Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hero; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

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Non c’erano parole per descrivere il mio disappunto quando quei due muri ci separarono. E quando poi lo fecero tre strade.
   Ma non si potevano paragonare alla paura che provai nel sentire una sensazione di impotenza farsi spazio nel mio petto ed una nota di rassegnazione nella tua voce quando decidemmo di prendere due strade completamente diverse.
   Non eravamo mai stati neanche lontanamente simili: tutto ciò che amavi, a me faceva ribrezzo; tutto ciò che amavo, tu non lo guardavi neanche. Immaginavo una svolta del genere, come immaginavo che non sarei rimasta al tuo fianco per molto, e non so dire se lo volessi o meno. Forse, ero così certa di tutto questo, che non ho fatto in modo che i nostri fianchi non si allontanassero; così egoista da avere il bisogno di sentirmi nella ragione.
   Ero quel tipo di ragazza che non ammetteva mai ciò che voleva davvero perché era più facile dire il contrario. Quel tipo che sembrava fosse in guerra anche in un momento di pace. Per cui non andavi mai bene, così da non far notare che ogni tuo errore avrebbe voluto colmarlo con un suo successo.
   Stringevo il cellulare come se fosse l’ultima speranza a cui potevo aggrapparmi. Avrei voluto che tu parlassi, che mi dicessi qualcosa, e speravo che il silenzio attraverso la cornetta fosse perché, per una sola volta, gli stessi pensieri si facevano strada nella tua mente e le stesse parole rimanevano incastrate in gola, come quelle che non avevo avuto mai il coraggio di dirti dopo i due muri, le tre strade e il mio infinito egoismo, solo per orgoglio.
   «Mi dispiace.» Dicesti, dopo che la mia speranza aveva già cominciato ad affievolirsi.
   Ti ringraziai tante volte quante quelle in cui ti maledissi. La mia presa sul cellulare si allentò quel tanto per farlo cadere sul letto, vicino alle mie gambe.
   Sapevo che avevi già interrotto la chiamata, come sapevo che avevi già spezzato ogni altro filo che ci teneva legati dopo tutti quegli anni e che ormai le mie parole non ti sarebbero arrivate, nonostante la mia gola avesse finalmente permesso loro di uscire.
 
   «Ma ci sarà un momento in cui giocheremo ancora?»

 

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A/N:
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio prima di tutto per avere letto questo pezzo nato dalla noia e dal voler scrivere qualcosa su questi due adorabbabili bimbi. Qui non sono proprio bimbi e dovrebbero avere circa 19/20 anni o giù di lì.
Spero di aver fatto capire un po' dove volevo arrivare con quella frase e il collegamento con l'inizio, se non ci siete arrivati prima, non vi preoccupate, sono io ad essere incapace.
Che dire, credo sia la prima fic su Horimiya e non so se sentirmi bene o male, nell'indecisione diciamo che spero di trovare altre fic e che venga aperta la sezione perché QUESTO MANGA È ADORABILE E MERITA PUNTO.
Finisce qua la nota perché non mi piace mai andare troppo oltre ai chiarimenti sulla fic, quindi se vi è piaciuta (ed anche e soprattutto se non vi è piaciuta) lasciatemi una recensioncina e (spero) alla prossima fic su questa serie!
Au revoir ~