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Autore: Iaiasdream    09/07/2014    3 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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48° capitolo: LA PIOGGIA NEL CUORE
 



Fino a qualche ora fa, ero straconvinta che in tutta la mia vita, mai, e poi mai, avrei conosciuto una persona più maledettamente bastarda della vecchiaccia, e invece mi sono dovuta subito ricredere. Perché questa persona, mi sta dinnanzi e non accenna a volermi togliere lo sguardo di dosso, e io strafottente faccio altrettanto, sfoggiando la mia minacciosità in modo sicuro e impassibile.
La presa alla mia schiena si sta facendo più forte, e sento ormai la maglia bagnata dalle lacrime del piccolo Erich, che dietro di me, cerca di nascondersi dalla vista del padre.
Il polso, ferito e successivamente colpito dallo schiaffo dell’uomo, mi pulsa dal dolore, ma non lo do a vedere, non posso e non voglio. Questa mia impassibilità deve tranquillizzare il piccolo, perché con le mie gesta gli ho fatto credere che con me è al sicuro, ed è così.
<< Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente di fare? >> è Castiel, che sta esclamando verso il padre, il quale, finalmente distoglie da me gli occhi e guarda il figlio, accennando un falso sorriso.
<< Niente di cui tu debba avere questo linguaggio nei miei confronti >> risponde al figlio << stavo solo svolgendo i miei doveri di padre, quando questa ragazza si è messa in mezzo… a proposito, con chi ho il piacere di parlare? >> mi chiede, volgendo anche verso di me quel sorriso odioso.
<< Con la ragazza che si è intromessa per impedire che il bambino venga picchiato! >> rispondo tutto d’un fiato, facendo capire a quell’ignobile uomo che la mia sfida non è ancora finita. Dentro di me so di star esagerando, ma l’irritazione sta scavando nel mio corpo soccombendo la pazienza.
Castiel guarda suo padre in maniera spaventosa, sembra volerlo bruciare con gli occhi.
<< Papà… >> inizia a parlare ma l’uomo lo interrompe prontamente dicendo: << Non mi avevi accennato che avresti portato qui, una tua amica, Castiel >> lo guarda sottocchio, Castiel ricambia lo sguardo e sospira profondamente.
<< Sai che questo non cambierà assolutamente le cose, vero? >> chiede ancora, dandomi le spalle, avvicinandosi al figlio, dargli una pacca sulla spalla, che Castiel scansa istintivamente, e andarsene.
Vedo il mio ragazzo fissare il vuoto e stringere i pugni, subito ho come uno strano presentimento: cosa avrà voluto dire quell’uomo con quella frase? Ritorno alla realtà sentendo la presa del bambino allentarsi su di me, lo guardo girando la testa, e mi accorgo che si è distaccato andando ad abbracciare suo fratello che rilassa i muscoli, accogliendolo senza esitare.
<< Non piangere, Erich… quante volte devo dirti che gli uomini non piangono? >> sussurra accarezzandogli la testa. Il bambino prova a rispondere, ma le sue parole vengono soffocate dagli interminabili singhiozzi.
Guardo quella scena più triste e irritata di prima. I bambini dovrebbero sempre mantenere il sorriso, e non bagnare il loro volto di lacrime. I bambini dovrebbero riservare la loro mente a caste e inimmaginabili fantasie, e non aver timore di non essere accettati o di sapere a quell’età la parola inesistenza.
Mi piange davvero il cuore, nel aver visto quell’immagine. Castiel mi sta guardando e non riesco a capire il significato del suo sguardo. Poi lo vedo alzarsi e avvicinarsi a me, mantenendo la mano del bambino. Senza tralasciare alcuna espressione sul volto, allunga una mano accarezzandomi la guancia. Piego la testa a un lato premendo il viso su quel palmo caldo.
<< Ti ha fatto male? >> chiede. Scuoto la testa. “Non è stato quel gesto a farmi male” dico solo nella mia mente, ché non ho più voglia di parlare. Guardo il bambino che aggrappato alla gamba di suo fratello, sta cercando di fermare i singhiozzi. Gli accarezzo la testa, e lui mi guarda con dolcezza, come se volesse ringraziarmi. Il suo essere scostante e arrabbiato, è totalmente scomparso, e finalmente posso vedere il vero Erich, anche se in modo triste.
<< Castiel ha ragione >> gli dico sorridendo, accorgendomi di avere la voce rauca. Tossisco, per riprendermi << Non piangere più, Erich >>, torno a guardare Castiel, il quale senza aggiungere altro, mi avvolge le spalle con un solo braccio, facendomi poggiare la testa sul suo petto. Il suo cuore batte a mille, e sono sicura che è ancora arrabbiato.
<< Ho bisogno di cambiarmi e di farmi una doccia >> sussurro chiudendo gli occhi e aspirando il suo forte profumo.
<< Ti accompagno io >> risponde accarezzandomi i capelli, poi mi distacca gentilmente, e rivolgendosi al suo fratellino, gli chiede di rimanere calmo e buono, nella sua stanza fino a quando lui non farà ritorno. Erich annuisce asciugandosi le ultime lacrime, poi Castiel mi prende per mano e ci dirigiamo insieme verso la porta. Ad un tratto sento il lembo della mia maglia tirato, mi fermo e mi giro. Il piccolo mi sta guardando con occhi luminosi << Grazie, Rea >>
Quelle due parole mi riempiono il cuore di tenerezza e felicità. Paragono quella sensazione a quando una donna sente per la prima volta il suo bambino chiamarla mamma. Non posso fare altro che abbassarmi alla sua altezza, guardarlo negli occhi, sorridergli, e attuare quella mossa che desideravo dalla prima volta in cui l’ho visto: lo abbraccio, stringendolo forte al mio petto << Di nulla, piccolino >> gli sussurro.
 
 
Anche se amo la doccia più della vasca piena, questa volta ho preferito immergermi interamente nell’acqua. A contatto con essa, sento i miei muscoli distendersi, ma l’ansia non mi abbandona del tutto. Lo strano presentimenti di prima, aumenta, man mano che le ore passano.
<< Devo sbrigarmi, c’è la cena >> sibilo quella frase come un pensiero espresso ad alta voce. Mi alzo, esco dalla vasca, prendo l’asciugamano e mi ci avvolgo come se volessi essere abbracciata. In pochi minuti sono già vestita, e senza aspettare, esco dalla stanza e mi incammino nel corridoio per raggiungere le scale e il piano di sotto.
Ricordandomi la strada, decido di dirigermi prima nella camera di Castiel, per mia sfortuna, non lo trovo. Sbuffo facendo una smorfia.
<< Cerca qualcosa, signorina? >> è la cameriera di oggi. La guardo smarrita.
<< Veramente, io, cercavo Castiel… >>
<< Il signorino è nel salone con suo padre >> mi dice tutto d’un fiato. Prima di ringraziarla mi faccio indicare dove si trovi il salone e poi m’incammino a passo svelto. Anche se non ho affatto voglia di rivedere quell’uomo, devo per forza incontrare Castiel. Detesto ammetterlo, ma più passo il tempo in questa casa e più non mi sento a mio agio. Ho solo un desiderio: volermene andare. Mi sento come un intruso nella casa del conte Dracula, e ho timore che da un momento all’atro, potrà succedermi qualcosa. Fatto molto strano, perché, non sono sola, al mio fianco ho Castiel, e allora per quale motivo, mi sento angosciata come se molto presto potrei non averlo più accanto?
Sento delle voci ben udibili, provenire a pochi metri da dove mi trovo. Riconosco quella di Castiel, e sicuramente c’è pure suo padre. Rallento l’andatura e una frase in particolare mi fa fermare di scatto.
<< Ma guarda come ti sei conciato! >> è il padre.
<< Cosa c’è che non va? >> chiede Castiel con voce beffarda
<< Hai di nuovo tinto i capelli. Non ti sembra di essere cresciuto per queste cose? Cos’è, ti sei fatto abbindolare da quella ragazzina? >>
<< Non metterla in mezzo ai tuoi deliri, ti sto avvisando >>
Silenzio.
<< Che intenzioni hai con lei? Perché l’hai portata qui? >> chiede dopo qualche secondo il padre.
<< Non sono affari che ti riguardano! >> risponde secco e irritato Castiel.
<< Hai ragione. Qualunque cosa tu ne voglia fare, non sono affari miei. Ti do solo un consiglio, per esperienza. Pensaci bene se decidi di tenerla come amante… >>
L’ultima parola mi scoppia nelle orecchie come una bomba atomica. Ingoio faticosamente, sentendo la saliva risalire spinta dai fortissimi battiti del cuore. Sento un forte rumore, che riesce a farmi trasalire, e mi ritrovo appiccicata al muro come un ladro intento a nascondersi bene.
<< Chiudi la bocca! >> esclama Castiel irritato << Non ti permetto di parlare in questa maniera di lei! >>
<< Non rivolgerti così nei miei confronti! >> lo ammonisce suo padre, superando il suo tono di voce. << Non hai il diritto di farlo! Ti ricordo che abbiamo un patto >>
<< Smettila! >>
Ritorna il silenzio, e questo mi basta per avere la forza di entrare nel salone e guardare negli occhi Castiel per chiedergli spiegazioni, ma appena sono comparsa davanti a loro, quelle parole mi sono morte nel pensiero in quello stesso momento. Il padre non c’è e Castiel, è davanti al decorato camino spento, con la testa appoggiata al davanzale.
Si sta volgendo, forse ha sentito i miei passi, mi guarda, e noto che ha gli occhi lucidi, sembra voler piangere. No, non sono lacrime quelle che vogliono uscire, non è da Castiel, poi, mi accorgo che sono io quella che vuole sfogarsi in quella maniera.
<< Cosa c’è? >> mi chiede avvicinandosi.
<< Nulla >> rispondo scuotendo la testa, scacciando così anche i mal pensieri.
<< Andiamo, la cena è pronta >> continua lui, dandomi le spalle così freddamente da farmi fermare il cuore, congelato da quel comportamento. Ammetto di capire che è ancora arrabbiato, ma… perché fa così con me? Cosa sta succedendo? E cosa sta per succedere?
Lo seguo silenziosa, mantenendo una certa distanza da lui. Mentre camminiamo, mi aspetto che si volti, mi sorrida e, perché no? Che mi prenda per mano, entrando nella sala da pranzo sfidando le offensive parole di suo padre. E invece, niente di tutto questo accade. Siamo entrati distanti, nella sala dove il tavolo apparecchiato vi regna sovrano.
A capo tavola c’è l’uomo odioso, all’altra estremità c’è sua moglie, Castiel si siede a un lato e una cameriera mi si avvicina indicandomi il mio posto che si trova a due metri di distanza dal mio ragazzo.
La cena non viene ancora servita. Con la testa china, ma con gli occhi che sbirciano, mi rendo conto che di fronte a Castiel c’è un altro coperto, ma Erich, non c’è. Vorrei tanto chiedere il perché, ma a farlo al mio posto è il rosso.
<< Dov’è Erich? >> chiede volgendosi a suo padre.
<< Erich, ha già cenato, non devi assolutamente preoccuparti >> risponde scocciato suo padre.
<< E allora, a chi è riservato quel posto? >> ribatte indicando con il capo davanti a se.
<< Lo scoprirai tra poco >>
Sento di tremare ansiosa. Quell’attesa mi pare durare secoli. Mi manca l’aria, voglio urlare, voglio andarmene via da qui, con o senza Castiel. Ad un tratto trasalisco sentendo la porta bussare. Tutti tranne il padre, guardiamo l’entrata della sala. L’uomo da il permesso, ed entra un cameriere, che con aria impassibile annuncia che l’ospite è arrivato.
<< Può entrare >> dice secco e sorridente il padre di Castiel.
Io distolgo lo sguardo dalla porta, inspiegabilmente, anzi no. So il motivo, non voglio guardare chi attraverserà quella soglia, non voglio assolutamente continuare a soccombere inutilmente i miei veri pensieri e sentimenti che mi hanno catturata da quando sono entrata in questa casa. Sono sicura di sapere chi è l’ospite, ché già sento il cuore gonfiarsi di dolore, e infatti, non appena la persona è entrata salutando, ho sentito, senza guardare, Castiel al mio fianco, alzarsi bruscamente, facendo cadere la sedia all’indietro esclamando un soffocato << Che cosa significa? >>, e io stringendo gli occhi brucianti, mi sono accorta che quella pioggia che sembrava essersi fermata nel momento in cui io e Castiel ci eravamo ritrovati, adesso sta invadendo il mio cuore.
   
 
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