Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Ayr    04/07/2014    4 recensioni
Andy ama Elena e Elena ama Andy, peccato che nessuno dei due lo sappia! Ma cosa potrebbe succedere se finalmente uno dei due facesse il primo passo dichiarando il proprio amore. Non nascondo il fatto che vorrei che una cosa simile accadesse a me *.*
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«O mio dio» sento in un soffio. Seguo il suo sguardo, si è posato su un uomo alto, slanciato, cappotto nero elegante, capelli castani, occhi chiari e profilo delicato, il genere di ragazzo che potrebbe piacere a Elena.
«Non è bellissimo?» sussurra.
«Sì, in effetti la barba grigia e ispida è veramente sexy» rispondo riferendomi al vecchio davanti all’uomo, anche se so perfettamente di chi sta parlando.
«Non il vecchietto! Il ragazzo dietro di lui, quello con il cappotto nero» risponde ridendo.
«Non saprei, io di solito non guardo i maschi» replico. Elena scoppia a ridere e torna a fissare l’uomo con lo sguardo sognante. La conosco abbastanza bene da poter affermare che se ne è innamorata. È tipico di Elena “innamorarsi” di ragazzi che vede una volta nella vita e incontra di sfuggita magari per strada o, appunto, sull'autobus. Elena sospira. È la terza volta che lo vede, e ogni volta che lui sale, lei entra in un’estasi contemplativa e lo segue con lo sguardo fino a quando non scende dal pullman e sparisce alla sua vista; allora si riscuote e torna a guardare fuori dal finestrino, ma tace e io so che sta pensando a lui. La osservo mentre contempla il paesaggio che le scorre davanti agli occhi. Potrei dire di conoscere i tratti del suo volto a memoria e non mentirei, eppure ogni volta che la guardo è come se fosse per la prima volta: le piccole efelidi impercettibili che le punteggiano le guance e che solo da molto vicino si riescono a scorgere nel mare color latte della sua pelle, le ciglia lunghe e nere che anche senza mascara arrivano a sfiorare le sopracciglia e che incorniciano due occhi castani che lei definisce banali ma che io trovo stupendi: non sono di una tonalità scura e magnetica o chiara e quasi ambrata, ma sono di un castano caldo e luminoso, poi c’è il suo sguardo che varia dall’indagatore e un po’ arrabbiato al malinconico fino al trasognato, come adesso.
«C’è qualcosa che non va?» mi chiede, voltandosi improvvisamente verso di me e dandomi modo di godere della vista delle sue labbra: morbide, perennemente screpolate e splendidamente rosate.
«Allora?» mi incalza «Andy, ci sei?».
 Mi riscuoto e mi affretto a rispondere «Non c’è niente, perché me lo chiedi?»
«Mi stavi fissando con una tale intensità» replica e il suo sguardo diventa penetrante.
Ringrazio il cielo che la mia fermata è arrivata e posso scendere dal pullman, lontano dal suo sguardo indagatore e sospettoso.
Mentre mi avvio verso scuola, però, mi rendo conto di una cosa: la amo.
Ero convinto che prima o poi questa consapevolezza sarebbe affiorata, fin dal primo momento in cui l’avevo vista, in una libreria intenta a scegliere un libro con quella morbida matassa di ricci scuri che le ricadeva sulle spalle, nascondendole il viso.
Merda! Non posso innamorarmi di lei, rischierei di compromettere la nostra amicizia e io ci tengo a lei. È una ragazza così diversa dalle altre: in un primo momento può sembrare un’intellettuale secchiona, snob e vanitosa ma in realtà è una ragazza terribilmente timida, insicura e diffidente, che una volta che si schiude, dà sfogo a tutta la sua pazzia, è anche capace di riflessioni profonde, è intelligente, creativa, svampita e imbranata ma autoironica e spontanea. Più penso a lei più sento di starmi innamorando di lei, delle sue manie, della sua passione morbosa per il cioccolato, gli amori non corrisposti e i libri fantasy, del modo in cui si tormenta le mani quando è nervosa, del suo sorriso, dei suoi abbracci che per lei non basterebbero mai.
Basta! Devo smetterla! Inizio a camminare velocemente mentre davanti agli occhi mi scorrono le immagini di tutti i bei momenti passati insiemi. Quel viaggio verso scuola sta diventando una specie di viaggio della nostra amicizia. Mi ripeto continuamente che non posso, non devo. Arrivo davanti a scuola e prima di entrare ecco un ultimo flash: la sua faccia incredula e il suo dolcissimo sorriso quando le avevo detto che quel libro era suo. Quel maledettissimo sorriso che aveva innescato il tutto.
 
*
Busso alla porta rosso lacca dell’interno 3b. Andy mi apre: è a piedi scalzi, i capelli spettinati e ancora umidi e una sigaretta in bocca che spegne non appena mi vede.
«Ciao!» esclama sorpreso. Sapevo che non sarei dovuta andare a quell’ora.
«Ti ho riportato gli appunti» dico porgendoglieli. Non volevo disturbarlo e quindi è meglio che me ne vada via il prima possibile.
«Dai, entra un attimo» insiste lui, non vorrei essere di disturbo. Glielo dico e lui scoppia a ridere.
«Da quando è un disturbo averti qui?».
L’appartamento di Andy è come lui: luminoso, accogliente e caotico. Un po’ titubante mi siedo sul bordo del suo divano sgangherato, accanto a me noto la sua chitarra e gli spartiti sparsi sul tavolino. Stava componendo. Ho scelto un pessimo momento per venire. Intanto Andy sta cercando di sistemare la confusione della stanza. Sorrido e mi ritrovo a pensare che sia davvero carino con i capelli spettinati, mentre indossa un semplice paio di pantaloni morbidi e una comune maglietta nera. Il pensiero non ha nemmeno il tempo di formarsi completamente nella mia testa che subito lo confino in un angolo remoto della mia mente, insieme a tutti gli altri pensieri simili che ho fatto su di lui, fin dal primo momento in cui l’ho visto. Stavo cercando un libro per una mia amica quando mi ero fermata di fronte allo scaffale dei libri fantasy, il richiamo era stato fortissimo e non ero riuscito a resistergli. Avevo appena messo le mani su un libro quando una mano dalle dita affusolate da pianista si erano posate nello stesso momento sullo stesso libro. Risalendo lungo il braccio mi ero trovata davanti agli occhi dell’azzurro più bello che avessi mai visto, parevano due schegge di cielo. Solamente dopo di ero accorta anche dei capelli azzurro acqua, del naso perfetto e delle labbra sottili e rosate che invitavano solo ad essere baciate.
«Non credevo che ti piacesse questo autore» aveva detto con un sorriso così dolce che avevo sentito il mio cuore sciogliersi. In effetti con un’aria spaurita e due libri di Nicholas Sparks stretti tra le braccia non davo l’impressione di essere un’accanita lettrice di romanzi sanguinari e violenti. Non sapevo cosa rispondere così avevo sorriso a mai volta e staccato la mano dal libro per fargli capire che lo lasciavo a lui.
Una volta uscita dalla libreria avevo sentito una voce calda, profonda che mi suonava familiare chiedermi «Siccome mi hai lasciato il libro, mi sento in debito con te. Lascia che ti offra qualcosa in cambio. Un caffè? un gelato?» Mi ero girata e me l’ero ritrovata davanti con la tracolla della custodia di un basso stretta in una mano e il sacchetto delle libreria tenuto saldamente nell’altra.
«Tranquilla, non voglio farti del male» aveva aggiunto, probabilmente si era accorto della mia espressione, specchio dei miei pensieri. Da quel momento era iniziato il nostro rapporto di profonda amicizia. Non potevo permettermi di rovinarlo per una stupida cotta. E così mi ero sempre limitata a guardarlo da lontano e a cercare di non pensare a quanto fosse carino o a come sarebbe stato baciarlo.
Intanto si è seduto accanto a me «Allora, sei riuscita a decifrare la mia scrittura?» mi chiede con un sorriso, annuisco ripensando a tutta la fatica che ho fatto per tentare di capire la metà delle parole. Un silenzio imbarazzante e imbarazzato cala su di noi. Mi sento terribilmente a disagio.
«Devo andare» dichiaro alzandomi dal divano. Una presa forte e sicura mi afferra il polso.
 
*
 
Non voglio che vada via. Così appena vedo che si alza dal divano le afferro il polso per fermarla. Ha un polso sottilissimo.
«Non te ne andare» la prego. Lei mi guarda stupita.
«Ma non vorrei essere di disturbo» replica.
Accidenti a lei e al suo “non vorrei essere di disturbo”.
«Non sei di alcun disturbo» replico «Non stavo facendo nulla di importante». A parte comporre una canzone su di te.
Elena è ancora un po’ titubante ma riprende posto sul divano. Cazzo! Quanto è bella! I capelli hanno riflessi ramati e ha iniziato a tormentarsi le mani, come fa sempre quando è nervosa. Vorrei che smettesse o rischierei di perdere il controllo.
Trova qualcosa da dire mi dico, ma non mi viene in mente niente, non riesco a fare altro che ammirare quelle piccole mani dalle dita affusolate e la pelle così sottile che si riescono a intuire i percorsi violetti delle vene. Alza lo sguardo verso di me e quegli occhi accendono in me una fiamma. Sento un improvviso bisogno di baciarla. Non resisto e cedo all’impulso. Le sue labbra sono morbide, incredibilmente dolci e calde. Sembra di sfiorare i petali di un fiore tanto sono delicate. Affondo la mano nei suoi capelli mentre avvolgo l’altra intorno alla sua vita e la stringo a me. Ogni secondo che passa il fuoco dentro di me divampa e aumenta di intensità, è il sapore delle sue labbra ad alimentarlo e il fatto che la sua risposta sia timida, insicura ed esitante non fa altro che aumentare in me la voglia di baciarla e baciarla ancora. Solo allora mi rendo conto di quello che sto facendo. Mi stacco bruscamente dalle sue labbra e il fuoco dentro di me ha un guizzo sorpreso. Lei mi guarda, stupita, riesco a leggere la domanda che la sua mente ha formulato ma che la sua bocca ha paura di proferire. Si aspetta che io le dia una spiegazione, ma rimango in silenzio mentre sento il fuoco dentro di me ruggire e reclamare quelle labbra che erano il suo alimento.
«Forse è meglio che vada» dice con voce flebile e tremante, e prima che io riesca a fermarla se n’è andata, chiudendosi la porta alla spalle.
Il fuoco dentro di me si spegne in uno sbuffo di fumo lasciandomi vuoto e freddo.
Cosa ho fatto?
 
 
*
 
Un respiro profondo e un altro ancora, ma non bastano a calmare il mio cuore che batte velocissimo. Cammino speditamente cercando di liberare la mia mente, ma questa ritorna continuamente indietro, ad un momento preciso. Sulle mie labbra sento ancora il sapore delle sue e dove mi ha tenuto stretta percepisco un lieve e piacevole pizzicore che pian piano sta svanendo. Rallento fino a fermarmi mentre la mia mente rimanda l’immagine delle sua faccia stupita e triste, l’ultima cosa che ho visto prima di chiudermi la porta alle spalle. Un vento freddo si insinua sotto i miei vestiti ricordandomi che ho lasciato la giacca nel suo appartamento. Fantastico!
Dovrei tornare indietro a riprenderla, ma qualcosa mi frena: paura. Non so bene neanche io di cosa. Forse temo il suo sguardo inquisitore, le sue domande o più semplicemente…le sue labbra, quelle dannatissime labbra che per un attimo mi hanno fatto assaporare un pezzo di paradiso. Faccio un giro su me stessa e stringo i pugni. Dentro di me si sta scatenando una lotta furibonda: da un lato vorrei ritornare da lui, saltargli al collo e baciarlo fino allo sfinimento, dall’altro, però, ho paura. Merda! Perché è tutto così dannatamente complicato? Molti potrebbero sostenere che non lo sia: io lo amo, lui ha appena confermato che condivide gli stessi sentimenti, cosa aspettiamo a metterci insieme? Ci conosciamo benissimo, so tutto di lui: i suoi vizi, le sue manie, le sue abitudini e i suoi peccati di gola; riesco a capire da un solo sguardo se è triste, preoccupato o felice anche se tenta di mascherarlo; so che ha una cicatrice sul ginocchio che si è fatto quando è caduto dalla bicicletta a sei anni e di una che ha sulla spalla sinistra, ricordo del suo incontro/scontro con un rovo, so persino di che colore sono i suoi capelli al naturale (di un bellissimo castano scuro, quasi nero). E lo stesso vale per lui.
Il problema, però, sarebbe che rischieremmo di compromettere la nostra amicizia e io non voglio. È il primo vero amico che possa definirsi tale e non voglio perderlo. Mi mordo le labbra, non so cosa fare. In quel momento sento un rumore di passi. Mi volto e vedo Andy correre verso di me a piedi scalzi e sventolando la mia giacca. Scuoto la testa ridendo, poi mi chiedo se non gli facciano male i piedi a correre così, scalzo, sull’asfalto. Mi ha raggiunto, ha il fiatone e i capelli più spettinati del solito.
«Hai dimenticato questa da me» dice, cercando di riprendere fiato.
«E c’era bisogno di uscire a piedi scalzi?» replico.
«Non me n’ero nemmeno accorto!» esclama lui guardandosi stupito i piedi. Dio quanto è tenero!
«Senti, per quello che è successo prima» inizia lui. Non gli do neanche il tempo di finire la frase. Lo bacio di slancio e quasi lo catapulto a terra. Lui dapprima rimane stupito, poi sento la sua risposta esitante farsi sempre più appassionata, le sue mani mi sfiorano la schiena, stringendomi in un abbraccio. Si alza il vento e sento i suoi capelli accarezzarmi una guancia. Vorrei poter rimanere così per sempre, ma il bacio finisce. Andy si discosta gentilmente da me e mi accarezza, tremante.
«Salta! E mentre cadi lascia che ti spuntino le ali» mi sussurra.
«Ray Bradbury» rispondo. Lui sorride e io non riesco a resistere, lo abbraccio. Avvolta nelle sue braccia e nel profumo della sua maglietta mi rendo conto che è quello che abbiamo appena fatto.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Ayr