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Autore: JessieOct26    10/07/2014    2 recensioni
Lisa è una ragazza innamorata di Elvis da quando era una bambina. Ora sta per realizzare il suo sogno più grande, ossia, quello di visitare Graceland: la dimora del Re. Un evento inaspettato però, la sorprenderà cambiandole la vita per sempre.
Si dice che alcune persone molto sensibili riescano a percepire la presenza di Elvis una volta entrati in casa. Io mi reputo una persona molto sensibile: per questo appena varcai il portone d'ingresso, una timida lacrima affiorò dal mio occhio e scese giù rigandomi il volto. Non sapevo ben definire se fosse una lacrima di gioia per il fatto di aver realizzato il mio sogno o di tristezza perché pensavo a tutte le cose che avevo letto e visto su Elvis e riscontravo in ogni oggetto che decorava le stanze un ricordo della sua vita passata. Optai più per la prima opzione; perché nessuno muore finché è vivo nei cuori di chi resta; ma anche perché riuscivo a sentirlo. In ogni stanza, in ogni corridoio, sulle scale; io riuscivo a vederlo.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le nuvole coprivano il cielo rendendo grigia l'atmosfera, eppure, tutto era bellissimo. Tutto brillava; tutto raccontava una storia. Ogni piccolo particolare sussurrava una parte della sua vita ed emanava il profumo della fama, della gloria, del più puro successo. Ogni angolo era colmo di passione e si poteva sentire la musica risuonare in ogni più remoto, piccolo spazio. Qualsiasi cosa vedessi mi sembrava animarsi. Era tutto così surreale, ma come succede sempre, ero attratta dal desiderio di esplorare ogni parte di quella casa che non mi era completamente ignota. Anzi, conoscevo bene quella casa: l'avevo vista sul web per moltissimi anni; l'avevo osservata, 24 ore su 24, per provare a colmare la voglia che avevo di visitarla. Ora, in quel preciso istante, ero a Graceland, a casa del Re, e quel momento sarebbe rimasto sempre nel mio cuore.
    Si dice che alcune persone molto sensibili riescano a percepire la presenza di Elvis una volta entrati in casa. Io mi reputo una persona molto sensibile: per questo appena varcai il portone d'ingresso, una timida lacrima affiorò dal mio occhio e scese giù rigandomi il volto. Non sapevo ben definire se fosse una lacrima di gioia per il fatto di aver realizzato il mio sogno o di tristezza perché pensavo a tutte le cose che avevo letto e visto su Elvis e riscontravo in ogni oggetto che decorava le stanze un ricordo della sua vita passata. Optai più per la prima opzione; perché nessuno muore finché è vivo nei cuori di chi resta; ma anche perché riuscivo a sentirlo. In ogni stanza, in ogni corridoio, sulle scale; io riuscivo a vederlo. Lui era lì! Mi sembrava così surreale.. per questo preferii tenere la bocca chiusa per tutta la visita ed ammirare in silenzio; anche se tutti avevano visto che stavo cercando di trattenere le lacrime -che sembravano scendere a dirotto-. 
    Una guida si avvicinò e mi chiese: «Va tutto bene signorina?» avrebbe dovuto essere abituato alle lacrime.
    «Si, si, va tutto bene» dissi io cercando di sorridere in modo convincente.
    La mia amica mi strinse forte il braccio. Capii che stava piangendo anche lei. Visitare Graceland, per entrambe, era un'emozione così grande che non riuscivamo a soffocare dentro di noi.
     «Bene, ed ora passiamo al giardino della meditazione, dove, come alcuni già sapranno, si trovano le tombe di Elvis e dei suoi familiari.» disse una delle guide. A quelle parole, un brivido mi percorse la schiena, e mi sentii come immobilizzata; eppure i miei piedi continuavano a camminare. All'improvviso mi si annebbiò la vista. Mi girava la testa come mai prima d'ora. 
Presi la mano di Daisy e le dissi: «Non mi sento bene. Non so cosa mi stia succedendo»
    «Aspetta, mantieni la calma, siediti. Vado a chiamare qualc..»
Non riuscii a sentire la fine della frase perché caddi dalla sedia su cui mi ero seduta, perdendo i sensi, o almeno questo è quello che mi è stato raccontato dopo. Ricordo solo che fu la sensazione più brutta di sempre. Non sapevo cosa mi fosse capitato. Quando mi risvegliai c'erano un sacco di persone attorno a me che mi guardavano preoccupate, con aria interrogativa. Tra tutta quella gente notai Daisy che mi stava sorridendo, sollevata dal fatto che avessi aperto gli occhi, -riuscivo a vedere che era preoccupata dai suoi occhi-.
    «Hai avuto un abbasso di pressione e un attacco di panico, ma ora andrà tutto bene.» disse un signore tranquillizzandomi.
Pian piano mi rialzai e compresi che la visita era finita e che io ero una perfetta idiota. Mi ero fatta prendere dal panico e non ero riuscita a terminare il giro della casa.
Tutti si allontanarono e, come gli altri, noi due ci avviammo verso l'uscita.
    «Scusa D, sono solo una stupida. Ti ho fatto perdere il resto... mi dispiace» dissi.
    «Non devi dispiacerti, io ho finito la visita. Tu sei rimasta con il medico. Scusami, ma non potevo proprio perdermelo!» rispose Daisy
    «Oh.. no, non scusarti, hai fatto bene.» In realtà mi dispiaceva molto non aver potuto vedere il giardino della meditazione, ma ero contenta che almeno lo avesse fatto lei, perché avrebbe potuto raccontarmi tutto.
    Uscendo dal grande cancello urtai contro un guardiano che subito si girò verso di me e disse: «Scusami, non volevo»
    «Non preoccuparti, è stata colpa mia» risposi sfoderando il mio sorriso.
Ero sorpresa da quanto fosse carino quel ragazzo. Era alto, castano, occhi color nocciola e sorriso smagliante. Rimasi a guardarlo per un po'. Lui fece lo stesso. 
D'un tratto Daisy mi tirò per il braccio e disse: «Andiamo, dobbiamo tornare a casa altrimenti rischi di svenire di nuovo!»
    «Sei svenuta?» chiese il ragazzo.
    «Si..»
    «Oh, mi dispiace; non ti sarai nemmeno goduta a pieno la visita..»
    «Già; ne ho fatta solo metà..»
    «Senti.. non dirlo a nessuno,» mi sussurrò avvicinandosi al mio orecchio «ma posso farti entrare stanotte, se ci tieni»
    «Cosa? Oh mio Dio, sul serio, lo faresti?»
    «Shh.. deve restare un segreto! Però posso far entrare solo una di voi, perché ci sono telecamere quasi ovunque.» disse ancora lui, rivolto a me e D.
    «E' giusto che ci vada tu» mi disse lei sorridente.
    «Grazie! Davvero te ne sono molto grata» sorrisi.
    «Bene; alle 11:30 ci vediamo qui» mi fece l'occhiolino.
«Ah comunque, mi chiamo David»
    «Piacere David; sono Lisa, lieta di averti conosciuto» sorrisi.


Quella sera, camminando verso Graceland, al buio, non sapevo cosa aspettarmi. Non potevo di certo prevedere il futuro; ma sentivo che c'era qualcosa di strano e sorprendente nell'aria. Mi sentivo libera; mi sembrava di volare. 
Nel cielo la luna e le stelle brillavano; io guardai in alto. Sorrisi.
Arrivata davanti al cancello non vidi David; ma pochi secondi dopo qualcuno mi picchiettò sulla spalla. Inizialmente esitai a girarmi, impaurita probabilmente dal buio, che occupava le mie fobie da quando ero piccola; ma poi presi coraggio.
    «Ehi, allora, ora ti apro il cancello, dopo devi andare da sola. Segui la strada poi svolta a sinistra e procedi. Quando sentirai il rumore dell'acqua della fontana sarai arrivata. Comunque ci sono molte luci lungo il tragitto, non puoi perderti. Buona fortuna!» sussurrò David ed aprì il cancello.
Entrai. Iniziai a camminare lentamente timorosa che qualche telecamera potesse riprendermi. Tormentata dai dubbi tornai indietro e chiesi a David: «Se mi vedo in qualche filmato?»
    «Non preoccuparti, li cancellerò prima che se ne accorga qualcuno» rispose lui.
Annuii e tornai a camminare. Ora ero più sicura e procedevo a passo spedito, determinata a restare per un po' a parlare con il mio idolo e a contemplare il giardino, magari seduta davanti a lui.
Quando arrivai vidi qualcuno seduto vicino alla bara di Elvis. Ero spaventata. Il terrore mi invase completamente; non avrei potuto correre verso il cancello perché mi avrebbe sentita, e non potevo nemmeno avvicinarmi. Restai immobile cercando di nascondermi dalla sua vista. Non riuscivo a capire chi fosse. Vedevo solo i capelli bianchi illuminati dal lampione. 
Iniziai ad indietreggiare lentamente, ma il mio tentativo di confondermi col buio fallì; e il buio mi si ritorse contro: colpii qualcosa con il piede e subito l'uomo si alzò sussurrando: «C'è qualcuno?». Dalla sua voce notai che era spaventato quanto me. Forse era una guardia; ma perché avrebbe dovuto sussurrare? Non sapevo se rimanere in silenzio o farmi avanti. Poi la mia curiosità prese il sopravvento e feci un passo avanti per rientrare nella zona di luce.
    «Scusi, so che non dovrei essere qui.» dissi senza riuscire ad inquadrare ancora la sua figura. 
Anche l'uomo fece un passo avanti, forse spinto dalla curiosità. Fui sorpresa di vedere che era praticamente identico all'uomo che molti reputavano il vero Elvis: John Burrows, Jon Cotner, Mystery Man... gli erano stati dati molti nomi. Forse era proprio lui.
Proprio come in quella mattinata, iniziarono a scendermi le lacrime. Ero sempre stata sensibile a questo argomento. Non sapevo se credere al fatto che Elvis fosse ancora vivo, o alla realtà accertata dei fatti. Il fatto è che c'erano molte ipotesi sulla sua scomparsa. La metà delle quali la ritenevano falsa attraverso alcuni fatti che farebbero pensare che Elvis sia ancora tra noi. Io non ero mai riuscita a prendere una posizione. Per lo meno, fino ad allora. Perché in quell' istante mi fu tutto chiaro e trasparente. Guardare in quegli occhi blu come il mare era incredibile. Erano proprio i suoi! Non avrei potuto non riconoscerli.
Rimasi a bocca aperta, senza riuscire a dire una parola. Riuscivo solo a guardarlo. Anche lui rimaneva in silenzio.
In quel momento ripercorsi tutta la sua vita; rilessi nella mia mente tutte le cose che sapevo su di lui. Chi altro poteva essere quell'uomo, innegabilmente identico ad Elvis, splendido nei suoi 79 anni, seduto vicino alla lapide, se non lui stesso?
    «Ragazza, non dovremmo essere qui, ma..» disse ad un tratto.
    «Oh mio Dio, wow! Tu sei.. non posso crederci» scoppiai a piangere.
    «Vieni, siediti qui» mi invitò lui.
«Lo so, è uno shock, ma ti prego; ti prego di non dirlo a nessuno. Voglio vivere in pace i miei veri ultimi giorni»
Non sapevo cosa dire.
«Sicuramente avrai molte cose da chiedermi. Io inizio col dirti il perché; se tu mi giuri su Dio di non aprir bocca.»
Annuii asciugandomi il viso, incuriosita.
 «Okay,» continuò con un filo di voce: «Ero veramente stremato. Ero depresso e mi mancava mia moglie. Mi manca molto anche ora.» aveva la voce spezzata dal pianto.
«Ho implorato i miei familiari e amici più stretti di dare annuncio della mia morte perché volevo solo vivere come una persona normale la vecchiaia. Volevo passare più tempo con Priscilla; stavamo pensando di tornare insieme poco prima della messa in scena; ma poi sono dovuto scappare e ogni tentativo di rintracciarla col nome di John Burrows era una minaccia per la copertura.»
Ascoltavo in silenzio, commossa dalla storia e dalle sue parole.
«Ragazza,» disse stringendomi una mano fra le sue. «Sei l'unica possibilità che ho per incontrare di nuovo l'amore della mia vita. Ti prego, portami da lei!»
    «Certo, certo, io lo farò sicuramente» dissi io piangendo. «Grazie mille per avermi detto tutto; io non la deluderò signor Presley»
    «Non ho dubbi, ragazza» rispose lui sorridendo.
Camminammo sotto braccio per i giardini di Graceland, mentre il Re in persona mi raccontava della sua splendida vita passata e fantasticava sulla sua splendida vita futura insieme a Priscilla.

A/N: Se siete arrivati fino a questo punto, grazie mille per aver letto la storia, spero vi sia piaciuta! Forse pubblicherò un seguito :)
Come ho scritto anche nella storia, non riesco a dire se Elvis sia ancora vivo, o no; quindi nell'inconsapevolezza, preferisco affidarmi alla realtà raccontata; soprattutto dopo aver letto 'Elvis And Me' di Priscilla Beaulieu Presley (che è diventato il mio libro preferito); ma ovviamente se il nostro Re fosse ancora tra di noi, e credo di parlare a nome di molti, ne sarei felicissima!
  
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