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Autore: andarevia    30/06/2014    0 recensioni
A drink for the horror that I'm in.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chi l'avrebbe mai detto. Non ci avrei mai creduto se non fosse successo a me. Come può la musica cambiarmi? Come può aiutarmi? Farmi sentire bene o male? Eppure è successo, e sta succedendo. Non ho mai preso la musica sul serio. Ho sempre pensato che fosse qualcosa così, tanto per divertire la gente, per farla cantare, ridere, ballare; e invece no, è qualcosa di più. Quel qualcosa che può cambiarti l'umore a seconda del suono, della voce, delle parole. Ripeto, non ho mai preso la musica sul serio, non l'ho mai usata per aiutarmi, perché tutta la musica che sentivo alle medie era musica commerciale, purtroppo. Un giorno, a ricreazione, un mio compagno avvicinò la sua cuffietta al mio orecchio e mi disse semplicemente "ascolta". La ascoltai. Si sentiva un piano. Poi si sentì la voce. Era una voce che portava dolore. Sentivo angoscia, sofferenza e dolore, appunto. Man mano che la canzone andava avanti, mi sentivo sempre più travolta da quella melodia; amavo il fatto che il testo era coerente alla musica, la voce trasmetteva ciò che il testo diceva. Appena finì, chiesi al mio amico che canzone fosse. "Sono i My Chemical Romance e la canzone si chiama "Cancer". 
Ne rimasi affascinata. My chemical Romance. Cancer. Cancro. Ripensai al testo. "Cause the hardest part of this is leaving you". Wow. Era bellissima. Era di quella tristezza che ti travolge, come se ci fossero dei lacrimogeni in quella canzone. 
Cominciai a sentire altre canzoni. La seconda che sentii fu "I'm not okay (I promise)". Fu amore a prima ascolto. Amavo quella band, amavo la voce del cantante e la passione che metteva in ogni singola canzone. Purtroppo la band si è sciolta, ma nonostante ciò io li sento ancora perché mi aiutano. 

Scoprii che non ero l'unica della classe che li ascoltava. C'era un altro mio amico, Matteo, che li ascoltava e che me li faceva ascoltare. Non ho mai voluto considerare il nostro rapporto come un rapporto di amicizia. Non c'era niente. Era uno come altri. Dopo l'ascolto dei My Chemical Romance, però, ci avicinammo un poco. Eppure, a distanza di mesi, non riesco ancora a definirlo "amico". Quando penso alla parola "amicizia" immagino due persone che tengono l'uno all'altra, che escono, che si divertono e che ogni tanto si scrivano per sentirsi come si sta. Con lui non è così. Sono rarissime le nostre conversazioni che iniziano con un "ciao, come va?". Sono conversazioni brevi, troppo brevi per due amici. In fondo io gli volevo bene. Ogni tanto, quando ero giù di morale, gli raccontavo la mia situazione e mi diceva che gli dispiaceva e che se volevo potevo raccontargli tutto. Il problema è che la causa del mio morale era lui. 
Che sfiga. Di tutti i ragazzi che conosco, di tutte le persone che considero "amiche", io mi sono presa una cotta per lui? Non volevo crederci. E non voglio crederci tuttora. Sapevo che non dovevo innamorarmi, sapevo che alla fine sarebbe andata così. Però è così dannatamente perfetto. Non è tipo quelli che, quando stai per strada, fermi la tua amica e le chiedi "Hai visto quello? E' proprio carino". No, non è così. E' pieno di imperfezioni fisiche, ma ha un comportamento che mi ha colpito. 
Quando capii di esserne innamorata fu l'ultimo giorno di scuola, alla festa. Fa parte di una band, e aveva invitato me e il suo migliore amico, Francesco, per vedere il suo concerto alla festa. Io e quest'ultimo andiamo molto d'accordo. Ci scriviamo, ci sentiamo, andiamo ognuno a casa dell'altro, insomma, posso considerarlo amico a differenza di Matteo. Il giorno del concerto mi venne a prendere Francesco a casa, e con circa 3 ore prima dell'inizio, arrivammo al locale dove ci doveva essere la festa. Il pomeriggio a scuola, Matteo ci aveva detto di venire prima per non pagare il biglietto, e quindi far finta di far parte della band. Appena arrivò Matteo, quindi, io e Francesco lo seguimmo. Matteo suona il basso. Mentre faceva le prove lo fissavo. Portava una cannottiera di quelle larghe, dei Green Day, i jeans, e un paio di scarpe consumate. Era bellissimo. Ogni tanto ci guardavamo negli occhi, e i suoi sguardi erano seri. Volevo guardarlo per sempre. Il movimento dei suoi capelli, il fatto che si dondolava, i suoi sguardi. Volevo che non finisse mai. E' stato lì che ho capito che mi piaceva. Sì, mi piaceva Matteo. E non ne andavo fiera. 

  
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