Serie TV > Don Matteo
Ricorda la storia  |      
Autore: telesette    03/07/2014    1 recensioni
L'amore puro del capitano, misto alle lacrime e ai baci morbidi sulla mano di lei, era l'unica cosa che costui avesse da offrirle. Sapeva di non avere modo di salvarla, se Dio aveva deciso altrimenti, ciononostante continuava a sperare e a pregare con tutto il cuore.
Con tutta l'anima.
Con ogni singola fibra del suo essere.
Tanto era assorto nelle sue suppliche, che pure non si accorse del segnale in netto miglioramento sul display della macchina.
Laura era già sveglia, perfettamente in grado di udire e comprendere le sue parole, perciò decise di mantenere gli occhi chiusi ancora per un poco.
Dopo essersi beccata una pallottola in pieno addome, il minimo che si meritava era una dichiarazione completa...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In memoria di un'amica'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

In memoria di un'amica:

Nata a Chieti, il 4 marzo del 1977, Gina Ciriegi era una persona di animo semplice e molto creativa.
Oltre a scrivere, sapeva creare delle bellissime riproduzioni e decorazioni angeliche. Molto brava anche col photoshop, con il quale sapeva creare delle immagini molto tenere coi personaggi di varie serie animate. Inguaribile e dolcissima romanticona, amante delle storie d'amore e dei finali lieti. Fedelissima conoscitrice dei vari capolavori di animazioneDISNEY ( "Gli Aristogatti", "La Carica dei 101", "La Sirenetta", "Il Re Leone", e molti altri ancora ). Sognatrice e sensibile, nonostante le tante difficoltà della vita, sempre volta a rincorrere le tante piccole gioie che ogni persona desidera per sé: la serenità, la pace, gli affetti, l'amore...
Gina si spegne il 7 marzo 2013 all'età di 36 anni, lasciando un grande vuoto nei cuori di molte persone ( me compreso! ), e un dolore immenso in tutti coloro che la conoscevano per la persona meravigliosa che era.
Di tutte le cose che ho ancora di lei, e della nostra bellissima amicizia nata su Facebook, senza dubbio rimane il ricordo delle nostre interminabili chiacchierate. C'erano così tante idee in lei, così tante storie da creare, perciò vorrei tentare di riportarle su queste pagine a nome suo. Nelle mani uno strumento, nella mente un pensiero, ma il cuore è quello che lega entrambi alla fantasia che abbiamo condiviso assieme.
Ciao Gina!

***

Don Matteo, interpretato dall'intramontabile Terence Hill, si può dire che abbia "colorato" i teleschermi italiani proprio con l'avvento del 2000.
Da che il compianto Renato Rascel aveva portato sul piccolo schermo le avventure poliziesche di un timido pretino di campagna, protagonista di numerosi romanzi gialli e meglio noto come Padre Brown, ecco che Rai Uno propone tra le sue serie un altro prete-investigatore dal fiuto infallibile.
Reverendo presso la comunità parrocchiale di Gubbio, Don Matteo vive nell'ipotetico alloggio presso la chiesa di San Giovanni, in compagnia della sua perpetua Natalina Diotallevi e del suo sagrestano Pippo Gimignani-Zerfati. Dopo aver stretto una profonda e sincera amicizia con il maresciallo siciliano dei carabinieri Nino Cecchini, mosso soprattutto dalle proprie facoltà deduttive e dalla conoscenza spirituale dell'animo umano, Don Matteo non esita a mettere il naso nelle indagini. Sebbene animato dalle migliori intenzioni, e oltretutto in grado di giungere alle deduzioni giuste su ogni singolo caso, il suo operato è fonte di continua irritazione, per il capitano Flavio Anceschi prima... e per il successore di questi, Giulio Tommasi, dopo.
A partire dalla nona stagione, a causa di intemperanze economiche ed anche piuttosto sgradevoli con il comune di Gubbio riguardo le riprese, la serie si sposta nella vicina Spoleto in provincia di Perugia.

Clicca qui per ascoltare la sigla:
https://www.youtube.com/watch?v=oIHTY6kx6XU

***

 

Il proiettile del destino
immagini tratte da internet

- Edoardo Sentani, non faccia sciocchezze, venga subito fuori con le mani in alto!

Malgrado il suo tono di voce chiaro e perentorio, il capitano Anceschi non ottenne dal criminale barricato alcun segno che lasciava presagire una sua possibile resa.
Dopo essersi indebitato fino al collo, scommettendo coi soldi dei clienti della banca di Gubbio nel tentativo disperato di venirne fuori, Sentani non aveva più niente da perdere ormai. La vista delle uniformi dei carabinieri lo aveva messo in allarme, convincendolo che il suo gioco ormai era già stato scoperto, cosicché aveva messo mano alla pistola che teneva nascosta nella giacca e adesso stava tenendo in ostaggio una guardia ferita... e almeno altre trentacinque persone, tra clienti e dipendenti in servizio.
Fare un'azione di forza, con un pazzo armato nell'edificio, equivaleva a provocare una strage.
Anceschi non aveva altra scelta che cercare di trattare con Sentani, augurandosi che questi fosse sufficientemente lucido da non mettersi a sparare a casaccio, e salvare così tutti quei poveri disgraziati ancora nelle sue mani.

- Ma garda chistu fetente - mormorò il maresciallo Cecchini sottovoce. - Da ladro, a 'ssassino, ed è pure vicedirettore...

Anceschi lo guardò storto.

- Cecchini, per favore - disse. - La morale gliela facciamo magari dopo, eh?
- Certo, certo, ci mancherebbe - annuì l'altro. - Dicevo per dire, mica...
- Ecco, appunto, "mica" e "muto" - lo zittì Anceschi. - Devo riflettere, per favore, non mi distragga!

In realtà, Anceschi non sapeva assolutamente che pesci prendere.
Qualunque azione improvvisa, anche facendo intervenire i GIS dal retro dell'edificio, il rischio per gli ostaggi era troppo alto. Stava ancora pensando sul possibile da farsi quando, facendosi largo oltre lo sbarramento degli uomini incaricati di tenere la folla in zona di sicurezza, l'affascinante sindaco Respighi chiamò il capitano per nome.

- Laura - esclamò Anceschi. - Che ci fai qua?
- Ero preoccupata, no - rispose lei, sottolineando l'ovvietà. - Mi hanno detto che Sentani ha già sparato dei colpi...
- No no, senti: ha sparato un colpo, e basta; io sto bene, stiamo tutti bene, tra poco lo arrestiamo e non succede niente!
- Capitano, mi sente?

Tenendosi al riparo da eventuali tiratori appostati fuori, Sentani cominciò ad elaborare nella sua mente sconvolta un piano disperato, molto probabilmente sperando così di aprirsi una via di fuga. Senza farsi pregare, Anceschi impugnò a sua volta il megafono e invitò il criminale a mantenere la calma.

- Sentani, te lo ripeto: non hai via di scampo, sei circondato; butta fuori la pistola adesso e, ti prometto, agli atti ne terremo conto!
- Capitano, non provi a fregarmi - urlò Sentani. - Ho trentacinque teste da far saltare qui, e non ho niente da perdere!
- Non fare cazzate, che c'hai già l'aggravante di una guardia ferita!
- Sono io che detto le condizioni, quindi mi ascolti bene!

Ormai era chiaro che Sentani era capace di tutto, anche del gesto più disperato, motivo per cui Anceschi e i suoi si trovavano seriamente con le mani legate.

- Va bene, ti ascolto!
- L'accordo è questo: lei butta la pistola a terra, dove posso vederla, e poi viene verso di me senza correre; saliamo a bordo di una delle vostre auto, da soli, e sarà lei a guidarmi fuori da Gubbio; ma alla prima mossa falsa, da voi o da uno dei vostri uomini, giuro che l'ammazzo!

Anceschi si morse il labbro, rimuginando sul fatto che non aveva scelta, e già stava per buttare via la propria pistola d'ordinanza oltre lo sbarramento.

- Ma sei pazzo? - scattò dunque Laura. - Se vai da lui, quello ti ammazza!
- Cecchini, la tenga ferma - ordinò serio il capitano.
- Flavio - strillò Laura, non appena il maresciallo si adoperò a trattenerla per le spalle.

Come aveva stabilito Sentani, Anceschi cominciò a muoversi verso di lui, lentamente ma di buon passo.
Aveva già perscorso circa metà della distanza quando, a causa del suo incessante divincolarsi, Laura si liberò dalle braccia del maresciallo Cecchini e prese a correre in direzione del suo innamorato.
Accadde tutto in un attimo.
Flavio non fece neppure in tempo ad accorgersene che, gettandosi istintivamente davanti a lui con le braccia aperte, Laura si parò dinanzi alla pistola di Sentani come uno scudo umano. In preda ad un riflesso istintivo, dunque, Sentani fece fuoco e la povera Respighi si accasciò immobile tra le braccia del capitano.

- LAURA !!! - gridò Anceschi disperato.

Nello stesso momento, uno dei carabinieri fece partire a sua volta un tiro mirato e preciso. Sentani fu costretto a mollare la pistola, la spalla destra che sanguinava copiosamente, e subito si fecero avanti per arrestarlo e metterlo definitivamente in condizioni di non nuocere.
Anceschi era rimasto in ginocchio, stringendo a sé Laura che pure non dava alcun segno di vita, supplicando Dio e tutti i Santi di non lasciarla morire.
Cecchini, le mani tra i capelli per l'enormità dell'accaduto, ordinò che venisse chiamata subito un'ambulanza.

- Laura, per l'amor del Cielo - gemette il capitano sgomento. - Ti supplico, non morire... Non morire, ti scongiuro, no!

Silenzio.
Il volto di Laura Respighi era una maschera cerùlea, le palpebre chiuse e i lunghi capelli rossi disordinati, mentre una densa chiazza rossastra andava sempre più allargandosi sui suoi vestiti all'altezza dell'addome.

***

- Assassino!

Non appena informata dell'accaduto, la signora Lucilla, madre di Laura, era giunta il più in fretta possibile all'ospedale dove avevano ricoverato sua figlia.
Senza neppure chiedere ulteriori spiegazioni, circa la reale dinamica dei fatti, Lucilla si avventò istericamente contro Anceschi per tempestargli il petto di sberle con tutta quella poca forza che aveva in corpo. Eppure Anceschi accusò pesantemente quei colpi, non tanto per il dolore fisico quanto per la disperazione, giacché in cuor suo era convinto che la madre di Laura avesse ragione.

- Me l'hai ammazzata, la mia bambina... L'hai uccisa tu, maledetto!
- Signora, la prego, venga con me - intervenne provvidenzialmente il maresciallo Cecchini, cercando di allontanarla.
- Il suo capitano è un assassino... ASSASSINO !!!

Anceschi sbiancò in volto, tanto da sembrare più morto che vivo.
Lo sguardo assente, incapace anche solo di giustificarsi, desiderava solo di potersi svegliare da quell'orribile incubo.
Al momento, Laura era ancora viva. 
La pallottola aveva perforato il muscolo addominale, incastrandosi nell'intestino, ed era impossibile stabilire con certezza la buona riuscita dell'intervento. Secondo i medici, a causa dell'ingente perdita di sangue, vi erano scarsissime possibilità che il sindaco Respighi riuscisse a superare la notte.
Flavio Anceschi si sentiva come svuotato internamente, privo di ogni energia, e su di lui sentiva incombere l'ombra dolorosissima di un senso di colpa fin troppo grande da sopportare.
Che Lucilla avesse ragione?
Era davvero sua, la colpa dell'accaduto?
Non aveva premuto lui il grilletto ma, rivedendo mentalmente la scena che ancora sembrava scorrergli davanti agli occhi, non riusciva assolutamente a scartare buona parte della responsabilità.
Dopo avere affidato la madre di Laura alle cure di un'infermiera, Cecchini si preoccupò di tranquillizzare il capitano.

- Capitano, non ci faccia caso - mormorò appena Cecchini. - Quella donna è sconvolta, non sa quello che dice...
- Cecchini, devo uscire - tagliò corto l'altro con un filo di voce. - Ho bisogno di prendere un po' d'aria!
- Va bene, l'accompagno...
- No, la ringrazio, devo stare un momento da solo!

Una volta fuori dell'ospedale però, anziché sentirsi meglio, Anceschi credette di svenire davanti all'ingresso.
Nessuno si avvide della sua presenza, né lui intese chiedere aiuto ad alcuno, e i suoi passi ( Dio sa come! ) finirono per guidarlo nell'unico posto ove nessuno avrebbe mai inteso scacciarlo.
Una volta entro le mura sicure della piccola canonica di San Giovanni, il capitano si buttò in ginocchio ai piedi dell'Altar Maggiore, supplicando l'Onnipotente di intercedere per la salvezza di Laura.
Stava ancora pregando quando, sentendo il confortevole appoggio di una forte mano sulla sua spalla, drizzò il capo e si ritrovò faccia a faccia con l'espressione amichevole del parroco.

- Ho appena saputo, dalla televisione - sussurrò Don Matteo. - Come sta, Laura?
- Sta più di là che di qua - rispose Anceschi in un soffio. - Dicono che ci sono delle possibilità, ma... non lo so, Don Matteo... Non lo so...

Per alcuni minuti, nessuno disse nulla.
Don Matteo si limitò ad accendere una candela ai piedi del Cristo, facendosi il segno della croce, per poi andare a sedersi di fianco ad Anceschi e mormorare sommessamente al suo fianco qualche preghiera.

- Don Matteo, me lo dica - esalò il capitano, con gli occhi lucidi di pianto. - Se me lo dice lei, ci credo... Perché io non so più, a cosa devo credere... Non lo so più!
- Il mistero del dolore, è grande - spiegò l'altro. - E' come una grande prova, dove Lui mette noi stessi sulla bilancia, per capire quanto la nostra fede è forte!
- Non è giusto, però - ribatté Anceschi. - Non era lei, Don Matteo, ero io... Quella pallottola era per me, non per lei...
- E tu non riesci a dartene pace!
- Mi sento come se le avessi sparato io - fece Anceschi, quasi singhiozzando. - Non sarebbe successo, se non mi fossi trovato lì, non sarebbe successo nulla... O comunque doveva succedere a me!
- Se fosse successo a te, quella pallottola, avrebbe spezzato comunque due vite: la tua e quella di Laura!
- L'ho uccisa io, allora? Sono io l'assassino, Don Matteo?

Don Matteo tacque un momento, cercando di preparare Anceschi, prima di convincerlo a guardare ciò che era e non ciò che credeva di essere.

- Laura è viva - osservò. - E' viva e ha bisogno di te, come tu di lei, ed è questo il mistero dietro a quanto è accaduto: un mistero grande, profondo, difficile e bellissimo... 
- Quale?
- L'amore, Flavio... L'amore!

Anceschi comprese.
Guardando verso l'alto, sentendo più vicina la risposta alle proprie domande, per un attimo parve capire ciò che il prete stava cercando di dirgli.
Vi era un amore profondo e reciproco, nel gesto che Laura aveva compiuto, e il vero peccato era quello di non riconoscerlo.
Quante volte Flavio Anceschi aveva e pure avrebbe rischiato ancora la vita, in nome del suo senso del dovere?
E Laura, in virtù dei suoi sentimenti per lui, poteva forse sopportare tacitamente quello stesso dolore che lui ora stava provando?
No, non era giusto per lei, come non era giusto per nessuno.
L'amore è un sentimento complicato, capace di dare gioia ma anche di cancellarla completamente dal cuore, a seconda delle circostanze. Come la luce abbisogna delle tenebre per esistere, così l'amore necessita della sofferenza, per capire fino in fondo l'enorme valore di ciò che esso rappresenta.
Era questa la prova di Dio, verso quelle due anime in pena.
Una prova difficile, dolorosa e difficile, che necessitava di coraggio e di speranza assieme.
Per accettare l'amore, Anceschi doveva credere nel suo e in quello di Laura.
Doveva crederci assolutamente, fino alla fine, convincendosi che non poteva né doveva finire per forza a quel modo.

- Grazie, Don Matteo - disse.

Don Matteo annuì con un lieve sorriso, battendo leggermente la mano sulla sua per confortarlo, allorché Anceschi rese omaggio all'altare e uscì dalla chiesa per tornare subito all'ospedale.

***

Ormai erano oltre diciotto ore che Laura non dava segni di vita, ad eccezione del segnale elettrico sulle apparecchiature che rivelavano ancora il suo lieve battito cardiaco.
Anceschi era lì, al suo fianco, pregando per lei e sussurrandole costantemente all'orecchio perché si svegliasse.

- Amore - disse. - Amore, mi senti ?

Nessuna risposta.
Laura era sempre immobile, come se fosse morta, ma morta non era.
Anceschi le strinse la mano inerte nella propria, carezzandola dolcemente con le dita, senza smettere di parlarle.

- Guarda che, per la Bella Addormentata, io non vado bene: ci vuole un principe, lo sai, il bacio d'un carabiniere mica vale...

Neppure l'umorismo sottile pareva funzionare.
Anceschi era sempre più nello sconforto, malgrado la promessa di essere forte per entrambi, ma forse l'unica era essere onesto fino in fondo e dirle solo e soltanto la verità... Quella verità che, altrimenti, non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle.

- Non te ne andare, Laura - supplicò. - Lo so, ho sbagliato, ho fatto un mucchio di cazzate ma ti prego... Ti prego, non mi lasciare solo!

L'amore puro del capitano, misto alle lacrime e ai baci morbidi sulla mano di lei, era l'unica cosa che costui avesse da offrirle. Sapeva di non avere modo di salvarla, se Dio aveva deciso altrimenti, ciononostante continuava a sperare e a pregare con tutto il cuore.
Con tutta l'anima.
Con ogni singola fibra del suo essere.
Tanto era assorto nelle sue suppliche, che pure non si accorse del segnale in netto miglioramento sul display della macchina.
Laura era già sveglia, perfettamente in grado di udire e comprendere le sue parole, perciò decise di mantenere gli occhi chiusi ancora per un poco.
Dopo essersi beccata una pallottola in pieno addome, il minimo che si meritava era una dichiarazione completa.

- Ti amo - ammise Anceschi. - Ti amo e voglio stare con te, solo con te, ora e per sempre... Te lo giuro!
- Ci... Ci voleva tanto... per dirlo?

Anceschi sgranò gli occhi dallo stupore.
Malgrado la comprensibile debolezza, Laura si sforzò comunque di sorridergli per rassicurarlo.
Era viva.
Il dono più grande dell'Onnipotente, in risposta a tutte le sue preghiere, il miracolo che l'aveva riportata da lui.
Era viva!
Tante erano le cose da dire.
Tante erano la gioia e la felicità assieme.
In quel momento però, con tutta l'incontenibile emozione di entrambi, l'unico modo di riassumere ogni parola... era attraverso un bacio.

FINE

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Don Matteo / Vai alla pagina dell'autore: telesette