uno stupido acchiappamosche in mano; ma questo non lo rende più interessante. Anche se le hanno studiate tutte per dargli fastidio il più possibile, anche se sono arrivati a indossare vecchie giacche con le code, a gellarsi ciocche di capelli come antenne e a sputacchiare versi insetteschi al suo indirizzo, non è interessante. Gli interventi occasionali di Jack non cambiano di molto le cose. Farli impazzire è uno spasso, certo, ma presuppone che si continui a mal sopportarsi a vicenda: a volte Joey vorrebbe chiedere a Oggy se ne è consapevole, se ha capito che solo ridendogli in faccia loro possono permettersi di continuare a stare da lui – e nonostante tutto lui non vuole che se ne vadano, vero? Non avrebbe il cuore di lasciarli in giro nel vasto mondo, neanche adesso che sono cresciuti e vaccinati, non con quello stomachevole cuore di panna che si ritrova – ma ciò equivarrebbe a spezzare un silenzio longevo e ostinato e perciò continua a tacere. E a dargli fastidio.

Ora – e il punto è questo – nonostante fargli perdere le staffe sia il costante ripetersi nel tempo di un’esperienza impagabile, la convivenza con Oggy non è mai stata facile. L’altro punto sta nel fatto che Oggy, così disgustosamente rotondo e sornione, ha una ragazza (e non una ragazza qualsiasi, ma questo Joey non lo dice neppure a se stesso).

 

 

 

«Trovo profondamente maleducato il vostro modo di parlare dei ragazzi come se loro neanche ci fossero.»

«Quelli non sono dei ragazzi, sono dei parassiti.»

«Jack!»

«Perché, mi sbaglio? Diglielo, Oggy. Anzi, no – guarda tu stessa. Lo vedi? Se ne stanno lì a fissarci e sghignazzano. In che altro modo vorresti parlare di loro, tu, eh?»

«Jack, sei mostruoso. Diglielo, Oggy

«...»

«Oggy, se non tratti un po’ meglio i tuoi cugini giuro che uscirò da quella porta per non farmi più vedere.»

«Ah! L’hai sentita, Oggy? L’arma di tutte le donne...»

«Stai zitto, Jack.»

«A loro non importa, Olivia, davvero. Non lo vedi? Ridono.»

«Oggy! Non dire stupidaggini! È ovvio che gli importa – sono persone, non scarafaggi!»

 

 

 

È ovvio che gli importa, ha detto lei quella volta, la prima volta che si sono incontrati.

A Joey, a dirla tutta, non importa davvero. Si ritiene una persona abbastanza intelligente da sapere che Oggy e Jack, da bravi animali umanoidi di sesso maschile dalla relativamente minima capacità di sforzarsi di pensare, rispondono agli impulsi in modo del tutto automatico. Loro hanno dato di sé una pessima prima impressione, e il loro ospite e il suo amichetto del cuore li considerano di conseguenza delle pessime persone. E qui sta il bello – tutto ciò è voluto, è sempre stato voluto.

Certo, al momento del loro arrivo capitava a volte che Dee Dee e Marky frignassero nel sonno; sentivano forte una mancanza che Joey quasi non avvertiva, per il semplice motivo che l’aveva fatta sua già da molto tempo. I suoi hanno sempre avuto paura di lui, di quei suoi strani occhi di due colori. Saperli morti non è equivalso a perderli, perché non li ha mai trovati davvero. Per Marky e Dee Dee è stato un po’ diverso. Uno ha iniziato a ingozzarsi come se non ci fosse un domani, l’altro a farsi passare per stupido quando stupido non è... Di certo, tuttavia, nessuno dei tre ha mai sentito il bisogno di vivere felicemente in casa di un tizio cicciottello che si sforzasse di trattarli bene come avrebbe trattato bene tre orfanelli qualsiasi. E così si comportano di conseguenza. Sghignazzano, danno fastidio e non gliene importa, e non c’è più neanche un vero motivo.

È ovvio che gli importa, ha detto lei però, e anche se non è vero Joey non può fare a meno di rilevare la differenza, un po’ come si rileva un cambiamento atmosferico (o forse in modo leggermente differente).

 

 

 

«Non lo dico a Oggy se tu mi dici il tuo nome.»

Joey sussulta. La voce di Olivia lo sorprende nel mezzo di un’incursione notturna in cucina, in uno dei non troppo rari momenti in cui, piuttosto che guidare il lavoro di squadra, ha deciso di fare tutto da sé e sbafarsi i resti dell’arrosto della cena senza dirlo agli altri – niente stupidate solidaristiche, grazie, Dee Dee lo fa praticamente ogni notte e né lui né Marky si sono mai ridotti a togliergli il saluto.

Si volta circospetto per scoprire la sua figura accoccolata al tavolo immerso nell’ombra. Non ha acceso le luci – ormai si muove bene al buio, quasi come uno scarafaggio vero – altrimenti si sarebbe accorto di lei prima di aprire il portello del frigo.

«Non lo dico a Oggy» ripete Olivia, sorridendo, «se tu mi dici il tuo nome.»

Joey aggrotta le sopracciglia e la fissa dal basso della sua statura ridotta, sfacciato. Lo sai il mio nome.

«Sì, so di sapere il tuo nome» continua lei come se avesse udito distintamente il suo pensiero, «ma mi piacerebbe sentirlo dire da te. Mi piacerebbe sentir dire qualsiasi cosa da te. Ho aspettato apposta qui da sola che compariste – e anche se ora sei solo anche tu, va bene lo stesso. Coraggio, parlami, prima che Oggy si svegli e s’immagini chissà che cosa.»

Lei ridacchia e Joey si sente avvampare – perché più che ascoltarla finora l’ha guardata e ha constatato che lei di felino ha qualcos’altro, ha la grazia, ha le forme morbide, ha gli occhi che ti guardano fermissimi e arrivano in posti inaspettati.

Apre la bocca di riflesso e per un attimo considera sul serio l’idea di parlarle: è un animale umanoide di sesso maschile anche lui, in fondo, e si ritiene una persona abbastanza intelligente da sapere che, anche se un giorno molto prossimo tutto il mondo sarà in mano sua, ci sono certi impulsi cui neppure lui può fare a meno di rispondere in modo del tutto automatico. Ma poi la richiude, grugnisce, le dà le spalle e riprende il lavoro interrotto, abbuffandosi di pollo freddo con lei che si ostina a essere così vicina.

Dalla penombra alle sue spalle si sente arrivare nelle orecchie il sospiro di Olivia e quella serie di colpetti di lingua contro i denti che esprimono il punto massimo della sua disapprovazione.

«Giusto. Immagino che sia molto più divertente così come fate voi. Magari preferiresti se anch’io ti guardassi come a un insetto...»

Il pollo ha un sapore più amaro del previsto. Joey digrigna i denti, prima di deglutire e lanciarle un’occhiataccia da sopra la spalla. Più che altro non capisco perché non lo fai già.

Olivia si alza e gli si avvicina. Si ferma a un passo di distanza e lì si china a studiarlo per bene, posando le mani sulle ginocchia – è più alta di lui di tutta una testa, ovviamente, ma quando fa così i loro sguardi sono esattamente allo stesso livello. Joey s’irrigidisce e storce il naso, sgranocchiando un osso tra i denti stretti. Di colpo, senza alcun nesso apparente, gli viene in mente di non aver mai sghignazzato davanti a lei.

«A me i tuoi occhi piacciono» spiega Olivia.

Di nuovo, come se avesse udito distintamente il suo pensiero.

Joey sputa l’osso e si volta per riporlo nel punto esatto in cui si trovava prima del breve processo di scarnificazione. Oggy non avrà alcun motivo di lamentarsi del disordine, stavolta, no? Chiude l’anta, passa intorno a una Olivia di nuovo immersa nel buio e raggiunge la porta – qui si ferma, ci pensa un po’ su, si volta ancora per lanciarle un’altra occhiataccia.

«Joey» sussurra, o forse sibila, non ne è sicuro.

Ma è sicuro che lei, lì nel buio, stia sorridendo.

 

 

 

«Ragazzi, che noia, dobbiamo movimentare un po’ le cose.»

«Mettiamo il sapone nel latte di Oggy

«L’abbiamo già fatto venerdì scorso. Ci servono nuove idee.»

«Va bene, allora nascondiamogli tutte le scatolette di sardine.»

«Dee Dee, tu vuoi solo una scusa per infilarti in cucina.»

«Beh, e se anche fosse?»

«Patetico. Joey, dacci una mano, le idee migliori sono le tue. Joey?»

«Ehi, Joey?»

«Che ti prende? Adesso non parli più nemmeno con noi?»

«...»

«Io dico che è innamorato, Marky

«Oh, ma che cosa adorabile

«A proposito di innamorati, e se ce la prendessimo con Olivia per una volt–»

 

 

 

La curiosità è forte, ma quando passa davanti alla porta stranamente aperta della loro stanza e coglie l’immagine di Marky e Dee Dee immusoniti (cosa sono quei segni sulle loro facce? Impronte di schiaffoni?) e di Joey che, appollaiato a mo’ di farfalla sul davanzale, spiaccica la fronte contro il vetro della finestra – più o meno in direzione della casa di Olivia – Oggy si limita a fischiare piano, scrollare le spalle e passare oltre.

Non li capirà mai, quei tre. E ancora non sa di preciso neppure da cosa dipenda quell’eterocromia di cui tanto si è preoccupato una mattina di quindici anni fa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Confesso che tutto ciò non rispecchia minimamente ciò che mi ero promessa di scrivere. o__ò

Procediamo con ordine. Nel momento esatto in cui ho scoperto questo gioiellino di gijinka mi è venuta voglia di scrivere sui maledetti scarafaggi della mia infanzia e non solo; l’umanizzazione mi dava anche modo di fangirlare male sul mio headcanon non-tanto-assurdo circa la vicinanza esclusiva tra Joey e Olivia (è un fatto innegabile questo, e se andate su Wiki c’è scritto anche lì che dei tre insettacci che Olivia si ostina a proteggere da Oggy è proprio Joey il suo preferito *per la contentezza cita Wiki nella shot*). Poi, e qui arriva il difficile, dovevo trovare una giustificazione alla convivenza ‘forzata’ tra i tre scapestrati e Oggy il micione bonaccione. Mi sono inventata una parentela alla lontana, un Oggy già adulto che prende in casa con sé i tre orfanelli ancora bambini e se li tiene per ben quindici anni (anche questo è un omaggio: è stato il periodo di messa in onda francese della serie animata :D) nonostante loro, ben consapevoli e abbastanza responsabili della pessima prima impressione che hanno avuto su lui e Jack (il quale forse li liquida come ‘seccature’ fin troppo in fretta, ma Jack è un po’ così, no? XD), si divertano a rendergli la vita difficile.

Ed ecco, è qui che mi sono distanziata da quello che volevo scrivere, perché nonostante questo presupposto volutamente iroso, scontroso, malinconico i miei scarafaggi umanizzati volevano ancora essere soprattutto comici – ma mi rendo conto che questa fic è tutto fuorché comica. Credo di aver giocato un po’ troppo con il mio contesto alternativo, e di aver dato forse troppo peso all’eterocromia che fa sì che tutti tranne Olivia guardino in particolare a Joey con sospetto – il mio amore per i reietti e i ‘diversi’ mi porta pure dove non voglio andare, ahimè. Se vi sembra che sia finita OOC, vi supplico di perdonarmi: l’atmosfera semi-angst ha voluto parlare per me e vi assicuro che non era nelle mie intenzioni.

Ma la storia è venuta così, e così ve la lascio, perché in fondo ormai non riesco a immaginarla diversamente. E comunque sia, Joey/Olivia = non rimpiango niente. u///ù

Aya ~

   
 
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