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Autore: Lady Horcrux    05/07/2014    1 recensioni
A volte bisogna solo trovare il coraggio di ribellarsi. Di prendere in mano la propria vita e cercare la felicità.
Ma non sempre le cose vanno come da programma, e in quei casi serve davvero un angelo a riportarci sulla strada giusta...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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00. PROLOGO Parte Prima


Sono seduta alla scrivania da quelli che mi sembrano anni, ma in compenso sono riuscita al finire tutti i compiti della settimana.
Scrivo le ultime cifre dell'equazione e controllo che il risultato combaci con quello sul libro, dopodiché chiudo svogliatamente il quaderno e ripongo le penne nell'astuccio nero posato lì accanto. Nel medesimo istante sento la porta d'ingresso chiudersi e le voci dei miei genitori nel salotto. Finalmente sono tornati.
Esco dalla mia stanza. Passando davanti allo specchio nel corridoio dò un'occhiata alla ragazza che viene riflessa: i lunghi capelli color miele sono adagiati in boccoli disordinati sulla schiena, mentre qualche ciuffo ribelle accarezza le guance e la fronte, gli occhi verdi e grandi sembrano stanchi per le ore passate a studiare, ma non perdono comunque la loro solita lucentezza, il naso alla francese è un po' arrossato per colpa del solito raffreddore di Marzo e le labbra sono leggermente screpolate. Il fisico è magro e slanciato, valorizzato dai jeans aderenti e dalla camicia a scacchi verde, con le maniche tirate su fino ai gomiti che lasciano scoperte le braccia candide su cui spiccano evidenti delle linee rosse e decise, a distanza irregolare le une dalle altre.
Mi fermo e mi accarezzo il polso sinistro con la punta delle dita, poi tiro giù le maniche della camicia.
Meglio che non le vedano penso, sarà già abbastanza difficile anche senza.
Apro la porta che collega le camere da letto alla zona giorno della casa e mi preparo ad affrontare i miei genitori.
Come immaginavo, mia madre è seduta al tavolo della cucina e legge la posta, mentre mio padre è poggiato al ripiano del lavabo con le braccia incrociate sul petto.
Appena entro non alzano nemmeno lo sguardo su di me, troppo impegnati nei loro 'discorsi seri', così sposto rumorosamente una sedia e mi siedo, tirando su le gambe.
- Impara ad alzare la sedia quando la sposti, non sei una selvaggia. - Il rimprovero di mio padre arriva puntuale come la morte, subito seguito da mia madre.
- E metti giù i piedi. Ho appena fatto lavare i cuscini. -
Faccio come dicono e mi schiarisco la gola per parlare. - Potreste ascoltarmi un attimo, per favore? Ho una cosa importante da dirvi e vorrei la vostra attenzione. -
- Hai preso un brutto voto a scuola? - La nota grave nella voce di papà mi fa presagire la tempesta che si scatenerebbe ad un mio ipotetico 'sì.'
Come se la scuola fosse tutto!

Stringo i pugni e cerco di mantenere la calma.
- No, niente del genere. -
- Allora parla, che aspetti? - Come se fosse facile, mamma.
- Voi sapete che la scuola organizza degli stage in paesi stranieri per approfondire le conoscenze linguistiche, no? - aspetto un loro cenno affermativo prima di continuare, - Beh, quest'anno si va a Londra e io volevo chiedervi il permesso di andare... -
- Quanto costa? - Ecco il lato pragmatico della mamma che riaffiora sempre quando si tratta di spendere soldi per me.
- Non lo sappiamo ancora di preciso, ma credo intorno ai 400€ - Lanciò lì la bomba aspettando che esploda.
- E tu da noi cosa ti aspetti? -
Che mi lasciate vivere la mia vita per una volta, penso guardando mio padre. Ma rispondo. - Un po' di soldi ce li ho da parte, vorrei chiedervi di anticiparmi la somma che resta e poi ve la ridarei con le mance del compleanno... -
Puntuale arriva la risata acida di mia madre. - Perché secondo te abbiamo soldi da buttare così? -
- Non hai bisogno di uno stupido stage. Per imparare basta studiare e applicarsi, non perdere tempo a fare shopping a Londra. - Le dà man forte papà.
Dovevo immaginarlo... Annuisco e mi alzo, torturando con le dita le maniche della camicia. Quando sto per uscire, mia madre mi richiama.
- Melanie. -
- Sì? - Mi giro speranzosa a guardarla.
- Sbrigati a finire i compiti e vieni ad aiutarmi con la cena, oggi abbiamo ospiti. -
Sussurro un "ok" mentre mi mordo le labbra per non piangere, poi corro in camera e mi chiudo dentro.
Mi lascio scivolare a terra, con la schiena contro la porta, mentre mi tampono gli occhi con le maniche.
Colpa mia: non avrei dovuto illudermi inutilmente, sapevo già che avrebbero detto di no. Io non sono Clarisse, e non sarò mai al suo livello ai loro occhi.
Mi alzo dal pavimento e giro la chiave nella toppa per uscire e tornare nell'altra stanza.
Chissà chi sono questi ospiti misteriosi...

La tavola è apparecchiata alla perfezione secondo le regole del galateo e l'arrosto che cuoce in forno diffonde un odore irresistibile in tutta la cucina.
Faccio appena in tempo a posare il dessert nel frigo, che il campanello suona e la voce di mia madre mi incita ad aprire.
Gli ospiti non sono altri che Clarisse e il suo fidanzato Oscar.
Fermi, vicini, incorniciati dalla porta, sembrano quasi due attori di quelle pubblicità stupide e irrealistiche sulla famiglia perfetta. Solo che loro sono reali, eccome se lo sono, e non sono nemmeno lontanamente stupidi.
Mi sposto di lato e li faccio entrare, prendendo i cappotti dalle loro mani, mentre la mamma fa la sua apparizione dalla camera da letto, indossando uno dei tanti vestiti eleganti che ama collezionare. Come se fosse una serata di gala e non una semplice cena di famiglia
Prendiamo posto a tavola e mia madre comincia a servire il primo, mentre Oscar e mio padre parlano di politica e finanza come loro solito.
Clarisse è completamente assorbita dalle chiacchiere inutili della mamma a proposito di questa o quella conoscenza e a me non resta che isolarmi dal brusio intenso.
Tanto nessuno farà caso a me per un bel po'

Finita la cena, mi alzo per sparecchiare e mia sorella mi segue in cucina.
- Tutto bene Mel? - Chiede, con un tono che sembra davvero interessato.
Fingo un sorriso. - Sì, tutto bene. -
- La mamma mi ha parlato dello stage a Londra. -
Ah - E allora? -
- Non fare così, so che ci tieni molto a quel viaggio. - Sfodera la sua migliore espressione da "sorella maggiore responsabile" e continua - Se vuoi posso prestarti io i soldi che ti mancano. A mamma e papà possiamo raccontare che ti sei trovata un lavoretto temporaneo, così loro non si arrabbiano, tu hai il tuo viaggio e siamo tutti felici. Che ne pensi? -
- Non mi piace fare le cose di nascosto, lo sai... Avrei i sensi di colpa per i prossimi vent'anni! -
Scrolla le spalle, sorridendo leggermente - Io c'ho provato. Sappi solo che la mia offerta è sempre valida se vuoi. - Mi fa l'occhiolino e porta i piattini da dolce in sala da pranzo, mentre io la seguo con la teglia di semifreddo.

 E' proprio mentre mangiamo il dolce che succede il misfatto.
Gli adulti sono arrivati, non si sa come, a parlare di scuola e, come ogni volta, partono i paragoni tra i risultati perfetti di Clarisse e la mia media 'mediocre'.
Inevitabilmente il discorso ricade sul viaggio a Londra e sulla mia richiesta assurda di poter partecipare.
Oscar, da bravo genero lecchino, dà ragione ai miei dicendo che non ho bisogno di nessun viaggio per imparare qualcosa e che, se proprio voglio andare, allora devo anche provvedere da sola a pagarlo.
Clarisse invece non parla: ha gli occhi fissi sulla sua porzione di dolce e non degna nessuno di uno sguardo. So che vorrebbe difendermi, ma non si permette di contraddire apertamente i nostri genitori.
Adesso che ci penso, lei non l'ha mai fatto. Non voglio dire che sia sempre stata d'accordo con le loro decisioni, ma non lo ha mai dimostrato apertamente. Solo io conosco i pianti e le lamentele segrete per le mille decisioni prese alle sue spalle. Delle mille sofferenze di quella vita programmata da altri.
Ma so anche che non lo dirà mai.
Non è il genere di persona che si ribella, fa scenate e urla; credo che questa sia l'unica differenza sostanziale tra noi due.
E' in quel momento che il mio limite di sopportazione cade in mille pezzi.
Al solo pensiero di mia sorella che è costretta ad essere ciò che non è, solo perché non ha abbastanza coraggio per ribellarsi.
Al solo pensiero che io sono destinata a fare la sua stessa fine, a condividere lo stesso destino.
Al solo udire l'ennesima critica che i miei genitori muovono contro di me.
Mi alzo in piedi, spostando la sedia facendo più rumore possibile e ignorando le occhiatacce di mia madre, i rimproveri di mio padre e lo sguardo accondiscendente di Oscar.
Li guardo tutti, uno alla volta, notando il lampo di comprensione negli occhi verdi di mia sorella.
E comincio ad urlare.
Rinfaccio ai miei genitori ogni singolo torto. Ogni singolo rimprovero. Ogni singolo sbaglio che hanno compiuto nei nostri confronti.
Gli dico tutto quello che penso e tutto quello che Clarisse non sarà mai in grado di dire. Dico semplicemente tutto.
E proprio nel momento in cui le loro espressioni scandalizzate raggiungono il culmine, gli dò il colpo di grazia.
- Mi avete rovinato la vita! IO. VI. ODIO. -
E il resto viene semplicemente da sé.
Scappo verso la porta d'ingresso ed esco fuori, lasciandoli lì, pietrificati dalle parole che ho appena pronunciato. Percorro in volata il vialetto e ignoro il cancello automatico, scavalcando la recinzione in un punto più basso.
Appena metto piede sull'asfalto nero della strada deserta, un senso di libertà si impadronisce di me. Dio, mi metterei a saltare
E' il rumore a distrarmi. Mi volto lentamente e una luce gialla e abbagliante inonda i miei occhi.
Serro le palpebre e, quando il colpo arriva, sono pronta.
Sento il mio corpo sbalzato qualche metro più in là per l'impatto con il camion e il rumore stridulo dei freni copre ogni altro suono.
La sensazione stupenda ed effimera di poco prima sparisce in fretta, con il sopraggiungere repentino del dolore.
Vorrei aprire gli occhi, ma il dolore mi impedisce perfino i movimenti più insignificanti.
D'un tratto sento grida e suoni di sirene intorno a me. Qualcuno piange, ma non saprei dire se sia una donna o un uomo.
Dopodiché i suoni si fanno ovattati, come quando ero piccola e con Clarisse ci nascondevamo sotto le coperte perché mamma ci trovasse.
Sollevo le palpebre per l'istante necessario affinché i miei occhi vengano inondati dalle luci intermittenti, poi il buio assoluto cala su di me.
L'ultimo suono che arriva alle mie orecchie è la voce di mia sorella che mi ripete "Andrà tutto bene, tesoro. Te lo prometto."
Andrà tutto bene.

***


Note d'Autrice


Salve a tutti e grazie di cuore per aver aver letto questo nuovo esperimento ^^
So che la mia long non è ancora finita, ma vi prometto che fra poco posterò il nuovo capitolo! Nel frattempo ho voluto pubblicare questa storia, divisa in tre parti e già completa. Mi scuso se ci sono errori di battitura, ma non ho avuto il tempo per ricontrollarla.
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Lady Horcrux
   
 
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