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Autore: Axelle_    03/07/2014    1 recensioni
Eleonora si convinse che non avrebbe sorriso mai più.
E smise di parlare, perchè le uniche parole che aveva erano per lui.
E smise di dormire, perchè sognava solo le sue mani che la accarezzavano come una volta.
E smise di rispondere alla sua migliore amica, invidiosa del fatto che lei lo vedesse tutti i giorni.
Poi arrivò George.
~
“Eleonora! Vieni sotto, ti ammalerai!” la richiamò leggermente preoccupato.
Eleonora, soddisfatta, lo raggiunse.
“Maledizione Eleonora” imprecò George vedendola fradicia.
Senza pensarci due volte si sfilò la felpa e la aiutò a infilarla.
“Ti piace proprio la pioggia, eh?” chiese mentre le sfregava le braccia per trasmetterle calore.
Eleonora annuì con un sorriso sbarazzino.
“Rain” sospirò poi George, guadagnandosi un’occhiata confusa dalla giovane.
“Credo proprio che ti chiamerò Rain, d’ora in poi” spiegò, osservando che la pioggia andava via via fermandosi.
Eleonora sorrise, pensando al magnifico pomeriggio che aveva passato e che si era concluso in bellezza.
“Rain again” pregò silenziosamente il cielo, mentre il profumo di George le avvolgeva il corpo.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, George Shelley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1.
 
Un piccolo alone bianco si creò sul vetro davanti a Eleonora, che rannicchiata sulla vecchia poltrona rossa osservava i fiocchi di neve volteggiare come farfalle nell’aria.
“Non puoi stare seduta lì davanti tutto il giorno” la rimproverò la madre, guardandola sottecchi.
Eleonora non rispose, non perché voleva ignorarla ma perché non sapeva cosa dire.
In pochi giorni si era vista portar via tutta la sua vita e ora non poteva far altro che stare lì, inerme, a vederla scomparire. Esattamente come quei fiocchi di neve che osservava incantata che una volta arrivati a terra, semplicemente smettevano di essere. Ecco, Eleonora aveva smesso di essere da quando aveva lasciato la sua città.
Lo aveva fatto per sua madre. Le era bastato entrare nella camera di Eleonora, quel giorno, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio e gli occhi che brillavano e la ragazza non aveva saputo dire di no.
Era passata da: “Mi hanno dato una promozione, non è fantastico?”
“Ci divertiremo.”
A: “Comunque non hai scelta. Partiamo domani”.
E all’inizio Eleonora era davvero convinta che ce l’avrebbe fatta. Londra era sempre stata il suo sogno, si sarebbe tenuta in contatto con le sue amiche tramite pc e cellulare e si fidava ciecamente del suo ragazzo. Era stato il suo primo amore, e Eleonora pensava che sarebbe stato anche l’ultimo.
Questo quattro giorni fa, quando lui l’ha mollata con la scusa del: “La distanza è troppa.” Per poi non aggiungere altro, nonostante tutti i tentativi di Eleonora.
Neanche le innumerevoli telefonate della sua migliore amica erano riuscite a strappare un sorriso da quelle labbra a forma di cuore.
Eleonora si convinse che non avrebbe sorriso mai più. Non senza di lui.
E smise di parlare, perché le uniche parole che aveva erano per lui.
E smise di dormire, perché sognava solo le sue mani che la accarezzavano.
E smise di rispondere alla sua migliore amica, invidiosa del fatto che lei lo vedesse tutti i giorni.
 
“Eleonora” riprovò la madre, questa volta con tono più arrendevole. “Ti prego.”
E dato che non poteva reggere anche sua madre, decise di accontentarla.
S’infilò gli stivali, arrotolò la sciarpona intorno al collo sottile, infilò il cappotto e uscì di casa.
Non si controllò allo specchio, come tutte le altre volte, se la linea dell’eyeliner fosse sbavata o se i suoi capelli non fossero arruffati. Ormai non valeva la pena darsi tanto da fare, se non c’era nessuno da cui farsi vedere.
La fredda aria londinese le sferzò il viso all’istante, facendole lacrimare gli occhi, ed Eleonora si pentì all’istante della sua scelta.
Forse avrebbe fatto meglio a rifugiarsi in camera sua, sotto le coperte, in compagnia dei suoi pensieri. E pensò sul serio di farlo, ma fu fermata dal suo orgoglio.
 
Camminò senza meta, anche perché molte delle strade non le conosceva, e decise di fermarsi solo quando i piedi le implorarono di farlo.
Puntò un bar, ma era troppo affollato e c’era già abbastanza casino nella sua testa, non ne voleva anche fuori. I suoi occhi saettarono da una parte all’altra in cerca di una alternativa, finchè i suoi occhi non scorsero un parchetto abbandonato in lontananza.
Fece un ultimo sforzo e, una volta raggiunta la meta, si abbandonò con un sospiro di sollievo su un’altalena decisamente-
“Non è troppo piccola per te, questa?” qualcuno espresse i suoi pensieri ad alta voce.
Eleonora si voltò, stizzita, e osservò il ragazzo che l’aveva importunata.
Un cappellino rosso gli copriva la testa, anche se dei ricci ribelli gli sfuggivano. Degli occhi castani la osservavano curiosi da sotto  le lunghe ciglia, aspettando che Eleonora rispondesse alla sua provocazione.
“Non sei troppo piccolo, per queste?” ribattè infatti, indicando con un cenno del capo la sigaretta che il ragazzo si rigirava fra le dita.
“Questa dici?” la alzò e accennò a un sorrisino. “La porto sempre dietro, nel caso succeda qualcosa, qualcosa di veramente brutto. In quel momento penserò: ecco, sono arrivato alla fine. E la accenderò perché saprò di non avere più niente da perdere” confessò lui con disarmante tranquillità, tanto che lasciò Eleonora a bocca aperta.
“Scusa” disse poi il ragazzo accorgendosi della sua espressione.
“Beh, credo proprio che serva a me allora” disse Eleonora con convinzione, dopo essersi ripresa. Infatti lei era convinta di non aver più niente da perdere, proprio come aveva detto il ragazzo poco prima.
“Mmh, credo di non poterlo permettere” mugugnò il ragazzo, occupando il posto dell’altalena accanto al suo, ma Eleonora quasi non se ne accorse tanto che era offesa.
“Puoi fare un monologo sulla tua vita ma non puoi passarmi una sigaretta?” chiese.
“Non se non mi dai una buona ragione” sorrise provocante il riccio.
“Io non ti devo niente” borbottò stizzita Eleonora, alzandosi, convinta ad allontanarsi il più possibile da quell’irritante ragazzo.
“Aspetta Eleanor” la richiamò lui, con pesante accento inglese.
“Come fai a sapere il mio nome?” chiese sospettosa, guadagnandosi un risolino dal ragazzo che afferrò impertinente un lembo della sciarpa dove effettivamente il suo nome era cucito in lettere d’oro.
“Io sono George” si presentò il ragazzo senza che lei glielo avesse chiesto.
“Buon per te” rispose sarcastica Eleonora, riprendendo a camminare.
“Lo sapevo” il ragazzo le arrivò di fianco.
“Non che mi interessi qualsiasi cosa che ti riguardi, ma cosa sei così convinto di sapere?” sbuffò Eleonora dato che non riusciva proprio a toglierselo dai piedi.
“Tu non la volevi davvero la sigaretta.”
“Ho cambiato idea” alzò gli occhi al cielo.
“No, intendo che non eri determinata a volerla. Lo hai detto d’istinto. Pensavi che per te non ci fosse più speranza e volevi darci un taglio, ma hai realizzato inconsciamente che non è così.”
“Non ho capito una parola di quello che hai detto” ammise Eleonora, ma trascinata dalla foga di quel discorso non riuscì a trattenere un sorrisino. Gli occhi verdi di George si spalancarono lievemente, contento di aver ottenuto quella reazione.
“Tieni” George le afferrò delicatamente la mano e vi posò la sigaretta ancora intatta.
“Decidi tu cosa farne” disse prima di dileguarsi.
Mentre Eleonora si concentrava per ritrovare la strada di casa, iniziò a giocherellare con la sigaretta.
Arrivata fuori casa minacciò di buttarla via, ma poi ci ripensò e se la infilò in tasca.
L’avrebbe restituita a George.
 


 
 
author’s wall.
Beh, non so proprio cosa dire.
Non so perché sto scrivendo questa ‘cosa’, né perché in questo fandom.
O forse sì. Eleonora.
Questa minilong è tutta sua, letteralmente. Spero di non aver scritto cavolate e che le piaccia abbastanza. Se non ci riuscirà nella realtà voglio che viva accanto al (o per meglio dire, uno dei) suo idolo almeno in questa piccola storia.
P.s. ha anche fatto il banner, ceh <3
Spero di non deluderti.
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ask: TheFredek.
Facebook: Axelle efp (già, l’amministrazione non mi ha ancora cambiato il nome qui c.c)
  
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