“Malfoy…”. Harry Potter, il viso profondamente cerchiato,
aprì con un cigolio la porta della camera, richiudendosela immediatamente alle
spalle in modo furtivo. Socchiuse gli occhi, abituandosi alla penombra della
stanza, individuando nel cono di luce scarso di una lampada sulla scrivania, la
figura di Draco Lucius Malfoy. Accanto a lui, nella culla, Serenity Hope Diggory giocava allegramente con un peluche, emettendo
gridolini festosi. Riconobbe immediatamente il Ministro, ma non fece le solite
scene di evidente dimostrazione di simpatia. Forse Serenity era davvero
intuitiva… o forse semplicemente era quell’aria ad essere così pesante da poter
essere riconosciuta persino da una bambina.
“Potter…” lo salutò freddamente Draco, sollevando appena lo
sguardo da una pila di fogli di carta sulla scrivania.
“Ufficialmente, sarei qui per cancellarti la memoria…”
commentò Potter, stancamente, abbandonandosi su una sedia e passandosi una mano
infiacchita sulla fronte.
“Ed ufficiosamente?”
chiese Draco, continuando a dargli le spalle, apparentemente preso in modo
assoluto dalle sue faccende. Le sue spalle si erano, però, contratte in un moto
spontaneo ed involontario.
Harry prese a pulirsi gli occhiali con un lembo della
camicia, in modo incerto, prima di dire: “Ufficiosamente sarei qui per portarti
informazioni… avrei mandato il solito gufo, ma credo che sarebbe stato inutile,
trovandomi già qui. Inoltre con tutta questa gente nei paraggi, credo che un
gufo che si mette a svolazzare vicino alla tua finestra, avrebbe creato
sospetti… e sarebbe stato anche pericoloso…”, la sua voce si tinse di irata
preoccupazione, mentre soggiunse: “… anche se forse più per loro, che per te…”.
Draco sospirò rumorosamente, voltandosi infine, e dicendo con
voce sgraditamente ovvia: “I Confundus e gli
Incantesimi di Memoria sono necessari, Potter, per proteggere me e Serenity… lo
sai meglio di me… potrei persino fidarmi di quella piattola della tua donna, ma
Weasley, Thomas e la Brown sono davvero troppo… non
terrebbero un’informazione del genere per sé, nemmeno sotto Crucio. Ed immagino
che sarebbe un bel gossip raccontare a tutti che Draco Malfoy è vivo e che, per
giunta, vive da babbano…”.
“Ed Hermione?” mormorò Potter con voce atona, guardandolo in
modo duro ed ignorando le sue parole, era evidente che Potter nascondeva
qualcosa che andava al di là del senso precipuo della loro conversazione. Il
Ministro chiuse le mani a pugno, e tornò a guardare Malfoy, giada gelata negli
occhi: “Era necessario?”.
“Cosa?”.
“La Greengrass mi ha detto che lei non sa chi è… che è sotto
incantesimo da settimane… pensa anche lei che si chiami Summer…
ha riso come una povera imbecille, quando me l’ha detto, le è passata la voglia
solo quando le ho detto di non permettersi più di incantare Ginevra, senza che
gliel’abbia detto io, o la sua Promissio Gemina
diventerà improvvisamente carta straccia…” riprese Harry, la voce scura,
alzandosi in piedi ed avvicinandosi pericolosamente a Draco.
Draco roteò gli occhi, dandogli nuovamente le spalle: “Non ho
potuto evitarlo… quando l’ha fatto, non ero presente… e pensavo che la Granger
si sarebbe fermata solo poche ore. Dopo, non ho ritenuto vitale che lo sapesse…
anzi era meglio che non lo sapesse. Era già abbastanza insospettita che ci
fossi io qui, figuriamoci se avesse visto Astoria… quest’ultima in fondo
risulta viva e vegeta, a casa sua, e questo poteva mettere la Granger sul chi
vive, qualora l’avesse scoperto… a proposito, come sta quella brava donna? Avrà
la nausea a furia di ingerire Pozione Polisucco…”.
“Sta bene, si sta per sposare… ma non cambiare discorso,
Malfoy…” lo ammonì rudemente Potter, fronteggiandolo ancora “Perché hai
lasciato che Hermione rimanesse qui?”.
“Se sono settimane che me lo chiedi, e sono settimane che non
ti rispondo, ci sarà un motivo… e non mi sembra nemmeno che sia cambiato
qualcosa oggi…”.
“Invece sì che è cambiato qualcosa!” urlò Harry, dimenticando
ogni premura ed ogni buonsenso, afferrando una spalla di Malfoy in modo
violente e costringendolo a voltarsi. Respirava a fatica ed aveva gli occhi
lucidi di ira e di dolore: “Hermione potrebbe morire da un momento all’altro,
ecco che è cambiato! Ne ho le palle piene dei tuoi giochetti, mi hai capito,
Malfoy?!”.
Draco si divincolò dalla sua stretta bruscamente, alzandosi e
dandogli le spalle, prima di sibilare gelido : “La colpa in questo caso, è
stata solamente sua, si è dimenticata lei di prendere la pozione, ed
aggiungerei che mi ha messo nel maggior rischio che potessi aver mai avuto
negli ultimi mesi… quindi non giocare a – Diamo
la colpa a Malfoy! – che non attacca…”.
“Non capisco come sia potuto succedere…” commentò affranto
Harry, abbandonandosi su una sedia e nascondendo il viso tra le mani “Lei di
solito non è così…”.
“Quando si vive da babbani, per
anni, si hanno queste dimenticanze… dimentichi letteralmente chi sei… e credo
che sia successo anche alla Granger…” commentò con tono piatto Draco,
camminando per la stanza e chinandosi su Serenity per vedere come stava. Harry
sembrò rassicurato maggiormente da questo, dalla invincibilità della sua
migliore amica, che dalla prospettiva della lontananza che si stava scavando
tra loro.
“Pucey e Montague sono stati
avvistati dalle parti di Hogsmeade…” riprese Harry,
quando la sua voce non risultò alle sue orecchie più incrinata come era prima,
Draco prestò la sua massima attenzione a quelle parole, stringendo le nocche
forte fino a farle diventare bianche. Annuì brevemente con il capo, senza dire
altro, senza sottolineare altro.
“Inutile che ti dica di stare attento o simili…” borbottò
Harry, guardandolo da sopra le lenti rotonde in un modo che a Draco ricordò
spaventosamente il compianto Silente “Credo che, nonostante tutto, non mi
importi granché che tu faccia una brutta fine… ma credo che lo sai anche tu di
non poter lasciare sola… tua sorella…”. Accentuò quella parola con forza, come
una bugia che bruciasse in gola dalla voglia di diventare verità.
Draco annuì con un sorriso sarcastico: “E’ lo stesso motivo
per cui io stesso preservo ancora una traccia di interesse nel non fare una
brutta fine, Potter…”.
“Lo so…” asserì Harry convinto e rassegnato con un breve
sospiro “Ed è anche inutile che ti ribadisca che lei deve restare fuori da questa storia…”.
“Ci mancherebbe che mi porto Serenity dietro… hai perso la
testa?!”.
“Non sto parlando della bambina…” borbottò lapidario Harry,
non muovendo un passo, però facendo quasi sentire una decisione e forza che
fendeva l’aria tra loro due “Sto parlando di Hermione…”.
Draco sospirò con espressione annoiata, prima di dire:
“Ovvio, Potter… sono il primo a non voler subire le paturnie della Granger…”.
“Non sto parlando solo della tua noia, Malfoy” ribadì Harry,
guardandolo con il primo autentico odio che avesse verso di lui da quando
avevano lasciato quella Torre, la sera della morte di Silente. Da allora, per
Harry Potter, Draco Lucius Malfoy era sempre stato una vittima di un sistema
che lo aveva autenticamente stritolato in un meccanismo più grande di lui. Uno
che diventa cattivo, solo per paura o per ingordigia dei privilegi che ha
raggiunto negli anni da una posizione sopraelevata. Eppure, Harry era sempre
stato convinto che la sua anima non fosse corrotta del tutto. E la storia con
Helena e il nuovo profondo affetto per Serenity, ne erano la prova tangibile.
Ma, ora, ad Harry Potter premeva chiarire un’altra cosa. Il suo ruolo in
un’altra questione. Molto più spinosa ed annosa per il giovane Ministro. Per un
attimo, un bagliore dorato oscurò ed ottenebrò il verde degli occhi di Potter,
lampo vivido e liquido come bronzo colato, al ricordo delle parole che gli
sconvolgevano la mente da quella sera della festa, una settimana prima. Lei. La
regina dei Grifondoro. Semplicemente la sua migliore amica, Hermione. Lei che
difendeva la sua intenzione di trovare gli assassini dei genitori del ragazzo
biondo davanti a lui, con una caparbietà che aveva poco a che vedere con il
mero desiderio di giustizia. C’era qualcosa… in lei… Quello stesso ragazzo,
destinatario di tale impeto, in pochissimi secondi, capì che cosa passasse per
la testa al nemico di sempre, all’amico di oggi.
Chiuse gli occhi Draco, riaprendoli subito dopo.
Colori più
vividi, improvvisamente. I colori di questo ricordo… sono permeati di rabbia…
infinita, immensa. Rabbia.
La sua voce suonò
bassa e grave, in netto contrasto a com’era stata fino a quel momento. “So che
stai per dire, Potter… e per favore, taci, prima di dire sciocchezze… ho già
pensato a tutto… se la Granger si sveglierà, se si salverà… potrai portartela
dove vuoi… basta che la porti via da qui, prima che le succeda qualcosa…”.
Harry parve autenticamente meravigliato, mormorò delle parole
scollegate prima di rendersene effettivamente conto, come se nemmeno lui
sapesse collegare quello che aveva sempre pensato e quello che sentiva adesso.
Improvvisamente anche le sue intenzioni cambiarono… voleva difendere Hermione
da un affetto distruttivo per Malfoy, ed ora? Che cosa invece c’era, se lui
parlava così? Bisbigliò scioccamente: “Non vuoi che le succeda qualcosa? E che
cosa le dovrebbe succedere, scusa? Pucey e Montague
non sanno di te, la tua copertura è perfetta, non arriverebbero mai qui. E non
dovrebbero nemmeno avercela con lei… cosa altro potrebbe succederle? E poi…
Malfoy, parla, adesso. Avevo capito che le cose… andavano meglio tra voi… lei,
alla festa… ci tiene davvero a te… quello sguardo, lo conosco… ma al punto tale
che… ”.
Draco lo interruppe bruscamente, dandogli le spalle e replicando
con voce scocciata: “Potter, ti sei dimenticato di Astoria? La Greengrass
arrivista? La sopporta a stento. Fino ad ora ho pensato solo a quanto stesse
diventando seccante questa storia, ma adesso… credo che le potrebbe fare del
male, se restasse qui. Specie se pensa che io mi stia innamorando di lei…”.
“Non è possibile…” ripeté Harry, negando con il capo, anche
se forse egli stesso aveva pensato la stessa cosa, tacendola persino ai suoi
stessi ragionamenti, per quanto gli sembrasse assurda.
“Quello che pensa Astoria, vorrei che non fossero affari miei
ma tuoi, vista la brillante genialata di legarla a me con la Promissio Gemina… ma ovviamente è la mia fidanzata, non la
tua…” ripeté Draco, schioccando la lingua con fare noncurante ed affondando le
mani nelle tasche, aveva la stessa espressione indifferente e menefreghista di
tanti anni prima “Inizierà a pensare che la Granger sia il grande ostacolo tra
me e lei… illusa… ammesso che Helena non fosse mai esistita, io non mi potrei
innamorare di una come Astoria…”.
Harry sospirò brevemente: “Questo complica tutto, ovvio… non
potevo sapere che Hermione sarebbe venuta qui. Altrimenti non avrei contratto
la Promissio Gemina tra te ed Astoria. Ma non potevo
nemmeno sapere tra un milione di anni che tu ed Hermione… diventaste… così…
legati… perché l’hai lasciata qui? Non potevi mandarla via prima?!”.
La voce di Harry, al pensiero del legame che Draco aveva con
la sua migliore amica, si alzò di tono e di rabbia nell’ultima domanda. Draco
parve quasi divertito dalla sua reazione, sadicamente divertito: “All’inizio,
ho pensato che mi facesse comodo un’Auror per casa…
se lei voleva davvero lavorare qui, che diamine me ne fregava di farle cambiare
idea? Avrebbe protetto anche lei Serenity… e alla prima occasione, probabilmente
sarebbe morta nella sua nobile missione, come si addice ad un’Eroina del mondo
magico come lei…”. La sua voce era amara ed acida, ignorò la rabbia palese
nelle mani contratte di Harry, e proseguì: “Ed è sempre stato per Serenity che
l’ho lasciata qui… lei si era affezionata alla Granger… e Dio solo sa come
avesse fatto…ma non avrei mai fatto nulla per farla soffrire… quindi ho pensato
che in fondo poteva anche stare qui… anche perché nemmeno sapeva dei miei,
quindi era stata almeno assolta per la sua colpa peggiore e non era nemmeno più
un’Auror quando morì Helena… ci poteva anche stare …
stavolta non sarei nemmeno stato così egoista da togliere una protezione a
Serenity, solo perché dava fastidio a me… l’ho fatto con Amos ed Helena e vedi
che cosa è successo… avrei anche sopportato la Granger se significava poter
proteggere meglio Serenity…”, la sua voce scese di tono e si sedette su una
poltrona, affondando le mani nei capelli: “E poi, un giorno, all’improvviso,
dimostrarle interesse anche solo per Serenity è diventata la mia scusa… è
diventata solo una scusa. Una scusa Potter… che mi racconto quando non riesco a
starle lontano…”, Harry rimase attonito sentendo quelle parole. Non era tanto
quello che stesse dicendo, ma il come lo stesse dicendo. La voce era
autenticamente disperata, il viso era mangiato da lunghe ombre scure. Harry lo
sentì proseguire con voce strozzata: “L’ho baciata Potter, io l’ho baciata.
L’altra notte… ed ancora mi sono dato una scusa per farlo. Seth, volevo
allontanare lui, certo, poteva vedere che sanguinava… e poi ho visto che
Hermione piangeva… e ho desiderato che mi baciasse anche lei, che volesse
baciarmi anche lei…”, le sue erano frasi sgozzate, monche, ed Harry ebbe la
sensazione netta che aspettasse solo di parlarne con qualcuno, poco importava
chi fosse. Solo quello non fece reagire Harry, impantanandolo in un senso di
stordimento che non riusciva a contrastare. Draco Malfoy sembrava andare a
fuoco, sembrava che si stesse consumando. Di dolore, di angoscia, odiava sé stesso,
come mai prima d’ora. Aveva dimenticato Potter, c’era solo lui e il fantasma di
Hermione Granger attorno a lui. Harry, a fatica, distinse l’ultimo respiro che
articolava in suoni: “Stanotte ho fatto l’amore con Astoria, pensando a lei… me
la sono sentita dentro, come se fosse mia… Potter, non posso sopportare che
muoia… e vorrei soltanto che la portassi via da qui…”.
“Ti stai innamorando di lei, Malfoy?” ribatté atterrito
Harry, la rabbia per come era stata trattata Hermione era evaporata dai suoi
occhi lucidi, lasciando il posto solo ad un sentimento di confusione e
spaesamento.
“Non lo so…” replicò Draco, sconvolto, alzandosi dalla
poltrona ed andando avanti ed indietro, una smorfia sui tratti induriti del
viso “Ma è la cosa peggiore che possa accadere… e deve finire, prima che
davvero io non possa più tornare indietro. Oggi, adesso, io posso ancora
lasciarla andare via, non farmi domande e dirmi solo che ci tengo a lei, ma che
tanto basta…”, la sua voce divenne un filo leggero d’aria mentre sputava fuori
una verità che gli deformò il viso di dolorosa nausea emotiva per quello che
sentiva e vedeva, ma che sapeva essere solo un’illusione: “Ma domani, non
basterà più, Potter… domani non sarò in grado di lasciarla andare via, sia come
diamine sia, che me ne sono innamorato, che mi sta simpatica o come diamine
vuoi metterla. E io non mi posso permettere distrazioni, Potter. Non mi posso
permettere nulla di diverso dal vendicare Helena. Non posso permettermi la
Granger, fosse anche una maledetta distrazione da Helena. E non voglio più
avere altre morti sulla coscienza… lei, talvolta, mi ricorda Helena… non so
come sia possibile… ma… lei, la Granger… ride come Helena… e se morisse come
lei? Se fosse un segno che mi vuol far capire che cosa potrebbe succederle?
Nessuno deve più morire per me, Potter… nessuno. Mandala via per favore… trova
un modo con cui lei possa andare via. Io non ce la farò a mandarla via. Lo so.
Accetterà se glielo chiedi tu, forse mi odierà anche perché l’ho baciata.
Mandala via, Potter… ”.
L’espressione mutò in un secondo, ritornando fredda e cinica,
mentre aggiunse le sue ultime parole, a cui Harry avrebbe solo ribattuto che
avrebbe trovato un lavoro per Hermione, che non gli facesse incontrare più. Le
sue ultime parole. Epigrafiche come una condanna. “La Granger… non morirà come
Helena… e io non proverò per lei nulla di quello che provavo per Helena…”.